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Autore: carlottad87    11/02/2017    1 recensioni
Sullo sfondo di una Bologna segnata da una serie di omicidi di irrisolti, Teodora scopre dentro di sè un potere unico che le aprirà le porte di un mondo completamente nuovo e fantastico, ma anche pericoloso e fatto di violenza.
Teodora, giovane universitaria ventenne, imparerà presto che tutto quello che ha sempre saputo su sé stessa non è altro che una bugia e che dovrà trovare il coraggio di portare a termine il compito che una forza superiore le ha affidato.
L'amore impossibile per un uomo tanto più grande di lei, così attraente e al tempo stesso così spaventoso, sarà l'unico mezzo per scoprire sé stessa o non farà che allontanarla dal suo destino?
"Il terzo cadavere che la donna vedeva in vita sua, dopo quello di suo nonno morto per un cancro al colon e di suo marito che aveva avuto un infarto qualche anno prima, le sembrò molto più spaventoso dei primi due. La ragazza, che dimostrava poco più di vent’anni, non aveva addosso la bruttezza della malattia, del dolore e della vecchiaia; la sua vita era stata spezzata senza preavviso, e la sua bellezza era abominevole e contro natura."
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6.
 
Teodora si guardava allo specchio mentre si spazzolava i lunghi capelli ondulati: lo faceva con forza, passandosi ogni tanto le dita della mano sinistra tra le ciocche morbide, sentendo la pelle sensibile della cute.
Osservò i suoi grandi occhi castani, di quel caldo color miele che a volte sembrava quasi giallo, le sue ciglia lunghe e nere, il suo naso sottile e le labbra carnose con l’arco di cupido poco pronunciato. Si trovò bella e sorrise, decise che ogni mattina si sarebbe guardata allo specchio e lo avrebbe detto a voce alta, male di certo non poteva farle.
Si chiese se si sarebbe mai più vista allo stesso modo, dopo quella sera. Parte di lei era terribilmente eccitata, voleva uscire il più presto possibile di casa e tuffarsi in quel mondo nuovo che l’aspettava.
Allo stesso tempo però, aveva paura: quanto di lei sarebbe rimasto uguale? Quanto sarebbe cambiato?
L’idea che forse il giorno dopo sarebbe potuta essere una persona completamente diversa la metteva notevolmente a disagio.
Si sfilò il paio di jeans che stava provando e rimase in biancheria intima qualche minuto davanti allo specchio. Poi, pensando che in fin dei conti le sue gambe sembravano molto più sottili negli ultimi tempi indossò una gonna in velluto a coste azzurro, un maglioncino nero e collant scure.
Si truccò un po’, giusto per apparire un po’ meno bambina: quello non sarebbe stato un giorno come gli altri, e aveva bisogno di affrontarlo come un’adulta.
“Tata vado da Marta, non mi aspettare” urlò verso la cucina, dove sua zia stava sistemando i piatti sporchi nella lavastoviglie.
Sua zia si affacciò alla porta di camera sua e Teodora pensò che in lei ci fosse qualcosa di strano.
Si stringeva le mani all’altezza dell’ombelico, torturandosi nervosamente le dita.
“Ma uscite o restate in casa?” chiese, con gli occhi leggermente spalancati.
Teodora si chiese se magari avesse avuto una giornata pesante a lavoro.
“Non so, magari usciamo per bere qualcosa”
rispose, stringendosi nelle spalle.
La guardò dritta negli occhi per qualche secondo senza dire nulla e Teodora si rese conto che era molto più pallida del solito.
“Non fare troppo tardi tesoro” disse infine.
Dopo qualche secondo ancora si sporse verso di lei e l’abbracciò forte. Teodora contraccambiò un po’ perplessa.
“Ti voglio bene tata”
Poi si mise la giacca e uscì di casa.
Lei mi vedrà allo stesso modo domani?
Senza guardarsi indietro, si chiuse la porta alle spalle e scese le scale di corsa, con il cuore che le batteva all’impazzata nel petto.
 
Erano le sette e mezza quando Teodora si sedette su una delle panchine di Piazza Cavour, la stessa dove qualche sera prima aveva incontrato Adela.
L’aria della sera era fresca e le foglie degli alberi si muovevano facendo un suono che a Teodora parve incantevole, come una musica antica.
Si scostò i capelli della fronte e cominciò a intrecciarne una ciocca, altra cosa che faceva quando era nervosa. In una panchina alla sua destra sedeva una ragazza dai capelli rossi, che teneva legati in uno chignon disordinato, e con le guance piene di lentiggini.
Aveva una corporatura molto esile e non le sembrò particolarmente alta; vestiva con una giacca di jeans di quelle con fodera in sherpa, che Teodora trovò molto carina, pantaloni aderenti neri ed un maglione bordeaux a collo alto.
Teodora pensò che sembrava una fatina, le mancavano solo le orecchie a punta.
A proposito di fate, esistono anche quelle? Oddio voglio vedere una fata.
Ma quindi vuol dire che già ci credo, ma ci credo sul serio?
Come se si sentisse osservata, la ragazza dai capelli rossi si voltò verso Teodora, che si accorse che aveva dei bellissimi occhi verdi, e le rivolse un sorriso aperto e spontaneo.
“Ciao, stai aspettando Adela?”
Il cuore di Teodora cominciò a battere un po’ più forte mentre ricambiava il sorriso.
“Come lo hai capito?”
La ragazza alzò il dito indice, con l’unghia di color rosa confetto, indicando sopra la testa di Teodora. Lei si voltò e guardando in alto si rese conto che due piccole farfalle di fuoco le volavano sopra.
“Ha.. non le avevo viste. Ne compaiono ovunque ultimamente…”
L’altra si alzò con un movimento aggraziato e le si sedette di fianco.
“Si anche io ne vedo dappertutto, Adela ha detto che sono fatte di magia o che si nutrono di magia, una cosa cosi.”
Disse lei osservando le piccole fiammelle arancioni che ora svolazzavano sulle teste di entrambe.
“Ah comunque, io sono Agnese, piacere!”
Teodora sentì un forte senso di sollievo alla bocca dello stomaco.
Non sono sola. Non dovrò aspettare qui da sola se non verrà nessuno.
“Teodora, piacere” rispose lei, stringendole la mano. Si accorse di un piccolo triangolino marrone nell’iride sinistra di Agnese e lo trovò delizioso.
“Tu… ecco, tu sapevi già di tutto questo?” continuò Teodora, indicando prima le due farfalle di fuoco sopra di loro e poi se stessa e Agnese.
“Fino alla settimana scorsa non ne avevo idea… “ rispose l’altra, toccandosi il collo con la mano destra e arrossendo un pochino. “Ultimamente stavano succedendo un sacco di cose strane, pensavo di star impazzendo… non avevo assolutamente idea che fosse questo.”
La ragazza pronunciò “questo” abbassando il tono di voce, come se qualcuno passando di lì avrebbe potuto capire di che cosa stavano parlando.
“Già… Adela mi ha detto che anche mia madre era cosi…una strega” anche Teodora pronunciò l’ultima parola abbassando la voce.
“Ma è morta quando ero piccola quindi non ne sapevo nulla” disse.
Sospirando riprese a intrecciarsi i capelli.
“Anche una mia cugina lo era” riprese Agnese “ma è morta qualche settimana fa, Adela mi ha detto che è stata uccisa da un vampiro” disse lei, abbassando nuovamente il tono di voce.
“Io ad ogni modo non ne sapevo nulla, non la vedevo spesso… credo che fosse l’unica in famiglia”.
“Anche mia mamma è morta così, a me hanno sempre detto che era stato un cancro.”
Teodora sentì la voce incresparsi un pochino e pizzicarle un po’ gli occhi. Come era possibile parlare con tanta tranquillità di un argomento cosi difficile con qualcuno che aveva appena conosciuto? Era come le era successo con Gregorio qualche sera prima.
“Tu hai idea di quello che faremo stasera? Perché ci hanno fatte venire qui?” continuò Teodora, in parte con la speranza di cambiare argomento, in parte perché era molto curiosa.
“Da quello che ho capito devono toglierci l’incantesimo che ci ha tenuto i poteri magici bloccati fino ad ora… ma non ho idea di come lo faranno” Agnese si appoggiò con la schiena alla panchina e piegò la testa all’indietro, guardando i rami degli alberi sopra di loro che si muovevano al ritmo del vento.
“Spero non faccia male”
Beh almeno non sono l’unica ad avere paura.
Mentre Teodora stava per rispondere che lo sperava anche lei, una voce squillante attirò la sua attenzione.
“Teodora e Agnese vero?”
Una ragazza piccolina, con lunghi capelli di un biondo chiarissimo che le arrivavano alla vita, si fermò davanti a loro. Indossava una felpa nera, una gonna lunga a fiori che le arrivava fino ai piedi e un paio di Dottor Martens blu. Sul suo piccolo nasino all’insù portava occhiali da vista con montatura tartarugata, molto grandi ma che non nascondevano i lineamenti armoniosi e delicati del suo viso e che mettevano in risalto un paio di occhi scuri da togliere il fiato.
“Io sono Bianca, la Strepitosa Veggente, al vostro servizio.”
Si afferrò la stoffa della gonna e abbozzò un inchino.
Teodora pensò che doveva essere eccentrica quanto bella, e si chiese se tutte le altre streghe che avrebbero conosciuto fossero così.
“Sono venuta a prendervi, la macchina ci aspetta davanti al Tribunale, Adela la vedremo a destinazione” continuò, indicando con la mano alla sua destra, dove effettivamente si trovavano gli uffici del Tribunale di Bologna.
Teodora e Agnese si alzarono e a turno le strinsero la mano e si presentarono.
“Se sei una veggente vuol dire che vedi il futuro?” chiese Agnese mentre si avviavano insieme.
“Certo, e sono anche la migliore in circolazione. Non la migliore mai esistita perché Aura la Saggia mi batte ma ci sto lavorando.”
Teodora pensò che la sua voce era adorabile e quando parlava pareva che mille campanellini suonassero insieme.
“Per questo sapevi che eravamo noi che ti stavamo aspettando?” chiese Agnese.
“No, in realtà ho fermato altre due coppie di ragazze venendo in qua, e tutte mi hanno guardato malissimo quando ho detto che sono strepitosa.” Con un gesto veloce si spostò i capelli dietro alle orecchie e increspò le labbra.
Teodora si chiese se il problema fosse che si era presentata come strepitosa o come veggente.
“Dev’essere perché non mi hanno mai vista in abito da sera” disse mentre si voltava verso Teodora e le faceva l’occhiolino. Lei sorrise e si rilassò ancora di più, pensando che se tutte le streghe erano cosi non aveva di che preoccuparsi.
Le tre camminarono fino ad un SUV nero di grandi dimensioni, in cui le aspettavano altre due donne. La prima si presentò come Marianna, aveva lunghi capelli neri e due luminosi occhi castani, ed era la madre dell’altra, Angela.
Angela era spettacolare, Teodora non trovò nessun aggettivo più appropriato a descriverla. Indossava un vestito nero scollato di pizzo molto corto, una giacca dello stesso colore e delle ballerine rosse. Era alta e il vestito le metteva in risalto le forme proporzionate e due delle gambe più belle che Teodora avesse mai visto.
I capelli le arrivavano alle spalle ed erano dello stesso colore di quelli della madre, il suo naso era un po’ grande ma comunque proporzionato e aveva le labbra sottili ma belle.
Ma come è possibile che siano tutte cosi belle?
Angela sorrise e si sistemò i capelli con la mano, Teodora ebbe l’impressione che fosse perfettamente consapevole della propria bellezza.
Dopo essersi sistemate nel SUV e aver messo in moto, Angela, che sedeva davanti di fianco alla madre si voltò verso di loro.
“Allora da quello che ho capito nessuna di voi ha idea di quello che faremo stasera vero?”
disse guardandole con gli occhi spalancati.
Teodora e Agnese annuirono, arrossendo entrambe.
“Mia mamma che è una strega anche lei, quindi ne so abbastanza, conosco già la maggior parte dei membri della congrega” continuò sorridendo. Teodora si senti leggermente in soggezione.
Marianna tolse la mano dal cambio e la posò su quella della figlia, poi alzò lo sguardo allo specchietto retrovisore per poter vedere le ragazze sedute dietro.
“Capisco quanto possiate essere confuse ragazze, io pure quando avevo la vostra età non ne sapevo nulla, è stata una doccia fredda scoprirlo. Ma posso assicurarvi una cosa: non vi pentirete mai di essere venute qui stasera.” Disse sorridendo in maniera gentile.
“La sede della congrega” continuò mimando con le dita due virgolette mentre pronunciava la parola “sede”. “si trova in un palazzo storico del centro, vi ci porteremo nei prossimi giorni quando inizierete la vostra educazione.”
Teodora si chiese che cosa intendessero con educazione, ma si scoprì parecchio eccitata invece che preoccupata.
“Quello che faremo stasera si svolgerà in un luogo sacro a monte Paderno e si farà oggi perché è l’equinozio di primavera, giorno di Eostre, personificazione della Madre come dea della fertilità.“
Bianca in quel momento rise eccitata “C’è un sacco di magia nell’aria oggi” alzò la testa verso l’alto e inspirò forte “Non ne sentite l’odore?”
Marianna spostò nuovamente lo sguardo verso Teodora e Agnese.
“So che sono molte informazioni tutte insieme, e che probabilmente non capite bene quello che vi sto dicendo, ma provate a fidarvi e ascoltatemi bene”
Teodora si chiese se non fossero state rapite da una setta di wiccan invasate e se sarebbero tornate a casa sane e salve quella sera. Magari le avrebbero sacrificate su un altare nei boschi al chiaro di luna. Splendido, ci mancava.
“E’ tradizione che i poteri delle nuove streghe vengano sbloccati in occasione del solstizio di primavera, i confini tra il Velo e il mondo umano sono più labili che durante il resto dell’anno, la magia è molto forte oggi.”
“Che cos’è il Velo?” chiese Agnese.
“Il Velo sono tutte le creature magiche esistenti: noi, le fate, le ninfe, i folletti, tutti insomma” rispose Angela. “Con Velo si intendono tutte le diverse specie ma anche la dimensione di cui fanno parte.”
“In che senso “la dimensione di cui fanno parte”?” domandò Teodora confusa.
“La magia è in tutte le cose ma per gli esseri umani è quasi impossibile vederla. Il “Velo” è la dimensione della magia, dove esistono tutte le creature magiche.” Le disse Marianna.
Teodora annuì, senza però aver capito bene quello che le avevano spiegato.
“Stasera ne vedrete parecchie di creature magiche, sono sempre attratte quando c’è molta magia. E oggi ci sarà tutta la congrega.” Disse Bianca. “State lontane dai folletti però, sono infidi e traditori, e voi siete così innocenti che potrebbero approfittarne.”
Folletti? Ma dove sono capitata?
Marianna si schiarì la voce con un colpo di tosse.
“Si, lasciate perdere i folletti, non sai mai da che parte stanno. La loro magia è tanto forte quanto loro sono avidi, e anche se non dovrebbero fanno sempre affari con i vampiri.”
“Quindi i vampiri sono malvagi?” chiese timidamente Agnese “Adela mi ha detto che mia cugina è stata uccisa da uno di loro”.
Marianna strinse le mani sul volante, tanto da farsi diventare bianche le nocche.
“I vampiri sono abomini.” disse solamente.
Dopo un silenzio che a Teodora parve durare un eternità, Bianca prese la mano di Agnese che le sedeva di fianco.
“Clementina era una mia cara amica, è stato orribile quando abbiamo scoperto che l’avevano uccisa.” Le tremava un po’ la voce.
“Ma perché dite che sono stati i vampiri e non un comune assassino?” chiese Teodora curiosa.
“Beh, prima di tutto Clementina non si sarebbe di certo fatta uccidere da un essere umano, era forte la ragazza, per aver riacquistato i suoi poteri solo da un anno il suo controllo del fuoco era strepitoso” disse Bianca, con gli occhi persi da qualche parte fuori dal finestrino. Poi voltandosi verso Teodora continuò:
“Poi l’hanno trovata completamente dissanguata, quindi è abbastanza chiaro che sia stato un vampiro”.
“Però al telegiornale hanno detto che aveva la gola e i polsi tagliati” disse Teodora “non avrebbero dovuto trovare, che ne so, segni di morsi?”
Marianna negò, muovendo la testa in maniera decisa.
“I tagli sono solo una maniera per camuffare quello che fanno agli occhi degli esseri umani.”
“I vampiri sopravvivono benissimo senza uccidere le proprie vittime, non hanno bisogno di dissanguarle per nutrirsi, tra l’altro hanno anche un sacco di gente che lavora per loro nelle banche del sangue, quindi hanno cibo a volontà quelle sanguisughe schifose.” si intromise Angela, parlando velocemente e con le guance arrossate.
“Ma quindi i vampiri possono stringere relazioni con le persone normali?” Chiese Agnese “Da quello che mi aveva fatto capire Adela, se sei una creatura magica rivelarsi a loro è proibito.”
“Il più delle volte” rispose Marianna “Per quanto riguarda noi ci sono occasioni in cui siamo costrette a stringere accordi con alcuni di loro, capi di stato e persone importanti, perché ci aiutino a mantenere meglio il segreto… Nella società di oggi purtroppo è necessario” disse sospirando, come se ancora non si fosse abituata bene all’idea.
Teodora si chiese quanti anni avesse Marianna, e si ripromise di domandarlo ad Angela in futuro.
“Poi noi abbiamo delle famiglie, non si può tenere il segreto con tutti.” la interruppe Bianca.
“Per i vampiri ad ogni modo è diverso, loro hanno impiegati umani che svolgono i loro affari durante il giorno, le sanguisughe sono sempre state schifosamente ricche” continuò Marianna, e il disprezzo nella sua voce era palpabile. “Tra altro, è comune che certe persone gli si offrano spontaneamente”
“In che senso?” chiese Teodora, sentendo un brivido fastidioso lungo la schiena.
“Il mondo è pieno di pazzi a quanto pare” disse Angela, stringendosi nelle spalle.
“Molte persone trovano affascinante donarsi a loro, e farci anche altre cose, la moda di “Twilight” non ha aiutato.”
Teodora si chiese che cosa intendessero con “altre cose”, ma non ebbe il coraggio di chiedere.
“Ma quindi se hanno la possibilità di nutrirsi senza problemi, perché hanno ucciso sua cugina?” domandò Teodora indicando Agnese.
“Beh ma perché ci odiano!” rispose Marianna “Immagino Adela ti abbia accennato qualcosa, noi e i vampiri siamo nemici giurati, da sempre. Se ce ne capita uno a tiro lo facciamo fuori e loro fanno lo stesso con noi.”
Teodora sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco, e si ritrovò a chiedersi quanta violenza c’era nel nuovo mondo in cui si stava buttando senza pensare.
In quel momento il grande SUV nero svoltò a porta San Mamolo, vicino a casa di Teodora, per prendere Via dei Colli.
“Da qui mancano circa venti minuti” disse Marianna.
“In che cosa consiste quello che faremo stasera?” domandò Teodora, cercando in parte di spostare l’attenzione dal tema “vampiro” che sembrava aver rovinato l’umore a tutte quante.
“Prepareremo una pozione che vi restituisca i poteri in maniera completa e definitiva, nessuno ve li potrà bloccare un'altra volta. Poi scopriremo di che casta fate parte.” Rispose Bianca, sorridendo di nuovo, ma con ancora lo sguardo perso chissà dove, tanto che Teodora si chiese se quella fosse la sua espressione abituale.
“Che cos’è una casta?” domandò.
“Ogni strega ha una diversa inclinazione magica, che la fa appartenere ad una diversa casta.” Rispose nuovamente Bianca. “Di base tutte abbiamo gli stessi poteri, e possiamo fare le stesse cose con la magia. Ci sonò però alcune capacità, legate ad un diverso elemento, che solo le streghe di una certa casta hanno. Per esempio, solo le streghe dell’aria come me possiedono la preveggenza e possono manipolare il vento” disse orgogliosa, poi rovistò nella sua borsa e trovò un pezzettino di carta che piegò nella forma di un areoplanino.
“Guardate” se lo mise sul palmo della mano e quello, dopo qualche secondo, si alzò di alcuni centimetri, guidato da una brezza fresca arrivata da chissà dove. Il piccolo areoplanino girò su se stesso un paio di volte, un po’ traballante, e poi tornò a posarsi delicatamente sulla mano di Bianca.
Teodora e Agnese la guardarono strabiliate.
“Ma sei incredibile!” disse quasi gridando Teodora e Bianca arrossì, sorridendo soddisfatta.
“Guarda questo allora” disse Marianna dal sedile davanti.
Staccò la mano destra dal volante e senza allontanare la sguardo dalla strada piego il palmo verso l’alto. Si sentì uno strano crepitio nell’aria e una fiamma arancione le comparve sulla mano, dalla fine del polso fino all’attaccatura delle dita.
“Io posso comandare il fuoco.”
Agnese si lasciò sfuggire un gridolino, emozionata. “Questa è la cosa più strepitosa che abbia mai visto” disse.
“Potrete farlo anche voi, non appena vi libereranno i poteri. E poi questo è niente, non avete idea di quello che sarete in grado di fare.” Continuò Marianna, con una punta di orgoglio nella voce.
“Ma chi ci insegnerà?” chiese Teodora.
“Dalla prossima settimana verrete tutti i giorni nel palazzo della congrega, e pian piano vi insegneremo tutto quello che dovete sapere su come usare i vostri poteri.” Marianna le guardò ancora dallo specchietto retrovisore.
“Ovviamente non siete obbligate, potete anche scegliere di non far parte della congrega e continuare con le vostre vite. Alcune streghe lo fanno.” Sospirò rumorosamente.
“Però i poteri vi verranno sbloccati comunque, se non lo facessimo si libererebbero da soli e non sarebbe piacevole. Farebbe molto male… si dice che certe streghe siano impazzite.”
Forse era quella la ragione del suo malessere negli ultimi tempi, la magia che provava a tornare e non aveva trovato via libera.
Teodora si chiese anche perché Adela non le avesse detto che sarebbe stato cosi pericoloso se non si fosse presentata all’appuntamento, forse era sicura che sarebbe venuta, magari aveva visto qualcosa in lei che glielo aveva fatto capire.
Nella macchina tutte si fecero silenziose per qualche minuto, e Teodora provò a rielaborare quanto gli era stato detto fino a quel momento. Il SUV procedeva silenzioso in una strada poco illuminata, costeggiata da alberi su entrambi i lati; sporgendosi a sinistra si potevano vedere le luci di Bologna che si facevano sempre più piccole mentre loro salivano per i colli che circondavano la città.
Sarebbe andata al palazzo della congrega per imparare a gestire i suoi poteri? Come avrebbe fatto con lo studio, con l’università? Forse questa nuova fase della sua vita era più importante di quella precedente? Teodora non ne aveva idea e si sentiva a disagio.
“Eccoci.”
Marianna svoltò in una strada secondaria, molto più stretta di quella da cui erano arrivate. I rami degli alberi e delle siepi più in basso strusciavano sui lati del SUV, facendo un rumore sgradevole, che ricordava quello del gesso sulla lavagna.
Procedettero così per alcuni minuti, durante i quali il cuore di Teodora batteva sempre più forte.
Finalmente arrivarono davanti ad un cancello in ferro battuto, che sembrava molto antico, illuminato ai lati dalla luce tremolante di due lampioni ricurvi. Attorno a questi volavano molte falene e, mentre le osservava, Teodora fu quasi sicura di vedere alcune paia di occhi argentati che le osservavano dall’oscurità, nel fruscio della vegetazione.
Di fronte al cancello due figure minute, coperte dalla testa ai piedi con un mantello scuro si avvicinarono alla macchina. Una delle due, quella più vicina al posto del guidatore si tolse il cappuccio e Teodora vide una ragazza dalle guance paffute, con grandi occhi verdi e capelli castani.
“Siete arrivate finalmente, la festa è già cominciata e ci eravamo stufate di aspettare” la ragazza si scoprì un braccio dal mantello e con la mano, piccola e piena di anelli colorati, toccò il ferro del cancello. Nel punto dove posò la mano questo si illuminò, come se fosse incandescente, e le ante si aprirono cigolando sui cardini.
“Passate” disse indicando la direzione con la mano “Noi vi raggiungiamo dopo aver sigillato tutto e scacciato i coboldi che si sono nascosti tra gli alberi.
Marianna sibilò.
“Parassiti… ne avete visti molti stasera?”
“No solo due, che tentavano di entrare di nascosto. Con tutta la magia che c’è nell’aria, la festa di stasera dovrà profumare come una mensa scolastica per loro.”
Mentre Teodora si chiedeva che cosa fosse un coboldo, la macchina attraversò il cancello e proseguì lungo la strada buia. Poi Bianca abbassò il finestrino e si sporse con quasi tutto il busto verso le due figure che erano rimaste indietro.
“Mariarosa non ci hai chiesto la parola d’ordine! Come fai a sapere che non siamo dei Goblin travestiti?” disse seria.
“Non siete un po’ piccoline? Non avete le corna poi…” rispose Mariarosa mentre la seconda strega al suo fianco rideva e si scopriva la testa, rivelando un cespuglio di capelli ricci e scuri “Qual era la parola d’ordine poi?”
“Assorbente usato” gridò Marianna, mentre il SUV si allontanava sempre di più.
“Che schifo” disse una mentre l’altra ridacchiava “Almeno è meglio di quella che ti sei inventata l’anno scorso.”
   
 
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