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Autore: Montana    14/02/2017    1 recensioni
Inghilterra, 1914.
La Grande Guerra sta cominciando a scuotere l'Europa, e i suoi venti di distruzione e paura arrivano fino alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Newt Scamander vorrebbe solo occuparsi di bestie magiche.
Leta Lestrange ha progetti bizzarri e nessuno scrupolo.
Amelia Prewett farebbe qualunque cosa per non vedere i suoi amici soffrire.
Esperimenti contro natura, una storia d'amore, l'emblematica lealtà degli Hufflepuff.
E una sola, grande domanda: cos'è successo a Newt Scamander?
Genere: Azione, Generale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Newt Scamandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Newt Scamander's Saga'
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XI
 
Dove Newton trova una cosa interessante
 
8 Gennaio 1915
Parco di Hogwarts
Pomeriggio
 
La neve si stava pian piano sciogliendo, lasciando al suo posto pozze d’erba bagnata che avrebbero gelato durante la notte, rendendo il parco pericoloso come un campo di battaglia.
Newt scosse la testa, cercando di distogliersi da quei pensieri; era dalla mattina precedente, da quando Amy gli aveva riferito quanto le aveva detto Ignatius della guerra, che la sua mente paeva capace di elaborare solo immagini simili.
Quell’uomo, soprattutto, quel Grindelwald lo inquietava profondamente. Stando ai racconti di Ignatius non doveva avere più di una ventina d’anni in più di loro, eppure aveva già un nutrito esercito di assassini sociopatici quanto lui che lo assecondavano nei suoi deliri di onnipotenza; credeva nella supremazia dei maghi, ed era convinto che l’unico modo per far girare il mondo nel verso giusto fosse operare fuori dalla legge. Stava mettendo a ferro e fuoco la Germania ma per qualche motivo, probabilmente a causa della guerra che stava distruggendo il mondo babbano, nessuno pareva essersene reso conto.
«Ciao Newton! Cosa ci fai qui?»
La voce di Leta alle sue spalle lo fece sobbalzare, ma quando si girò sorrise, felice di avere finalmente una distrazione. «C-ciao Leta. S-stavo per fare una p-passeggiata, v-vuoi venire con me?» Chiese, omettendo la parte in cui la stava aspettando al freddo da mezz’ora perché sapeva che avrebbe finito Erbologia.
«Molto volentieri! Mi potresti tenere la borsa? Sembra un macigno.»
Non era poi così pesante, ma Newt sospettava che le piacesse semplicemente l’idea di avere un cavalier servente. Sorrise a Doug, che avanzava a fatica nella neve mezza sciolta, anche lui di ritorno da Erbologia, e ricevette in risposta un’occhiata in tralice che non sfuggì a Leta. Non disse nulla sul momento, non amava dare spettacolo, ma appena lei e Newton si furono allontanati chiese «Cos’era quell’occhiata del tuo amico Ravenclaw?»
«Oh, n-niente. I-immagino fosse solo s-stupito di vedermi, s-sapendo che non a-avevo lezione.» Rispose lui con nonchalance.
Era bello come Mr-balbettio-perenne riuscisse a mentire, o meglio a negare l’evidenza, con tanta naturalezza. Ma Leta non aveva intenzione di desistere.
«Quindi non c’entro io?» Insistette.
«No, direi di no. D-Doug non ha m-motivo per a-avercela con te.»
Un cambio d’inflessione, una nota risentita nel pronunciare il nome dell’amico; Newton non stava mentendo, stava omettendo qualcosa. E non era difficile capire cosa.
Il sorriso di Leta si allargò involontariamente «Perché, qualcun altro sì?»
Silenzio, vittorioso silenzio. «La Prewett?»
«N-non ce l’ha con te. C-ce l’ha con me. È t-tornato suo f-fratello, lo s-sapevi?»
Certo che lo sapeva, quell’idiota di sua cugina Lucrezia aveva rischiato un incidente diplomatico e rovinato la cena insistendo per andare a salutare il suo amato eroe tornato dalla guerra.
«Sì, lo so, è fidanzato con una mia cugina. Ma cosa c’entra?»
«È t-tornato il g-giorno che siamo u-usciti io e te, e lei mi a-aveva m-mandato delle l-lettere che non ho v-visto perché ero c-con te.»
«E quindi? Non hai il diritto di uscire con chi ti pare?»
«N-non era p-proprio quello il p-problema, non le a-avevo detto che s-sarei uscito con te e…»
«Scusami, ma continuo a non capire il problema: devi forse riferirle tutto quello che fai? Chi è, la tua bambinaia?»
«N-no, ecco, i-io mi sono d-dimenticato d-di lei.»
Dopo qualche minuto di silenzio, Leta riprese la parola «Sai invece cosa penso io? Che voglia solo il suo animaletto tutto per sé. Pensaci, lei oltre a te ha molti altri amici, un fratello che le vuole bene e breve avrà anche un fidanzato, quel Gryffindor. Tu invece chi hai oltre a lei? Soltanto me. E lei ha paura di perdere la sua creaturina in difficoltà.»
Newt la guardava esterrefatto «C-creaturina? N-no, t-ti sbagli, io ho a-altri amici…»
«Chi, il Ravenclaw di prima? Lo sappiamo tutti che sta con voi solo perché gli piaceva la Prewett, fammi il piacere. Vedi, non sono amici tuoi, sono amici suoi! E ti dirò di più, tutte queste storie sul fatto che sei il suo migliore amico sono una stronzata, non ti vede come un amico ma come un animaletto da salvare. O vuoi dirmi che la Prewett non ha la sindrome da crocerossina? Vedrai, adesso che ha il fratello miracolato e il nuovo spasimante si dimenticherà di te.»
«Non parlare di cose che non conosci, Leta.» Sibilò lui, fermandosi di scatto. Non aveva balbettato, questo era il segno che Leta cercava.
«Sono cose che conosco benissimo, Newton, perché sono come te. Ma non sono una tenera Hufflepuff che manipoli con due paroline dolci, ecco perché capisco queste cose molto meglio di te!» Gli rispose lei, fronteggiandolo a muso duro.
Lui era arrossito per la collera, ma negli occhi verdi la Slytherin lesse qualcos’altro: dubbio.
«Fa freddo, è meglio se rientro.» Disse lui, ridandole la borsa, poi girò sui tacchi e si allontanò.
 
Tutta Hogwarts lo sapeva: Amelia Prewett era l’incarnazione degli ideali Hufflepuff. E gli Hufflepuff, lo diceva anche il Cappello, erano leali.
Per questo Newt non riusciva a capacitarsi della sicurezza con cui Leta gli aveva detto che in realtà Amy non lo considerava un amico ma un animale da salvare. Insomma, lui si occupava di animali e pensava che fossero meglio di alcune persone, ma quello era un altro discorso.
Incamminandosi verso la sua Sala Comune incontrò l’oggetto dei suoi ragionamenti, Amy. Era pallida più del solito e i cerchi bluastri attorno ai suoi occhi si facevano sempre più evidenti ogni giorno: tra lo studio, i doveri da Caposcuola e la preoccupazione per la sua famiglia non aveva un attimo di pace.
«Ehi, Amy! Sto andando in Sala Comune, vieni anche tu? Partita a scacchi?»
Lei gli rivolse un sorriso stanco «Grazie Newt ma devo andare alla Guferia per spedire una lettera a casa. Povera Cindy, sta facendo gli straordinari in questo periodo.»
«Anche tu hai la faccia di una che fa gli straordinari, dovresti riposarti un po’. Vuoi che ti accompagni in Guferia?»
«Ora che ci penso è meglio se vai in Sala Comune, dei tuoi compagni di stanza ti stavano cercando e parevano piuttosto irritati. Però possiamo giocare a scacchi dopo cena, se non hai la ronda! Ci vediamo dopo, scappo finché c’è ancora luce.»
Newt valutò l’ipotesi di rimanere un altro po’ in corridoio a tergiversare, poi con un sospiro rassegnato tornò a dirigersi verso i suoi sotterranei.
Non fece in tempo a metter piede nel salotto rotondo che venne richiamato da un potente “Scamander!” detto da un Capitano Fraser piuttosto alterato. Fu pervaso dal gelo per qualche secondo al pensiero di aver dimenticato un allenamento, ma poi si rese conto che in quel caso Fraser l’avrebbe già ammazzato.
«Vieni qui, ti dobbiamo fa vedere una cosa.» Continuò il Capitano, facendogli segno di entrare nella loro stanza. Appena Newt si fu chiuso la porta alle spalle, gli lanciarono addosso qualcosa di nero e peloso che riuscì a prendere al volo solo grazie ai riflessi da Cacciatore.
«Ehi ma questo è il mio Snaso!»
«Non mi interessa cosa sia, basta che lo fai sparire da qui immediatamente! Si è mangiato i miei gemelli buoni, e anche buona parte dei risparmi di Carter.»
«Non li ha mangiati, li ha solo rubati… ecco, guarda, si fa così.» Disse Newt, capovolgendo la creatura e cominciando a farle il solletico sulla pancia: al contorcersi dello Snaso cominciarono a cadere monete, bottoni, i gemelli di Fraser, qualunque cosa luccicante fosse mai stata in quella stanza.
Una volta che tutti si furono riappropriati dei loro averi, il Capitano gli si avvicinò e molto più amichevolmente gli disse «Senti, Scamander, non ci siamo mai lamentati delle creature che hai portato in camera, però quel coso ha cercato di mangiarsi le nostre cose, e non ha fatto ulteriori danni in giro per la scuola solo perché lo abbiamo bloccato in tempo! Noi non diremo nulla né a Cline né al Preside, ma tu fallo sparire, per favore. Altrimenti ti useremo come bersaglio per i bolidi al prossimo allenamento!»
«Certo, avete ragione. Si vede che la borsa dove l’avevo messo è piena. Vedrò di trovare una soluzione in fretta, scusate ancora.»
 
Qualche giorno dopo
Corridoio del settimo piano
Pomeriggio
 
Sembrava quasi che tutti gli insegnanti di Hogwarts si fossero resi conto solo in quel momento che gli alunni del Settimo avrebbero dovuto sostenere i MAGO a fine anno: appena tornati dalle vacanze di Natale li avevano caricati di compiti ed esercitazioni, avevano iniziato a fare terrorismo sulla difficoltà e l’importanza degli esami, insomma, si dilettavano a torturarli in ogni modo.
Amy era distrutta, trasfigurava ossessivamente tutto ciò che aveva a portata di mano, si dimenticava qualunque cosa non fosse strettamente legata allo studio e si addormentava su ogni superficie piana (la sera della partita a scacchi era crollata a metà, e Newt l’aveva riportata a letto in braccio).
Newt dal canto suo non se la cavava meglio, tra l’insegnante di Pozioni che gli stava col fiato sul collo per coglierlo in flagrante ad improvvisare di nuovo, le altre materie, il Quidditch e le parole di Leta che continuavano a risuonargli fastidiosamente in testa. Ah, e doveva ancora trovare un altro posto dove tenere lo Snaso e le altre creature, prima che persino i suoi leali e pazienti compagni di stanza si stancassero.
“Potrei tenere gli altri e ridare lo Snaso a Cline, non sarebbe una brutta idea. Ma dovrei denunciare Leta, e questo non le farebbe sicuramente piacere. E poi mi sono affezionato a questo piccoletto… oh, se solo ci fosse un modo per tenerli tutti insieme al sicuro!” pensò, facendo avanti e indietro per il corridoio per l’ennesima volta. Uno scricchiolio al suo fiano lo fece sobbalzare: dove prima c’era un solido muro di mattoni, ora c’era una porta.
“Merlino, che ho combinato stavolta?” si chiese intimorito, avvicinandosi alla porta. Sembrava innocua, ma ad Hogwarts non si poteva mai sapere.
Si decise ad entrare, bacchetta alla mano, e si ritrovò in una stanza spoglia e immersa nella penombra. Al centro, illuminato dall’unica finestra magica della stanza, c’era un banco, e sopra al banco qualcosa che avvicinandosi scoprì essere una valigia. Si guardò attorno, perplesso: perché in una stanza magica che non ricordava di aver mai visto c’era una valigia? E perché non sembrava affatto abbandonata lì per caso, anzi, era messa ad arte? Provò ad aprirla, per cercare qualcosa di simile ad una risposta, ma era una semplice valigia vuota. Si accorse però che sulla chiusura c’era una levetta con su scritto “babbano”, e la tirò: la scritta mutò in “magico” e il fondo della valigia scomparve.
«Helga benedetta, perché faccio queste cose?» mormorò allungando però una mano: la valigia pareva essere diventata l’ingresso di un tunnel senza fondo. Vinto dalla curiosità, accese la punta della bacchetta e cercò di capire con cosa aveva a che fare; la tenue luce biancastra illuminò qualcosa che gli parve uno scalino, anzi, una serie di scalini che scendevano in quella magica oscurità. Si issò sul banco e, ripetendosi mentalmente che ad Hogwarts non poteva succedergli nulla di male, cominciò a scendere.
Arrivato in fondo, pronunciò un lumos maxima e ciò che vide lo lasciò senza parole. Là sotto (o là dentro, non sapeva ancora bene come dire) c’era un vero e proprio appartamento, con un piccolo studio e attorno metri e metri di spazio vuoto. Spazio dove avrebbe potuto mettere le sue creature, anzi, avrebbe comodamente potuto creare la sua collezione privata con tutte le creature esistenti al mondo perché Merlino, lo spazio si allargava a perdita d’occhio! Chissà di che tipo di Incantesimo di Estensione si trattava… e chissà chi l’aveva fatto, soprattutto. Si avvicinò alla scrivania per cercare qualche effetto personale del proprietario della valigia, ma non ce n’erano. Finalmente si concesse un sorriso soddisfatto.
Risalì la scaletta e uscì dalla stanza con la valigia in mano: doveva assolutamente proporre ad Amy di studiare Incantesimi assieme, forse in due avrebbero capito quali erano serviti a creare quella piccola oasi portatile.

 
  
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