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Autore: Nuel    13/02/2017    3 recensioni
Hogwarts apre le porte per la terza volta per Albus Potter. Quest'anno anche sua sorella minore Lily inizia a frequentare la più famosa scuola di magia e stregoneria del mondo, e mentre James stringe nuove amicizie, la vita familiare dei Potter potrebbe venire sconvolta.
Ogni pezzo è sulla scacchiera, sta ad Albus decidere se giocare quella che forse non è solo una semplice partita.
♦ Serie Imago Mundi, III
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Imago Mundi ϟ'
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Il volo perfetto





Finalmente arrivò domenica.
    James si era alzato si buon umore, convinto che sarebbe andato tutto bene. Aveva atteso che tutti i suoi compagni di stanza scendessero a fare colazione e aveva messo la sua scopa fuori dalla finestra: sarebbe stato scomodo muoversi per la scuola sotto il Mantello dell’Invisibilità portandosela dietro e se avesse fatto finta di voler andare a volare nel parco, qualcuno si sarebbe unito a lui.
Aveva anche piegato bene il mantello per farlo stare dentro una delle tasche interne della veste e la Mappa del Malandrino era al sicuro in tasca, così, prima di tornare a scuola, avrebbe potuto controllare che l’Infermeria fosse vuota.
    Se la prese comoda prima di scendere a colazione e, quando fu seduto accanto al fratello, fece un grande sbadiglio per convincere Albus di essere rimasto a letto fino a quel momento. Mangiò con appetito, sapendo che presto sarebbe arrivata la domanda di rito di Rose: «Cosa facciamo oggi?».
    Albus si strinse nelle spalle. «Oggi Hagrid raccoglierà le zucche e inizierà a intagliarle. Pensavo di andare a guardare».
    Rose ridacchiò. «Ti senti in colpa per non esserti iscritto al suo corso, vero?».
    «Un po’», ammise Albus, «ma è soprattutto per Lily: mi ha chiesto di andare a guardare l’intaglio delle zucche assieme».
    James si acciglio. «Perché l’ha chiesto a te e non a me?».
    Albus lo guardò inclinando un po’ il capo. «Perché non si sa dove hai la testa, ultimamente, James!», lo rimproverò.
    James doveva ammettere che fosse vero. Aveva continuato a pensare ai dettagli della fuga e alla sfida con Augustus Flint. «Beh, non mi interessano le zucche», rispose con noncuranza, «sono cose da bambini».
    «Per questo Lily vuole vederle», ribatté Albus.
    «Non litigate!», si intromise Rose, con un tono che ricordò loro zia Hermione. «Tu che programmi hai, James?».
    James sbuffò. «E tu, Rose?», chiese facendole il verso.
    «Chiederò a Martin di andare a vedere Hagrid che intaglia le zucche», rispose lei, a tono.
    James alzò gli occhi alla volta della sala: il soffitto mostrava un cielo terso e azzurro. Sarebbe stata una giornata splendida per volare. Il sorriso gli distese di nuovo le labbra. «Devo terminare i compiti per Incantesimi e per Babbanologia», rispose vago, mentre un gufo dell’ufficio postale atterrava davanti a lui, porgendogli la zampa. James prese la piccola pergamena e l’uccello volò via.
    «Chi ti scrive?», chiese Rose, ma James si alzò dal tavolo e le strizzò l’occhio. «Forse più tardi passo a vedere le zucche», disse in modo generico, prima di allontanarsi.
    Quando fu fuori dalla Sala Grande, srotolò la piccola pergamena, riconoscendo subito la grafia decisa e regolare di Augustus: “12:30, al larice in fondo alla strada che esce dal villaggio”. James respirò a fondo, incamminandosi verso il bagno da cui nessuno lo avrebbe visto uscire.
    Invisibile, attese nel bagno, controllando la mappa: non voleva correre rischi, quindi non voleva incontrare nessuno, e poi quell’attesa gli faceva battere forte il cuore. Si sentiva elettrizzato come mai in vita sua.
    Attese con lo stomaco in subbuglio che il corridoio fosse vuoto e si diresse in Infermeria. Nemmeno lì c’era nessuno, ma fece comunque attenzione nell’aprire la porta. La luce entrava dalle grandi finestre inondando la stanza, riflettendosi su coperte bianche e paravento bianchi, accecante, ma James non gettò nessuna ombra sul pavimento, mentre si dirigeva sicuro al camino.
    Prese un respiro profondo, il cuore gli batteva così forte che non riusciva a sentire nessun altro suono, ed entrò nel camino. «Cottege Paciock, Woodcroft Street», scandì e l’attimo dopo stava rotolando senza controllo nella Metropolvere.
    
Il professor Paciock non aveva ancora trovato il tempo di sistemare la canna fumaria del camino.
A giudicare dal caos in mezzo al quale James rotolò, tra cenere e fumo non aveva avuto nemmeno il tempo di aiutare la moglie a disimballare gli scatoloni del trasloco.
    Per alcuni momenti James non riuscì a smettere di tossire; gli lacrimavano gli occhi e anche se il mantello lo aveva protetto dalla caligine, si sentiva uno spazzacamino. In compenso, la stanza era annerita e fumosa e per un momento temette che Hannah avrebbe capito che qualcuno era penetrato in casa. Cercò di ricordare cosa il padre aveva detto una volta, riguardo alla Traccia e pregò Merlino che nessuno che nessuno si accorgesse che un minorenne stava facendo magia fuori dalla scuola. In ogni caso, non aveva alternative: estrasse la bacchetta es eseguì un paio di incantesimi di pulizia che non furono efficaci come quelli di nonna Molly, ma sperava bastassero a coprire le sue tracce. Poi usò di nuovo la magia per aprire la porta della casa; si ritrovò in un grazioso giardinetto che si affacciava su una via dalle case basse, dalle facciate antiche e un po’ logore, coi tetti di ardesia e le ringhiere di ferro battuto, e sorrise perché era arrivato a destinazione.
    Si guardò attorno per capire da che parte andare e poi si avviò per la vecchia Woodcroft Street. La strada scendeva e poi saliva, allontanandosi dal villaggio. Solo quando si fu lasciato alle spalle l’ultima casa di Hogsmeade, James tolse il mantello e respirò a pieni polmoni l’aria fresca. Dal punto in cui si trovava si godeva un’ottima vista su tutta la valle e sul lago. In lontananza si distingueva il castello di Hogwarts, stagliato contro le montagne, mentre sulla via che aveva percorso, scorse una figura piccola e solitaria che camminava verso di lui.
    Per ingannare l’attesa, James si sedette su un letto di aghi secchi, sotto il larice solitario che dominava la strada. Una brezza leggera faceva ondeggiare i rami e il sole strappava riflessi di un tenero verde dorato dagli aghi sottili attraverso cui James cercava di sbirciare il cielo. Il sole era tiepido e James appoggiò la schiena al tronco dell’albero, appisolandosi.
    «Niente scopa, Potter?».
    James sobbalzò. Flint era arrivato mentre lui sonnecchiava e lo fissava con aria perplessa, reggendo la propria scopa. Scattò in piedi e scoprì che anche l’altro era cresciuto, durante l’estate, anche se non quanto lui. Flint aveva i capelli molto corti e James ricordò che stava frequentando l’accademia per Auror.
    «Allora?», lo incalzò Augustus, e James si sentì il viso andare a fuoco.
    «Sì. Subito», rispose, un po’ rigido, mentre estraeva la bacchetta. «Accio, scopa!», ordinò. Flint si volse in direzione della scuola e non dovettero attendere tanto: la Firebolt2K di James volò spedita dalla torre di Grifondoro fino alla mano del suo padrone. James fu quasi sbalzato a terra dalla forza dell’impatto e Augustus scoppiò a ridere.
    «Bella presa, Potter», disse. «Ora vediamo come prendi questo». Tolse da una tasca interna della veste un vecchio boccino dalle ali stropicciate che, nel suo palmo, vibrò e si scosse, fino a quando Augustus non lo lanciò in aria e quello volò via. «Chi lo prende per primo, vince. Ci stai?».
    «Ci sto!», rispose James, pieno di entusiasmo.
    Salirono sulle scope e si levarono in aria. Dall’alto i boschi sembravano una distesa d’oro e rame, ma James guardava verso le nuvole: il boccino poteva essere ovunque e vederlo per primo era fondamentale.
    Flint, invece, volava piano, virando, girando, alzando il manico della scopa e poi abbassandolo, anche lui scrutava il cielo in cerca del boccino, ma non sembrava avere fretta. Quando James intravvide un luccichio, si piegò sulla scopa, dirigendosi verso il boccino e Flint gli fu subito accanto, un falco che piombava sulla preda. «Vuoi che finisca subito?», gli chiese con un sorriso sfacciato e James frenò.
    «Cosa vuoi dire?».
    «Uno di noi prende il boccino, sfida finita, tutti a casa», disse Augustus, «è questo che vuoi?».
    James scosse la testa. Non era sicuro di capire, ma non voleva tornare subito al castello.
    Augustus sorrise in tralice e gli fece cenno di seguirlo. Si piegò all’indietro e James trattenne il fiato aspettandosi di vederlo cadere, ma Flint non cadde: guidò la scopa in una girandola discendente e poi risalì. «Ti muovi, Potter?», lo incitò, volandogli accanto.
    James lo seguì, un’evoluzione dopo l’altra, una picchiata dopo l’altra, e poi di nuovo in alto, intersecando il percorso di James, e anche James cominciò a zigzagare intorno a lui, prendendo confidenza con quel modo di volare spericolato, prima piano, poi più veloce, mano a mano che si sentiva più sicuro.
    Quello non era giocare a Quidditch, e per la verità si era anche dimenticato del Boccino, Flint volava per il piacere di volare, con la leggerezza di una farfalla e la determinazione di un falco, e James si sentì leggero. Flint lo affiancò, prendendo il manico della scopa di James con una mano e James fu preso dal panico, la sua scopa sussultò e scartò, minacciando di farlo cadere, ma lui si resse e Flint non lasciò la presa. «È un fallo!», protestò James.
    «Prendi con una mano la mia scopa», gli rispose Augustus, come se non l’avesse sentito e James ubbidì. Lasciò con una mano il proprio manico e prese quello di Flint, e Flint cominciò a cadere, trascinandolo giù.
    James urlò, ma Flint non sembrava spaventato. Il cuore di James batteva come un tamburo e la sua mano stringeva la scopa di Flint tanto forte che sentì i muscoli del braccio fargli male e, prima che se ne potesse accorgere, la caduta era diventata uno scivolare seguendo la corrente d’aria.
    «Mantieni la distanza, impara quanto e come puoi avvicinarti a un avversario senza rischiare di finirgli addosso. Se tu sai cosa fai e lui si spaventa, sarà lui il primo a tirarsi indietro», disse Augustus. Le loro braccia erano intrecciate e le loro gambe erano tanto vicine che avrebbero potuto sfiorarsi, ma non accadde perché Flint mantenne una distanza costante e James si lasciò guidare da lui.
    Volarono con il vento nei capelli, senza più parlare, e anche quando Augustus lasciò la presa sulla Firebolt di James, James continuò a volargli accanto, a virare quando lui virava, a girare intorno a lui quando lui gli girava intorno. Il cuore di James cominciò a battere più lentamente, l’euforia sostituita da una quiete che lo faceva stare bene. Quel pomeriggio era perfetto, quel volo era perfetto.
    «Tra poco devo rientrare», disse Flint, all’improvviso.
    James capì all’istante e annuì. Il Boccino doveva essere lì, da qualche parte, e cominciò a osservare in ogni direzione. All’orizzonte il cielo cominciava a tingersi di arancio e l’aria stava diventando più fredda e fastidiosa per gli occhi, ma James vide per un momento uno scintillio e diresse la scopa nella sua direzione. Anche Flint lo vide o, forse, vide la direzione presa da James. Quel volo che era sembrato un corteggiamento divenne aggressivo e intimidatorio, ma James non si ritrasse. Il cuore gli balzò di nuovo in gola, ma sapeva che Flint non l’avrebbe urtato nemmeno per sbaglio e che nemmeno lui l’avrebbe fatto. Era la sfida che aveva aspettato per giorni, l’opportunità di mostrare all’ex capitano di Serpeverde i progressi che aveva fatto.
Si spinsero a vicenda, minacciosi e combattivi, adattandosi l’uno ai movimenti dell’altro come se l’avessero sempre fatto, come se conoscessero l’uno il modo di volare dell’altro e alla fine protesero la mano verso la pallina nello stesso momento. Il corpo di Flint nascose a James la vista del sole e quando le sue dita sfiorarono il Boccino, quelle di Augustus vi si serrarono.
    Flint aveva vinto di nuovo.
    L’entusiasmo venne meno e tutta la tensione accumulata pesò improvvisamente sul cuore di James mentre lentamente scendevano a terra.
    «Ce l’hai quasi fatta, Potter», disse Augustus riponendo il Boccino in tasca, mentre James lo guardava sparire, evidente negli occhi la cocente delusione di avere perso di nuovo. «L’ho preso per primo solo perché sono più alto di te», aggiunse, «continua ad allenarti, la prossima volta potresti battermi».
    «La prossima volta?», chiese James, le sue speranze nuovamente accese. Si sentì scaldare il viso e il cuore alla prospettiva di giocare di nuovo con Flint. «Quando?».
    Flint sorrise. «Vedremo». Gli mise un dito sotto il mento e si piegò verso di lui, sfiorandogli le labbra in un bacio lieve, che colse James del tutto impreparato.
    James rimase impietrito, gli occhi sgranati e il cuore in tumulto, mentre Flint gli voltava le spalle e se ne andava.


 
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Questo capitolo è dedicato a Ladyriddle, shipper ad oltranza della coppia James-Augustus.
A questo punto della storia, James ha circa 14 anni e mezzo, mentre Augustus ne ha 18 compiuti, quindi jo voluto che il primo bacio di James avesse ancora il sapore dell'infanzia.
Consideratelo un piccolo regalo di San Valentino e, sperando di farvi cosa gradita, domani (solo domani, 14 Febbraio), il mio libro Ultimo quarto di luna sarà in promozione gratuita. Se avete Kindle o un'app kindle potrete scaricarlo da Amazon.
Intanto ringrazio uwetta per aver recensito il capitolo precedente, e tutti i lettori silenzioni.
Vi aspetto su FB, Twitter e Ask.
Al prossimo capitolo! ^^

 
   
 
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