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Autore: Supreme Yameta    17/02/2017    1 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Gaara e i suoi fratelli avevano appena solcato l’apice di un’altissima duna. Da quella posizione era possibile avere la perfetta visuale delle spesse mura del villaggio della Sabbia che proteggevano da secoli la gente e che contribuiva alla rinomata ricchezza di una zona così arida e dura dove sopravvivere.

Il vento aveva aumentato la sua potenza e numerosi colpi d’aria si infrangevano sui visi dei tre fratelli, che rimanevano fermi a osservare da quel luogo il complesso urbano.

Dopo dieci minuti, Temari e Kankuro iniziarono a stancarsi dell’attesa e a premere sul viso parte del turbante che proteggeva la loro nuca dalle insidie naturali tipiche del deserto a cui nemmeno loro, fieri shinobi della Sabbia, erano immuni.

Lo stesso ragionamento non poteva applicarsi per la situazione di Gaara, che invece sembrava immune al vento e al caldo, come se fosse stato da sempre immerso nella calura di quel luogo.

Quel momento di osservazione aveva un significato nascosto per l’animo del giovane, dato che l’avvento di una guerra non era certo l’ideale da affrontare per un capo che stava ancora imparando tutte le sfaccettature inerenti al comando di un villaggio ninja.

I pensieri di Gaara lo rendevano imperturbabile dagli stravolgimenti del deserto. La duna di sabbia iniziò ad abbassarsi rapidamente a causa della potenza crescente del vento e più tempo trascorrevano lì, più correvano dei rischi seri di venire sommersi dalla sabbia; non che per Gaara fosse un pericolo.

Temari e Kankuro invece erano stati costretti a scansarsi da quella posizione, così da evitare di farsi sommergere dalla sabbia e creare una situazione spiacevole per il proprio orgoglio da shinobi.

A un certo punto, una luce abbagliò lo sguardo di Kankuro, che capì subito che si trattava di un messaggio delle sentinelle addette alla protezione delle mura del villaggio e che li avevano individuati.

Il ninja allora si premurò di avvertire la sorella.

«Guarda, Tem.»

«Ho visto. Pare che sia in arrivo una tempesta di livello tre.» lo anticipò lei.

La gente del villaggio della Sabbia era abituata agli sbalzi d’umore del deserto. Per loro era la prassi organizzare la propria routine a seconda dei capricci del deserto. Per questa ragione, fino dagli albori del villaggio, era nata una squadra di studiosi del meteo che tenevano costantemente sott’occhio i movimenti del deserto; le loro conoscenze erano poi state condivise fra tutti i ninja della sabbia, che in quel luogo ci lavoravano per i grandi magnati che avevano interessi cospicui nella nazione del vento.

Una sequenza luminosa si alternò, accecando i due ninja, comunicando così le coordinate e la velocità della potentissima tempesta di sabbia che si sarebbe abbattuta sul villaggio fra qualche ora.

«Sarà meglio muoverci.» fu il commento da bruciapelo di Kankuro.

Gli sguardi dei fratelli si incrociarono per un momento, così da ricordarsi che il loro fratellino non si muoveva ancora della sua posizione; era ancora estraniato dalla realtà, vittima della sua mente.

Temari provò a chiamarlo.

«Hey, Gaara. Al villaggio ci aspettano tutti. Stanno per alzare il velo di protezione.»

Nessuna risposta.

Temari ci provò di nuovo, ma ancora nessuna risposta.

La tempesta stava arrivando. Kankuro aveva avvistato il potentissimo fenomeno naturale con un binocolo e aveva inoltre calcolato che in venti minuti sarebbe giunta alla loro posizione.

«Andiamo, Gaara! Ti dai una mossa? Noi non siamo invulnerabili al deserto come te.»

Solo allora il Kazekage sembrò destarsi dai suoi pensieri e voltarsi verso i propri fratelli.

«Scusatemi.»

I tre fratelli iniziarono a scendere l’alta duna, scivolando fra le onde di sabbia generate dagli sbalzi d’aria della tempesta che si stava avvicinando alla loro posizione, rendendo così i loro movimenti simile a una bella sciata in neve dorata.

Durante quella discesa, Gaara non riuscì a trattenere che il flusso dei propri pensieri restasse costante dentro la sua testa, così esternò la sua preoccupazione ai suoi fratelli, con la speranza di chiedere loro consiglio.

«Credete che sarò in grado di affrontare una guerra?»

Entrambi i suoi fratelli erano rimasti alquanto sorpresi da quella domanda: non era proprio da lui.

«Certo che lo sarai! Non è questo il momento di dubitare di te stesso.» lo incoraggiò Kankuro.

«La gente del villaggio si fida di te e non c’è nessun altro che possa guidare il villaggio in questa guerra.» aggiunse Temari.   

A Gaara fecero piacere quelle risposte, sebbene non fossero riuscite completamente a rimuovere il suo senso di inquietudine per quello che era successo nel corso del summit dei Kage.

«Non lo so. Sento che se non sto attento al minimo particolare, rischio di farmi sfuggire le cose di mano e di compromettere tutto.» sospirò Gaara.

Temari e Kankuro non capivano affatto che cosa volesse dire il loro fratellino, perciò lo lasciarono parlare in attesa che tutti i suoi dubbi venissero fuori, così magari sarebbero riusciti a capirlo e ad aiutarlo.

«Lo Tsuchikage aveva ragione. Sono troppo inesperto per fare il Kazekage.» continuò perplesso.

Mai Temari e Kankuro avrebbero immaginato che il loro fratellino, così sicuro e prudente nell’esternare le proprie emozioni, covasse nel suo cuore un così profondo senso di inadeguatezza per il ruolo che ricopriva e a cui aveva così tanto ambito.

«Non dovresti dare retta a quello che dice quella vecchia ciabatta. E’ solo un vecchio rudere che ora ha troppo paura di restare solo contro Akatsuki.» sbottò Kankuro schifato.

Gaara non la pensava affatto allo stesso modo. Era vero che i precedenti leader dei villaggi ninja, incluso suo padre, avessero commesso la qualunque nefandezza per garantire la supremazia del proprio villaggio a svantaggio dei concorrenti, eppure loro erano stati in realtà vittime del loro tempo, costretti a seguire le necessità dello svolgersi degli eventi e badare al bene della propria gente.

Lui invece la pensava diversamente, fin da quando aveva deciso di diventare Kazekage, sapeva che la sua politica non avrebbe avuto nulla a che vedere con quella di suo padre; basta chiusura da tutti, era ora di aprirsi agli altri villaggi e di collaborare con questi.

«Voglio essere un leader diverso dallo Tsuchikage, ma non posso farlo senza avere coscienza di tutto quello che serve per diventare un ottimo capo villaggio. »

I tempi erano cambiati e anche i Kage dovevano farlo a loro volta; sarebbe stato difficile, ma era un cambiamento che bisognava affrontare da soli, persino per un giovane ninja come il Quinto Kazekage.

I suoi fratelli sapevano benissimo che non potevano fare molto per lui e che potevano solo condividere con lui le sue preoccupazioni e incertezze, ma di una sola cosa entrambi tenevano a precisare e con la voce di Temari fu esternato tutto al fratello minore.

«Qualunque tuo dubbio o incertezza, ci saranno sempre i tuoi fratelli a darti aiuto. Basta solo chiedere, siamo qui apposta.»

Gaara esitò qualche istante prima di proferire parola, poi girò lo sguardo verso i sorrisi convincenti dei suoi fratelli e sorrise.

«Vi ringrazio.»

Il percorso a discesa si concluse e i tre fratelli spiccarono un balzo enorme verso l’entrata del villaggio, dove i ninja della Sabbia attendevano il rientro dei loro beniamini, prima di innalzare le difese esterne del villaggio contro la tempesta di sabbia.

«Bentornato, eccellenza!»

Fra gli entusiasmi di tutta la gente, i tre fratelli si sentirono subito molto sollevati nel sapere che erano effettivamente mancati a tantissime persone, durante la loro assenza; tuttavia, essi erano anche molto preoccupati, perché solo in quel momento si resero conto di quanto sarebbe stato difficile dire a tutta quella gente dell’inizio di una nuova guerra.

A un certo punto, l’attenzione dei tre fratelli venne catturata dal loro vecchio maestro e fidato consigliere del villaggio, Baki.

«Immagino che ci siano molte notizie che intende riportarci dal summit con gli altri Kage, non è così?»

«Molte. Ho intenzione di convocare un consiglio del villaggio straordinario questo pomeriggio. Che non manchi nessuno.» riferì il Kazekage.

Per Baki sembrò molto strana quella richiesta e subito comprese che l’incontro con i leader mondiali non era andato bene e che le conseguenze di quell’incontro sarebbero state molto gravi per tutti loro. Ciò nonostante, l’uomo mascherò la sua evidente preoccupazione al pubblico, proprio come stavano facendo i suoi allievi. Baki e Gaara si scambiarono un’occhiata complice, dopodiché il primo fece un cenno e scomparve in mezzo alla folla per applicare la richiesta del suo superiore.

Gaara ne approfittò così per rientrare nel suo palazzo per darsi una rapida rinfrescata al corpo e alla mente, così da pensare per bene a ciò che voleva dire durante la riunione con i suoi consiglieri. Temari e Kankuro lo seguirono.

«Dovreste iniziare a rientrare nelle vostre case, cittadini. Fra non molto la tempesta di sabbia si abbatterà sulle mura del villaggio.» si raccomandò Kankuro, nella speranza di scremare la densità della folla.

La gente cominciò effettivamente ad andarsene e a posticipare i festeggiamenti per il ritorno del Kazekage, ma ancora qualche persona continuava con determinazione a seguire il capezzale del capo villaggio; fra questi vi erano anche Matsuri e la sua amica Yukata.

«Salve, maestro Gaara. Com’è andato il viaggio?» domandò Matsuri con la sua tipica contentezza nel vederlo.

Gaara le lanciò un rapido sorriso, dopodiché continuò la sua marcia verso la magione del Kazekage, con ancora in mente quello che doveva fare di molto importante.

Le due ragazze rimasero alquanto sorprese dal comportamento del Kazekage; per quanto fosse taciturno, era sempre stato generoso di poche ma cortesi parole per tutte loro, però quella volta non lo aveva fatto: doveva esserci qualcosa che lo turbasse.

Temari prese da parte le due ragazze, dopo avere detto a Kankuro che li avrebbe raggiunti subito dopo alla magione.

«Non è un buon momento per assillare Gaara, intesi?» dichiarò lei alle due ragazze.

«Ma che cos’è successo, madamigella Temari?» chiese Yukata.

Temari abbassò lo sguardo. Giurò che in quel momento avrebbe tanto voluto che Shikamaru le desse qualche consiglio su come aiutare Gaara al meglio.

«Gaara lo dichiarerà domani mattina. Ora deve parlare con i consiglieri. Voi tornate a casa.»

Il tono di Temari non voleva ammettere nessuna altra replica. La ragazza stava per ritirarsi nella magione, quando venne raggiunta da Matsuri che continuava a richiamarla sempre più forte, poiché la sua voce continuava a venire smorzata dalla potenza del vento della tempesta.

«Aspetti, madamigella Temari.» la richiamò Matsuri.

Temari si voltò nuovamente, scocciata.

«Che cosa c’è ancora?»

«State veramente bene?» domandò Matsuri con insistenza.

Temari sospirò; quella ragazza si preoccupava anche fin troppo, era peggio di loro.

«Va’ a casa, Matsuri.» ordinò poi la ragazza, prima di sparire dentro la magione del capo villaggio.

L’incontro straordinario fra i membri più influenti del villaggio della Sabbia si tenne verso le 6 di quel pomeriggio. Fuori dagli edifici, la tempesta continuava a percuotere tutte le infrastrutture del villaggio, abbattendosi furiosamente sulle insegne degli edifici e obbligando la gente a rimanere in casa per dedicarsi magari a quel tempo libero che la tempesta gli forniva.

Al contrario, all’interno della stanza delle conferenze della magione si lavorava e finché non si sarebbe conclusa la tempesta, i membri del consiglio del villaggio sarebbero rimasti in camera di consiglio, fino a quando il Kazekage non lo avrebbe ritenuto opportuno, così come anche la natura.

I membri del consiglio erano in 12 ed erano composti dai capi dei clan più prestigiosi del villaggio; il capo dello staff dei jonin, ovvero Baki; i capi delle forze speciali; l’anziano Ebizou, che era tornato a lavoro per colmare l’enorme vuoto provato dalla morte della sorella Chiyo; infine i tre figli del Kazekage, in quanto ninja più forti e rispettabili di tutto il villaggio.

In quel momento, tutti i membri del consiglio erano radunati attorno all’enorme tavolo nella camera di lucente oricalco e marmo con l’ingresso in fondo alla stanza, che si superava oltrepassando le statue a grandezza naturale dei cinque Kazekage che si sono succeduti.

«La tempesta si sta rafforzando.» constatò uno dei consiglieri che aveva guardato fuori dalla finestra.

«Così come le aspettative di mia moglie che io manchi questa sera per cena.» fu il commento bonaro di un altro anziano consigliere.

Un altro collega si aggregò alla prima risata di chi aveva fatto la battuta e quasi l’atmosfera sembrò calmarsi nell’attesa che il Kazekage si palesasse.

Baki li riprese immediatamente per quello che stavano facendo.

«Vi pare questo l’atteggiamento da mostrare in questa stanza? Mi meraviglio di voi.»

L’anziano consigliere che prima aveva fatto la battuta non la prese male per quel rimprovero, ma non perse occasione di elargire le proprie motivazioni per adagiare le acque della discussione ancor prima che la riunione iniziasse.

«Suvvia, Baki. Un po’ di leggerezza nell’attesa del sommo Kazekage non mi sembra proibitivo.»

«Sarà, ma io ancora mi chiedo che fine abbia fatto il Quinto.» aggiunse un altro consigliere annoiato.

Era quasi passata un’ora dal loro arrivo nella stanza delle conferenze, ma del Kazekage non c’era effettivamente la minima traccia.

«Kankuro, Temari. Voi ne sapete qualcosa?» domandò infine un altro dei consiglieri lì presente.

I due fratelli si scambiarono uno sguardo reciproco e nessuno dei due sapeva dare una risposta a tale quesito. Loro avevano solo avuto il tempo di una rapida doccia e di mettersi delle vesti più comode e adatte per interminabili ore di discussioni.

«Chissà dove sarà finito.» fu il commento dubbioso di Baki.

«Magari sarà stanco dal lungo viaggio e avrà preso sonno.» ipotizzò qualcuno.

«Come no! I giovani di oggi sono così infaticabili. Io credo che il Quinto sia più che altro da qualche parte a riordinare le idee.» obiettò ridacchiando il vecchio Ebizo.

Il vecchio ninja aveva visto bene, infatti il capo villaggio si fece vivo dopo qualche minuto, vestito della sua classica vesta ufficiale e seguito da due shinobi che portavano una risma di documenti che appoggiarono accanto alla poltrona del loro superiore, per poi lasciare la stanza subito dopo.

Gaara sorpassò le statue dei suoi predecessori, si fermò un momento a fissare il viso di suo padre e immaginò a come questi avrebbe reagito nell'immediatezza di una guerra..

«Oh, Kazekage. Cosa sta succedendo? Perché questa convocazione?» chiese uno dei consiglieri.

Gaara tornò sui suoi passi e andò ad accomodarsi sulla sua poltrona accanto a tutte le risme di documenti che aveva con cura accatastato e che avrebbe ispezionato assieme ai suoi collaboratori e consiglieri.

«Vi chiedo scusa per l’attesa. Sono stato molto impegnato a controllare tutti questi documenti.»

«E che cosa c’è in questi documenti da non potere aspettare un altro momento?» chiese Baki incuriosito.

«Le ultime missioni condotte dal villaggio della Sabbia negli scorsi 10 anni. Ho letto una marea di questi casi e ho portato qui da voi quelli che vorrei discutere assieme, perché ci sono molte cose poco chiare.» spiegò il Kazekage.

Temari e Kankuro capirono immediatamente a che cosa Gaara si riferisse, perciò si limitarono a stare in silenzio e a vedere come gli altri consiglieri avrebbero reagito.

I consiglieri si scambiarono uno sguardo di incredulità e di conseguenza, chiesero a turno al Kazekage le dovute spiegazioni.

«Che significa tutto ciò?» chiese uno dei consiglieri.

«Perché non me lo spiegate voi?» ribatté di rigetto il Kazekage.

Sul viso dei consiglieri fu evidente l’enorme incredulità per il tono che il Kazekage stava utilizzando per quella riunione, era proprio differente dal solito individuo con cui si parlava.

«Mi perdoni, eccellenza, ma non riesco a capire quale sia il problema. Sono missioni già archiviate, no?» disse uno dei consiglieri.

Era il momento di gettare via tutti i tentennamenti e di parlare chiaro, senza alcuna limitazione.

«E se vi dicessi che in questi documenti ci sono tutti i casi in cui sospetto che la Sabbia abbia pagato i servigi di Akatsuki per portarle al termine, fareste ancora finta di non sapere nulla?»

Ad un tratto, quasi la totalità dei membri del consiglio impallidì, come se fosse stato appena tirato fuori uno scheletro nell’armadio di ognuno dei presenti e che il Kazekage avrebbe passato in rassegna ogni errore commesso in passato, pronto a punire la qualunque nefandezza fosse passata sottobanco.

«Yaka, tu sai dirmi qualcosa?» chiese Gaara a bruciapelo.

L’uomo a cui si era rivolto era il capo delle forze speciali del villaggio della Sabbia, era stato a suo tempo uno dei consiglieri fidati del Quarto Kazekage ed era sicuramente uno che si era sempre opposto alla sua nomina a capo villaggio.

L’uomo appariva con evidenza molto turbato per essere stato interpellato e cercò subito di trovare le dovute giustificazioni per nascondere i propri errori.

«Mio signore...» cominciò l’uomo.

«Voglio solo la verità, Yaka. Non ho intenzione di punire nessuno per quello che è successo, non ora che c’è una guerra alle porte e mi serve l’aiuto di ognuno di voi.»

In quel momento, sembrò come se Gaara avesse pronunciato la maledizione più orribile che i consiglieri avessero mai udito, tanto da lasciarli sbigottiti ancora più di quando sarebbero stati obbligati a tirare fuori i loro scheletri nell'armadio.

«Una guerra?» ripeté turbato uno dei consiglieri.

Gaara allora decise di raccontare tutto quanto. Partì con le rivelazioni dello Tsuchikage sull’abuso dei villaggi ninja dei servigi dell’organizzazione che ora stavano combattendo, poi parlò del tentativo di Danzo di soggiogare la mente del generale Mifune per il proprio tornaconto, infine dell'attacco di Sasuke Uchiha e del suo antenato, il temutissimo Madara Uchiha che aveva dichiarato guerra a tutte le nazioni ninja per attuare il proprio piano.

Udire tutta quella storia aveva generato nei consiglieri dei sentimenti che si alternavano dalla preoccupazione all’ansia per un nuovo conflitto.

Solo Ebizou, ovvero il più anziano consigliere, aveva fin da subito esternato la sua paura quando aveva compreso chi fosse il nemico da combattere. La preoccupazione dell’anziano fu carpita immediatamente dagli osservatori più attenti, incluso lo stesso Kazekage.

«Qualcosa la turba, saggio?»

L’anziano consigliere aveva appoggiato i gomiti sul tavolo e lasciato che la fronte si appoggiasse ai palmi delle mani che aveva diretto verso il viso. Il colorito della sua pelle era ancora più biancastro del solito e i respiri che alternava erano un chiaro sentore di una preoccupazione al di fuori del normale. L’anziano Ebizou impiegò qualche minuto per ordinare le idee, sollecitato diverse volte dai presenti a dare loro un segno di vita, poi parlò con una tonalità di voce molto cupa.

«Non avrei mai immaginato che fosse ancora in vita. Lui è proprio la prima persona che dovrebbe giacere dentro una lapide.»

«Si riferisce a Madara Uchiha?» domandò Kankuro.

L’uomo sospirò con ansia una nuova volta, poi annuì.

«E a chi sennò. Quel mostro...»

Madara Uchiha era conosciuto da qualunque individuo che volesse diventare uno shinobi, indipendentemente dal suo villaggio di appartenenza, dal tempo e dallo spazio in cui risiedeva. Egli era la personificazione del potere supremo, una leggenda che aveva oltrepassato la realtà e ottenuto una forza inimmaginabile, capace di compiere qualunque impresa fantastica, domare qualunque male e contrastare persino l’ignoto. Era una figura la cui fama era sopravvissuta al di là del tempo e della sua presunta morte, avvenuta per mano del Primo Hokage, durante la battaglia nella Valle Dell’Epilogo. Quando il mondo era venuto a conoscenza della sua morte, la gioia era al massimo degli estremi e numerosi tributi vennero dati al leggendario Hokage per avere abbattuto colui che veniva definito come il male caotico supremo.

Adesso tutto il mondo era venuto a conoscenza che le cose non erano andate così; in realtà, Madara aveva gabbato la morte, il Primo Hokage e il mondo intero, macchinando un nuovo piano per impadronirsi del mondo.

In virtù di quanto si sapesse sul conto del leggendario Uchiha, Gaara cercò di associare le caratteristiche descritte nelle fiabe con l’uomo mascherato che aveva incontrato nel paese del ferro; un uomo che aveva dichiarato apertamente di non essere forte come un tempo, privo dell’occhio sinistro e che si serviva di Sasuke per compiere i suoi propositi.

«La forza di quell’uomo è leggendaria, ma per servirsi di Akatsuki, significa che il suo potere non è quello di un tempo. Per questo ci ha minacciato di attaccarci con le bestie codate in suo possesso.»

Un dettaglio fin troppo evidente; forse l’unico punto a favore di tutta quella situazione così tanto assurda e rischiosa.

«Questo è certamente un aspetto a nostro vantaggio, lord Gaara. Tuttavia prendere alla leggera quell’uomo è un lusso che non possiamo permetterci.» precisò il vecchio Ebizo.

«Non è mia intenzione farlo. E’ per questo motivo che al summit si è deciso di formare un’alleanza con gli altri villaggi. Da soli siamo deboli, ma insieme possiamo contrastare qualunque minaccia.» rilevò Gaara.

Una volta appresa quella notizia, i consiglieri vollero ovviamente sapere ulteriori dettagli riguardo all’alleanza di cui il villaggio della Sabbia avrebbe fatto parte.

«Spero che sia tutto chiaro, signori. - concluse il Kazekage. Per il momento, tutte le missioni in collaborazione con Akatsuki saranno archiviate sotto mio ordine, ne riparleremo a guerra conclusa. Adesso mi aspetto da tutti voi la massima collaborazione e nessuna divisione.»

Temari e Kankuro non poterono che scambiarsi un’occhiata di soddisfazione nell’ascoltare con quanta risoluta pacatezza il loro fratellino faceva leva sulla sua autorità di capo villaggio; erano davvero fieri di lui.

Persino i consiglieri erano rimasti molto sorpresi da quanto il pacato Gaara fosse cambiato a seguito di quel summit, era come se il contatto con gli altri Kage avesse risvegliato in lui l’istinto da condottiero che aveva contraddistinto i tutti i Kazekage del passato; il Quinto Kazekage stava diventando davvero degno dei suoi predecessori.

A questo punto, i consiglieri, avendo compreso la situazione, volevano ribadire qualche punto importante da chiarire riguardo le decisioni prese sulla catena di comando dell’alleanza ninja.

«Resto comunque contrario che sia il Raikage il generale supremo dell’Alleanza. Non è possibile lasciare che un altro Kage prenda delle decisioni per la Sabbia.»

«Questo è quello che è stato proposto dal generale Mifune, dopo aver analizzato la situazione. Penso che la sua opinione debba essere rispettata. Non solo noi, ma tutti gli altri Kage hanno accettato la sua candidatura.» ribatté Kankuro.

Ma non tutti la pensavano così.

«Certo, lasciamo che a decidere sulle questioni dei ninja sia un samurai. Quelli si farebbero ammazzare, piuttosto che collaborare con gli shinobi, solo perché disprezzano l’arte ninja. Che senso ha affidarsi alla loro opinione in affari che non li riguardano.»  

A quel punto, intervenne Temari.

«Che non li riguardano? Akatsuki minaccia l’intero mondo!»  

I ninja erano organizzati in eserciti per i capi della nazione. L’assemblamento delle nazioni che si servivano di questo sistema era immenso, ma non era l’unico esistente. Oltre alla nazione samurai, esistevano altre grandi vaste terre che gli shinobi esploravano poco e i cui eserciti erano composti da altre tipologie di guerrieri. Tuttavia, certe volte i ninja tendevano a ignorare questo aspetto, anche perché da quei luoghi non giungevano mai notizie clamorose come nelle loro terre.

«Perché non coinvolgere anche queste terre allora?» propose un consigliere chiamato Takagi.

«A che scopo? - sbottò il vecchio Ebizo. La nazione del buio e quella del silenzio non hanno alcuna politica estera e con una guerra alle porte, non possiamo perdere tempo a tessere legami politici. Ninja e samurai sono già disomogenei di loro, se aggiungessimo ulteriori tipologie di guerrieri, sarebbe il caos.»

«Sono d’accordo con lei, anziano. Sarà comunque importante indire un incontro con il signore feudale. Vorrà essere informato della situazione.» aggiunse Baki con un suo intervento.

«Ma come la mettiamo con il fatto che collaboreremo con la Roccia?! Solo a me questa prospettiva da’ il voltastomaco!»

Il commento del consigliere Arkay aveva certamente fatto luce su un grave problema per il comando della Sabbia, quando avrebbe dovuto spiegare ai propri soldati che avrebbero dovuto combattere e morire per gli odiatissimi ninja del villaggio della Roccia. Per anni i due villaggi erano stati in guerra, infliggendo numerose ferite reciproche e conservano un odio reciproco.
Adesso, con un’alleanza alle porte, non sarebbe stato facile per il Kazekage e lo Tsuchikage convincere i propri soldati a collaborare con il tanto odiato nemico, entrambi sapevano che dovevano mostrarsi abbastanza convincenti per far sì che la magia della collaborazione si avverasse.

Gaara vide la sua occasione di prova in quel momento, tentando di convincere i suoi consiglieri a mettere da parte il loro passato, ma soprattutto il loro odio.

«Questo è lo scopo dell’Alleanza ninja. Cambiare. - proruppe il giovane capo. Non voglio dire che sarà facile, ma se non ci proviamo, non sapremo mai che cosa ne potrà venire fuori. Se un giorno questo si dimostrerà un errore, sono pronto a dare la mia testa come espiazione per le mie decisioni.»

L’attenzione generale dei membri del consiglio era focalizzata interamente sul discorso del Kazekage e il silenzio era massimo. Solo quando Gaara si rese conto che ognuno dei suoi consiglieri gli prestava la giusta attenzione si mosse a dichiarare.

«Adesso vi pongo questa semplice domanda, signori. Siete con me?»

Si persero solamente pochi secondi, dopodiché tutti i consiglieri espressero il loro assenso alla richiesta fatta dal loro capo villaggio. Tale decisione non fu presa unicamente per una condivisione morale che fosse necessario cambiare la propria politica estera nei confronti delle nazioni alleate, ma soprattutto con l’evidente bisogno di non restare da soli nella guerra, avendo a che fare con un nemico tanto potente come Madara Uchiha; questo lo sapevano i consiglieri, lo sapeva il Kazekage e lo sapevano tutti gli altri Kage: era un punto d’inizio.

*

 

Nel frattempo, anche gli abitanti del villaggio della Nuvola erano impegnati ad allietare il ritorno del capo villaggio e del suo seguito, avendo anche tanta felicità nel vedere assieme a quel piccolo gruppo il tanto amato Killer B, ritenuto in passato catturato e ucciso dall’Akatsuki; per fortuna lui era sano salvo.

La gioia di quella gente era molto gradita da parte del rapper che, megalomane ed egocentrico com’era, non perse occasione per pavoneggiarsi e stare al centro dell’attenzione.

«Yo! Come state, miei cari? Amici come voi sono piuttosto rari!»

Nonostante Killer B fosse una forza portante, la gente aveva imparato ad amare quell’uomo eccentrico ed imprevedibile, per cui nessuno degli abitanti del villaggio si sarebbe mai sognato di pensare male di lui o di quel demone che tanto male aveva fatto loro in passato e che adesso risultava domato. La gente amava Killer B, anche più del Quarto Raikage.

Al fianco dell’eccentrica forza portante, il capo villaggio della Nuvola e il suo entourage venivano coinvolti dalla gioia della popolazione per il loro ritorno e per la prodezza compiuta nell’avere riportato a casa il loro beniamino.

«Beh, non c’è che dire, il signor B ha una marea di ammiratori.» ridacchiò Darui.

«Si vede che è mancato a tutti quanti.» aggiunse C contento.

«Sarà meglio tenerlo d’occhio. - ruggì invece il Raikage. Non voglio che si metta a giocherellare per tutto il villaggio. Dobbiamo focalizzarci sulla guerra.»

La piccola squadra si addentrò nel villaggio, circondata dagli abitanti del villaggio e dai membri delle forze speciali che stavano letteralmente attaccati al Raikage per evitare che i suoi passi venissero ostacolati dall’eccessivo gaudio.

In quel frangente, tutti quanti rimasero incredibilmente sorpresi che il potentissimo capo villaggio fosse tornato privo del suo braccio sinistro e molti iniziarono a chiedersi quale fosse il temibile nemico, a cui avesse dovuto sacrificare quell’arto così prezioso.

Altro fattore che balzava subito agli occhi della folla fu lo strano oggetto coperto di squame che Killer B portava legato alle spalle e che lo rendeva incredibilmente irresistibile nel chiedere di che cosa si trattasse.

A un certo punto, fra la folla si fecero largo due figure che si catapultarono verso Killer B; si trattava dei suoi allievi, Karui e Omoi.

«Maestro siete voi! Allora state bene!» lo salutò la prima con tanta gioia in viso.

«Credevamo che non l’avremmo mai più rivista!» aggiunse Omoi in lacrime.

Il loro maestro ovviamente apprezzava che quei due fossero così preoccupati per la sua scomparsa, ma non era certo il tipo che esternava direttamente i propri pensieri, preferendo senza una rima azzeccata per replicare a così tanto affetto.

«Yo! Karui! Omoi! Come state? Perché quelle facce così traviate?»

«Eravamo preoccupati per lei, ovvio!» sbottò Karui accigliata; la ragazza si aspettava quantomeno un qualche segno distensivo per farli calmare.

B cercò di soddisfare le aspettative di Karui tipicamente a modo suo.

«Ma io sto bene! Non datevi tante pene, poi per festeggiare vi offrirò da bere!»

Karui e Omoi erano abituati ai modi del loro maestro, fin da quando lo avevano conosciuto ai tempi dell’accademia; quell’uomo così eccentrico era capace di mettere in imbarazzo quei ragazzi in ogni occasione, ma era anche capace di farsi volere bene da tutti quanti. Omoi e Karui erano veramente felici che il loro maestro fosse ancora vivo e vegeto.

Mentre il piccolo gruppo si avvicinava verso la magione del Raikage, Omoi e Karui seguivano con attenzione i movimenti del loro maestro, il quale continuava a salutare la gente con gioia e con il suo tipico rap.

«A proposito, maestro. Che cos’è questa cosa che si porta appresso?» domandò improvvisamente Omoi.

L’uomo si voltò di scatto verso il suo giovane allievo e gli rispose sorridendo.

«Oh questa? E’ un regalino di uno dei sette spadaccini della Nebbia, non si stacca da me nemmeno per un secondo, perciò adesso è la mia nuova arma.»

Era proprio così. Dopo lo scontro con Kisame Hoshigaki, la leggendaria spada Samehada si era cibata così tanto del chakra dell’Ottacoda, da rinnegare la sua fedeltà al Mostro della Nebbia per sposare quella alla forza portante dell’Ottacoda, essendo follemente innamorata del chakra del potente demone.

«E’ veramente una figata! Ho sentito parlare solo nei libri di queste spade leggendarie!» fu il commento di Omoi che la osservava meravigliato.

B sorrise; con tutta quella folla a circondarlo era pronto a fare scattare tutte le sue doti di cantante per ammaliare il suo pubblico, ormai infatti poteva solo pensare come il grande rapper che credeva di essere.

«Lo so, ragazzino. Questa spada usa il mio chakra per uno spuntino, ma ti assicuro che è una forza anche se mi sta attaccata come una morsa.»

Omoi continuava a fissarlo con uno sguardo carico di ammirazione.

«Mi racconta come la presa?» continuò il ragazzo.

«Certo che lo faccio, ragazzino! Prima però fammi mangiare almeno un panino!» proruppe il suo maestro.

Ben presto il gruppo raggiunse la magione e il Raikage ordinò di indire subito una riunione con le alte sfere del villaggio, trascinando con sé il suo fratellino irrequieto nel suo ufficio, per tenerlo d’occhio e mettere le cose in chiaro su quello che ci si aspettava da parte sua, in quanto forza portante da proteggere a qualunque costo.

«Ti è chiaro quindi quello che ti sto chiedendo? Non ti azzardare a fare cazzate che possano compromettere la guerra.» ruggì A.

«Certo, fratellone! Ti assicuro che non farò il coglione.» lo tranquillizzò B.

A continuò a scrutare torvo il suo fratellino, non ancora convinto di potersi fidare delle sue parole, dato che aveva sempre sfruttato ogni occasione per sgattaiolare via dal villaggio; dopotutto la libertà era il desiderio più ambito da una forza portante, ma era allo stesso tempo il più inaccessibile.

«La tua gita finisce qui. Voglio che prendi il primo traghetto per l’isola Genbu il prima possibile e voglio che resti lì fino a nuovo ordine.»

B annuì lentamente. In realtà non gli dispiaceva affatto tornare in quel luogo così remoto, essendo una terra molto antica e in cui poteva scorrazzare libero e privo di inibizioni, persino l’Ottacoda adorava quel luogo, essendo l’unico luogo in cui poteva rilasciare il suo potere senza nuocere a nessuno.

«Sarà fatto! Anche se lì sarò solo peggio di un ratto!» sbottò il rapper sorridendo.

Nonostante il suo carattere così allegro e la sua noncuranza delle regole, B sapeva benissimo che gli ordini di suo fratello non ammettevano repliche, inoltre non poteva dubitare di lui, perché qualunque decisione prendesse, era sempre perché si preoccupava per lui.

«Ti dovrai accontentare. Il nemico farà di tutto pur di catturarti, per questo sta scoppiando questa guerra. Se starai lì, nessuno di Akatsuki ti troverà mai.»

B gli sorrise; sembrava avere compreso il reale significato per quella decisione e non si oppose.

«Oh yeah, bro. Mangerò. Dormirò. Poltrirò. Canterò! Farò tutto quello che vorrò!»

In quell’esatto momento, bussarono alla porta dell’ufficio del Raikage e subito dopo Mabui fece il suo ingresso nella stanza.

«Eccellenza, i consiglieri sono già nella sala delle conferenze. Attendono solamente voi.»

«Bene allora. Muoviamoci.» sbottò il Raikage.

Poi l’uomo si voltò di scatto verso il fratello minore che stava tentando in quel momento di sgattaiolare dalla finestra per evitare una noiosa riunione.

«Dove cazzo credi di andare, B?! Vuoi un altro calcio in culo?» ruggì il gigante nero.

B iniziò a sudare freddo al solo pensiero della morsa di ferro che aveva ricevuto il giorno prima da suo fratello per punirlo della sua fuga dal villaggio; un altro danno del genere era proprio da evitare per la sua povera testa. Era il caso di ubbidire.

«Sorry, bro.» squittì l’uomo con la testa bassa.

L’ordine era stato ripristinato, così i tre si incamminarono rapidamente verso la sede delle riunioni della magione, all’interno della quale avrebbero annunciato ai loro compagni quello che sarebbe successo da quel momento in poi, ovvero il coinvolgimento della Nuvola nel conflitto mondiale più disastroso che il mondo ninja avesse mai assistito.

Un’alleanza ninja. Le cinque grandi terre unite in un solo esercito e con un unico obiettivo: annientare Akatsuki e ristabilire l’equilibrio mondiale, impedendo così al nemico di realizzare i suoi folli piani di assogettare il mondo intero ai suoi voleri.

Il Raikage sarebbe stato a comando di quell’esercito così eterogeneo e sul suo capo pendeva una grossa responsabilità, ovvero la vittoria del conflitto; la sua condotta doveva essere esemplare, avrebbe dovuto scegliere le persone giuste come suoi intercessori e gestire le due forze portanti al meglio che potesse.

Il primo punto di quell’incontro fu la pianificazione di un piano di protezione per le forze portanti dell’Ottacoda e dell’Ennacoda; il Raikage aveva già in mente come agire, ma non poteva più prendere decisioni arbitrarie, quindi doveva esporre le sue idee agli altri Kage, sperando che tutti si trovassero d’accordo con la sua idea.

Una volta conclusa la riunione, il Raikage fu obbligato dalla sua segretaria di farsi visitare in ospedale con il pretesto che il generale supremo dell’alleanza doveva assolutamente godere di un’ottima salute.

«Non c’è granché da fare. C ha già cauterizzato la ferita e io sto bene! Devo solo abituarmi a non avere più il mio braccio dominante.» ruggì il Raikage.

«Sono certa che ha agito nuovamente con noncuranza.» si lamentò per contro Mabui.

Il Raikage sbuffò; detestava essere trattato come quel bambinone di suo fratello minore.

«Ho fatto quello che ritenevo necessario. Quel moccioso Uchiha mi ha fatto veramente incazzare.»

Mabui stava per replicare a quel commento, quando il Raikage la bloccò appena in tempo, cambiando rapidamente argomento.

«Piuttosto, Mabui. Vedi di indire un incontro con il signore feudale. Sicuramente vorrà essere informato di questa situazione e ne vorrà discutere con gli altri signori delle altre terre. Quei vecchi si cagano addosso appena sentono la puzza di guerra all’orizzonte.»

Mabui comprese immediatamente che era meglio evitare per il momento le discussioni inerenti al braccio sinistro che il Raikage aveva perso; evidentemente anche per lui non era stato molto facile privarsene, ma non lo avrebbe mai ammesso.

«Lo farò non appena verrà dimesso dall’ospedale, nel frattempo chiederò al maestro Dodai di fare un bel discorsetto a tutti i jonin. Non sarà facile per nessuno di loro combattere al fianco di chi abbiamo sempre considerato un nemico.»

Il Raikage non poteva essere più d’accordo con la sua assistente, ma sapeva benissimo che lo spirito di adattamento era fondamentale, se la Nuvola voleva uscire con l’apporto minimo di danni da quel nuovo conflitto mondiale.

«E voglio anche che le forze speciali tengano B costantemente sott’occhio. Intesi, B?» continuò l’uomo.

Un attimo dopo, questi si era voltato verso una parte della stanza in cui credeva di trovare suo fratello che avrebbe dovuto stargli sempre accanto; invece non c’era.

La rabbia del Raikage esplose; era stato nuovamente gabbato da quello scellerato di suo fratello.

«Dove diavolo è andato?!»

L’uomo iniziò ad agitarsi furiosamente, stava per avventarsi verso l’uscita della stanza per andare alla caccia di suo fratello e punirlo per i suoi comportamenti infantili.

I medici provarono quindi a tenerlo fermo per evitare tale prospettiva.

«La prego, sua eccellenza! Non abbiamo ancora finito con le cure! Ancora dieci minuti!»

«Sono certa che lord B stia bene. L’ho visto allontanarsi con Omoi e Karui, quindi sarà ancora nei pressi della magione.» aggiunse Mabui per tranquillizzarlo.

«Lo hai visto e non mi hai detto nulla? Sei impazzita?!» ruggì il Raikage.

Mabui era una donna dal sangue freddo, era capace di rimanere calma in qualunque occasione del genere ed era l’unica in grado di gestire il comportamento burbero del Raikage, tanto che molti credevano che in realtà, alcune decisioni prese da quest’ultimo erano fortemente influenzate dalla presenza di Mabui.

«Lord B sa benissimo che cosa gli aspetta se trasgredisse ai vostri ordini, per tanto ritengo che non si debba preoccupare. Pensi un po’ alla sua salute, dopo che i medici avranno terminato con le cure, sarà liberissimo di andarlo a cercare.» rispose la donna con calma.

A quel punto, il burbero gigante sembrò calmarsi, si sedette nuovamente sulla sua poltrona e lasciò che i medici continuassero a svolgere il loro lavoro, nel mentre continuò ad ascoltare gli aggiornamenti di Mabui in merito alle decisioni da dovere prendere su determinate faccende accadute durante la sua assenza e su quelle da prendere in vista della guerra. Il compito di pestare B era stato solo rimandato.

Nel frattempo, dato che non c’era il Raikage a tenerlo a freno, Killer B stava macchinando una delle sue solite trovate, servendosi anche dell’aiuto dei suoi allievi che non avevano alcuna voce in capitolo, se non quella di aiutarlo senza fiatare.

«Li avete presi?» chiese l’uomo con impazienza.

Omoi e Karui annuirono macchinalmente e privi di anima; opporsi alla volontà del loro maestro era inutile, ascoltarlo era l’unico modo per non venire legati a una poltrona e sorbirsi innumerevoli ore dei suoi concerti.

I due ragazzi consegnarono al loro maestro due mazzi di carta che avevano appena ritirato dalla copisteria in cui solitamente si servivano gli uffici della magione. Killer B sfogliò con attenzione i due mazzi per accertarsi che tutto fosse perfetto, soffermandosi sempre con orgoglio sulla sua immagine stampata che annunciava un suo concerto per quella sera.

«Fantastico! Con questa si spacca!» canticchiava B allegro.

«Ma è sicuro che vada bene, maestro? E se lo viene a scoprire il sommo Raikage?» domandò Omoi impaurito.

A quella domanda, B fece una smorfia di disappunto.

«Che ti succede, fratello? Pensavo che non ti importasse di questo fardello. Non ti curare di mio fratello. Stupido, idiota.»

Omoi provò a insistere nella sua tesi, ma venne fermato prontamente da Karui, la quale riteneva che l’amico si fosse dimenticato di che cosa lo avrebbe atteso, se si azzardava a criticare le folle idee canore del maestro B.

«Lascia perdere, Omoi. Sai bene che è come parlare a un muro.» sussurrò la ragazza.

«Sì, ma il sommo Raikage...» obiettò Omoi.

«Il maestro sa benissimo che cosa succederà, ma non gli interessa. - precisò Karui. Guarda, non ci ascolta più.»

B si era già immerso nei suoi canti per il concerto e non avrebbe smesso fino a quando non sarebbe giunta l’ora di mettere in pratica le sue doti canore con il suo amato pubblico. Il suo più grande desiderio, fin da quando era diventato una forza portante, era quello di essere acclamato come un grande cantante dalla gente di tutto il villaggio; era infatti convinto che così, tutti lo avrebbero accettato come loro pari e non lo avrebbero visto più come una semplice arma di distruzione di massa. Quel concerto doveva essere fatto; ben presto sarebbe andato via dal villaggio, quindi non poteva perdere tempo.

«Omoi! Karui!» tuonò B all’improvviso, spostandosi rapidamente verso i due.

«Forza pelandroni, non fate i fifoni e consegnate questi biglietti a tutti quei coglioni!»

Omoi e Karui ubbidirono. Sapevano benissimo che molte persone non sarebbero venute ai concerti del maestro B, sia per problemi di impegni, sia perché solitamente i suoi concerti finivano nella distruzione più totale, poiché i concerti venivano sempre interrotti dall’irruenza del Raikage che non voleva che suo fratello si esibisse come un fenomeno da baraccone. Malgrado tali prospettive, i due ragazzi non poterono opporsi, quindi uscirono dalla stanza del loro maestro e si prodigarono a eseguire il compito tanto ingrato.

Nel frattempo, Killer B continuava ad allenarsi nella sua recitazione vocale e non vedeva l’ora di esibirsi di fronte a tutti per dare il meglio. L’uomo si era inoltre convinto che un abbigliamento appropriato sarebbe stato l’ideale per ammaliare il suo pubblico, per tanto scelse il suo completo più scenico e iniziò a cambiarsi.

Nel momento in cui Killer B staccò Samehada da sé, quest’ultima iniziò ad emettere flebili grugniti che attirarono immediatamente l’uomo verso il capezzale di quello strano essere per accarezzarla.

«Non ti vuoi separare proprio da me, vero piccolina? Sei proprio carina.»

Samehada era una spada anormale e per certe persone non poteva nemmeno essere definita come tale. Un demone ghiotto di chakra, capace di assogettare la sua volontà a quella di un padrone che in cambio la nutriva costantemente del mastodontico chakra di cui era a disposizione. Samehada non poteva trovare un padrone migliore che una forza portante; lei inoltre si era innamorata moltissimo del chakra dell’Ottacoda, per tanto non riusciva a separarsene nemmeno per qualche istante. Si trattava di un’arma veramente curiosa; lo stesso Killer B ne era rimasto affascinato.

«Solo un po’ mia cara, il tempo di cantare per la gente a me tanto cara.» canticchiò l’uomo con affetto.

Per tenere tranquilla Samehada, Killer B decise di lasciarle mangiare un po’ del suo chakra, dopodiché si cambiò rapidamente e uscì di corsa dalla sua stanza, dato che il tramonto era ormai prossimo a comparire; il concerto sarebbe iniziato fra non molto.

Quella calma al villaggio della Nebbia sarebbe stata molto rara nei mesi che sarebbero seguiti. Dopo che il concerto di B venne nuovamente interrotto dall’intervento del Raikage, la gente del villaggio non ebbe tempo di rilassarsi, impegnata com’era nei preparativi per la guerra.

Il Raikage aveva ordinato a suo fratello di ritardare la partenza per l’isola di Genbu per rifornire le unità di spionaggio del suo inchiostro e nel frattempo lo teneva costantemente d’occhio per evitare che ne combinasse un’altra delle sue.

B stava sempre al fianco del Raikage e portava sempre addosso Samehada, in ogni momento; ormai quella spada poteva essere considerata come un’estensione del suo corpo, una fidata compagna da sfruttare in combattimento e che avrebbe fatto di tutto per proteggere il suo padrone. Quella era una spada strana, emanava sempre un chakra sinistro come un essere vivente e molti ninja sensoriali si trovavano sempre perplessi quando cercavano di captarne il chakra che diventava sempre più simile a quello della forza portante dell’Ottacoda.

Nessuno avrebbe potuto sospettare che quella spada potesse portare guai per il neonato esercito, era impossibile immaginare che il nemico si potesse servire di un oggetto simile per potere spiare i suoi piani, era inimmaginabile.

Invece le cose stavano andando così.

Samehada era una spada peculiare, la cui volontà era dipendente dal tipo di chakra di cui si innamorava. Ormai questa potente spada era fedele unicamente allo shinobi della Nuvola, Killer B. Tuttavia, quest’ultimo non conosceva tutti i segreti di questa arma peculiare, solo un vero spadaccino della Nebbia poteva. Per questa ragione, nessuno degli shinobi della Nuvola, nemmeno i ninja sensoriali, poteva sospettare che all’interno della spada il nemico origliava con attenzione a tutti i piani dell’esercito alleato: Kisame Hoshigaki era l’unico a potersi mimetizzare così bene per spiare il nemico dall’interno.

Il ninja di Akatsuki si era fuso completamente con la spada e aveva così confuso il suo chakra con quello di Samehada, in modo da non venire captato dai ninja sensoriali e tenere sotto controllo il nemico che lo riteneva sconfitto.

In realtà, durante lo scontro con l’Ottacoda, Kisame aveva elaborato un piano con Zetsu per ingannare il nemico, sfruttando le abilità segrete dell’uomo pianta per ingannare tutti quanti. Infatti, Zetsu aveva l’abilità di replicare il chakra di qualunque individuo con cui entrava in contatto, assumendo persino fattezze e tecniche della suddetta persona; quindi, a morire per mano dei due fratelli della Nuvola era stata una sua copia che aveva sfruttato tale potere per emulare Kisame e lasciar credere al nemico di averlo ucciso.

La verità era che il Mostro della Nebbia era ancora vivo, mimetizzato per bene dentro la sua fidata Samehada per svolgere il ruolo per cui era stato selezionato con così tanta attenzione da Madara Uchiha in persona: la spia.

«Il piano sta andando liscio come l’olio. Nessuno mi ha scoperto con questo travestimento.» gioì Kisame.

Gli ordini di Madara erano stati molto chiari: doveva infiltrarsi nell’esercito alleato per scoprirne i piani, assassinare le alte sfere e recuperare l’Ottacoda a qualunque costo. Kisame sapeva benissimo che non sarebbe stato un compito facile, ma lui sapeva aspettare il momento adatto, ovvero quell’esatto momento in cui la forza portante sarebbe stata vulnerabile.

«Vediamo di darci da fare. La parte più difficile inizia proprio adesso.»

Kisame aveva proprio ragione. La parte più difficile sarebbe iniziata proprio adesso, per chiunque.

   
 
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