Avevano seppellito il
signor Dashwood solo il giorno
prima e già Mary si trovava a dover preparare di nuovo i
suoi bagagli. Quel
sabato ci sarebbe stata la famosa festa del raccolto a casa Floral e in
quell’occasione sarebbe stato ufficialmente annunciato il
matrimonio tra suo
fratello e Cassandra, tutta la buona società magica era
stata invitata quindi
era vietato mancare, anche se non aveva la minima voglia di partecipare
a un
ballo.
Chiuse il baule e scese per la colazione. Si sentì quasi
sollevata nel vedere la sala semivuota, la sera prima il parentado
aveva
finalmente levate le tende e ora la casa era più tranquilla.
Si accomodò
accanto al fratello, lo aveva visto piuttosto strano in quei giorni ma
d’altra
parte era normale. Si era ritrovato di punto in bianco a doversi
accollare un
peso non indifferente. Si servì un croissant che
iniziò a sbocconcellare con le
mani.
“Mary” la chiamò e lei si
voltò con un boccone di brioche
ancora in bocca che si sbrigò a mandar giù.
Con un impercettibile movimento delle sopracciglia lo
invitò a continuare.
“Ti dispiacerebbe fare il viaggio di ritorno in carrozza
con nostra madre? Vorrei restare da solo con Cassandra se non ti
spiace”
“Che cosa vuoi fare?”
“Nulla” disse Alex facendo
l’espressione più angelica che
gli riuscì ma sapeva di non essere riuscito a convincerla
visto che lei alzò un
sopracciglio con aria scettica.
“E va bene” acconsentì Mary, non senza
qualche sospetto.
Dopo la colazione tutti si prepararono per ripartire alla
volta delle isole Shetland, le carrozze vennero fatte preparare nel
grande
piazzale davanti al maniero dei Dashwood in modo che gli elfi domestici
potessero caricare tutti i bagagli. Cassie fu la prima a salire in
carrozza
mentre Mary ammiccò al fratello prima di fare altrettanto.
“Vostra sorella non si unisce a noi?”
domandò Cassie
quando Alexander chiuse la porta della carrozza.
Mentre si sedette lui rispose “No, ha preferito viaggiare
con nostra madre, per non farla sentire troppo sola”
“Comprendo…” sorrise Cassie.
La carrozza iniziò a muoversi e a percorrere la breve
strada sterrata che conduceva al cancello e quindi al limitare della
proprietà.
Cassie si sporse verso il finestrino alla vista del cane che inseguiva
la
vettura.
“Sono i cani da caccia di mio padre, o meglio lo
erano”
Avrebbe voluto essere più seria e sfoggiare
un’espressione compassionevole ma quando uno dei cani fece un
salto tale da
arrivare all’altezza del finestrino, Cassie non
riuscì a non farsi scappare una
risata.
Quella risatina, quel suono cristallino risvegliò un ricordo
nella mente di Alexander, un ricordo legato alla sera precedente.
“E
così mi ha detto che non ero
all’altezza” aveva raccontato mentre Cassie lo
faceva mettere seduto sul letto e si chinava per togliergli gli stivali.
“Deve
essere una donna di una statura considerevole”
affermò lei con la massima
serietà. Alzando lo sguardo sul ragazzo vide che lui era
rimasto come bloccato.
E guardandosi a vicenda scoppiarono a ridere nello stesso identico
momento.
Non poteva crederci di averle raccontato del suo
passato,
in preda ai fumi dell’alcol. E lei si era limitata a
scherzarci, a ridere
sopra, lasciando volare via la cosa con la leggerezza che la
contraddistingueva.
Il viaggio proseguì in modo piuttosto tranquillo. Non
parlarono molto ma il clima sembrava più disteso rispetto a
quello del viaggio
di andata. Alex non l’aveva nemmeno rimproverata per quel
modo scomposto di
sedersi, visto che non li vedeva nessuno.
Si fermarono dopo il primo giorno di viaggio per riposare
e a quel punto non riuscì a non fulminarla con lo sguardo
quando convinse anche
Mary a togliersi le scarpe e a bagnarsi i piedi nell’acqua
fredda del fiume che
scorreva nel paese dove avevano deciso di sostare per la notte.
Era seduto su un tronco spezzato poco distante dalle due
giovani perciò udì, anche se solo flebilmente,
Cassandra dire “Vostro fratello
ci sta guardando come se stessimo facendo di inappropriato” e
in effetti era
vero ma gli scappò subito un sorriso.
“In effetti per i canoni della nostra famiglia noi stiamo
facendo qualcosa di decisamente inappropriato”
ridacchiò lei sottolineando le
ultime due parole. Forse una ventata di novità avrebbe fatto
bene al suo
fratellino.
A Villa Floral fervevano i preparativi per la
Festa del
Raccolto, la serata che attirava decine e decine di ospiti illustri,
ancora di
più quest’anno che si sarebbe festeggiata
l’unione di due famiglie.
Dirigere la casa e gli elfi domestici, scegliere
tovagliati e centrotavola fu una sottospecie di tortura per Agatha
tanto che si
domandò come faceva sua madre a farlo tutti i giorni.
Anche se il più era stato fatto tirò un sospiro
di
sollievo quando, quel sabato mattina, un piccolo gruppo di carrozze
riattraversò i cancelli di Villa Floral e sua madre
poté riprendere le redini
della casa. Non aveva la minima voglia di accogliere gli ospiti che
sarebbero
arrivati lo stesso pomeriggio, e in più doveva ancora
decidere come vestirsi!
Un piano più su Alice osservava il vestito color avorio
appoggiato sul letto. Sua madre l’aveva pregata di mettere un
costoso e
opulento abito verde smeraldo ma lei aveva deciso di indossare invece
il suo
preferito, più semplice e comodo.
Si vestì, si truccò e si acconciò i
capelli per poi
guardarsi allo specchio e, soddisfatta del suo lavoro, scendere al
piano terra.
Era in cima alle scale quando vide di sotto Christopher
che attraversava l’atrio, allora si nascose dietro
l’angolo. Lo evitava da
qualche giorno, da quando lui l’aveva baciata. Certo era
stato piacevole, le
aveva trasmesso una strana sensazione di formicolio, come una piccola
scossa
elettrica che le attraversava tutto il corpo. Ma cosa andava pensando?
Lei non
era minimamente interessata ai ragazzi! Anche se doveva ammettere che
Christopher era più un uomo che un ragazzo…no,
non aveva bisogno di nessun
uomo!
Entrata nel salone i suoi occhi corsero subito alla
poltroncina dove c’era suo fratello, seduto che fumava un
sigaro. Sapeva che
non sarebbe stata una serata facile per Markus perché le
feste lo disturbavano,
quella in particolare.
“Va tutto bene?” gli domandò
accomodandosi sul divanetto
lì accanto.
Markus non si voltò minimamente verso la fonte della voce
e si limitò ad annuire. Avrebbe voluto dirgli qualcosa ma
vennero interrotti
dal chiassoso arrivo delle altre due sorelle Storm.
Il salone da ballo si riempì ben presto
di ospiti. Evelyn
se ne stava appoggiata ad un colonna, non era particolarmente
entusiasta
all’idea di ballare con qualcuno, infatti declinò
l’invito di un paio di
giovani a danzare. Riuscì anche a sfuggire ad un ragazzo che
sua madre voleva
presentarle ma ormai annoiata si avvicinò ad un cameriere
che serviva da bere.
Prese un bicchiere e fece un giro per la sala, zigzagando tra qualche
conoscente salutato rapidamente e altri membri di aristocratiche
famiglie
purosangue riuscì a raggiungere la saletta accanto, dove il
chiacchiericcio non
era così forte, anzi era la musica ad avere la prevalenza.
Fu lì che individuò la
sua migliore amica Victoria Foster, che danzava con un quello che
sapeva essere
il primogenito dei McMillan, uno dei migliori partiti presenti sul
“mercato”.
Vicky la individuò durante un giro di valzer e la raggiunse
appena la musica
cessò.
“Vedo che hai messo gli occhi sul premio più
ambito della
sala” la prese in giro.
Victoria ridacchiò poi si voltò di nuovo verso
l’uomo che
si era allontanato “Con quel fisico è un tale
peccato che sia così stupido”
“Non essere sciocca, è semplicemente un
uomo” sibilò
Evelyn.
“Il giorno in cui ti innamorerai non parlerai più
con
toni così aspri” commentò
l’altra prima che il giovane McMillan si avvicinasse
di nuovo per invitarla a danzare.
Attraversò la sala gettando una rapida occhiata a Mary
che danzava con un uomo visibilmente più grande di lei e che
non sembrava
gioire minimamente di quell’accoppiata.
“Signorina Turner”
La ragazza si scosse e spalancò gli occhi quando un
ragazzo le si affiancò. Un sorriso leggermente irritato si
dipinse sulle sue
labbra nel riconoscerlo ma le buone maniere le imposero di fare un
piccolo
inchino e salutarlo con rispetto
“Signor Murray”
Lui si schiarì brevemente la voce. “Posso dire che
siete
incantevole questa sera? L’aria di campagna vi dona”
“Si tratta senz’altro di aria più pulita
rispetto a
quella che si respira in città”
commentò alludendo alla loro comune
provenienza.
“Ma di certo la compagnia non è così
interessante visto
che siete fuori dal mondo” aggiunse lui mentre la seguiva
verso un corridoio
esterno alla sala.
Evelyn sperava di liberarsi di lui in fretta vista come
era finita l’ultima volta che si erano visti. Aveva rifiutato
il suo
corteggiamento già varie volte, ritenendolo di base un uomo
grottesco che
credeva di poter comprare tutto in forza della rendita che possedeva.
Come aveva fatto anni prima lui si avvicinò fin troppo
alla giovane e, esattamente come qualche anno prima, Evelyn perse il
controllo
e quando lui afferrò un lembo della sua sottana tra due dita
le venne spontaneo
lanciargli addosso il contenuto del suo bicchiere. Ancora scossa lo
vide andar
via.
“Sprecare questo delizioso vino elfico in un tal modo
è
un vero peccato” commentò qualcuno alle sue spalle.
Evelyn si voltò e incrociò gli occhi divertiti di
un
ragazzo che non le era poi così familiare ma che sapeva
appartenere alla
famiglia Black. Non riuscì a fare a meno di sorridergli
divertita ma con una
punta di orgoglio.
Il giovane si avvicinò e accostò il suo bicchiere
a
quello di lei. Il gesto che fece la lasciò incapace di
proferir parola; lui
inclinò il suo bicchiere versando un po’ del
liquido rosso scuro in quello di
lei.
“Ecco, ora potete tornare a godervi la serata” le
suggerì
prima di allontanarsi mentre Evelyn lo guardava rapita.
Carlton si sentiva un pesce fuor d’acqua
a quelle feste.
Non amava tutta quella confusione e la profusione di giovani donne che
starnazzavano come oche anche se visto come si comportavano sembravano
più
pavoni imbellettati e ingioiellati.
Molte di loro se ne stavano sedute sulle sedie addossate
alla parete guardando i giovani scapoli come se questi ultimi fossero
succulente bistecche.
Lui non si sentiva particolarmente osservato, forse il
suo carattere schivo gli aveva procurato una pessima fama tra le
ragazze ed era
piuttosto soddisfatto della cosa.
Aveva passato la maggior parte della serata confondendosi
nella mischia ma i canapè che erano stati serviti si erano
rivelati più sapidi
del previsto e ad un certo punto si trovò costretto ad
avventurarsi alla
ricerca di un po’ d’acqua.
Mentre attraversava il salone principale una strana
sensazione si irradiò in lui, sentì come una
specie di prurito dietro al collo,
come se si sentisse osservato. Si girò alla ricerca della
fonte di quella
sensazione e non ci mise molto a individuare Marianne Dashwood che,
accortasi
che finalmente il suo sguardo era ricambiato e alle spalle del suo
cavaliere,
gli mimò senza voce “Aiutatemi, vi prego”
Carlton si guardò intorno per accertarsi che Mary stesse
parlando proprio con lui ma visto che non c’era nessuno di
sua conoscenza nei
paraggi si arrese all’evidenza. In effetti la giovane
sembrava piuttosto in
difficoltà e per sottrarla al suo cavaliere c’era
un unico modo. Non appena la
musica si interruppe, Carlton prese un bel respiro e si
avvicinò. Si schiarì
appena la voce ed il cavaliere di Mary si voltò curioso
verso di lui ma Cal lo
ignorò e rivolse la sua attenzione direttamente su di lei.
“Signorina Dashwood, mi chiedevo se foste disposta a
concedermi il prossimo ballo…”
Prima che Carlton o l’altro uomo potessero aggiungere
altro Mary si affrettò a rispondere che accettava con
piacere.
“I miei piedi ringraziano sentitamente”
sospirò Mary
mentre Carlton posava in modo molto leggero la mano dietro la schiena
di lei.
“Non sono molto bravo a ballare. Non considero la danza
un diletto adatto a me” si giustificò Carlton, per
una volta imbarazzato.
Dopo i primi movimenti impacciati Carlton si accorse che
aveva iniziato a muoversi con maggiore sicurezza e aveva rafforzato la
presa
sul corpo di Mary, lasciandosi avvolgere dalla musica e dal dolce
profumo di
lei. E doveva ammettere che lei, avvolta in quell’abito di
quel colore che non
sapeva se definire bordeaux o marrone era davvero meravigliosa.
Improvvisamente
ballare era diventato piacevole.
Alex si
allacciò gli ultimi bottoni della camicia e si
preparò ad uscire dalla camera. Sapeva che la festa era in
pieno svolgimento ed
era quindi il momento di scendere ad annunciare il fidanzamento e
prendere
parte ai festeggiamenti.
Uscì nel corridoio e in cima alle scale attese
l’arrivo
della sua futura sposa. La vide uscire poco dopo. Qualche uccellino
doveva aver
rivelato a Cassandra che il verde smeraldo era il suo colore preferito,
dato
che indossava un abito proprio di quel colore. La gonna ampia la faceva
sembrare ancora più piccola di quello che era in
realtà ma doveva ammettere
che, con i capelli raccolti e le labbra dipinte di rosso aveva un che
di
magnetico.
Cassie si avvicinò e sorrise mentre Alex prendeva e
baciava la mano che lei gli aveva porto.
La esaminò velocemente con lo sguardo e le ordinò
“Troppi
gioielli, toglili”
Quella frase ferì appena Cassie, non per il contenuto,
anche lei aveva giudicato quei gioielli come troppi e troppo
appariscenti ma
sua aveva insistito. A ferire Cassie fu il tono usato dal fidanzato, un
tono
che la faceva sentire piccola e insignificante.
Nonostante ciò prese tornò in camera, si tolse
tutti quei
ninnoli e indossò un semplice paio di orecchini e
tornò fuori, stampandosi
addosso un sorriso.
“Siete pronta?” le domandò Alex.
Cassie annuì e i due scesero a braccetto le scale per poi
venire annunciati ed entrare nel salone dove tutti gli si attorniarono
per congratularsi,
primi fra tutti Agatha, i signori Floral e la signora Dashwood.
Dopo un breve ballo il lungo cerimoniale di saluti
continuò senza sosta, un continuo susseguirsi di saluti e
congratulazioni che
durò ore.
Non conoscevano la maggior parte di loro ma tutti
conoscevano loro o meglio i loro genitori. Ad un certo punto si
separarono per
continuare a parlare con i singoli ospiti.
Agatha scivolò dietro una delle tende
e, attraverso una
porta finestra laterale, uscì sul grande terrazzo che si
affacciava sul
giardino. Non ne poteva più di ballare con perfetti
sconosciuti che si
adoperavano in salamelecchi vari. Almeno era riuscita a togliersi di
dosso
Frederick Shafiq nascondendosi lì. In un gesto del tutto
naturale i suoi occhi
puntarono verso le scuderie ma notò con rammarico che tutte
le luci erano spente,
probabilmente, vista l’ora, anche Lionel era andato a letto.
Sospirò delusa,
appoggiandosi alla balaustra di marmo chiaro. Poi la vide. Una figura
in piedi,
nascosta dietro la fontana nel bel mezzo del giardino che sembrava
guardare in
direzione dei grandi finestroni della sala da ballo. Era sicura che
fosse lui.
Lo avrebbe riconosciuto anche a occhi chiusi.
Scese le scale piano. Lionel era ancora intento a
guardare verso il finestrone principale come in trepidante attesa di
vederla
dietro una di quei vetri. Non si aspettava la sua voce che lo chiamava
dal suo
stesso livello, lontano dal lusso e dalla festa.
“Lionel…”
Il ragazzo si voltò e i suoi occhi si illuminare nel
vedere quanto era bella Agatha con quel lungo abito color panna,
tagliato
appena sotto il seno e con il corpetto tempestato di pietre che
luccicavano
sotto la luce della luna.
“Siete bellissima”
“Grazie” rispose lei imbarazzata. Non era abituata
a
ricevere complimenti soprattutto non da qualcuno che sembrava volerla
mangiare
con il solo sguardo.
“E’ bella la festa?” le
domandò con le mani in tasca.
“Noiosa, a dire il vero” sorrise lei, sorniona.
Lionel
ricambiò il sorriso, stando al gioco.
“Vi va di fare una passeggiata?”
“Ma certo”
In un attimo sparirono nelle ombre della notte, nella zona
del parco di Villa Floral che le lanterne non arrivavano ad illuminare
e,
finalmente lontano da occhi e orecchi indiscreti, poterono tornare ad
essere
loro stessi.
“Allora, dove mi stai portando?” domandò
Agatha mentre
camminavano mano nella mano.
Lionel le rispose con voce suadente “Ovunque e da nessuna
parte”
Quelle parole non fecero altro che suscitare maggiore
interesse nella giovane che arricciò leggermente le labbra,
curiosa di scoprire
cosa avesse in mente.
Dopo aver chiesto anche a sua sorella se aveva
visto
Alice Storm in giro l’aveva trovata nella sala più
piccola mentre ballava
insieme alle sorelle sulle note di una musica piuttosto allegra e
movimentata,
scelta ormai per chi aveva resistito fino a quell’ora della
notte. Da una parte
gli dispiaceva interromperle ma era l’unico modo per far
sì che lei non gli
sfuggisse dopo che lo aveva evitato tutta la sera, come anche i giorni
precedenti.
Alice se lo ritrovò venirle incontro ma non poté
spostarsi insieme ad Alexandra e Violet ma non avrebbe mai immaginato
che
Christopher avrebbe avuto l’ardire di interromperle mentre
danzavano.
“Alice, posso parlarvi?”
Le due sorelle più grandi ammiccarono verso di lei e in
tutta risposta Alice cercò di fulminarle con lo sguardo.
“In privato” specificò Christopher.
La ragazza balbettò una risposta affermativa prima che
lui le prendesse la mano e la condusse in un salottino privato
lì accanto.
“Perché mi ignorate?” domandò
appena Alice si fu chiusa
la porta alle spalle.
Dato che lei non rispose incalzò “Mi evitate da
quel
giorno nella serra, perché? È stato tanto
brutto?”
Ascoltando quelle parole Alice non riuscì a frenare la
propria lingua e le venne naturale rispondere di no. In effetti in quei
giorni
aveva avuto modo di ripensare a quel bacio e ancora ricordava la
sensazione
delle labbra di Christopher sulle sue. Era stata la cosa più
magica che avesse
mai provato.
“E allora?”
“Ve l’ho detto. Non sono interessata a un fidanzato
o
all’accenno di qualsiasi cosa che potrebbe portare ad un
matrimonio. Io sono
Alice Storm, non voglio essere la signora
prego-inserire-il-nuovo-cognome! Non
voglio vivere nell’ombra di un uomo! Ho visto i matrimoni dei
nostri genitori.
Mia madre non ha fatto altro che sfornare figli e meno esprime la sua
opinione
meglio è! Non voglio una vita così”
“E non sarà così”
cercò di dire lui.
“Promesse, solo promesse” disse con amarezza prima
di
uscire dalla stanza lasciandolo solo e incredulo.
Con tutta quella confusione gli era scoppiato un
fortissimo mal di testa. Era sempre così, ad ogni festa a
cui si sentiva
costretto a partecipare.
Markus si alzò dalla sedia dove era seduto e usò
il
bastone per guidarsi fino alla grande terrazza che dava sul giardino.
Magari
l’aria fresca lo avrebbe aiutato, come faceva di solito. Per
una volta era contento
di non poter vedere, poteva solo immaginare quanto sarebbe stato
difficile
guardare Cassandra e Alexander che facevano la coppietta felice.
Si appoggiò alla balaustra di marmo respirando a fondo
l’odore dell’erba e del rampicante che avvolgeva i
corrimano delle scale per il
giardino.
Udì un paio di passi alle sue spalle ma dato che non gli
suonarono familiari decise di ignorarli, finché una voce
alle sue spalle gli
domandò.
“Odgen Stravecchio, signore?”
Declinò l’offerta ma almeno
l’interruzione da parte del
cameriere gli servì per dare una collocazione temporale;
erano arrivati al
cioccolato, ai sigari e all’Odgen, non mancava poi molto alla
fine della festa.
Era talmente sovrappensiero con badò molto agli altri
passi e si limitò a dire “Ho detto che non lo
voglio”.
“Volere cosa?” chiese la familiare voce di Cassie.
Markus si voltò verso di lei e balbettò
“Mi dispiace…era
solo per un cameriere”
La ragazza ridacchiò e andò ad appoggiarsi anche
lei alla
balaustra.
“Non riuscivo a resistere lì dentro,
l’aria era diventata
irrespirabile a causa del fumo dei sigari”
“Capisco” commentò passivamente Markus
Dopo qualche attimo di silenzio fu Cassandra a parlare.
“Voi come state?” chiese sinceramente interessata.
Aveva dovuto ammettere che
un pochino le era mancato in quei giorni ma sapeva che era necessario
mettere
della distanza tra loro.
“Sto bene” mormorò.
“State cercando di convincere me o voi?” e in un
gesto
involontario appoggiò la mano su quella di lui che
sentì subito la sensazione
di qualcosa di metallico sulla mano. Un anello di fidanzamento.
Con un tempismo a dir poco perfetto Alex uscì sulla
terrazza e assistette alla scena e richiamò subito la sua
fidanzata.
“Cassandra!”
Lei si voltò impaurita. “Alexander, non stavamo
facendo
niente di male”
“Ne parliamo dentro” rispose lui burbero. Cassandra
si
scusò velocemente con Markus e seguì Alexander
fino allo studio di suo padre.
Era furioso.
“Ti ho detto di stare lontana da lui! Mancano solo
quattro settimane al matrimonio! Se fosse uscito qualcun altro cosa
avrebbe
visto? Una donna quasi sposata molto molto vicina ad un altro
uomo”
“Io…non ci ho pensato” ammise Cassie
abbassando lo
sguardo.
“Esatto! Non avete pensato!”
Cassie cercò di avvicinarsi e appoggiare una mano sul suo
braccio “Alexander…mi dispiace” ma lui
la scansò malamente.
“Smettetela di scusarvi e iniziate a comportarvi come una
donna, non come una bambina!” le urlò contro. Gli
occhi azzurri di Cassandra si
riempirono di lacrime. Aveva toccato un tasto dolente. Essendo lei la
più
piccola in famiglia era stata trattata sempre come una bambina, come se
non
fosse in grado di prendere decisioni importanti da sola, come se fosse
stata
una specie di bambolina nelle mani altrui e quella storia del
matrimonio
combinato ne era la conferma.
Non pianse, non di fronte ad Alex. Non voleva dargli la
soddisfazione di vederla colpita perciò si
allontanò dove nessuno poteva
vederla prima di crollare.
All’interno della villa la festa era
proseguita per tutta
la notte mentre Lionel e Agatha avevano passato quelle ore a camminare
mano
nella mano e a parlare. Avevano parlato di tutto, delle loro famiglie,
delle
loro passioni e dei loro sogni. Avevano parlato liberamente, senza
freni e
preconcetti. Era diverso che parlare con tutti gli altri bellimbusti
con cui
aveva sempre avuto a che fare.
Se ne stavano seduti su una coperta sul prato, nella radura
dove avevano fatto il pic-nic solo qualche giorno prima quando le prime
luci
dell’alba schiarirono il cielo, rivelando la bellezza del
paesaggio intorno a
loro anche se la mente di Lionel non poteva non correre alla bellezza
della
ragazza al suo fianco.
“Agatha” la chiamò dopo qualche attimo
di silenzio. Lei
si voltò e lo guardò perplessa.
Lionel sorrise e le prese le mani tra le sue parlando
letteralmente con il cuore in mano. “Agatha…tu sei
speciale, diversa da tutte
le altre ragazze del tuo rango. So di non meritarti, di non esserne
all’altezza
ma vorresti passare il resto della tua vita con me? Vorresti diventare
mia
moglie?”
Agatha sbatté un attimo le lunghe ciglia. Ci mise qualche
secondo a comprendere cosa lui le stesse veramente chiedendo ma prima
ancora
che il suo cervello elaborasse il tutto, si ritrovò ad
abbracciarlo di slancio,
annuendo con la testa. Non era la proposta che ogni donna avrebbe
sempre sognato, con fiori, candele e cioccolatini ma a lei bastava. Era
tutto splenido così com'era.
Poi si baciarono e come sempre il mondo intorno a loro sparì.
Quando le labbra di Lionel si spostarono sul suo collo,
percorrendone tutta la lunghezza, un brivido di piacere scosse tutto il
corpo
di Agatha che in un attimo si ritrovò con Lionel sdraiato
sopra di lei. Le mani
di Lionel che percorrevano le sue gambe nude sotto la gonna le
provocavano una
sensazione così nuova eppure così bella.
Spogliati dei loro vestiti e delle loro differenze di
rango e finalmente insieme erano perfetti.
Ci fu un attimo, un attimo solo in cui Agatha si chiese
come qualcosa di così bello potesse essere così
sbagliato ma poi i corpi dei
due amanti si fusero insieme e tutto il resto non aveva più
importanza. C’erano
solo loro in quel momento magico.
Dopo quello che era successo Agatha non poteva
certo
rientrare in casa come se niente fosse, ancora con il vestito della
festa
addosso e con quel sorriso da orecchio a orecchio su cui tutti si
sarebbero
interrogati. Si smaterializzò in camera sua e gli occhi
vennero catturati
subito dal letto sfatto. Capì subito che sua sorella era
alle sue spalle ancora
prima che Cassandra esordisse con un
“Dov’eri?” ma come faceva sempre quando
era arrabbiata Cassie non le diede il tempo di replicare che
continuò “Eri con
lui vero?”
Agatha si sentì come una bambina colta con le mani nella
marmellata e si limitò ad annuire non riuscendo a togliersi
quel sorrisetto
dalle labbra, sorriso che sparì immediatamente appena la
sorellina alzò gli
occhi su di lei. Aveva un’espressione delusa…ma
cosa era successo mentre lei
era via?
“Ti ho cercata…avevo bisogno di te ma tu non
c’eri”
“Cassie mi dispiace, non potevo saperlo”
Scuotendo leggermente la testa Cassie disse “Non
importa”
Agatha cercò di avvicinarsi a lei “Ma certo che
importa…”
provò a dire ma la sorellina la scansò
allontanandosi.
“Lascia stare” disse cupa dirigendosi verso la
porta. Era
visibilmente arrabbiata.
Aggiunse solo “Papà ti cercava. Gli ho detto che
non ti
sentivi bene ed eri andata a riposare” poi aprì la
porta e se ne andò
sbattendola.
Agatha si lasciò cadere sul letto passandosi una mano
sugli occhi e poi tra i capelli. Non sapeva se definirla una litigata
quello
che era appena successo tra lei e Cassandra. Certo non era la prima
volta che
battibeccavano e sapeva come andava a finire, non riuscivano a restare
arrabbiate e a tenersi il broncio per più di dieci minuti.
Era andata sempre
così, finora.
Buongiorno,
avrei voluto pubblicare
ieri sera ma il sonno ha avuto la
meglio su di me.
Non voglio anticipare
nulla per evitare spoiler ma vi
dico che il prossimo capitolo si intitolerà
“Tempesta in arrivo” (e intanto
rido stile grinch)
Buona giornata
H.