Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: wolfymozart    26/02/2017    3 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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La luce del mattino svegliò Antonio, addormentatosi da troppo poco tempo. Tuttavia quelle poche ore di riposo, l’avevano ristorato, si sentiva molto meglio, il dolore si era affievolito ed era in grado di alzarsi, finalmente. Elisa, però, non volle sentire ragioni: sarebbe rimasto lì ancora per quella notte, lei e il resto della servitù se ne sarebbero presi amorevolmente cura. Non era un disturbo per loro, ma un onore poterlo aiutare, dopo tutte le volte che lui era accorso solerte alla loro chiamata.

-Insomma, non mi lasci scelta, mia cara Elisa!- concluse sorridendo il medico -Per stavolta passi, ma non appena mi sarò rimesso del tutto, toglierò il disturbo a voi e alla marchesa…-

-Te lo ripeto, Antonio, non è un disturbo la tua presenza per noi, anzi. In quanto alla marchesa…Non so dove sia, oggi ancora non si è vista, ed è ormai passato mezzogiorno. Il marchese, invece, è uno straccio. Anche stanotte han fatto baldoria fino a tardi, con quella gentaglia-

- Che vuoi dire?-

-Organizza feste ogni sera, con vari nobili suoi amici, prostitute e cose di questo genere. Bianca, che è costretta a stare di servizio fino al mattino, ha raccontato di cose indecenti. Che offesa per questa tenuta, per la famiglia Ristori!-

- Ma la marchesa in tutto questo?-

- La marchesa ovviamente non prende mai parte a queste feste, se ne sta nelle sue stanze. Credo che per lei sia difficile da accettare uno scempio simile, conosci il suo senso del pudore. Credo che ne soffra molto. Ma lei non parla con nessuno, è sempre così fredda, distaccata, nessuno riuscirà mai a capire cosa le passi per la mente-

- Eh già, hai ragione, è proprio così- disse Antonio abbassando lo sguardo e rabbuiandosi.

Elisa se ne accorse:

- Antonio, non ti senti bene? Che succede? -

-No, sto benissimo, molto meglio. Pensavo a come sia facile giudicare erroneamente le persone, accusarle quando invece si stanno soltanto difendendo…-

- Che vuol dire? A cosa ti riferisci? -

-Nulla, Elisa, nulla. E sia, resterò qui ancora questa notte. Da domani però me ne torno a casa. Avete fatto già fin troppo per me-.

 

Anna se ne stava nella sua stanza, barricata dalla notte precedente. La luce rossastra del tramonto illuminava l’interno, i fiori sul tavolo, il ritratto della marchesa appeso alla parete, riflettendosi nello specchio in cui Anna si stava studiando. Si sentiva invecchiata, sfiorita, stanca. Aveva gli occhi cerchiati dal pianto e dalle notti insonni, dall’indignazione del presente e dai ricordi del passato, ma soprattutto dall’assenza di una speranza per il futuro. Stava lì, contemplava attonita il suo colorito pallido e i boccoli castani che, sciolti, le ricadevano morbidi sulle spalle. Le sembrava di essere invecchiata di un secolo in pochi anni: i suoi occhi erano spenti ormai, rassegnati a molte cose, ma decisi a lottare fino alla fine. Per la sua casata, per l’onore della sua famiglia, per l’avvenire di Emilia. Nonostante tutto, si diceva, non poteva arrendersi, doveva continuare a lottare fino alla fine dei suoi giorni.

Il sole tramontò e il crepuscolo pian piano avvolse ogni cosa, confondendo le forme e i colori. L’oscurità scese e Anna, senza nemmeno degnarsi di accendere una candela, andò ad accertarsi che la figlia stesse al sicuro nella sua stanza e si coricò, sforzandosi di non ascoltare quella musica scadente ed assordante che le aveva annunciato, anche quella sera, l’arrivo degli ospiti di suo marito per nuovi bagordi.

Il copione lo conosceva ormai alla perfezione: le carrozze che arrivavano sul piazzale del cortile, via vai di servitù con le torce per accogliere gli ospiti, vociare confuso, risate stridule di donnicciole, musica di dubbio gusto. Potevano continuare fino a notte fonda, spesso addirittura fino all’alba. Lei non partecipava mai a questi eventi mondani, se ne guardava bene: non amava i salotti della capitale e i loro frivoli discorsi, non poteva che odiare questi simposi volgari. Anche quella sera tutto andò come previsto: danze, musica, risate sguaiate, brindisi, e via dicendo. Soltanto che Anna, quella sera, non riusciva proprio ad addormentarsi, l’indignazione, l’umiliazione e la rabbia che provava per quello che succedeva nel salone non le facevano prendere sonno, la costringevano alla tortura dell’insonnia. Ad un certo punto, era ormai passata la mezzanotte, decise di alzarsi. Si avvicinò alla finestra e notò degli strani movimenti nel cortile: servi che andavano e venivano in modo concitato, quasi si volessero nascondere dalle strisce di luce che le torce propagavano nel buio del giardino.  Anna restò in attesa.

 

-Forza, venite, è il momento! - -Ora! Ora! Non c’è tempo da perdere!- queste voci, che giungevano dalla finestra della stanza al pianterreno, fecero destare Antonio. -Prendete le armi, qua!- -Ma non bastano per tutti!- -Prendete le torce, allora, daremo fuoco a tutto!- -Sì, diamo fuoco a tutti i padroni-. Erano voci vigorose, decise, di giovani e meno giovani. Dopo le voci, incominciarono ad avvicinarsi dei passi; era una folla di almeno venti, trenta persone. Il medico non perse tempo, si vestì rapidamente e corse a svegliare la servitù:

-Elisa, mi vuoi spiegare cosa sta succedendo qui fuori?!- svegliò con queste parole la ragazza.

-Io…io non ne so nulla!- rispose intontita -Che succede?-

-Che succede? Saranno una trentina, vogliono assaltare il palazzo a quanto sembra-

-Non può essere, non può essere. Eravamo tutti d’accordo-

-E invece no, a quanto pare. Forza, usciamo, cerchiamo di fermarli-

Chiamarono a raccolta gli altri membri della servitù, Antonio cercava di capire da loro cosa stesse succedendo, cercava di convincerli ad intervenire ma notò una certa resistenza.

-Li conosciamo, sono contadini della zona. Non volevamo si arrivasse a questo, ma non prenderemo le armi contro di loro. Il marchese deve pagare!-

-Ma vogliono mettere a ferro e fuoco tutto!-

-Difenderemo quello che riteniamo da difendere, il resto se lo piglino! Finalmente un po’ di giustizia! Quel cialtrone di Alvise Radicati deve essere punito!-

Uscirono tutti alla fine di questo discorso, si accorsero che erano arrivati altri dalle campagne, armati di forconi, falci, torce, qualche fucile scadente. La servitù non mosse un dito, né per cacciarli, né per aiutarli.  Alcuni dal cortile sul retro, facendo il giro attorno all’edificio, si spostarono verso l’ingresso principale. Era piombato uno strano silenzio, come quello che precede lo scoppio di una tempesta. Antonio li seguì nell’ombra, rimase nascosto.

Dall’alto Anna aveva osservato una strana scena di ombre che si spostavano nella semioscurità, sembravano molti. Il tutto le era parso quanto mai sospetto. In preda ad una strana ansia era uscita, con addosso solamente la veste da camera e un mantello sulle spalle, dalla sua stanza, si era precipitata nel corridoio in cerca di qualcuno della servitù a cui chiedere lumi. Non aveva trovato nessuno. Riecheggiava soltanto la musica di quella squallida orchestra. Allarmata, confusa, irritata si precipitò verso lo scalone: aveva visto provenire una luce dal cortile, era certa che si trattasse di uno dei suoi dipendenti. I suoi passi risuonavano sui gradini in un silenzio quasi spettrale, si sentiva la musica sempre più lontana in sottofondo. Arrivò in fondo alla scala, sul piazzale. In quel momento pensò di aver avuto una pessima idea ad uscire, rimpianse di non essere restata nelle sue stanze, pensò di tornare da Emilia, ma mentre stava voltandosi per risalire le scale, vide con la coda dell’occhio un’ombra. Il cuore le si fermò per un istante, poi si mise a battere all’impazzata:

 -Chi è là?- gridò. Poi vide avvicinarsi numerose luci di torce nel buio, avanzavano, silenziose e minacciose. Non sapeva che cosa fare, voleva scappare ma non riusciva a muoversi dalla paura.

Ad un certo punto un grido. Era il segnale convenuto. I rivoltosi balzarono fuori allo scoperto su entrambi i lati dell’edificio. Alcuni assaltavano le stanze della servitù, che non oppose resistenza; gli altri, i più numerosi, accorsero verso lo scalone dell’entrata principale. La marchesa si vide circondata. Prese a correre verso un angolo buio del giardino, sperando di riuscire a nascondersi o quanto meno a ritardare la sua fine. Perché, in quell’istante ne fu certa, l’avrebbero uccisa. Emilia. Il pensiero della figlia le imponeva invece di tornare indietro, di gettarsi sulle scale e rientrare nel palazzo, anche a costo di finire in mezzo a quella minacciosa folla che avanzava travolgente come un fiume in piena. Doveva farlo, avrebbe rischiato la sua vita, ma doveva salvare quella di Emilia ad ogni costo. Stava per tornare sui suoi passi quando qualcuno la abbrancò da dietro, trascinandola verso di sé con forza.

   
 
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