Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: Red_Coat    25/02/2017    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un grazioso e ampio appartamentino, al quarto piano di una piccola palazzina di nuova costruzione nel mezzo del settore 3, con ingresso a vista sul soggiorno, due ampi e molto raffinati archi in legno che si affacciano rispettivamente dalla cucina al soggiorno e dal soggiorno al breve corridoio, due camere da letto, un bagno e una piccola stanza paradossalmente piena di luce che potrebbe benissimo diventare il nostro studio, lo spazio privato mio e di Hikari in cui continuare a dipingere e sviluppare le nostre passioni.
Ci abbiamo messo un po' a trovare una casa che facesse al caso nostro, quasi due settimane restringendo il campo al settore 2 e 3, che sono quelli più vicini alla casa dei miei. Sono stato io per primo a volere che fosse così. Voglio vivere la mia vita adesso, ma ... non posso non prevedere ciò che sarà di me, a lungo termine, e non voglio che Hikari e Keiichi si ritrovino soli. Dal settore 1 mia madre e mio padre potrebbero giungere qui anche a piedi, nel giro di qualche minuto, e questo è già molto rassicurante.
Abbiamo dovuto rimandare anche il nostro matrimonio di qualche altro giorno, ma questo non è stato un male perché ci siamo ritrovati con più tempo per poter organizzare meglio il tutto, e credo ... sia stato molto meglio così.
Ho avuto più tempo per pensare, dissipare i dubbi e le paura, e ora credo davvero di potercela fare a sconfiggerle, anche se poi inevitabilmente quel giorno dovessero tornare. E poi, la felicità e le risate di Keiichi in questo momento, mentre scorrazza da una stanza all'alta della nuova casa eccitato e su di giri continuando a ripeterci quanto sia bella, e incantandosi a guardare la vista sempre diversa delle tante finestre che occupano i muri, circa due per stanza fatta eccezione per il salotto in cui ve n'è solo una per via dell'ampio caminetto, e per il bagno che ne ha una molto piccola a tre quarti del muro
Quelle che stanno sul lato est della casa (e che quindi includono la cameretta, lo studio e il bagno) danno su una meravigliosa vista del reattore 2, sormontato in lontananza dall'alta e lucente cupola del HQ, mentre quelle ad ovest (cucina, sala da pranzo e camera patronale) su un'anonima ma sempre affascinante veduta del resto della città, coi tetti delle piccole case e dei palazzi vicini a noi.
Lascio per un momento Hikari ad ammirare affascinata la cucina ben fornita e supero il mezzo muro che la divide dal soggiorno, immettendomi in esso e avanzando verso una delle due finestre alla sinistra del tavolo. Rimango a guardare, lasciando che quel panorama mi rimanga dentro.
Com'è ... bella!
Alzo una mano a sfiorare lo skyline, oltre la trasparenza lucida della finestra.
Da qui, protetto dietro questo vetro, mi sembra quasi di essere immune alla sua letalità, al sicuro da tutto quel veleno con cui può colpire.
Sarà la posizione della casa, il piano su cui ci troviamo o la pace che colma il mio cuore quando, all'improvviso, Hikari mi prende la mano e accosta la sua testa alla mia spalla, scoccandomi un occhiolino per poi unirsi sognante a me, ma ... è così che mi sento adesso.
Non invincibile, ma protetto, al sicuro. E so che fino a che questo vetro riuscirà a non rompersi, le atrocità ambigue di questa violenta e magnifica città non riusciranno a colpirci.
Rimarremo in piedi, a guardarla oltre questa finestra, e nel frattempo faremo di questo posto casa nostra. Perché oramai mi sembra abbastanza chiaro, che sia questo il posto giusto per tutti noi.
Se casa significa calore e protezione, questa in cui ci troviamo ora ha già di per sé soddisfatto anche la più minima richiesta.
Ma per esserne ancora più sicuro, cerco conferma negli occhi di Hikari, e poi in quelli vivaci di Keiichi che si è unito a noi nell'ammirare estasiato lo scenario anche da lì.
 
<< Allora ... >> chiedo quindi, riavendomi ed esibendo un sorriso << Vi piacerebbe vivere qui? >> ripetendo la stessa identica domanda che ho fatto ad ogni casa da quando abbiamo iniziato a cercare
 
Il primo a rispondere, ovviamente, è Keiichi
 
<< Si, si, siii! >> esclama, tornando a saltellare e muovendo le braccia verso il cielo, euforico
 
Io e Hikari ci scambiamo un sorriso. È radiosa. Le stringo di più la mano, e con delicatezza me la porto alla bocca sfiorandole il dorso con le labbra in un accenno di bacio
 
<< Ovviamente è ancora un po' spoglia. >> dico, riferendomi all'arredamento effettivamente molto scarno
 
A parte i pochi elettrodomestici seppur costosi in cucina, un tavolo e una credenza in sala da pranzo e il divano in soggiorno di fronte al camino, con due poltrone qualche piccolo quadro di scarsa bellezza, una vecchia lampada da pavimento e un altrettanto antico mobile porta tv a fargli compagnia, il resto delle stanze sono praticamente arredate solo con un letto e un comodino, eppure questo non sminuisce il valore della casa.
Anzi, lo quadruplica per noi
 
<< Ma sarà il tuo regno, una volta nostra. >> le dico infatti, e i suoi occhi si riempiono di una luce commossa e grata mentre proseguo, rivelandole il mio proposito per questo piccolo, modesto nido in cui vivremo << Potrai arredarla come vorrai, abbiamo ancora un po' di soldi da parte per farlo, modellarla in base alla tua idea, e trasformarla in ciò che dovrebbe essere. La tua casa. >>
 
Hikari mi sorride, poi prende il mio viso tra le mio mani e appoggiando le sue labbra alle mie mi stuzzica piano, per poi trascinarmi in un meraviglioso bacio che dura solo qualche istante, ma ci porta fino in paradiso. Quando torniamo, affannato mi ritrovo a stringerle le mani mentre le chiedo
 
<< Allora è un sì? >>
 
Lei sorride, e sotto lo sguardo ansioso mio e di Keiichi annuisce, convinta e felice. Il bambino esplode nell'ennesimo impeto di gioia, riprendendo a saltellare, applaudendo forte e correndo poi ad abbracciarci.
 
<< Ha detto sì! Yeeeeh! Ha detto sì, papà, ha detto siiii! Abiteremo qui allora, yeeeeeeh!! >> esclama, saltandomi letteralmente in braccio
 
E io non posso fare a meno di sentirmi d'accordo col suo buon umore, mentre guardandola ridere e abbracciarci penso che le sono grato, per aver detto questo primo, importante, si.
Per questo, e per tutti quelli che verranno da qui in poi.
 
***
 
È stata una giornata stancante. Sono passati appena un paio di giorni da quando abbiamo comprato questa casa ed ora è cominciata la parte più difficile, quella di renderla vivibile e trasferire qui tutte le nostre cose.
Yukio e mio padre ci hanno aiutato a traslocare, ma anche così non è stato affatto facile. Tornare al lago, trovare e inscatolare ciò che serve e portarlo con noi sul treno per poi scendere e fare un tragitto a piedi fino a casa, e ripetere il viaggio più volte fino a sera. Sono distrutto.
Dio santo, non pensavo fosse così arduo! Alcuni scatoloni erano già pronti, credo che Hikari avesse previsto come me di fare questa scelta e avesse quindi iniziato coi preparativi prima di raggiungermi, ma il resto ho dovuto farlo io con l'aiuto di Yukio, e se penso che siamo ancora neanche a metà del lavoro mi sento già spossato prima ancora di riuscire ad arrivare a domani.
Entro in camera, mi butto sul letto. Hikari è sdraiata accanto a me, la schiena comodamente adagiata sul soffice cuscino accostato alla spalliera in legno scuro. Sta guardando qualche vecchio foglio bianco scarabocchiato con disegni alquanto elementari.
Mi tiro su appoggiandomi su un fianco, e scrutando i fogli domando curioso
 
<< Sono disegni di Keiichi? >>
 
Lei sorride e annuisce, poi me ne mostra uno che ritrae una casa in mezzo al verde e quattro persone, tutti disegnati con dei cerchi, triangoli o quadrati, e molto colorati.
Sono lei, lui, Manimi e Yukio, mi spiega. Poi me ne mostra un altro, in cui credo chiaramente di capire chi sia il soggetto.
Sembra un soldato, con una specie di mantello sulle spalle, lunghi capelli neri e una spada affilata. Ma sorride e a un'aria buona.
"Questo invece sei tu." mi spiega, mentre lo prendo tra le mani e lo osservo, scorrendo le dita sui contorni dell'immagine a carboncino.
Quindi ... è così che mi vede, mio figlio?
"Lo ha fatto l'anno scorso, dopo che io, nonna e Yukio gli abbiamo raccontato di te, di quello che facevi quando eri in SOLDIER. " mi spiega Hikari, quando torno a guardarla.
Sorrido, riabbassando gli occhi sul disegno. O quello che si presuppone io facessi, in SOLDIER.
Ora capisco.
Se solo sapessero ...
Una delle dolci mani di Hikari mi sfiora il braccio, in una carezza. La guardo di nuovo, leggo nei suoi occhi tutto quel bene che in questo momento proprio non riesco a provare nei miei confronti.
" Sei sempre stato un eroe, per lui." continua " È sempre stato convinto che tu ci saresti stato per noi, nel momento del bisogno. E che noi lo avremo fatto per te. "
Il mio sorriso si affievolisce un po', diventando quasi triste.
Scuoto piano la testa, guardando il ritratto che ha fatto mio figlio di me ...
Se solo sapesse ...
 
<< Io non sono un eroe, però. >> rispondo poi, guardandola negli occhi << Non ho mai voluto esserlo, perché non sarei in grado. Gli eroi sono diversi da me, completamente. Loro non sbagliano mai, non falliscono mai, non hanno mai paura e non muoiono mai, perché sono invincibili ... ed eterni. Io ... >> torno a sorridere amaro << Sono completamente diverso da loro. La cosa più lontana da quello che dovrebbe essere un vero eroe... >>
 
La risposta di Hikari è come una freccia scagliata nel punto giusto delle mia mal ridotta corazza.
Mi scruta, con quel sorriso che nemmeno con queste parole sono riuscito a spegnere, poi alza una mano verso il mio viso e asciugandomi la lacrima furtiva che è riuscita a sfuggire al mio controllo senza che me ne accorgessi, con le mani che ancora sfiorano il mio viso conclude, tenera e dolce come solo lei sa esserlo: " È per questo, che sei il suo eroe. Il nostro... eroe. Perché lui sa che, nonostante tutto, troverai comunque sempre la forza di rialzarti, e combattere per proteggerci. E restare con noi per sempre ... "
La osservo, ammutolito e senza fiato, mentre ormai in ginocchio di fronte a me si china e mi bacia dolcemente, acquietando il mio cuore in pena, e sciogliendomi dentro. Chiudo gli occhi, buttando la testa all'indietro e lasciandomi andare a quel contatto, delle sue labbra che assaggiano piano le mie come a volerle bagnare del suo amore, e delle sue mani che accarezzano la pelle del mio viso e poi si immergono piano nel mare scuro dei miei capelli.
E nel frattempo, dentro di me sento rinascere quel fuoco e quella passione che da tanto ormai avevo dimenticato.
Era ... da molto tempo, che non mi sentivo più così. Dal tempo ... della nostra prima volta.
E ora so che ha ragione ... io non mi arrenderò mai. Combatterò per loro, in qualsiasi modo e con qualsiasi genere di arma, per difenderli e restare con loro.
Anche se "per sempre" è una delle frasi più terrificanti che io abbia mai potuto sentire nella mia vita. Perché anche questo, lei e Keiichi riescono a rendere meno spaventoso. Se non ci fossero, andrei fino in fondo all'inferno per chiedere il miracolo di trovarli.
Ma quel miracolo è già avvenuto, ed io adesso ... non ho che da viverlo.
Il mio corpo è completamente in balia dei suoi gesti dolci e dei suoi baci, la mia mente avvolta dal desiderio e dal suo amore. Viverlo, non chiedo altro.
Lo capisco che ne ho un bisogno disperato quando lei smette di baciarmi, e si limita a restarmi vicino stringendosi a me, e appoggiando la testa sul mio pezzo e provocandomi brividi che riescono a mozzarmi quasi il fiato. E così, in un impeto disperato ribalto la situazione spingendola ad appoggiarsi sul suo cuscino ponendomi su di lei per poi baciarla, avido e con passione, stringendole le mani nelle mie e sentendo il suo respiro di colpo affannoso, e il suo cuore che dapprima accelera i battiti e poi si calma, abbandonandosi a quel ritmo lento e intenso assieme alle sue labbra, che presto si ritrovano a mordere le mie con altrettanta foga. Mi avvicino di più, le ginocchia piegate vicino ai suoi fianchi morbidi sul materasso, e dopo un ultimo bacio mi stacco concedendoci un minuto. Mentre i nostri respiri affannosi si mescolano, ci sento tremare, e sento il suo corpo farlo un po' di più.
La guardo negli occhi, non così radiosi come al solito. È stanca, lo capisco. Non le dispiace, ciò che sta accadendo, ma è stanca. Lo siamo entrambi, ma lei un po' di più.
Keiichi è andato a dormire neanche mezz'ora fa, dopo averla fatta impazzire tutto il giorno. Quel genere di vivacità può stancare, dopo un po', e lei sono tre anni che cerca di tenerla a bada tutta da sola.
Le devo troppo ... non voglio che si stanchi ancor di più per tenere a bada anche me.
 
<< Vuoi che continui? >> le chiedo quindi, seriamente interessato a conoscere la risposta
 
Lei sorride, annuisce sicura più volte.
La guardo ancora per qualche istante, senza sapere cosa pensare, cosa fare. Se è vero che vuole, sto rovinando tutto come al solito. Ma ... non voglio che si senta costretta, in alcun modo. Voglio farle piacere, non violentarla. Così, quando con le labbra tornò a sfiorare le sue e poi scendo giù, ad accarezzarle la pelle del collo scostando appena con le dita la stoffa morbida del kimono che lo avvolge, la sento tremare di nuovo e più forte, capisco che non è per sé stessa che vorrebbe farlo, ma per me, per farmi felice. Ed è allora che mi blocco un'altra volta, e guardando i suoi occhi stanchi e imploranti decido che per stasera può bastare così. Anche se avrei una voglia matta di continuare. Avremo modo di farlo dopo sposati, quanto e dove ci pare. Per ora mi trattengo, e mi limito a sorridere rassicurante
 
<< D'accordo. >> sospiro annuendo
 
Quindi la libero, e tornando a sdraiarmi al suo fianco la traggo a me, stringendola e tornando a permettergli di posare la testa sul mio cuore. Si rilassa all'istante, stringendosi di più al mio petto e tornando a sorridere mentre io immergo il naso nei fili sciolti dei suoi lunghi capelli e chiudo gli occhi! assaporando il suo calore e il suo profumo.
 
<< Lo faremo quando saremo pronti, entrambi ... >> dico, e la vedo alzare la testa per guardarmi, e annuire
 
Mi lascia un piccolo bacio sulle labbra, io lo raccolgo chiudendo gli occhi e sorridendo tornando ad abbracciarla subito dopo. Infine, è così che pian piano ci addormentiamo, entrambi stretti nelle braccia dell'altro e protetti dal buio e dal silenzio pacifico di questa nuova casa che ci ha accolto.
Sarà così che vivrò, da adesso in poi.
Con lei, per lei, in lei.
E sarà bellissimo.
È l'ultima cosa che penso prima di scivolare nel buio profondo e nel torpore confortante di un sogno sereno, poi tutto si spegne, quasi all'improvviso, e ciò che succede dopo è soltanto tutto un mio sogno, fino all'arrivo dell'alba che ci trova ancora insieme, abbracciati e stretti nel nostro amore tra le coperte del nostro futuro talamo nuziale. Ancora puro, per stavolta.
 
***
 
Due giorni dopo ...
 
Victor Osaka salutò sul pianerottolo del quarto piano il dottor Fujita ringraziandolo per l'aiuto che aveva ricevuto da lui anche quel giorno, poi girò la chiave nella serratura e rientrò a casa, la nuova casa della sua nuova famiglia.
Chiuse la porta alle sue spalle, quindi appoggiatosi alla parete abbassò le palpebre sugli occhi e inspirando profondamente si diede un attimo per ascoltare quel meraviglioso silenzio pacifico.
Erano le 22.34 della sera, l'ultimo treno per il lago sarebbe partito tra poco meno di una mezzoretta, e con esso anche Yukio.
La prima fase del trasloco era finalmente terminata, e Hikari aveva già iniziato ad arredare il suo nido.
I primi pezzi di arredamento da muro pendevano già dagli angoli delle pareti in pietra grigia della cucina, e gli ultimi scatoloni avevano raggiunto la loro nuova sistemazione sotto al letto di Keiichi, in attesa che il loro padroncino li scartasse come pacchi regalo e risistemasse tutto nella sua nuova cameretta.
Da domani tutto sarebbe stato più facile.
Non restava che il matrimonio, e poi anche lui avrebbe finalmente potuto gettarsi alle spalle l'incubo di SOLDIER e iniziare a costruire da zero una vita degna di essere vissuta.
Un miracolo.
Riaprì gli occhi, e continuando a sorridere si guardò intorno.
Non riusciva ancora a crederci, ma col passare dei giorni si rendeva sempre più conto di quanto fosse assurda e bella, quella realtà.
Aveva già in mente progetti di viaggi e cose da fare, assieme e per loro. C'era la stanza di Keiichi da ridipingere alla maniera creativa di un artista, un bel pianoforte da regalargli come primo regalo di compleanno e poi la scuola, i compiti, le vacanze. E poi il tempo, un'infinità di tempo. Tutti quei bei giorni ancora avvenire da passare con Hikari, a stringerla fra le braccia e provare a capire, con lei al suo fianco, tutte quelle altre cose che ancora non era riuscito a spiegarsi sul mondo, pendendo dalle sue labbra dolci come uno scolaretto alle prime armi.
Era così bello, da spingerlo alle lacrime mentre un sorriso sollevato e felice gli si dipingeva sulle labbra sottili.
Rilassò i muscoli, e dopo aver dato un'occhiata al suo orologio da polso decise che era troppo felice per andare a dormire adesso.
Voleva ... godersi l'attimo, per ricordarselo appieno.
Si avvicinò alla finestra tra il caminetto spento e l'angolo dei due muri, e rimase a fissare le luci opache verdastre e turchesi della città che si riflettevano sulle pareti degli alti edifici e delle cupola dell'HQ, su cui svettava visibile su sfondo vermiglio il nome della Shinra, scritto con tratti precisi e marcati all'interno di un pentagono dagli orli gialli e neri.
Lo guardò a lungo, ma non riuscì a sentirsi sfiorato. Per la prima volta tornò a respirare, pensando alla distanza enorme che lo separava da quella società e da tutto ciò che ne faceva parte.
Anzi, gli venne quasi da ridere al pensiero che bastava accendere la luce, per ritrovarsela dentro casa, perché quello ormai era l'unico modo in cui potevano ancora far parte della sua vita.
L'unico in cui ci sarebbero riusciti, e non lasciava molti spunti alla fantasia.
"È difficile" gli aveva detto Yukio "Forse più difficile di quanto credi. Ma io so che tu ce la farai, perché sei nato per combattere. "
Continuò a sospirare e a sorridere, quindi tolse le mani sale tasche e votando le spalle alla finestra andò a sedersi al centro del comodo divano in pelle nera a tre posti, posto proprio di fronte al caminetto.
Allargò le braccia fino a stenderle del tutto lungo l'orlo della testiera, e appoggiando la testa all'indietro su di essa chiuse di nuovo gli occhi, e rise. Rise, divertito ma attento a non far troppo rumore per non svegliare gli altri membri del nucleo.
"Shinra, società energetica."
Aveva portato per lungo tempo quel simbolo, su borsoni, giubbotti e divise. Lo aveva visto perfino sui cadaveri di soldati morti sul campo di battaglia e su fucili insanguinati, ma non aveva mai davvero riflettuto sul suo reale significato.
Shinra ... società energetica ... Shinra.
Per un attimo, il suo sorriso si fece un po' più flebile mentre, riaprendo gli occhi, cercò intorno a sé con lo sguardo qualcosa che trovò quasi subito nella penombra, affianco a sé.
Il filo della lampada da pavimento la cui cupola di stoffa squadrata pendeva a pochi centimetri sulla sua testa.
Allungò una mano a sfiorarlo rapido, fino ad avere tra le dita l'interruttore.
“Società ... energetica” pensò di nuovo.
Quindi, lo spinse su on, e dopo un semplice click la luce arancio della lampada si accese rischiarando appena la stanza.
La guardò, serio per qualche minuto. "Questo ... è l'unico modo in cui riuscirete a entrare ancora nella mia vita." rifletté, determinato. Per poi tornare a sghignazzare divertito e di gusto, scuotendo il capo, alzandosi e andando a procurarsi un bicchiere d'acqua in cucina.
Si, perché era divertente, in fondo, pensare a tutto quel gigantesco casino di morti, turks e SOLDIER per una singola lampadina.
E poi, se ad ogni secondo in cui essa bruciava si aggiungeva il fatto che per esso il lifestream veniva condensato in Mako e il pianeta sempre più risucchiato della sua linfa vitale ... beh, diventava davvero uno spasso, tutta quella storia.
Un divertentissimo spasso.
"Tutto quel casino di morti .... per una fottuta lampadina." continuò a pensare, e a ridere.
Ma il meglio del divertimento doveva ancora arrivare.
Perché, proprio nel momento in cui pensò a Sephiroth e lo ringraziò, di esser riuscito a diventare uno degli anonimi contribuenti che continuavano ad usare quella energia per mandare avanti la propria famiglia, la parte destra della testa venne pervasa da un dolore pulsante e atroce, e nelle sue orecchie risuonò un acuto fischio stordente, che lo costrinse a tapparsele ma non diminuì quando lo fece, anzi aumentò di volume, fino a spingerlo ad accasciarsi quasi a terra, reggendosi con una mano ad uno dei banconi su cui stava poco prima destreggiandosi.
Trattenne urla di dolore, a stento, mordendosi la lingua fino a farsela sanguinare, e a mente ancora lucida cercò di rialzarsi e resistere, a quella sempre più violenta crisi. Ma appena lo fece, barcollante e confuso come se fosse appena stato colpito a morte alzò gli occhi, e vide di fronte a sé un bambino.
Lo stesso che aveva rappresentato Sephiroth nel suo ultimo sogno, ma in piedi di fronte a lui e con indosso lo stesso soprabito del suo Generale.
Confuso e disperato, ricadde sul pavimento in ginocchio e batté più volte le palpebre cercando di schiarire la vista ormai del tutto opaca e traballante, mentre quello lo fissava con severità
 
<< S-Sephiroth ... ! >> mormorò, allungando una mano verso di lui mentre il mondo riprendeva a girare vorticosamente
 
E l'immagine subì una variazione, diventando per pochi secondi adulta, mentre la voce del bambino prendeva a rimproverarlo
 
<< I tuoi occhi. Hai fatto una promessa ... >>
 
Si fermò, per qualche istante soltanto ormai del tutto in preda alla confusione di un mondo che non riusciva più a tener fermo. Tutto intorno a lui girava, si confondeva, sfocato e traballante come la luce di una lampadina che sta per spegnersi per sempre.
E guardando in quella confusione di movimenti e immagini rimase a fissare l'immagine del bambino e del Generale, che sovrapposte l'una all'altra seguitavano a rimanere lì, fisse e chiare di fronte a lui come l'unico punto fermo al centro del suo universo.
 
<< E non sarei stato costretto a questo se tu non avessi
volontariamente di nuovo fatto finta di averla dimenticata. >>
 
La sua voce giungeva alle sue orecchie col tono e il timbro di entrambe le figure, e confusa, ovattata dal torpore in cui stava per cadere. Tuttavia, anche così non ci mise molto, a capire ciò che quelle parole appena udite stavano a significare per lui. E per la prima volta sentì l'angoscia salire in cuore, fino quasi a dominare ogni suo pensiero mentre gli occhi del Sephiroth adulto ora lo fissavano con intensità.
Scosse la testa, supplicante mentre il bambino spariva
 
<< T-ti prego, no ... >> provò ad invocare, disperato
 
Non adesso, non davanti a Hikari e Keiichi.
 
<< Ti prego ... >> supplicò di nuovo, quasi in lacrime, scuotendo la testa e stringendo i denti mentre il suo viso si riempiva di gocce umide
 
Ma il Generale non cambiò espressione, determinato e severo.
Mentre tutto continuava a girare, avanzò verso di lui fino ad essergli davanti e poi scese in ginocchio fino alla sua altezza, sfiorandogli il mento con le dita di una mano e facendo guizzare i suoi occhi serpentini nei suoi, specchio della stessa anima.
 
<< Abbiamo un accordo. >> gli disse, severo e dolce al contempo come solo lui sapeva essere << Perciò obbedisci, Victor. Ora! >>
 
E, proprio in quel momento mentre stava ancora trattenendo il fiato, la sua mente si spense, ed ogni cosa nella sua coscienza tacque all'improvviso, seppellendo la sua anima cosciente sotto strati di DNA e permettendo almeno per qualche minuto al nuovo inquilino di quel corpo di muoverlo a suo piacimento.
Non che provasse piacere, nel farlo, o almeno non totalmente. Non riusciva a goderselo appieno quel momento, perché si sentiva frustrato ed era arrabbiato, molto arrabbiato con lui, che come al solito per colpa della sua testa dura lo costringeva sempre a infierire!
Tuttavia, non sarebbe stato necessario tenerlo legato per molto tempo, giusto quello che serviva a ricordargli i suoi doveri.
Poi lo avrebbe volentieri lasciato alla sua nuova vita da comune persona normale ... o almeno avrebbe lasciato che provasse a vedere come fosse, esserlo davvero per una volta.
Prima che la cruda verità arrivasse a colpire anche lui come un doloroso colpo di pugnale al centro del petto, al quale inevitabilmente sarebbe sopravvissuto.
Attese che i sensi si ristabilizzassero, accorgendosi all'improvviso con un po' di doloroso disappunto quanto fosse stato costretto a fargli male per riportarlo sulla retta via, quindi si alzò lentamente dal pavimento e dopo essersi messo in tasca le chiavi indossò il soprabito appeso alla capelliera di fronte alla porta d'ingresso per poi aprirla e uscire fuori, per le strade di una Midgar nel pieno del suo ultimo mese di piena estate.
Non avrebbe mai creduto, di poterla rivedere così presto, e sotto questa altra forma.
E sulla scia di quel pensiero, inevitabilmente, anche le labbra del ragazzo di cui aveva preso possesso si colorarono di un tenue, eccitato ghigno famelico.
 
\\\
 
L'ombra nera si mosse nella semi oscurità dei vicoli, con scaltrezza e disinvoltura, le mani sprofondate nelle tasche e il colletto del lungo soprabito nero alzato a mascherare gli zigomi e le forme dolci del viso.
Percorse senza fermarsi la strada che lo divideva dal settore 7, con aria minacciosa e passo marziale scansando ogni possibile ostacolo al suo anonimato e continuando a mantenere per tutto il tempo la mano sinistra all'elsa della katana che aveva fatto in tempo a recuperare dal nascondiglio in cui era stata riposta, prima di uscire di casa.
Superò un paio di casupole sparse, poi un ostello molto affollato e un gruppetto di bambini che giocavano a ricorrersi nell'ampia via che stavano percorrendo dal lato opposto.
Un cane pulcioso pensò bene di alzarsi in piedi dal torpore in cui era avvolto e abbaiargli contro per interrompere la noia del momento, ma una suo occhiataccia ebbe il potere di zittirlo immediatamente, spingendolo ad allontanarsi ringhiando semplicemente con la coda tra le gambe, lasciandolo finalmente solo.
Ghignò soddisfatto, poi però subito dopo tornando serio rivolse la sua attenzione al vecchio edificio di cemento che aveva davanti e i suoi occhi corsero dapprima all'insegna sulla porta di ingresso che ne annunciava il nome, per poi precipitarsi su, sempre più su, fino a raggiungere la finestra del secondo piano dove trovò finalmente ciò per cui era giunto fino a lì, quando due occhi azzurri come il cielo, accarezzati appena da ciocche bionde e ribelli dei suoi capelli incrociarono il suo sguardo.
Sperduti stavano fissando il paesaggio, assorte in chissà quali tipi di domande fino al suo arrivo, quando persero quella luce e ne acquistarono un'altra, più inquieta, sorpresi di rivederlo proprio lì, a pochi metri da casa sua e a pochi passi dall'entrare per quella porta.
"Quel soldato ..." pensò, bramoso. E continuando a guardarlo con quello stesso sorriso sfoderò piano e completamente la Katana, guardandolo rabbrividire in silenzio.
Ma, nonostante fosse tanta la voglia di vendicarsi, si trattenne, perché quella sua vendetta avrebbe avuto un compimento molto più completo a breve, quando avrebbe potuto finalmente diventare il Dio. Per ora, il motivo di quel gesto era un altro, diretto a chi in quel momento non era neanche cosciente di essere arrivato fin lì. Era tempo che lo sapesse
"Ora, Victor, svegliati. " lo richiamò perciò, prima di sparire e restituirgli la proprietà della sua mente.
E proprio allora quello, con un singulto soffocato mentre cercava di riprendere aria, obbedì di nuovo.

 
\\\
 
"... E non dimenticarti mai più di me. "
 
Con un colpo violento come uno strappo ritorno in me, e la sua voce è l'ultima cosa che sento chiaramente. Vacillo, spalancando occhi e bocca e lasciando andare la katana in un gesto convulso dei muscoli che tornando ad aprirsi, come sconvolti da spasmi.
Per un attimo ho paura. Non capisco più dove sono, cosa sto facendo, dove mi trovo. Sephiroth... lui ha preso il controllo di me, e potrebbe avermi portato ovunque, in qualsiasi situazione.
Ma è quando sento la mia arma cadere e la vedo scintillare di fronte ai miei occhi che inizio a rendermi conto della situazione.
Sono in una strada male illuminata e semi deserta di Midgar, sopra il piatto. Non so in che settore mi trovo ma non sono in pericolo, a quanto pare.
Anche se ... la lama lucida della mia katana scintilla con la punta rivolta verso di me, e su di esse un riflesso va via via schiarendosi nei miei occhi ancora un po' confusi dal repentino cambio di scena e dalla fatica.
La sagoma di un ragazzo dai capelli biondi, affacciato ad un finestra. Sono ... confuso.
La fisso guardarmi, sempre meno sconvolto e sempre più incuriosito e terrorizzato, e mentre la guardo non so cosa pensare. All'inizio non lo riconosco, rimango immobile in piedi in quella sbilenca posizione di difesa mentre la mia vista continua a fare le bizze e la mia mente cerca di fermarsi, va avanti e indietro cercando di capire, tra la paura del non sapere cosa sia successo mentre non c'ero e lo smarrimento più totale, la voglia di capire cosa significhi l'avermi portato qui.
Poi però, tutto si acquieta, i miei occhi riacquistano lucidità e quella immagine diventa sempre più nitida nella mia mente, sempre più reale, e finalmente inizio a capire.
Cloud Strife.
È lui, e mi sta realmente fissando, affacciato alla finestra del secondo piano di un vecchio edificio che al piano inferiore ospita il 7th heaven, di proprietà della sua ragazza.
Rabbrividisco immediatamente, e tornando serio riassumo una posizione più composta. Poi, lentamente, alzo la testa seguendo la direzione del riflesso, ed è allora che finalmente riesco a vederlo, davvero stavolta.
E succede di nuovo, quella lunga, interminabile scossa lungo la spina dorsale fino agli occhi, che mi bruciano da morire.
Stringo i pugni, mentre sento di nuovo di non riuscire più a trattenermi. Vorrei piangere, ma resisto, così come resisto alla terribile voglia che ho di strozzarlo con le mie mani.
Mi sento ... umiliato. Terribilmente umiliato.
Perché?
Perché mi hai portato qui, Sephiroth? Perché farmi questo, a pochi giorni dal mio unico giorno felice? Perché riportarmi qui, di fronte a lui, e lasciarmi sapendo in che modo indecente e del tutto poco dignitoso per un soldato di fronte al suo nemico mi sarei comportato?
 
<< Non dimenticarti mai più di me! >>
 
hai detto, prima di lasciarmi
 
<< Dammi i tuoi occhi! >>
<< Mi hai fatto una promessa, e non sarei arrivato a questo se tu non avessi di nuovo fatto finta di averla dimenticata. >>

 
Era questo, quello che intendevi, allora Sephiroth?
È questo quello che volevi, quando mi hai chiesto di darti i tuoi occhi? Vuoi che io scopra ogni cosa di quel ... quel maledetto idiota che continua a perseguitare me e la mia stramaledetta vita? Vuoi vendicarti di lui e che io ti aiuti a farlo?
Un'altra scossa, attraversa la mia schiena, i miei occhi e miei pugni chiusi, mentre la mia espressione ora è completamente di odio, dritta dentro quella dell'idiota che mi guarda senza sapere cosa pensare, ma come se volesse farmi credere che non ha assolutamente nessun tipo di problema o paura nel guardarmi e ripensare a ciò che è successo poco fa.
È questa la risposta che aspettavo, questa è la volontà di Sephiroth.
Lo sapevo, ho sempre saputo fosse questa ma ... non volevo vederla.
E ora sono stato costretto a farlo.
" Non dimenticarti..."
 
<< ... Mai più di me! >>
 
Annuisco deglutendo a forza la poca saliva che riesco ancora a produrre. Quindi mi chino a raccogliere la katana e mentre la recupero mi rialzo continuando a fissarlo, fino che i nostri occhi non seguono reciprocamente i movimenti anche impercettibili dell'altro, e la mia rabbia non divampa nello sguardo.
E proprio allora sollevo lento la mano e la riempio di fuoco, quindi senza parlare ma solo con un lento movimento delle labbra scandisco bene ciò che ho da dirgli
 
TI RITENGO RESPONSABILE
 
Per poi voltargli le spalle e riprendere il cammino verso casa, con l'angoscia nel cuore e la rabbia a ribollirmi nelle vene, alimentata dal suo sguardo vago, confuso e all'improvviso profondamente inquietato che so mi sta seguendo ancora, fino alla fine del lungo viale in cui scompaio, nascosto dalla notte.
Sephiroth ha ragione.
Ho fatto una promessa e devo mantenerla.
Io ... sigh, non smetterò mai di combattere.
Mai.
Non fino a quando quel pezzo di merda non smetterà di respirare!
 
\\\
 
Era stata una giornata monotona, rocambolesca e affannosa come tutte le altre, ma finalmente anche questa era giunta alla sua conclusione.
Cloud Strife, affacciato alla finestra della camera da letto al piano superiore dell'edificio che ospitava il 7th heaven stava godendosi il silenzio e la pacifica quiete della notte appena calata, quando dei passi risuonarono alle sue spalle, sempre più vicino fino a che la porta non si spalancò e la luce si accese all'improvviso, quasi accecandolo.
Assottigliò le palpebre, e si voltò verso la nuova arrivata che si rivelò essere Tifa
 
<< Oh scusa. >> sorrise arrossendo << Non sapevo fossi qui, pensavo fossi al piano di sotto, con Barret e gli altri >>
 
Non le rispose, se non per chiederle se dovesse già andare a dormire. E quando lei gli disse di no, si limitò a tornare a guardare oltre la finestra, assorto di nuovo nel vuoto sconnesso dei suoi pensieri. Stava giusto riflettendo su una cosa avvenuta qualche tempo fa, quando Tifa tornò a infastidirlo chiamandolo per nome.
Rispose con un mugolio sommesso, senza staccare gli occhi dalla strada deserta. Perché era così difficile pensare? L'unica cosa su cui si dilettava a farlo, era sula giornata appena trascorsa, sul sapore della birra appena bevuta e sulle chiacchiere fugaci con i ragazzi, Biggs e Weddge. Aveva imparato i loro nomi, finalmente.
Ce ne aveva messo di tempo! Ma meglio tardi che mai
 
<< Sai, volevo chiederti ... >> proseguì Tifa, titubante << Quello strano individuo che è venuto al bar, tempo fa. Quello che hai incontrato alla discarica ... >>
 
Ah, si. Quel tizio che aveva scaturito il pandemonio scambiandolo per qualcun altro.
 
<< Lo hai più visto? >> terminò la giovane, mettendosi poi in attesa di una risposta
 
Se lo aveva rivisto ... un paio di volte soltanto, forse, camminando per strada. Ma non ci aveva fatto caso più di tanto.
Anche perché ... le uniche parole che si erano detti lo avevano fatto pensare per settimane prima di abbandonarlo, non del tutto però.
" Per quanto tempo sei stato un SOLDIER? "
Ogni tanto quella domanda tornava a tormentarlo, e il fatto di non saper darsi una risposta lo faceva impazzire davvero, d'impazienza e nervosismo. Così beveva, combatteva quando la missione gliene dava l'opportunità, e dopo poco tutto era sparito, e ogni cosa nuovamente tornata al proprio posto. O quasi.
Per quanto ... tempo.
Tempo ...
Tempo ...
Tempo ....
Ah, che importava! Un paio di anni, forse. O anche tre o qualcosa di più! Ciò che davvero contava erano i fatti, quegli occhi infusi di Mako, la divisa che indossava e le cose che riusciva a fare.
Era stato un SOLDIER, ora non lo era più ma continuava a combattere, perché era l'unica cosa che riusciva a fare.
Eppure quella domanda ...
"No." stava per rispondere a Tifa, scacciando ancora una volta il pensiero, quando all'improvviso dal vicolo di fronte ai suoi occhi apparve nuovamente la sagoma di quell'individuo, e il suo cuore perse un colpo nel notare subito due dettagli che gli fu impossibile ignorare.
La ciocca albina, e gli occhi felini che lo fissavano famelici, con lo stesso, identico ghigno che ...
Quella notte ...
Cadde, nuovamente in balia dei ricordi eppure restando in piedi esattamente nella stessa posizione che aveva assunto fino a poco fa, e nel mentre non si accorse neanche che pure l'uomo vestito di nero lo aveva fatto.
Perciò, fu per lui una sorpresa quando, risvegliatosi a fatica da quell'incubo, lo vide rialzarsi a fatica dal terreno sul quale era inginocchiato e tornare a guardarlo, come se fosse la prima volta che lo vedeva.
Era ... così diverso adesso.
Sembrava spaesato, ma col passare dei secondi quell'espressione lasciò il suo volto cedendo il passo alla collera più profonda, fino a che lentamente non sollevò una mano e su di essa apparvero le fiamme di un fuoco che sembrò non essersi mai del tutto estinto dalla mente di entrambi. Gli mancò di nuovo il fiato, e non riuscì a non fissarlo mentre cercava di prevedere e quasi percepire ogni suo più piccolo gesto che potesse significare un pericolo. Era pronto a tutto, la mano già tremava e stava per sollevarsi ad afferrare il manico della spada che portava sulla schiena, quando avvenne l'inaspettato.
Le fiamme nel guanto nero ancora ardevano, quando le sottili labbra dell'estraneo si mossero lentamente in una sola, singola frase che ebbe il potere di restituire alla sua mente anche solo un briciolo di ricordo,
 
<< Ti ritengo responsabile ... >>
 
Gli parve quasi di sentirle, quelle parole dal vivo della sua voce. E all'improvviso un nome salto fuori dal buio. Victor Osaka, first class ...
L'allievo di ... Sephiroth.
 
<< Cloud. >> lo chiamò ancora Tifa, che per tutto il tempo era rimasta lì ad osservare quel suo comportamento strano, inquietata anch'ella da quelle stranezze
 
Lui rimase ancora per qualche istante a guardare la sagoma nera che si allontanava, in bilico tra quei pochi nuovi indizi e ciò che quelle ultime parole che si ripetevano nel tempo potevano significare per lui. La sua mente si fermò appena in tempo per permettergli di non impazzire.
Trasse un rapido sospiro, quindi si riprese e guardò la ragazza al suo fianco, con la sua solita indomabile freddezza di spirito
 
<< Penso ... di averlo appena fatto. >> rispose soltanto, per poi voltarle le spalle e uscire dalla stanza, dirigendosi fuori, all'aria aperta
 
Nuovi ricordi, nuovi indizi. Troppi.
Aveva bisogno di aria fresca per schiarirsi un po' le idee. E poi era ancora troppo presto per andarsene a letto.
 
\\\
 
Nessuno si era accorto di niente, per fortuna. Quando tornò a casa non era passata più di un'ora e qualche minuto, Hikari e Keiichi stavano ancora dormendo il suo sesto senso gli diceva chiaramente di stare sereno.
Chiuse la porta alle sue spalle e poi si ci appoggiò sopra, sospirando profondamente e lasciandosi andare a un momento di lacrime, chiudendo gli occhi e buttando la testa all'indietro.
"Sephiroth..." pensò, quasi supplicante "Dimmi che non succederà più, ti prego."
L'altro sorrise nella sua testa
 
<< È stato così terribile? >> chiese, serafico
 
Non seppe dire dove trovò la forza di farlo, ma in risposta Victor Osaka sorrise, stanco e divertito al contempo, per poi rispondere con un filo di voce
 
<< È stato spaventoso ... e stupefacente. Come vederti combattere. >> con un pizzico di sana inquietudine e anche di invidia
 
Sephiroth rise di nuovo, divertito sul serio.
 
<< Non sembravi così divertito, prima. >> osservò con una punta di sarcasmo nella voce
 
<< Oh, non lo ero affatto. >> replicò Osaka senza riuscire a smettere di essere felice, per poi aggiungere << Te l'ho detto, hai ragione. Ero terrorizzato, e lo sono anche adesso in realtà. >>
 
Sghignazzò, l'albino tacque come se lo stesse osservando senza riuscire a capirlo.
Proprio lui.
 
<< Stai per dirmi che sono pazzo? >> chiese allora nuovamente Victor, riprendendosi e colorando di un sorriso le sue labbra sottili << Allora ... >> aggiunse dopo aver ripreso fiato, senza aspettarsi di ricevere una risposta << ... senti questa, Sephiroth. Sono strafelice che tu lo abbia fatto. ... Grazie. Grazie davvero. >>
 
"Avevo giusto bisogno di sentirmi per un attimo fuori controllo prima di provare a fare il bravo capofamiglia esemplare".
 
<< Mph. >>
 
rispose l'altro, contrariato e severo ma inevitabile divertito anch'egli
 
<< Non costringermi a rifarlo. La prossima volta potrebbe non piacerti così tanto. >>
 
Concluse infine minaccioso, in un tono da " fine dei giochi ".
In realtà sembrava quasi divertito dalla totale mancanza di buon senso del suo giovane allievo, anche se non poteva non ammettere che non c'era divertimento nel manipolare una mente così già ben disposta a tutto quel caos. Forse, in futuro avrebbe fatto meglio a punirlo evitandogli un simile piacere, magari quello sarebbe stato il modo giusto per tenerlo abbastanza sulle spine da riuscire a farsi obbedire come si deve, finalmente.
Era divertente giocare con la sua testa, però.
Victor, ignaro di tutti quei pensieri che stavano attraversando la mente dell'amato comandante, scosse la testa e continuò a sorridere. "Ne dubito" pensò in risposta alla sua affermazione di poco fa, che avrebbe dovuto essere una minaccia, senza riuscire a trattenersi.
Poi, subito dopo spense la sua ilarità, e con espressione seria rispose, senza più esitazione
 
<< Non ce ne sarà bisogno, sta tranquillo Generale. >> rispose, stringendo i pugni << Cloud Strife ... capitolerà sulla tua strada, te lo giuro. In tutti i sensi e in tutti i modi possibili. >>
 
<< Mmph ah ah ah.
Oh, si ...
Su questo mi sembra non ci sia più alcun
altro tipo di dubbio, oramai. >>
 


 










 
NDA: Salve! Accidenti che capitolaccio tosto, e dire che era iniziato così bene, per la miseria!
E poi eccoli lì, i fratelli JENOVA all'attacco! D= No Tetsuya, io esco!
Basta così, sono troppo sconvolta, e non capisco come diavolo Victor possa ridersela così dopo un'esperienza del genere.
Sul serio, come può??? O.o
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Red_Coat