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Autore: _Qwerty_    25/02/2017    3 recensioni
Come dice Olivander (e il titolo!), è la bacchetta che sceglie il mago: quindi, perché non immaginare quale sia la bacchetta di molti personaggi di cui la Rowling non ci ha detto nulla?
Non scrivo da anni, ma tante storie e sogni sono rimasti nel cassetto e adesso provo a tirarli fuori con questa raccolta di one-shot dedicate a personaggi a me cari della saga di Harry Potter e alla loro bacchetta.
Rigorosamente canon, almeno nelle intenzioni, seguendo in primis libri e anche quanto scritto dalla Rowling su Pottermore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Olivander, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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IX. Hagrid e Dolores Umbridge

X


Una delle prime cose che un aspirante fabbricante di bacchette deve imparare è che in quest’arte antica e misteriosa non ci sono dogmi. Ci sono indicazioni dettate dal buon senso, tradizioni venerabili, acquisizioni consolidate dalla pratica secolare e inevitabili tecnicismi che assicurano uniformità e sicurezza, ma non dogmi. Ad esempio, non è un dogma che la lunghezza della bacchetta sia legata alla statura del mago che la impugnerà. Al contrario, la maggior parte dei maghi e streghe di bassa statura possiedono bacchette di lunghezza media o medio-lunga, perlopiù nello stesso range dei maghi di alta statura. E questo perché l’altezza e la conformazione fisica del mago sono solo uno degli elementi che occorre misurare per pensare e scegliere una bacchetta, sulla scorta di complessi calcoli e teoremi per destreggiarsi fra i quali occorre che l’aspirante fabbricante di bacchette sia ben preparato in Aritmanzia, o almeno sia un brillante autodidatta. Tuttavia, non basta saper risolvere tutti i Logogrammi e gli Arcani contenuti in Numerologia avanzatissima per saper decidere una misura, tagliare il legno e sapere che sì, quella è la lunghezza giusta per quella bacchetta di quel legno e con quell’anima, e soprattutto per quel mago che entrerà domani o fra venti anni nel negozio. A volte bisogna immaginare che ci sono bacchette insolitamente corte o insolitamente lunghe e accettare che la statura fisica non c’entra nulla. A volte bisogna immaginare che un mago sia non solo un mago, ma che la sua natura imponga un surplus di legno e di lunghezza alla bacchetta; altre volte, sempre meno possibile, si spera, è necessario accettare che sia la statura morale a influenzare irrimediabilmente al ribasso la foggia della bacchetta.
Un paio di questi esempi si erano realizzati nella bottega del signor Olivander nei primi anni Quaranta, l’uno a distanza di pochi anni dall’altro.
Quella mattina, quando il campanello all’ingresso del negozio suonò, il signor Olivander rimase senza fiato.
“Salve, siamo qui per la bacchetta per il mio ragazzo!” esordì un ometto minuscolo dalla voce gentile.
Il suo “ragazzo” era alto almeno il doppio di lui, con le spalle larghe almeno quattro volte ed enormi piedi calzati da stivali che non avrebbero sfigurato come bauletti da viaggio. Il giovane, che nell’insieme sembrava un bambino pacioccone colpito da un incantesimo di Ingrandimento riuscito tutto sommato non male, sorrise impacciato.
Si trattava evidentemente di un Mezzogigante. Olivander non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto all’idea che la presenza di quel ragazzo in questo mondo implicava, ma di fronte alle occhiate imbarazzate dei due si rese conto di quanto fossero in difficoltà e andò subito al punto.
“Benone, qui cerchiamo una bacchetta grande per un mago grande!” e si avvicinò al ragazzo col metro svolto in mano, iniziando a misurare proprio dalle spalle.
Il ragazzo era più alto anche di lui e vedendo che il signor Olivander si tendeva in punta di piedi per misurargli le spalle fece per abbassarsi piegando le ginocchia.
“Oh, non importa figliolo, lui sa come fare!” disse Olivander sorridendo, lievemente teso, e lasciando il metro libero di misurare da solo.
“Spero che ci sia una bacchetta anche per il mio Rubeus! Sa, è stata una così grande sorpresa sapere che poteva andare ad Hogwarts! Avevo sempre pensato che, insomma, dato che siamo, così, nel senso, che è, come, dire, diverso…” cominciò il mago schiarendosi la voce a fatica.
“Non si preoccupi, qui ci sono bacchette per tutti, di tutte le taglie!”
Olivander afferrò il metro e lesse.
“Oh, bene, allora così” e si avviò veloce fra gli scaffali.
Il ragazzo si sporse per vedere dove stava andando il fabbricante di bacchette, appoggiandosi al bancone, che scricchiolò sonoramente.
“Attento, non ti appoggiare, si rompe!” bisbigliò il padre.
“Scusa, papà, hai ragione” rispose il ragazzo ad occhi bassi.
Olivander tornò con alcune scatole.
Era convinto che avrebbe piazzato quel giorno una splendida bacchetta in legno di melo e crine di unicorno, lunga quattordici pollici e tre quarti, praticamente al limite dell’usuale lunghezza delle bacchette, a riprova del fatto che la statura fisica contava sì, ma solo un piccola parte, perché la facevano da padrone altre qualità, che risiedevano in quel caso nel legno di melo.
Porse la bacchetta al ragazzo, spiegandogli come era fatta e senza nascondere l’entusiasmo.
Il giovane agitò la bacchetta in maniera fin troppo sgraziata e non produsse fenomeni magici.
Un’espressione di sincera delusione si dipinse sul volto del ragazzo, ma mai quanto quella sul volto del signor Olivander.
“Ah, no?” chiese rivolto un po’ alla bacchetta un po’ a se stesso.
Poi si girò a guardare le bacchette nelle scatole sul bancone, guardò ancora il ragazzo, poi di nuovo le bacchette, poi riprese il metro, lo girò e rigirò più volte e lo rimise al lavoro sulle spalle del ragazzo.
Tempo pochi secondi, riprese il metro e lesse di nuovo.
“Un pollice sia, allora!” borbottò fra sé e si avviò di nuovo fra gli scaffali, portando via anche le bacchette che prima aveva portato da provare.
“Perché le porta via? Non posso avere più la bacchetta?” domandò il ragazzo con voce strozzata.
“Non dire stupidaggini, figliolo” rispose la voce di Olivander da dietro gli scaffali.
Quando ricomparve aveva con sé una sola scatola che conteneva una bacchetta molto lunga.
“Ecco qua: legno di quercia, crine di unicorno, sedici pollici generosi.”
Il giovane Hagrid agitò la bacchetta rischiando di colpire in faccia il signor Olivander, che si scansò prontamente e sorrise soddisfatto nel vedere che la bacchetta era quella giusta.
Ora anche il ragazzo sorrideva estasiato.
“Hai visto papà? Senti che forza!”
“Beh, dobbiamo dire che stavolta le dimensioni hanno fatto la differenza!” commentò bonario Olivander.
In quel caso, infatti, la natura di gigante del ragazzo, ancorché parziale, aveva avuto un ruolo predominante nella scelta della bacchetta, anche se, Olivander sapeva, in realtà non erano soltanto l’altezza fisica e le grosse dimensioni a fare la differenza, quanto piuttosto che in quel giovane mago dalle forme sgraziate c’era una quota di magia non umana che necessitava una bacchetta dalla struttura più robusta, un po’ fuori dall’ordinario agli occhi dei più, ma non così tanto a quelli di un artigiano esperto.
Un caso simile, ma dalla direzione opposta, avvenne pochi anni dopo, quando a comprare la prima bacchetta entrarono un mago dall’aria dimessa con la figlia, una bambina dalla faccia tonda interamente vestita di abiti color ciliegia, con un fiocco in testa dello stesso colore della veste.
“Eccoci qua, pronti, stenda le braccia, così” disse svolgendo il metro.
La ragazzina si mise subito sull’attenti, rigida, col mento in alto e al signor Olivander dava l’impressione che stesse stirandosi il più possibile con la schiena per sembrare più alta.
Il metro intanto misurava alacremente e, come qualche volta succedeva, sembrava metterci più del solito.
Dopo un po’, Olivander prese il metro e consultò.
“Spero proprio di avere una bacchetta di drago, ho letto molto al riguardo e penso che sarebbe il mio elemento” disse la ragazzina con una vocetta acuta.
“Oh, beh, ricordate sempre signori che è la bacchetta che sceglie il mago” rispose Olivander gentilmente.
La prima bacchetta che fece provare alla ragazzina era di noce, con corda di cuore di drago, di nove pollici e mezzo. Aveva tutta l’aria di essere quella giusta, ma ne uscì solo un esile filo di fumo.
La seconda, mogano e unicorno, sempre nove pollici e mezzo, addirittura non produsse nulla.
La terza, nove pollici esatti, di corniolo e drago, a fatica produsse uno sputacchio di scintille.
La ragazzina stava ancora davanti a lui, impettita, con un sorriso stranamente immobile sul volto, probabilmente in attesa che lui le desse la soluzione, trovando la bacchetta giusta.
“Possiamo riprendere qualche misura?” tentò Olivander con un sorriso stirato.
Il padre stava per rispondere e aveva abbozzato un sorriso, ma la figlia fu più veloce.
“Sì, ma spero bene che stavolta siano giuste. Io di certo non posso sbagliare nulla a stare ferma!”
Olivander pensò che un po’ di educazione in più non sarebbe guastata, ma era concentrato sul dilemma che le bacchette e il metro gli stavano ponendo.
Il metro misurava e la ragazzina stava ancora impettita, col sorriso fisso e rigido. Il padre era inespressivo. Olivander prese il metro e aggrottò le ciglia.
“Dovrebbe cercare di non falsare le misure” disse poi alla ragazzina in tono neutro.
“Io non falso niente, magari il metro non è buono o lei non ci vede bene!”
Questa volta il padre intervenne.
“Dolores, cribbio, un po’ di educazione! Che modi sono! Chiedi scusa al signor Olivander e segui le sue istruzioni!”
“Mi scusi, signor Olivander” disse subito la ragazzina, come una scimmietta ammaestrata, con voce neutra e lo stesso sorriso fisso in faccia, senza la minima traccia di sincerità.
“Si figuri. Tentiamo lo stesso” rispose Olivander, irrigidendosi appena. Si avviò a prendere altre bacchette e tornò con tre scatole.
“Ippocastano, corda di cuore di drago, otto pollici e mezzo, flessibile.”
Era una bacchetta decisamente corta per gli standard usuali, ma anche lui era incuriosito dal fenomeno.
“No?” disse rivolto alla ragazzina che agitava senza convinzione la bacchetta muta.
“No, direi” commentò lei con la vocetta neutra e il sorriso fisso, che ora a Olivander sembrava inquietante, come quello di una bambola stregata per spaventare i bambini troppo curiosi.
“Allora questa, ancora drago, ancora otto pollici e mezzo, legno di peccio.”
Ma nell’istante stesso in cui le porse la bacchetta, seppe che era inutile, perché quella giusta era l’ultima.
Il tempo di vedergliela in mano e la riprese.
“Questa: ancora drago, legno di betulla, otto pollici appena.”
Qualunque cosa stesse per dire la ragazzina le morì sulle labbra e finalmente il sorriso rigido scomparve per lasciare spazio ad un’espressione  di sincero stupore.
“Hai visto l’abbiamo trovata, tesoro?” disse il padre.
La ragazzina sorrise di nuovo e squittì un neutro e formale “grazie” all’indirizzo del signor Olivander.
Mentre il padre tirava fuori i galeoni per pagare, la ragazzina si fermò e guardò il signor Olivander in modo penetrante.
“Ma la bacchetta è così corta perché io non sono ancora molto alta?”
“In un certo modo, l’altezza c’entra sempre, per cui, per dire, una bacchetta di tredici pollici non poteva andare bene, ma questo non toglie nulla alle potenzialità della bacchetta e della strega che la impugna: tutte le bacchette sono valide e forti, se tale è il mago o la strega che la usa” rispose incoraggiante.
Allora non ebbe cuore di dirle quello che invece quella misura insolitamente ridotta indicava e che il metro e la sua esperienza di artigiano avevano intuito: e cioè che qualcosa mancava irrimediabilmente in quella giovane strega, non tanto nella sua potenzialità magica, quanto forse nello spirito. Ma d’altro canto poteva pure sbagliarsi: la ragazzina poteva trovare ad Hogwarts la sua strada, vincere il senso di inferiorità che sembrava imbrigliarla e diventare una strega brillante capace di mettere al servizio della comunità il suo talento.
Adesso però gli anni erano passati e Olivander aveva visto chi e cosa era diventata quella ragazzina col fiocco color ciliegia e il sorriso rigido e non sapeva se complimentarsi con se stesso per la perspicacia o cedere al pessimismo, pensando che se è vero che la bacchetta non sbaglia mai a scegliere il mago, talvolta anche le cosiddette superstizioni hanno del vero, e quando tale vero si manifesta, non è mai un buon segno.

***

Doppia bacchetta stavolta, per due personaggi diametralmente opposti, dentro e fuori: Hagrid mezzogigante dal cuore grande come la sua persona, e Dolores Umbridge, piccola e di vedute ristrette dentro e fuori, che cerca di essere sempre quello che non è.
E Olivander ogni giorno si confronta con le bacchette stesse: non cede alle superstizioni, perché non esistono dogmi, ma qualche volta deve riconoscere che la ragione, intesa come può intenderla un mago, qualche volta non basta, e bisogna ascoltare anche i segnali più inusuali.
A dire il vero, il capitolo non mi convince moltissimo, quindi le recensioni sono ancora più gradite.
Infine, comunicazione di servizio: molto probabilmente Wands si prende una pausa, nel senso che non aggiornerò tutti i sabati come fatto finora, sia per impegni ma anche e soprattutto perché ho iniziato a scrivere altro. Se siete interessati, stay tuned!
  
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