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Autore: carlottad87    11/02/2017    1 recensioni
Sullo sfondo di una Bologna segnata da una serie di omicidi di irrisolti, Teodora scopre dentro di sè un potere unico che le aprirà le porte di un mondo completamente nuovo e fantastico, ma anche pericoloso e fatto di violenza.
Teodora, giovane universitaria ventenne, imparerà presto che tutto quello che ha sempre saputo su sé stessa non è altro che una bugia e che dovrà trovare il coraggio di portare a termine il compito che una forza superiore le ha affidato.
L'amore impossibile per un uomo tanto più grande di lei, così attraente e al tempo stesso così spaventoso, sarà l'unico mezzo per scoprire sé stessa o non farà che allontanarla dal suo destino?
"Il terzo cadavere che la donna vedeva in vita sua, dopo quello di suo nonno morto per un cancro al colon e di suo marito che aveva avuto un infarto qualche anno prima, le sembrò molto più spaventoso dei primi due. La ragazza, che dimostrava poco più di vent’anni, non aveva addosso la bruttezza della malattia, del dolore e della vecchiaia; la sua vita era stata spezzata senza preavviso, e la sua bellezza era abominevole e contro natura."
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4.
 
Confusione. Totale.
Teodora aggiunse del sale alle verdure che stava saltando in padella, Marta, intanto, tagliava il petto di pollo in tanti pezzettini, raccontandole la sua giornata.
Ciò che quella donna le aveva detto la sera prima, il suono della sua voce, quei suoi occhi blu, erano sempre lì, sottofondo incancellabile di tutto quello che faceva.
Streghe, vampiri, magia... tutto le frullava in testa provocandole uno strano tuffo al cuore ogni volta che ci pensava più intensamente.
Era tutto vero? Forse le cose assurde che continuavano a capitarle avevano un senso dopotutto, forse il suo sentirsi strana, fuori posto, era dovuto al fatto che diversa lo era per davvero.
Aveva ancora tre giorni per pensarci, tre giorni per decidere se presentarsi a quell’assurdo appuntamento.
“Alex ha detto che ci può passare a prendere, se no possiamo andare con la mia macchina o con quella della Ceci” le disse Marta, mettendo il pollo insieme alle verdure, guardandolo un po’ crucciata.
“Dici che basta per cinque?“ chiese rimescolando il contenuto della pentola e sperando che così facendo aumentasse un pochino.
Teodora assaggiò un po’ di sugo, scottandosi la lingua.
"Buono… direi che è abbastanza, al massimo in frigo ho dello stracchino e del prosciutto, se non basta possiamo farci delle piadine”
Sua zia era via per il weekend, in un agriturismo vicino a Siena, con Flavia, la sua migliore amica dai tempi dell’università e Damiano, suo fratello, che Teodora era convinta fosse da sempre innamorato di lei.
Quella mattina quando se ne era andata l'aveva abbracciata un po' più forte, un po' più a lungo del solito.
"Fai la brava, intesi?" le aveva detto quando era già sulla porta, e lei si era chiesta se l'avrebbe salutata così anche a quarant'anni.
Teodora aveva invitato Marta e altre due amiche per cena, poi si sarebbero preparate tutte insieme e sarebbero andate a ballare. Decisamente un’idea che l’allettava, non vedeva l’ora di distrarsi da tutto quel caos che aveva in testa.
Marta recuperò quattro piatti azzurri dalla credenza, Teodora intanto, sperando di non far cadere nulla, prese due bottiglie di vino e una di coca zero dal frigo.
“C’è l’aperol che come aperitivo ci facciamo uno spritz?”
“Nell’ultimo scaffale in alto, sulla destra, dietro all’alchermes che mia zia usa per i dolci”
Marta, dopo essersi alzata sulle punte per arrivarci, si chinò a prendere qualcosa sotto una delle sedie.
"Teddi, è successo qualcosa?"
disse con in mano una pagina di quaderno a righe ripiegata.
"Non ne seminavi in giro da quando tuo padre si è scordato di chiamarti per il tuo compleanno l'anno scorso."
Sbagliato, pensò Teodora, era capitato molto più spesso ultimamente, ma la tata aveva recuperato tutte le poesie che era riuscita a trovare, per poi metterle in una scatola nell'armadio in camera di sua nipote.
"Ti ho detto che ultimamente sono un po' stressata"
L'altra si girò di scatto e lisciò il foglio di carta per leggere quello che c'era scritto, questo prima che l'amica potesse fare qualcosa per impedirglielo.
"Ha occhi neri che bruciano di fiamma, occhi che vedono dentro alle persone e lasciano cenere…"
"Smettila, smettila, smettila! Marta smettila subito!"
Lei teneva il foglio in alto con il braccio teso, in modo che Teodora, che era considerevolmente più bassa di lei, non potesse raggiungerlo.
"Hai incontrato qualcuno e non me lo hai detto? dai non fare la misteriosa!"
Disse ridacchiando, mentre l'altra saltellava nel tentativo di salvare un po' di dignità.
In quel momento suonò il campanello e Teodora riuscì a rubare la sua poesia all'amica, momentaneamente distratta.
"Ha! Non è finita qui mia cara, dopo ne riparliamo" e sapeva che non le avrebbe dato pace fino a che non le avesse raccontato tutto del protagonista di quei versi.
Ma che cosa le avrebbe potuto dire di quel ragazzo -uomo- misterioso che aveva visto quasi due settimane prima per non più di dieci minuti? ma che cavolo aveva di così speciale? Teodora aveva pensato a lui fin troppe volte negli ultimi giorni e proprio non ne capiva il motivo.
Marta corse ad aprire, mentre lei finiva di apparecchiare la tavola, dopo essersi infilata il foglietto in tasca.
Cecilia e Matilde entrarono chiacchierando animatamente, la prima stava raccontando all’amica l’ultima telefonata isterica di sua madre, che viveva a Torino, imitandone la voce stridula in maniera piuttosto esilarante.
“E poi ha concluso il tutto dicendomi che la chiamo poco, e si chiede anche perché….”
Matilde l’ascoltava un po’ distratta, forse pensando alla sua di madre, che a volte però la chiamava troppo poco.
“Che cosa avete preparato?” continuò Cecilia senza quasi prendere fiato, appoggiandosi al tavolo della cucina e lisciandosi i capelli lunghi con la mano sinistra, orgogliosa di quanto le fossero cresciuti.
“Pollo al curry, insalata e delle patate” rispose la padrona di casa, abbassandosi leggermente per aprire il forno e tirar fuori la teglia con le patate “Credo siano già pronte, ci ho messo anche il rosmarino” dichiarò soddisfatta sorridendo alle amiche.
“Noi abbiamo portato qualcosa da bere” ridacchiò Matilde, mostrando una bottiglia di Baileys ed una di vodka alla menta.
“Li ho in casa da capodanno e me li ero quasi scordati!”
Marta prese i due superalcolici e li mise in frigorifero, perché freddi erano decisamente meglio.
"Io invece ho comprato una bottiglia di moscato alla Coop sotto casa, da bere dopo cena" continuò Cecilia e Teodora pensò che avevano più alcool che cibo, fortunatamente Alex passava a prenderle.
“che cosa vi mettete stasera? Io ho portato il vestito grigio, quello con le borchie sulle spalle”
Teodora scoppiò a ridere “Marta quello non è un vestito, è una maglietta poco più lunga del normale!”
Lei scrollò le spalle sorridendo.
“Beh ho delle belle gambe, che male c’è se le faccio un po’ vedere?”.
L’autostima non le mancava di certo.
Le altre mostrarono quello che si erano portate: Matilde un vestitino viola che avrebbe messo con delle pantacollant nere e stivaletti alla caviglia, Cecila una mini e top scollato, lungo e molto colorato.
“Tu Teo invece?”
"Credo un vestito che ho comprato l’altro giorno da zara, mi sta un sacco bene addosso!”
Marta accese la televisione cercando sui canali del satellite quello che trasmetteva ininterrottamente puntate dei Simpson. Tirarono fuori comunque piadine e prosciutto e Cecilia cominciò a preparare gli Spritz.
 
Cinque ore dopo le quattro amiche si districavano tra la gente che affollava il Kindergarten, famosa discoteca bolognese, tutte evidentemente ubriache.
Prima di raggiungere il locale, che si trovava in periferia, si erano fermate in un bar del centro, dove avevano incontrato un gruppo di amici di Matilde in vena di offrire a tutte da bere.
Tra questi c'era anche il ragazzo con cui lei usciva da qualche settimana, Edoardo, biondo quanto lei e con lo stesso enorme sorriso stampato in viso. Teodora pensò che forse tanta generosità era dovuta al desiderio di far bella figura con le amiche della sua ragazza, ma che male c’era a approfittarne un po’?
Dopo aver pagato l'entrata alla cassa si diressero di fianco alla console, dove si mettevano sempre, sfruttando un angolino della sala poco frequentato e in cui si poteva allo stesso tempo respirare ed avere un ottima visuale del dj, per il quale Marta aveva da sempre una cotta.
Arrivarci fu più difficile del solito perché il locale era già pieno e nessuna di loro riusciva a mantenere l'equilibrio camminando. Teodora scivolò tre volte tra le risate sue e delle amiche, rialzandosi ogni volta con più fatica, sperando di non aver sporcato il vestito. Non sapeva se era per quello che indossava o per il quantitativo di alcool che aveva ingurgitato ma si sentiva bellissima, e non gli era mai successo prima.
I lunghissimi capelli castani le scivolavano ritmicamente davanti al viso mentre ballava, aveva le guance arrossate per il caldo e le girava la testa.
Marta la prese per mano e le fece fare una piroetta ridendo.
"Ti voglio bene!"
urlò per farsi sentire sopra la musica
"Anche io!"
rispose, scoccandole un rumoroso bacio sulla guancia. Quando beveva avrebbe dichiarato amore eterno a chiunque, ma ovviamente a Marta voleva bene davvero.
"Vado a prendermi un vodka-redbull con Alex, vuoi qualcosa?"
"No, se bevo qualcos'altro potrei vomitare!"
"Non ti muovere da qui allora, torno subito"
Le disse l'amica con la voce un po' strascicata e Teodora annui sorridendo.
Cecilia era sparita appena entrate in cerca del bagno e non si era più vista, Matilde, invece, era sdraiata sul divanetto vicino all'uscita con Edoardo. Lui le stava dicendo qualcosa all'orecchio e lei rideva felice, Teodora pensò che insieme erano proprio carini.
In quel momento si senti leggermente nauseata e dovette appoggiarsi alla parete perché la testa le girava troppo: le persone le vorticavano intorno e lei ripensò nuovamente all'incontro del giorno prima.
Che cosa doveva fare? Si rese conto che l'idea che fosse tutto vero la faceva sentire bene, mettendole addosso una gioia incredibile che non si sapeva spiegare. Finalmente qualcuno aveva visto dentro di lei qualcosa di speciale, c'erano persone che l'avrebbero capita, e con cui forse non si sarebbe sentita sempre un po' a disagio come con il resto del mondo, a parte che con Marta e la tata.
La nausea aumentò e Teodora decise di uscire nel cortile per respirare un po' di aria fresca. Sbattè contro una coppia che usciva e traballò rischiando di scivolare: maledisse se stessa per aver bevuto tutti quegli spritz, tutta quella vodka e tutto quel Baileys.
E poi lo vide.
L’uomo dagli occhi neri era dall'altra parte della sala, appoggiato con una spalla ad una colonna, quella più vicina al bar, e la stava guardando. Vederlo in mezzo a quella folla di ragazzini lo faceva sembrare completamente fuori posto.
In quel momento tutto ciò che aveva attorno si fermò, poteva sentire solo il proprio respiro e il battito del proprio cuore.
Teodora rabbrividì e si accorse che le era venuta la pelle d'oca sulle braccia.
Lui velocemente si voltò e si diresse verso l'altra sala dove c'era una seconda uscita, lei si sporse in avanti ma perse l'equilibrio e cadde in ginocchio. Le sfuggi un gemito per il dolore: quando si rialzò si accorse che le si era smagliata una delle calze che indossava ed un rivoletto di sangue le scivolava fin dentro agli stivali.
Imprecò mentalmente, trovò un fazzoletto nella borsa e provò a pulirsi come meglio poteva, peggiorando però la situazione. La macchia rossa si espanse facendo sembrare la ferita molto più grave di quello che era.
Dopo aver buttato il pezzetto di carta insanguinato per terra decise di uscire dalla sala principale, in modo da incrociare l’uomo nel cortile nel caso se ne stesse andando.
L'aria fuori era fresca, Teodora superò gruppetti di persone che si radunavano per fumare o per poter chiacchierare lontano dalla musica assordante dell'interno, cercando di evitare chi conosceva per non doversi fermare e perdere tempo. Si rese contò che la nausea le era aumentata terribilmente e che le tremavano le gambe.
Si guardò intorno, era sicura che considerata la sua altezza non le sarebbe stato difficile trovarlo fra tutta quella gente: non sapeva che cosa gli avrebbe detto, come lo avrebbe fermato, ma sentiva la necessità di farlo. Voleva vedere se i suoi occhi erano davvero così neri come gli erano parsi la prima volta, aveva bisogno di sentire il suono della sua voce, voleva che lui la guardasse pensando che fosse bella.
Non lo vedeva da nessuna parte, si sporse dall'entrata della seconda sala per vedere se era rimasto dentro ma lui non c'era, quindi si spostò verso i cancelli d'uscita dove c'era la cassa con l'intenzione di arrivare fino al parcheggio.
Si coprì la bocca con una mano, le pizzicavano le guance e la gola come succede sempre quando si sta per vomitare. Si girò verso la rete che separava il cortile della discoteca dal parcheggio, intrecciando le dita tra le maglie, chiuse gli occhi e tirò un respiro profondo.
Non vomitare, non vomitare, non vomitare.
Un forte sapore acido le si diffuse in bocca ed in gola, appoggiò anche la fronte alla rete pentendosi per l'ennesima volta di aver bevuto così tanto.
Si sentiva una stupida, voleva andare in bagno e poi trovare le sue amiche: pensò che anche se fosse riuscita a fermare "Mister Misterioso e Sfuggevole" non avrebbe avuto idea di cosa dirgli, magari si sarebbe limitata a fissarlo con espressione ebete per poi scappare dietro una siepe a vomitare. Almeno si era risparmiata quella brutta figura.
Una mano le si appoggiò sulla spalla, una scossa elettrica le attraversò la schiena.
"Stai bene?"
Si voltò e lui era li, con le sopracciglia crucciate e le labbra tirate. La sua voce bassa e profonda le provocò brividi piacevoli.
Non esistono occhi così neri, fanno paura…
Teodora annui in risposta, non riuscendo a staccare gli occhi da lui: lo stomaco fece una capriola, ma non certo per la nausea, e senti il viso in fiamme.
Lui abbassò lo sguardo verso le sue gambe e lei pensò che il vestito che si era messa era davvero troppo corto, senza accorgersene tirò la gonna per coprirsi meglio.
"Sanguini" le sue labbra si fecero ancora più sottili "Sei caduta?"
"Sono inciampata.." Sussurrò e abbassò il viso pensando che di quel passo avrebbe preso fuoco.
"Quanto hai bevuto?"
Lei spalancò gli occhi e si chiese se era davvero così evidente. Arrossì in maniera ancora più vistosa.
"Non… Non sono fatti tuoi!" gli disse, un po' risentita che le avesse fatto notare quanto si stesse rendendo ridicola.
"Hai esagerato, non stai nemmeno in piedi…" continuò lui, il suo tono era freddo e in qualche modo infastidito, come la prima volta che lo aveva incontrato.
Nessuno gli dava il diritto di venire da lei e sparare sentenze, se aveva voglia di bere fino a vomitare erano fatti suoi.
"Sto benissimo. Grazie dell'interessamento, ora torno dalle mie amiche"
Girò su se stessa con l'intenzione di rientrare, ma perse leggermente l'equilibrio e si dovette aggrappare di nuovo alla rete per non scivolare. Lo sentì ridacchiare e si innervosì ancora di più.
Respirò a fondo e si sistemò i capelli che continuavano a scivolarle davanti al viso. Lui le prese il gomito, scossa elettrica numero due.
"Ti porto a casa, non stai bene"
"No, sto benissimo, e poi sono qui con le mie amiche…"
Ciondolò pericolosamente e lui le mise una mano sul fianco, questa volta la scossa elettrica fu super.
"Ti porto a casa"
"Ma la smetti? mi ci portano le mie amiche a casa, e poi comunque non è un problema tuo!"
Lui sbuffò, poi si passò la mano tra i capelli scuri, spostandoseli dalla fronte.
"Fai come ti pare, volevo farti un favore"
Lo guardò negli occhi e lo stomaco le si attorcigliò dolorosamente: era davvero il ragazzo più attraente che avesse mai conosciuto.
Il cuore, forse per l'effetto dell'alcool o semplicemente per la sensazione di avere lui così vicino, cominciò a saltare qualche battito. A Teodora venne voglia di scrivere una poesia su quanto avrebbe voluto intrecciare le dita alle sue.
Pensò che forse aveva esagerato ed era stata un po' troppo acida: in un modo un po' strano lui stava cercando di essere d'aiuto, per la seconda volta.
"Scusa non volevo essere maleducata… solo che io…non ti conosco nemmeno"
La nausea si fece di nuovo sentire e il mondo cominciò a girarle attorno talmente forte che dovette accucciarsi a terra, facendo scivolare la schiena lungo la rete.
L'espressione di lui si addolcì, ma lei non la vide perché si era coperta gli occhi con le mani, con i capelli ondulati che le cascavano scomposti sulle spalle e sulla schiena, fin quasi a toccare per terra.
Il ragazzo si abbassò alla sua altezza piegando le ginocchia.
"Senti, ti riporto dritta a casa, non ho intenzione di farti nulla"
Lei si scoprì il viso sistemandosi i capelli dietro alle orecchie: non ne capiva il motivo ma c'era qualcosa in lui, nel suo modo di guardarla, che la faceva sentire sicura.
"Io sono Teodora" disse allungando la mano.
"Gregorio"  rispose lui stringendogliela, e il cuore di lei si scordò un altro battito.
Senza lasciarle la mano lui l'aiutò ad alzarsi, poi si tolse la giacca grigia che indossava e gliela mise sulle spalle.
"Ah, la giacca! l'ho lasciata nella macchina di Alex.."
La ragazza fece per voltarsi di nuovo verso l’entrata della discoteca, con l’intenzione di cercare Alex e farsi accompagnare alla sua macchina. Pensò che se lo avesse fatto l’avrebbero accompagnata lui e Marta a casa, si sentì sollevata ma anche delusa, perché voleva passare altro tempo con Gregorio.
"Fattela riportare domani. Ti riaccompagno io, davvero, non ti mangio.”
Mangiami invece.
Lei sentì una strana sensazione al basso ventre, subito però si pentì della direzione che avevano preso i suoi pensieri.
Teodora annuì in silenzio, poi lo seguì mentre si dirigeva verso l'uscita del cortile che dava sul parcheggio. Un momento dopo si ritrovò seduta nella sua macchina, un Audi nera che le sembrò parecchio costosa.
La testa le faceva un male tremendo e, per calmare il dolore alle tempie, l'appoggiò al finestrino freddo chiudendo gli occhi. Lui si allacciò la cintura poi si sporse per allacciare anche quella lei, che pensò, sempre tenendo gli occhi chiusi, che il suo odore era buonissimo, di pulito e di menta.
"Abito in Via Dell'Osservanza, ci si arriva da Porta San Mamolo.."
"Bene"
disse semplicemente lui, senza staccare gli occhi dallo specchietto mentre metteva in moto e faceva retromarcia per uscire dal parcheggio.
Teodora sentiva la testa estremamente pesante e il pizzicore nelle guance ed in gola aumentava.
Non vomitare, non vomitare, non vomitare.
Si mise una mano davanti alla bocca piegando il busto davanti con i capelli che le coprivano il viso. Provò a fare respiri profondi più volte, ma la situazione non migliorava.
Dopo circa un minuto, mentre da Via Stalingrado si dirigevano verso il centro, lei non ce la fece davvero più.
"Ti prego fermati, mi sento male!"
Lui senza voltarsi accostò vicino ad un giardino tra due condomini, lei si slacciò la cintura e si precipitò fuori dalla macchina.
Teodora fece giusto in tempo a nascondersi dietro un albero, in modo che lui non la vedesse, prima di rimettere la sua cena e tutto l'alcool che aveva bevuto nel corso della serata. La testa le pulsava dolorosamente, con la mano destra si reggeva appoggiandosi al tronco dell'albero, con la sinistra invece si teneva i capelli in modo che non si sporcassero.
Sentì la portiera della macchina di Gregorio sbattere e Teodora si preoccupò che stesse venendo lì a controllare che lei stesse bene: che la vedesse così era l'ultima cosa che desiderava in quel momento.
Dopo qualche secondo di attesa in cui lui non si fece vivo si calmò, prese un fazzoletto dalla sua pochette e se lo passò sulla bocca, con un altro poi si pulì le palpebre dal mascara colato.
Quando tornò verso la macchina teneva la testa bassa e camminava guardandosi i piedi: non si era mai vergognata tanto in vita sua.
Lui l'aspettava in piedi, appoggiato alla portiera del passeggero, stringendo in mano un cartoccio bianco e una bottiglia di acqua frizzante.
"Tieni, ti sistema lo stomaco"
Nel pacchetto Teodora trovò due piadine calde che Gregorio aveva comprato in una bancarella li vicino, di quelle che restano aperte tutta la notte e che per lo più si trovano vicino alle discoteche.
Ha, ecco dov'era andato…
"Grazie"
Lui annuì in silenzio, con un sorriso che lo faceva sembrare ancora più affascinante, guardandola mentre beveva d'un sorso metà della bottiglietta d'acqua che le aveva preso.
"Cazzo Marta!"
Teodora si rese conto che non si era nemmeno preoccupata di avvertire le sue amiche che se n'era andata. Cercò freneticamente il telefono nella borsetta e le inviò un messaggio, già sapendo però che non sarebbe bastato e che il giorno dopo si sarebbe sorbita una ramanzina epica, di quelle che avrebbe ricordato per anni.
 
Mati stavo male e mi sono fatta accompagnare a casa
da un mio compagno di corso che ho incontrato.
Scusa scusa scusa se sono sparita ma stavo malissimo e
non mi sono nemmeno resa conto di quello che facevo.
Domani potrai sgridarmi quanto ti pare
Ti voglio bene!
 
Teodora fissò lo schermo del suo iPhone mentre il messaggio veniva inviato e compariva in una nuvoletta azzurra sotto gli altri mandati da lei e da Marta. Pensò che la bugia del compagno di corso suonava decisamente meglio che la verità: mi ha portata a casa un tizio sconosciuto, che sicuramente ha dieci anni più me, ma tranquilla, è bello da morire!
"Speriamo che lo legga… ad ogni modo domani mi ammazzerà comunque"
Gregorio si strinse nelle spalle, poi allungò il braccio e le tolse una foglia che le si era impigliata nei capelli poco prima, i suoi occhi si fecero se possibile ancora più scuri.
Ennesimo tuffo al cuore per Teodora, che si chiese come lui potesse farle quell'effetto con così poco. Chissà come sarebbe stato baciarlo…
Lui le afferrò una ciocca di capelli e se la attorcigliò tra le dita.
“Mi piacciono i tuoi capelli, bambolina”
Teodora spalancò gli occhi e si ritrovò a bocca aperta.
Bambolina?
Gregorio si passò una mano tra i capelli e le rivolse un sorriso divertito.
Ma mi prende in giro?
"Ti porto a casa."
"Grazie… Scusa ancora per il disturbo"
"Di niente"
Teodora vide che lui si era infilato qualcosa in tasca e si chiese se era la foglia che lei aveva prima tra i capelli. Che idea stupida pensò, ma si rese conto che non gliel'aveva vista buttare.
Risalirono in macchina e Teodora assaggiò un pezzetto di piada, dubbiosa che il suo stomaco potesse sopportare del cibo tanto presto. Deglutì un paio di bocconi e la nausea non le tornò, anzi si sentì decisamente meglio.
"Hai ragione… ti sistema lo stomaco sul serio"
"Bene"
Lei si voltò verso di lui che non staccava gli occhi dalla strada: non aveva notato quanto le sue spalle fossero larghe e, contando quanto era alto, la sua figura era davvero impressionante. Si ritrovò a pensare quanto potesse sembrare un gladiatore romano, con quelle braccia muscolose e quelle mani così grandi. Guardandosi le sue, che erano piccole e bianche, si chiese che sensazione le avrebbe dato se lui gliele avesse strette.
"Allora, che cosa fai nella vita?"
Lui muoveva lentamente le mani sul volante, esprimendo in pochi fluidi gesti un estrema sicurezza, e anche un incredibile forza. Teodora non riusciva a staccare gli occhi dai suoi avambracci, che spuntavano dalla camicia verde militare arrotolata sopra i gomiti.
"Possiedo alcuni locali in centro, ho delle persone che li gestiscono."
"Ha.. wow…"
"Tu studi?"
chiese Gregorio prima che lei potesse fargli altre domande.
"Si sono al secondo anno di Conservazione dei Beni"
Lui annui voltandosi verso di lei, che pensò che non era mai stata attratta tanto da qualcuno come lo era da lui. Ed il che era strano perché non era proprio il suo tipo: di solito lei piacevano ragazzi dal viso dolce, da bambini cresciuti, mai più grandi di lei. Ragazzi che non la mettevano in soggezione. Ma lui era troppo alto, troppo adulto, troppo scuro. E i suoi occhi erano davvero troppo neri.
Senza volere le venne da sorridergli, lui, invece che ricambiare, aggrottò leggermente le sopracciglia, arricciando le labbra. In imbarazzo, Teodora tornò a guardare la strada davanti a lei.
"Siamo arrivati."
Gregorio accostò esattamente davanti al portone del palazzo di Teodora, mise in folle e spinse il tasto delle doppie frecce. Lei pensò che doveva essere stata davvero ubriaca quando se ne erano andati dal Kindergarten, perché non si ricordava di avergli detto il numero civico.
Si slacciò la cintura e si fermò a guardarsi le unghie delle mani smaltate di lilla, che quel mese era il suo colore preferito. Le faceva pensare ai fiori, all'estate e al costume da bagno preferito della tata, quello che indossava sempre quando lei era piccola e andavano al mare in Sardegna.
"Allora… ti ringrazio davvero per il passaggio, e… beh per l'aiuto… "
Lui la guardò socchiudendo gli occhi, poi allungò una mano verso di lei, per poi fermarla a mezz'aria e ritirarla quasi subito. Il battito del cuore di Teodora accelerò leggermente.
"Tu… disinfettati quel ginocchio" disse freddamente, facendola sentire a disagio.
Forse si era aspettata che lui le dicesse qualcos'altro, con un tono diverso. In realtà non era sicura di che cosa avrebbe voluto sentire, la verità era che lui la metteva terribilmente in soggezione e che sarebbe stata meglio solo una volta scesa da quella macchina, al sicuro tra le mura di casa sua. Però, quella piccola parte di Teodora che si nascondeva per la maggior parte del tempo, voleva passargli le dita sulla pelle del braccio, sentire se era caldo, e voleva farlo ridere, per sapere come si sarebbe sentita.
"Certo." rispose lei in maniera brusca, recuperando in fretta la borsa che le era scivolata tra i piedi, sotto al sedile. Velocemente si tolse la giacca che le aveva prestato, gliela porse e Gregorio l’appoggiò sul sedile posteriore.
Lui si passò una mano tra i capelli che gli coprivano la fronte, poi si girò verso il finestrino sul quale si rifletteva il suo profilo trasparente.
"Tu…Sei solo una bambina. E’ troppo presto."
"E questo che cosa vorrebbe dire? Presto per cosa?"
Ma di che cavolo parla?
Lui strinse le spalle e, dopo qualche secondo di silenzio in cui lei lo fissava stupita ma soprattutto infastidita, accese la radio.
"Senti, grazie ancora per l'aiuto ma ora devo andare. Buonanotte."
Usci in fretta dalla macchina, chiudendo rumorosamente lo sportello dietro di sé.
Trovò le chiavi di casa e un attimo dopo appoggiava la schiena alla porta che dava sul cortile interno del suo condominio.
Respirò a fondo un paio di volte e corse salendo le scale: le venne la pelle d'oca sulle braccia mentre ripensava al suono della sua voce.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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