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Autore: _Qwerty_    18/02/2017    3 recensioni
Come dice Olivander (e il titolo!), è la bacchetta che sceglie il mago: quindi, perché non immaginare quale sia la bacchetta di molti personaggi di cui la Rowling non ci ha detto nulla?
Non scrivo da anni, ma tante storie e sogni sono rimasti nel cassetto e adesso provo a tirarli fuori con questa raccolta di one-shot dedicate a personaggi a me cari della saga di Harry Potter e alla loro bacchetta.
Rigorosamente canon, almeno nelle intenzioni, seguendo in primis libri e anche quanto scritto dalla Rowling su Pottermore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Olivander, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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VIII. Neville Paciock

IX


Garrick Olivander ormai era vecchio e sapeva riconoscere quando le cose si mettevano male. Alla fine, Silente aveva avuto ragione. Aveva detto che Lui sarebbe tornato, e Lui era tornato. Crederci all’inizio non era stato facile, ma, a ben vedere, soltanto perché i più desideravano che non fosse vero. Eppure, da quando la notizia dell’incidente al Torneo Tremaghi si era diffusa, con annessa dichiarazione di Silente e controreplica del Ministero, un vago senso di apprensione aveva cominciato a insinuarsi in lui, giorno dopo giorno più pressante, a dispetto delle rassicurazioni della stampa ufficiale. Anche i clienti erano incerti: molti ostentavano tranquillità, ma era una maschera che si tradiva da sola. Quanto ai Nati Babbani, non potevano intuire nulla, ma se provavano per caso un senso di paura irrazionale non si poteva dargli torto. Poi c’era stata l’evasione di massa da Azkaban, e uno stillicidio di incidenti che solo uno sciocco avrebbe derubricato a comune delinquenza. Infine, i Mangiamorte al Ministero, gli scontri e finalmente la verità: Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era tornato.
Per Diagon Alley la prima conseguenza era stata lo spopolamento: molti fra i negozi storici avevano chiuso, il personale era stato allontanato da un giorno all’altro e i proprietari erano spariti senza lasciare traccia. Il signor Olivander li capiva benissimo. Dopo quello che era successo la volta precedente, chiunque era in pericolo e questa volta le persone avrebbero cercato di mettersi al sicuro il prima possibile, proprio perché si sapeva di cosa erano capaci il Signore Oscuro e i suoi adepti. Sulle prime aveva pensato di fare lo stesso, ma nel momento stesso in cui si era immaginato il negozio chiuso aveva respinto l’idea: il suo era il più antico negozio della comunità, un punto di riferimento per tutti, e non era giusto che nuove generazioni di maghi dovessero fare affidamento su fabbricanti mediocri per le loro bacchette, così come non era giusto arrendersi alla paura. Tuttavia, quella stessa risolutezza svanì in pochi giorni. Mentre spolverava gli scaffali in attesa di clienti, si ritrovava a pensare che se Lui era tornato, era tornato dalle braccia della Morte: e chi torna dalle braccia della Morte non può che essere ancora più temibile della Morte stessa. Cosa aveva fatto? Cosa era in grado di fare, adesso? Cosa avrebbe fatto, adesso, per ottenere quello che voleva? Quell’uomo, se ancora uomo poteva dirsi, aveva attraversato il confine ultimo della magia, aveva mostrato un tempo una passione smisurata per la conoscenza dei segreti più profondi della magia – questo non poteva negarlo, e in certo senso sapeva cosa significava, ambire alla profondità, al dominio dell’essenza magica. Ma aveva rivolto questa sua passione nel compiere il male, ecco qual era la differenza: le cose che aveva fatto il Signore Oscuro erano terribili ma grandi, grandi ma terribili. E lui sapeva che adesso poteva essere soltanto peggio.
Con la mente a queste penose riflessioni, non sentì nemmeno suonare il campanello del negozio.
“Signor Olivander? È qui?” chiamò una voce gracchiante di donna.
“Eccomi!”
Corse fino al bancone e vide i clienti del giorno: un’anziana signora in carne con un grosso avvoltoio impagliato sul cappello che riconobbe come la signora Paciock, una rispettabile strega purosangue della sua generazione, seguita da un giovanotto dall’aria impacciata che doveva essere il nipote, il quale se non ricordava male era stato addirittura partecipe allo scontro al ministero con Potter stesso, all’inizio dell’estate.
“Signora Paciock! Qual buon vento vi porta? Come posso servirvi?”
“Un vento funesto sta spirando, caro il mio Olivander – ribatté la donna – Siamo qua perché mio nipote Neville ha bisogno di una bacchetta nuova. Infatti, ha danneggiato la sua durante lo scontro con quelle canaglie al Ministero qualche settimana fa, l’avrà letto sul Profeta, no?”
“Certamente! Un episodio di grave pericolo!”
“Già, ma il mio ragazzo si è fatto valere. Direi che ha tutto il potenziale per diventare bravo come suo padre con la bacchetta, sempre che ne abbia una dignitosa” rispose la signora Paciock, senza nascondere l’orgoglio per il nipote, che abbozzò appena un sorriso.
“Naturalmente!” disse Olivander iniziando a svolgere il metro, visibilmente a disagio.
Ma la signora Paciock non aveva intenzione di lasciarlo in pace.
“Si preparano tempi difficili, Olivander. Noi siamo vecchi e dovremmo saperlo più di chiunque altro. Abbiamo visto cosa è successo allora, cosa Lui ha fatto allora, e dobbiamo aiutare chi ha paura adesso, perché non sa. O meglio, perché non immagina davvero cosa può accadere” continuò la donna in tono grave.
“Eh, sì, infatti…” bofonchiò Olivander, sperando che la donna prima o poi troncasse il discorso da sola.
“Lei è uno dei pochi che è rimasto aperto, vedo. È la cosa giusta” commentò dopo poco con decisione.
Il signor Olivander stava per andare a prendere due scatole di bacchette, ma non riuscì a non rispondere.
“A dire il vero, sto cercando di riflettere oggettivamente sulle mie condizioni di sicurezza e su quali provvedimenti adottare, nessuna idea esclusa.”
“Condizioni di sicurezza? Nessuno è davvero al sicuro, Olivander, e lei lo sa. Ma sono le azioni che qualificano un uomo, e ancora di più le azioni nelle situazioni di pericolo” ribatté la strega, facendo dondolare pericolosamente l’avvoltoio sul cappello.
“Non posso che essere d’accordo. Tuttavia, non tutti nascono dotati della stessa indole decisa – la signora Paciock aggrottò le sopracciglia – Non tutti sono come lei, o come suo figlio. È bene essere franchi: tante volte uno da sé il coraggio non se lo può dare.”
La signora Paciock stava per ribattere, ma il signor Olivander la anticipò porgendo una bacchetta al nipote.
“Peccio, tredici pollici e crine di unicorno, molto flessibile.”
Neville agitò la bacchetta incerto, senza produrre fenomeni magici.
“No, quindi? Allora abete e crine di unicorno, sempre tredici pollici, più compatta.”
“Abete? Avrei da raccontargliene una su una bacchetta di abete che ha venduto anni fa ad una mia lontana parente” disse l’anziana strega, stavolta con un sorriso.
“Credo di sapere a cosa si riferisce – rispose Olivander sorridendo di rimando – Ma, se mi permette, quella sua parente non è poi così lontana” concluse sornione.
“Oh, beh, d’altronde nessuno sceglie che parenti avere, è evidente. Da entrambe le parti” ribatté la strega.
Il nipote guardò la nonna con aria interrogativa, probabilmente chiedendosi a che parente e a che storia faceva riferimento.
“Neville, caro, non stare impalato, prova la bacchetta!” lo riprese subito la nonna.
Il ragazzo agitò la bacchetta, che produsse solo un risucchio d’aria.
“Vedi che non va bene? Posala e prova quella là” disse indicando un’altra scatola, con fare spiccio.
Olivander intervenne.
“Ci penso io stesso, signora. Per inciso, non la facevo così appassionata di bacchette. O forse è un vizio di famiglia” disse con aria allusiva.
“Lei ha la lingua troppo sciolta, Olivander, glielo hanno mai detto? – rispose la signora Paciock cogliendo la provocazione – E di questi tempi farebbe bene a stare ancora più attento, perché le bacchette sono da che mondo è mondo un argomento delicato e, come dire, fin troppo appassionante per certi tipi di maghi” concluse facendosi più seria.
Il signor Olivander stava per rispondere, quando prese la parola Neville.
“Mi scusi, ma direi che questa bacchetta va bene” disse Neville agitando la bacchetta estratta dalla terza scatola e producendo delicate scintille colorate, richiamando così l’attenzione dei due maghi anziani.
“Oh, sì, figliolo, decisamente. Una bella bacchetta di ciliegio, tredici pollici e crine di unicorno, di quanto mai pregevole fattura” e sorrise al ragazzo, che sorrise a sua volta arrossendo appena.
“Bene, e anche questa è fatta. Andiamo Neville, paga il signor Olivander e vediamo di comprare tutto quello che ci resta alla svelta. Mi parlavi di un atlante di Erbologia illustrato, vero? L’Erbario di Gottinga, si chiamava, vero? Chissà se al Ghirigoro tengono certi libri…certo, se tuo nonno Archibald non avesse fatto marcire mezza biblioteca di casa per far riprodurre funghi inutili! E poi mi chiedo da chi hai preso!”
“Si direbbe che buon sangue non mente, cara signora Paciock” commentò il signor Olivander mettendo a posto i galeoni che Neville gli porgeva nel piccolo forziere che serviva da cassa del negozio.
“Proprio il commento che poteva fare lei, caro il mio Olivander” ribatté l’anziana strega.
“Ma non è il caso di prendersela più per certe cose, di questi tempi. Piuttosto, faccia attenzione: le bacchette sono importanti, per tutti” concluse seria.
“Mai quanto i maghi e le streghe che le usano, tuttavia” rispose Olivander.
“Certo. E quanto coloro che sanno fabbricarle.”


***

Eccoci qua: sempre sull’onda della malinconia dell’episodio precedente, ho voluto immaginare il momento in cui Neville finalmente ottiene una bacchetta che sia davvero sua, e non quella di suo padre, che aveva usato nei primi anni a Hogwarts (chissà che non fosse anche quello un fattore determinante i suoi scarsi successi scolastici…). Siamo all’inizio di HP6, c’è stato lo scontro coi Mangiamorte al Ministero, che ormai ha ammesso il ritorno di Voldemort e il fatto che la situazione sia fuori controllo, e ho preso spunto proprio da alcune scene all’inizio di HP6, dove si dice che Diagon Alley si sta spopolando, tutti hanno paura e Olivander stesso ha chiuso. Neville dice anche a Harry che la sua è una delle ultime bacchette acquistate nel negozio, che ha chiuso in circostanze misteriose. Nel capitolo effettivamente le bacchette e Neville stesso hanno poco risalto, perché mi sono concentrato sulle riflessioni di Olivander: di lui in realtà sappiamo ben poco, la Rowling ci dice soltanto che viene preso dai Mangiamorte e che rivela a Voldemort che la bacchetta di sambuco è opera di Gregorovitch, ma non sappiamo molto della sua vita. Io lo immagino come un mago molto abile, che sa riconoscere il fascino che la magia oscura sa esercitare, che conosce le convinzioni dei maghi purosangue, poiché lo è anche lui, e che molto umanamente non riesce a schierarsi subito, perché la paura e l’istinto di conservazione prevalgono. Insomma, spero di poter approfondire questo personaggio in vari episodi, proprio perché alla fine la Rowling ci ha lasciato abbastanza carta bianca! Quanto alla signora Paciock, invece, nel mio headcanon appartiene di nascita ad una famiglia purosangue incline sebbene non dedita alla magia oscura e che, una volta prese le distanze sposando il signor Paciock (che io immagino appassionato erbologo pasticcione come il nipote), preferisce non essere associata a certi parenti. La confidenza che ha con Olivander è dovuta semplicemente al fatto che appartengono alla stessa generazione e conoscono un sacco di persone in comune, come è facile immaginare in una comunità ristretta di maghi purosangue. Anche l’episodio della bacchetta di abete farebbe parte di una mia idea di longfic con altri personaggi, ma chissà, meglio non strafare per ora!
Infine, va da sé che la battuta “uno da sé il coraggio non se lo può dare” non è mia, ma è in bocca a don Abbondio ne I Promessi Sposi, dell’amore-odio di tutti noi, il caro vecchio paraculo ma non troppo Manzoni.
  
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