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Autore: Ortensia_    28/02/2017    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
Kageyama Tobio, vent'anni appena compiuti, una retta universitaria da pagare e una madre isterica di cui prendersi cura. La sua monotona esistenza subisce uno scossone dal momento in cui incontra un ragazzino dai capelli arancioni che sostiene di essere uno shinigami.
Inizialmente rifiuta di credergli, ma essendo lui stesso un essere soprannaturale comincia a pensare che possa esserci un fondo di verità nella sua confessione.
Quel che Kageyama non sa è che gli esseri come lui sono molti altri e che anche loro riceveranno presto visite dal regno dei morti.
[ Superheroes!AU; coppie e accenni all'interno; fonti di ispirazione: Marvel!Universe; Death Note; Psycho-Pass (non è necessario essere fan della Marvel o consocere gli anime citati per seguire la fanfiction) ]
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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VI


Stabilità e decadenza




D a t a : s c o n o s c i u t a

L u o g o : s c o n o s c i u t o



«Perdoni il disturbo.»
«Di cosa si tratta?»
«Mi trovo al suo cospetto in merito al decimo protetto.»
Silenzio.
«Sembra sia deceduto, signore.»
Silenzio.
«Mandami qui lo shinigami che gli era stato assegnato. Voglio parlare con lui.»
«Lo faccio chiamare immediatamente, signore.»


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S h i n j u k u __ p r e f e t t u r a _ d i _ T o k y o



«A giudicare dalle ultime informazioni inviate dalla Divisione di Sendai, sembrerebbe che la scientifica sia riuscita a individuare due DNA differenti dalle tracce di sangue rinvenute nel vicolo» Daichi, il busto ritto aderente allo schienale di pelle della sedia da ufficio, staccò le dita dalla tastiera del computer e afferrò un plico di fogli tenuti insieme da un paio di graffette, lo soppesò per qualche istante e infine lo porse al proprio superiore.
«E per quanto riguarda quello che è successo oggi pomeriggio a Shibata?»
Sawamura inclinò il viso per guardarlo, quindi lo vide girare la prima pagina con un movimento misurato della mano, una calma solo apparente, che andava a cozzare disastrosamente con l'espressione accigliata che gli deformava il volto.
«I resoconti sulla vicenda odierna sono ancora molto imprecisi» fu la ragazza seduta accanto a Sawamura a rispondere. «Sono state rinvenute tracce di sangue anche nella fabbrica, comunque.»
Kazue Chidori, sottoposta diretta di Sawamura, strinse il mento sottile fra le dita, massaggiandolo con un movimento inconscio dei polpastrelli, gli occhi rivolti a una grande schermata olografica e la mano destra ferma sul mouse del proprio computer, vigile e pronta in caso vi fossero nuove notizie in arrivo.
«All'inizio avevamo ipotizzato che potesse trattarsi di ghiaccio, vero?» un altro poliziotto, Terushima Yuuji, intervenne, ma subito dopo aver posto la domanda sembrò perdere ogni considerazione dell'ambiente circostante, interessarsi soltanto ad abbottonare il piumino e sistemare la sciarpa attorno al collo.
«Anche nella fabbrica è stato rilevato un tasso di umidità superiore alla norma» Ushijima Wakatoshi, il capo dell'Unità Speciale di Polizia di Tokyo, restituì il plico di fogli a Sawamura. «Inoltre sembra siano state trovate delle bruciature.»
«Acqua e fuoco, quindi?» Yuuji rispose all'ultimo giro di sciarpa, la mano destra già aggrappata alla maniglia della porta.
«Sì, e non escluderei il ghiaccio» mentre rispondeva, Ushijima estrasse il cercapersone dalla tasca, soffermandosi per qualche istante sul messaggio presente sul display. «Domani riavrete gli Exterminator. Il loro potenziamento ha avuto successo.»
«In che modo sarebbero stati potenzia‒»
Il cigolio della porta interruppe la domanda di Chidori. Terushima, un piede già fuori dalla stanza, fu investito da un silenzio improvviso e inquietante, quindi si voltò verso i propri colleghi, sussultando nel ritrovarsi bersaglio dello sguardo duro e impenetrabile di Ushijima, che subito lo ammonì.
«Non è educato manifestare tanto apertamente il desiderio di lasciare il proprio posto di lavoro, Terushima.»


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S h i b a t a __ p r e f e t t u r a _ d i _ M i y a g i



Una luce chiara e delicata sfiorò il muro nero del sonno, ma la sua presenza così flebile fece sì che Oikawa richiudesse immediatamente gli occhi senza capire cosa stesse accadendo.
Erano passate da poco le otto, ma le palpebre erano serrate ermeticamente. Il buio era tornato, denso e confortante.
«Oikawa?» la voce roca di Iwaizumi risuonò all'improvviso, in un lontano richiamo che nel dormiveglia di Tooru divenne un sassolino gettato contro un muro e rimbalzato all'indietro.
«Oikawa!»
Tooru sobbalzò, prendendo subito una grande boccata d'aria, come se si fosse trovato in apnea fino a un secondo prima: questa volta il sassolino si era aperto un varco nel muro, aveva crepitato fastidiosamente nel buio della coscienza e aveva strappato la sua esistenza dalla serenità del sonno.
«Ahh! Iwa-chan...» Oikawa biascicò, mugugnando in segno di protesta.
Si passò le dita di una mano fra i capelli, più scompigliati del solito, e sbadigliando voltò il viso in direzione di Iwaizumi, fermo alla finestra.
«Cosa c'è? Perché mi hai svegliato?»
«Guarda» Hajime si scostò dalla finestra e si voltò in direzione del proprio protetto, per assicurarsi che stesse effettivamente guardando e non fosse sul punto di rimettersi a dormire.
Oikawa, la vista annebbiata dal sonno, assottigliò lo sguardo per mettere a fuoco il più possibile, quindi, non appena si rese conto dello scenario oltre la finestra, increspò le labbra in una smorfia inorridita.
«Merda...» borbottò, alzandosi dal letto mentre si passava un'altra volta le dita fra i capelli. Si avvicinò lentamente alla finestra, fermandosi proprio accanto a Iwaizumi, gli occhi rivolti al cielo bianco al di là del vetro lucido, la neve alta a ricoprire i marciapiedi, uno strato sottile e sporco sulla strada, segnato in orizzontale dagli pneumatici delle auto.
«Il tuo amichetto è ancora qui» commentò atono Iwaizumi.
«Sì,» Tooru strinse i denti, amareggiato e innervosito dalla situazione «e pare stia creando il suo ambiente ideale, il bastardo.»


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E d o g a w a __ p r e f e t t u r a _ d i _ T o k y o



Eita si sentiva più stanco del solito, e la presenza di Tendou che canticchiava al suo fianco non lo aiutava a convincersi del contrario. Le ginocchia facevano così male da dargli l'impressione di non poter più sopportare il suo peso, essere sul punto di spezzarsi; le braccia erano intorpidite e la testa dolorante.
Era come se non dormisse da giorni, ma non era vero. La notte, a dirla tutta, era il suo momento preferito, perché le sofferenze fisiche e mentali se ne andavano con il sonno e lo disturbavano al massimo una o due volte nell'arco di più o meno sette ore. Era la mattina, il momento in cui apriva gli occhi e si rendeva conto di essere ancora vivo, a stancarlo e scoraggiarlo maggiormente. Spesso si addormentava augurandosi di non risvegliarsi mai più.
«Sbrigati» per evitare di incupirsi ulteriormente pensando al proprio destino, Semi si rivolse con nervosismo al proprio shinigami, che continuando a canticchiare aveva rallentato il passo, probabilmente perché attirato da qualcosa.
Eita strinse i denti, serrò le labbra ed espirò con forza dalle narici: Tendou aveva insistito per accompagnarlo, così non avrebbe potuto utilizzare il motorino ma si sarebbe dovuto accontentare di un mezzo pubblico, per non parlare del fatto che, proprio a causa dell'altro, erano paurosamente in ritardo. Inoltre Tendou si era portato appresso un borsone di cui non riusciva davvero a comprendere la funzione – non che quella lacuna conoscitiva fosse necessaria da colmare.
Quando Satori lo raggiunse, affiancandosi nuovamente a lui, Semi diede una rapida occhiata all'ora digitale sullo screensaver del cellulare.
«Il negozio apre fra dieci minuti» sbuffò sonoramente, bersagliato dallo sguardo curioso di Tendou, ora finalmente in silenzio.
Eita avrebbe voluto dirgli di tornare a casa, minacciarlo – se fosse stato necessario –, ma ci aveva già provato lungo i primi cento metri di tragitto e non aveva ottenuto alcun risultato che potesse considerarsi soddisfacente. Avrebbe potuto offenderlo per ore e Tendou avrebbe continuato a canticchiare e saltellargli attorno senza curarsi delle sue parole. Per lui doveva valere meno di zero.
Eita accelerò il passo, e proprio in quel momento, in un movimento rapido e inaspettato, Tendou gli strappò il cellulare dalle dita. Non ebbe neppure il tempo di capacitarsene. In effetti, quando si voltò verso di lui per chiedergli una spiegazione, lo vide già a qualche metro di distanza.
«Ma che cazzo...» Semi borbottò, confuso e indispettito, guardando Tendou che correva via con il suo cellulare e il borsone che, ingombrante, ondeggiava sotto il suo braccio destro.
Possibile che quello svitato si fosse avvicinato a lui soltanto per rubargli il cellulare? Ne dubitava, anche considerando l'età del suo apparecchio telefonico, ma era anche vero che la storia dello shinigami era assurda, sicuramente falsa.
Eita restò fermo, incapace di agire non tanto per il dispiacere di essere appena stato derubato, ma perché non sapeva se valesse la pena seguirlo – e poi non avrebbe potuto correre, considerando le sue condizioni.
Tendou però, al contrario di ogni aspettativa, rallentò drasticamente e si voltò indietro, come ad assicurarsi che Eita lo stesse seguendo, come se volesse essere raggiunto.
Semi aggrottò la fronte, per poi piegare le labbra in una smorfia colma di disappunto: non riusciva davvero a capire quali fossero le intenzione dell'altro, e forse anche per questo si decise a seguirlo, il passo rapido e i denti stretti, a occultare parolacce ed epiteti di cattivo gusto causati soprattutto dal fatto che il suo ritardo a lavoro fosse sempre più considerevole. Era paradossale che proprio lui si ritrovasse a ragionare su come sarebbe stato bello essere in grado di fermare il tempo, ma purtroppo era capace soltanto di tornare indietro di qualche minuto.
Pochi istanti più tardi, a Semi divenne definitivamente chiaro che Satori voleva essere seguito.
Percorse velocemente la banchina su cui si trovava, poi, sgomitando fra i passanti, attraversò il sovrappassaggio e arrivò al binario opposto, dove finalmente raggiunse Tendou.
«Si può sapere cosa stai facendo? Hai la segatura al posto del cervello?» era ovvio che non volesse derubarlo, ma Eita ancora non capiva e le labbra di Tendou increspate in un sorriso sottile e malizioso lo stavano innervosendo moltissimo.
Tendou barcollò di fronte alle porte spalancate del treno, il cellulare dell'altro stretto fra le dita della mano sinistra e sollevato in alto.
«Restituiscimi il cellulare.»
«Questo?» sollevò entrambe le sopracciglia, così come gli angoli della bocca, indispettendo ulteriormente Eita, che tese il braccio per cercare di recuperare ciò che gli apparteneva.
«Ahh! Semisemi, non essere precipitoso!» Satori si scostò leggermente, tendendo un orecchio per ascoltare il messaggio ovattato dell'altoparlante, poi gettò il borsone all'interno del treno, retrocedendo per avvicinarsi maggiormente alle porte.
«Ohi! Restituiscimi il cellulare, ho detto!» nel momento in cui Eita lo raggiunse, Tendou lo afferrò per il bavero della giacca e salì sul treno, trascinandolo con lui.
Eita si dimenò, liberandosi quasi immediatamente dalla presa dell'altro, ma le porte si chiusero proprio nel momento in cui si voltò, deciso a scendere dal treno e abbandonare definitivamente Tendou e il proprio cellulare.
Restò a fissare le porte chiuse con le labbra serrate, il naso appena arricciato.
«Che cosa significa? Che cosa hai fatto?» sussurrò fra i denti, infuriato – dopotutto non sarebbe stato facile scendere subito da quel treno, perciò era quasi ovvio ormai che avesse appena perso una giornata di lavoro.
Tendou, un sorrisino consapevole sulle labbra, mosse il braccio lentamente, facendo ondeggiare il cellulare proprio di fronte al viso dell'altro per incitarlo a riprenderselo.


❋ ❋ ❋


Eita, la mano nella tasca della giacca e le dita a stringere saldamente il cellulare, sprofondò nel sedile di pelle sbuffando sonoramente.
«Almeno si può sapere dove stiamo andando?» borbottò a denti stretti, sbirciando solo per un istante fuori dal finestrino.
«Shinjuku» Tendou rispose immediatamente, con una lieve nota di eccitazione ad alterargli la voce.
Eita lo bersagliò con un'occhiata rapida e silenziosa, decidendosi a controbattere solo dopo aver incrociato le braccia al petto.
«Shinjuku?» fece eco con tono scettico. «E perché?»
Satori spalancò gli occhi e inclinò il capo, rivolgendosi all'altro con espressione esterrefatta.
«La mia intuizione, Semi!»
Eita sollevò leggermente un sopracciglio, sostenendo lo sguardo dell'altro per alcuni istanti: evidentemente Tendou si sentiva offeso dal fatto che avesse dimenticato la sua intuizione, ma dal suo canto non si sentiva per niente in colpa per aver occultato una memoria così ridicolamente superficiale e irrilevante.
«La tua intuizione,» Semi schioccò la lingua sui denti «certo. Perderò il lavoro, per colpa della tua intuizione del cazzo.»
A pensarci bene, però, perdere il lavoro era forse la conseguenza migliore in cui potesse sperare. Non era sicuro per lui viaggiare così liberamente, non soltanto perché avrebbe potuto sentirsi male da un momento all'altro, ma anche perché – per quanto fosse strano anche solo pensarlo – era un ricercato.
Tendou schiuse le labbra, intenzionato a dire qualcosa, ma alla fine serrò i denti proprio nel momento in cui il cellulare di Eita squillò. Si voltò a guardarlo, pronto ad ascoltare ogni singola parola pronunciata dalla sua bocca.
Eita indugiò fin da subito, balbettò appena per poi increspare le labbra in una smorfia marcata: doveva essere il suo datore di lavoro, altrimenti non ci sarebbe stata alcuna ragione di boccheggiare in quel modo, stringere le dita attorno al cellulare così saldamente da farlo crepitare contro l'orecchio.
Semi ammise il ritardo, poi disse che non si sarebbe presentato a lavoro.
Tendou cercò di aguzzare l'udito, ma non riuscì a distinguere una sola parola di quelle pronunciate dal datore di lavoro dell'altro; alle sue orecchie giunse un vociare indistinto e fastidioso, amplificato dal continuo scoppiettio delle ruote del treno sulle rotaie.
Eita disse che non sarebbe più avvenuto, in una supplica implicita che Tendou notò – con ammirazione – essere comunque veicolata da un tono di voce fermo e deciso.
Ascoltò di nuovo con attenzione, questa volta riuscendo a carpire le parole provenienti dall'altra parte del cellulare: il datore gli aveva chiesto se stava male, ma senza dargli il tempo di ribattere si era detto sicuro che la situazione si sarebbe ripetuta.
Satori poteva sembrare distante o comunque disinteressato nei confronti del proprio protetto, ma lo aveva osservato attentamente per accertarsi della situazione ed era abbastanza intelligente da capire che era grave, che Eita aveva ancora poco da vivere. Probabilmente si era già assentato tante volte da lavoro a causa della malattia, e il livello dell'acqua che si era accumulata nel vaso era ormai giunto al limite.
Eita indugiò solo per un istante, poi mentì dicendogli che, sì, stava male.
Guardò Tendou per una misera frazione di secondo, poi rispose affermativamente, a voce bassa. Chiuse gli occhi, serrando con forza le labbra, restò in ascolto ancora per un attimo e poi rispose di nuovo di sì.
Tendou vide i suoi occhi arrossarsi appena, sentì la sua voce tremare nel momento dei saluti.
Eita chiuse la chiamata e infilò il cellulare in tasca, in fretta. Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di scacciare il pianto imminente, poi incrociò le braccia al petto e fissò in silenzio lo spazio di fronte a sé, le labbra serrate con forza, incrinate in un'espressione rabbiosa e amareggiata.
«Ti ha licenziato?» Tendou inclinò leggermente il viso, ponendo la sua domanda senza malizia, senza cattiveria.
Eita lo guardò solo per un istante, in cagnesco ma con gli occhi ancora leggermente lucidi. Era offeso, triste, arrabbiato, pronto a fargliela pagare qualora la sua intuizione si fosse rivelata sbagliata.
«Che importa, alla fine?» Semi borbottò, guardando nuovamente di fronte a sé «dopotutto morirò fra qualche mese.»


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Eita era esausto, e aver trascorso il viaggio in silenzio, senza potersi sfogare e continuando a pensare alle parole del suo datore di lavoro, lo aveva reso anche più spossato del previsto.
Lui e Tendou avevano imboccato il lungo viale alberato a pochi metri dalla stazione di Shibuya, e adesso lo stavano attraversando, procedevano lentamente fra gli alti grattacieli della città, in uno spazio grigio e così ampio da disperdere ulteriormente i colori freddi e attribuire al quartiere un'aria decisamente sterile.
Eita riconobbe il Palazzo di Tokyo, guardò l'alta costruzione trattenendo il fiato per qualche istante e poi, come se avesse realizzato soltanto in quel momento di trovarsi in un quartiere diverso da Edogawa, decise di richiamare l'attenzione dell'altro.
«Ehi, Signor Intuizione, si può sapere dove stiamo andando?» Semi attese per qualche istante, poi, quando Tendou accelerò il passo, serrò le labbra con forza e sfiatò indispettito. «Ohi?!»
Tendou non rispose né si voltò, semplicemente sollevò la mano sinistra per esortarlo a seguirlo.
«Lo sai che sei uno stronzo? Mi fai salire su un treno per Shinjuku a forza, mi fai licenziare e adesso neanche mi parli!»
Satori sollevò gli occhi al cielo, per poi protendere le labbra in uno sbuffo leggero.
«Non strillare» borbottò a denti stretti, sicuro che Eita lo avrebbe comunque sentito.
«Ti ho fatto una domanda» Semi si affiancò a lui, rimbeccandolo con tono alterato ma fortunatamente più basso, tuttavia Tendou restò di nuovo in silenzio.
Attraversarono la strada pochi metri più avanti, giungendo in un istante sul marciapiede opposto, in uno spiazzo condominiale piuttosto ampio, con aiuole piene di arbusti secchi e panchine così lucide da sembrare appena verniciate.
«Ehi,» Eita assottigliò lo sguardo, soffermandosi su un'automobile dall'aspetto inconfondibile «quella è dell'Unità Speciale di Polizia di Tokyo.»
A differenza delle volanti di polizia standard, quella dell'Unità Speciale era completamente nera, con soltanto una scritta in kanji bianchi su entrambe le fiancate e le Z dorate sugli specchietti.
«Lo so» Tendou tagliò corto, per poi indicargli un locale con un rapido movimento della mano.
Eita osservò le vetrate lucide del locale senza capire, per poi fermarsi accanto a Tendou, dietro un muretto che permetteva loro di avere piena visibilità del locale e che l'altro probabilmente riteneva trovarsi in una posizione sufficientemente coperta.
«È un bar» Semi si sentì un idiota nel pronunciare quelle parole, ma non riusciva davvero a capire cosa stessero facendo e quel silenzio da parte dell'altro lo aveva innervosito a tal punto da spingerlo a dichiarare l'ovvio.
«Vado a dare un'occhiata all'orario. Torneremo qui mezz'ora prima della chiusura.»
Eita schiuse le labbra nel tentativo di dire qualcosa, ma si ritrovò a boccheggiare confuso, guardando Tendou dirigersi a passo spedito verso il locale.


❋ ❋ ❋


Mezz'ora prima dell'orario di chiusura del locale, Tendou ed Eita erano tornati nello spiazzo condominiale, prima dietro il muretto e poi seduti su una delle panchine più distanti e meno in vista dal loro punto di interesse.
Eita non era molto felice della piega presa dagli eventi, perché – dopo aver trascorso appena mezz'ora a Shinjuku – il sospetto che Tendou avesse pianificato tutto, che rubargli il cellulare per attirarlo al binario giusto e farlo salire a forza su un treno non fosse stata una decisione dell'ultimo minuto, ma un piano studiato con sorprendente attenzione, aveva trovato conferma. Forse anche farlo ritardare era stato intenzionale, così che si decidesse a estrarre il cellulare per controllare l'ora e lui potesse rubarglielo più facilmente.
Eita si era sentito preso in giro, ma doveva ammettere di essersi tranquillizzato piuttosto velocemente dopo aver scoperto che Tendou aveva prenotato una camera d'albergo per permettergli di riposare; inoltre aveva sistemato tutte le sue medicine nel borsone che si era portato appresso, lo stesso che lui, sobillato dalla stizza, aveva ritenuto inutile fino a quel momento.
Semi incrociò le braccia al petto e sfiatò dalle narici, sbirciando l'altro di sottecchi per un breve istante, poi tornò a osservare il locale con espressione annoiata.
Forse Tendou non era così superficiale o menefreghista come sembrava, ma Eita non riusciva ugualmente a comprendere quale fosse lo scopo del restare appostati su una panchina a osservare un locale qualunque. Che per un qualche equivoco fosse finito a far parte di un'agenzia di spionaggio? O peggio ancora di una qualche organizzazione mafiosa come in un film?
Sarebbe dovuto restare in albergo, riposare al caldo senza arrovellarsi il cervello sulle intenzioni di Tendou. Non riusciva davvero a capire che cosa c'entrasse quel locale con la sua “intuizione”, quale fosse il suo obbiettivo. Possibile che vi fosse un dotato di cromosoma Z al suo interno? Non era da escludere, ma Eita dubitava fortemente di una simile possibilità, soprattutto perché per lui era incomprensibile che Tendou fosse riuscito a localizzare un suo simile così facilmente.
Forse era quello il suo potere di shinigami? Localizzare i dotati di cromosoma Z con la sola forza dell'intuizione? Basandosi su qualcosa di invisibile agli occhi di tutti gli altri?
Eita sfiatò di nuovo dalle narici, scuotendo leggermente il capo: come poteva credere alla storia dello shinigami? Trascorrere tanto tempo con Tendou lo aveva rincitrullito.
«Eccoli.»
Eita sussultò, poi guardò Tendou e infine il locale.
Vide due figure uscire: una ragazza e un ragazzo che si occupò di abbassare la saracinesca.
«Shimizu Kiyoko» Tendou sibilò fra i denti, attirando nuovamente l'attenzione di Eita.
«La conosci?»
Satori si voltò verso di lui, increspando le labbra in un sorriso ampio e sghembo, a dir poco inquietante.
«La chiamano Spaccaossa. Ci sarà da divertirsi, Semisemi!»


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Mentre avanzavano, Tendou osservava con attenzione lo spazio che li circondava, i palazzi alti e la larga strada che lui ed Eita avevano percorso in mattinata. Trovare un posto isolato in un orario in cui molti tornavano a casa da lavoro era piuttosto difficile, ma non aveva intenzione di darsi per vinto, anzi proseguiva con zelo, come un segugio affamato degli elogi del proprio padrone. Era così concentrato sull'ambiente circostante da non fare assolutamente caso a Eita, rimasto qualche passo più indietro.
Se fino a quella mattina il fatto che nel locale lavorasse un dotato di cromosoma Z era solo un sospetto, ora, grazie alla presenza di Shimizu, era una certezza. Era stato fortunato a trovare lei, ma la sua idea di buona sorte non trovava radici nel fatto che Shimizu fosse un'avversaria di poco conto, al contrario era generata dall'euforia che derivava dalla consapevolezza della forza dell'altra, dall'impazienza di attaccarla e riuscire a distruggerla.
Non appena imboccarono una strada più stretta e meno illuminata, non troppo distante dalla stazione, Tendou diede un colpetto al braccio di Eita, che quindi, seppur esitante, estrasse la maschera di plastica dalla tasca della giacca.
Eita si sentiva ridicolo, e pensare che Tendou si era preso la briga di infilare la maschera nel borsone lo metteva ancora più a disagio. Chi poteva garantirgli di non essere cascato nello scherzo di un esaltato?
Nel momento in cui infilò la maschera pensò di star pedinando due ragazzi innocenti, quindi rallentò il passo, deciso a chiedere a Tendou di fermarsi. Quella situazione era sempre più insensata ai suoi occhi, perciò non aveva intenzione di continuare; sarebbero tornati in albergo, avrebbero dormito e l'indomani avrebbero preso il treno per Edogawa, dove si sarebbe preoccupato di restare fino all'ultimo dei suoi giorni.
Eita fece appena in tempo a pronunciare il nome dell'altro. In un attimo si ritrovò a boccheggiare, rivolgendosi al vuoto, le gambe improvvisamente rigide a causa del leggero eppure perfettamente percettibile tremolio della terra sotto i propri piedi.
In pochi rapidi balzi, Satori giunse alle spalle del ragazzo che aveva abbassato la saracinesca del bar, piegò le ginocchia, spalancò le mani e fece aderire i palmi al terreno.
Semi vide la ragazza spingere l'amico lontano dalla traiettoria di Tendou, e poi una crepa aprirsi sotto i suoi piedi.
Eita, incredulo e ansante, si pietrificò.
Era stato Tendou a rompere l'asfalto? Con la sola forza delle mani?
Quando lo vide retrocedere di qualche passo e poi portare una mano alla spalla sinistra, i denti stretti con forza, Semi fu avvolto da un brivido prolungato.
La ragazza non aveva neppure sfiorato Tendou, ma lui sembrava sofferente. “Spaccaossa”: possibile che fosse quella la motivazione del nomignolo della ragazza?
«Non mi deludi mai, Shimizu-san» Tendou mostrò i denti bianchi in un sorriso divertito, al contrario di Shimizu, che mantenne l'espressione disinteressata di sempre.
Sugawara, dal canto suo, tentò di avvicinarsi, ma la ragazza lo allontanò con un rapido cenno della mano.
«Non servirà a niente mandarlo via, Shimizu-san. Sappiamo entrambi come finirà.»
Shimizu assottigliò lo sguardo senza muoversi, e fu allora che Sugawara la vide sotto una luce diversa, le labbra sottili increspate in una smorfia colma di ostilità, nessuna traccia di timidezza ad alterare la sua espressione. Non era più una donna discreta e garbata, ma una bestia oscura e infuriata, una vedova nera silenziosamente impegnata a edificare una tela invisibile ma letale.
Koushi rivolse una rapida occhiata alle spalle di Tendou, soffermandosi sull'ombra che scorse qualche metro più in là, quindi schiuse le labbra per esortare lo sconosciuto ad andarsene, ritrovandosi infine a boccheggiare spaurito: perché quel tizio aveva una maschera a coprirgli la parte superiore del volto?
«Maledizione...» sussurrò a fior di labbra, per poi deglutire: le sue uniche armi erano l'autorigenerazione e la cura, quindi non avrebbe potuto respingere quel ragazzo in altri modi.
Sugawara, comunque, fu distratto dall'improvviso movimento di Tendou, che afferrò il collo di Shimizu con la mano destra, applicando la forza sufficiente per gettarla a terra. L'impatto fu così violento che perfino Koushi cadde all'indietro, e l'asfalto sotto il corpo di Shimizu si crepò in più punti.
Kiyoko emise un gemito soffocato, la bocca spalancata alla ricerca d'aria. Tendou, forse a causa dell'esaltazione del momento, le sembrò anche più forte del solito, come se non si stesse limitando a strozzarla, ma fosse intenzionato a trafiggerle il collo con tutte le dita della mano, affondare le falangi nella carne e aprirsi un varco alternativo nella sua gola.
«Lasciala!» Sugawara si risollevò in fretta, pronto a gettarsi su Tendou, così Shimizu decise di agire.
Il braccio destro di Satori si piegò all'improvviso, si contorse in un crepitio simile a quello di un ramo spezzato.
Tendou le lasciò il collo, soffocando un gemito fra i denti, e non appena mise un po' di distanza fra lui e Shimizu, questa gli frantumò anche la gamba, facendolo cadere rovinosamente a terra.
«Io so come finirà,» Shimizu si risollevò in piedi, sotto lo sguardo esterrefatto di Sugawara «perché le ossa sono tutte uguali, Tendou-san. Anche le tue sono fragili e si spezzano. Anche tu ti spezzi.»
«Shimizu-san» Koushi la chiamò, la voce smorzata dalla tensione. Lei non lo degnò di uno sguardo, piuttosto continuò a fissare Tendou, una mano a massaggiare il collo, ancora leggermente intorpidito.
«Al contrario di te, Tendou-san, non sono affatto divertita da questa situazione.»
Tendou, una gamba distesa e l'altra ancora piegata contro l'asfalto, i denti serrati in un sorriso nervoso e la fronte leggermente aggrottata a causa del dolore, sostenne il suo sguardo senza sentirsi troppo turbato da quel preambolo.
«Io sono qui per sostenere il mio protetto,» Kiyoko indicò Koushi con un posato cenno della mano, ma senza smettere di fissare il proprio nemico «e se sarà necessario ucciderò te e tutti gli altri.»
Un altro crepitio.
Questa volta Tendou si lasciò sfuggire un gemito, crollando ai piedi della ragazza. La diagnosi era semplice: entrambe le gambe erano spezzate, così come il braccio destro, e la spalla sinistra lussata.
«Vuoi...» sollevò il viso, increspando le labbra in un sorriso sottile «vuoi farmi soffrire fino alla fine, eh?»
Shimizu si avvicinò a lui di un paio di passi, guardandolo senza alcuna particolare emozione a illuminarle il viso: era giunto il momento della fine, bastava spezzargli il collo.
«Fermati! Aspetta!» all'improvviso, però, il ragazzo mascherato che era rimasto in disparte fino a quel momento, forse troppo spaventato per muoversi, si gettò su Tendou, come se pensasse che un ostacolo fisico potesse impedirle di continuare.
Eita sentì il braccio sinistro cedere, scricchiolare, il gomito spostarsi all'infuori in un movimento rapido e doloroso. Subito urlò, e poi non sentì più il braccio, lo vide piegato innaturalmente, posato mollemente contro l'asfalto scuro.
«Shimizu-san!»
L'urlo improvviso di Sugawara la fece sussultare. Il flusso dei suoi pensieri si interruppe per un istante, e poi riprese a scorrere confusamente, a tal punto che per un attimo si interrogò perfino sulle sue vere intenzioni.
«Shimizu-san, vorrei che ti fermassi» Sugawara incrociò il proprio sguardo con Eita, che ora lo stava fissando incredulo, il petto riscaldato da una speranza ancora quasi del tutto inconscia.
«Questo shinigami è molto pericoloso» Shimizu guardò Sugawara solo per un istante, per poi rivolgersi nuovamente a Tendou. «Se lo risparmio tenterà di uccidermi, e il suo protetto tenterà di uccidere te.»
«Io non ho intenzione di uccidere nessuno,» si intromise Eita «e poi non credo che la mia abilità lo permetta.»
Sugawara gli rivolse un'occhiata interrogativa, incuriosito e tentato di domandargli quale fosse la sua abilità, ma pochi istanti più tardi tornò a concentrarsi su Shimizu, perché tentare di convincerla a risparmiare i due sventurati era di prioritaria importanza.
«Se i nostri protetti decidessero di collaborare non sarei così stupido da ucciderti, Shimizu-san» Tendou, le labbra ancora increspate in un sorriso a dir poco irritante, si sollevò sui gomiti, in attesa che anche le ossa delle gambe tornassero intatte.
«Entrambi i nostri protetti hanno bisogno di una forza offensiva, a quanto pare, quindi non credo che questa alleanza possa essere la scelta più saggia.»
«Saremo noi la parte offensiva della squadra, Shimizu-san, ma se non vuoi collaborare» Tendou piegò le gambe e si girò verso di lei, pronto a risollevarsi in piedi «tanto vale farla finita!»
«Smettila di fare il coglione!» Eita, però, fu molto più veloce di lui e perfino di Shimizu. Gli piantò un pugno nello sterno, e lo fece con tanta forza che Tendou tornò steso contro l'asfalto, il respiro bloccato per qualche istante.
Shimizu e Sugawara sollevarono leggermente le sopracciglia, entrambi sorpresi dalla reazione di Eita.
«Noi non uccideremo nessuno! Hai capito?!» Eita continuò a sbraitare contro il proprio shinigami, nonostante questo fosse paralizzato a terra, il respiro ancora smorzato. «Non morirà nessuno!»
«Tu...» Tendou lo incenerì con lo sguardo, i denti stretti con forza: avrebbe voluto insultarlo, tirargli un pugno in faccia per farlo stare zitto, ma era la prima volta che qualcuno si imponeva su di lui e, per quanto fosse fastidioso, c'era anche qualcosa di estremamente gratificante e accattivante. Sbuffò sonoramente, per poi rivolgere il proprio sguardo al cielo scuro.
Sugawara si chinò accanto a Eita, assicurando a Shimizu che sarebbe andato tutto bene.
«Potrei dare un'occhiata al tuo braccio?»
Eita lo vide avvicinare entrambe le mani al suo braccio sinistro, ancora piegato in più parti, un ramo cresciuto in più direzioni, all'inseguimento di un'immaginaria linea deforme. Annuì appena, quindi Sugawara gli circondò il gomito con i palmi delle mani, applicando una forza appena percettibile.
«Che cosa stai facendo?»
«Fra poco capirai quanto giusta è stata la mia intuizione» fu Tendou, ancora steso a terra, a rispondere a Eita.
Sugawara applicò quella leggera pressione lungo tutto il braccio di Eita, e sembrò estrarre il dolore a poco a poco. Il gonfiore si ridusse e l'arto cominciò ad assumere un aspetto più naturale e decisamente rassicurante.
Eita guardò le sue mani con la fronte aggrottata, confuso e curioso, e poi, non appena riuscì a piegare il braccio senza sentire dolore, capì ogni cosa.
«Tu...» si rivolse a Sugawara boccheggiando, guardandolo con incredulità «tu curi?»
Sugawara increspò le labbra in un sorriso gentile, annuendo con un leggero cenno del capo, ed Eita sentì il cuore tremargli nel petto.
Quel ragazzo era come lui, ma la sua abilità gli sembrava molto più preziosa, un'ancora di salvezza, una provvidenziale stabilità per il suo deplorevole stato di decadenza.
«E la tua abilità qual è?» Koushi si risollevò in piedi, tendendogli la mano.
«Io posso... posso andare indietro nel tempo di qualche minuto» Eita afferrò la sua mano, sollevandosi subito da terra.
«Una bella abilità» Sugawara gli sorrise di nuovo, ma adesso Eita aveva rivolto un'occhiata a Tendou, adesso si rendeva conto del perché avesse insistito tanto per portarlo a Shinjuku.
Forse Tendou aveva pensato che dovesse uccidere quel ragazzo e impossessarsi della sua abilità, ma Eita preferiva di gran lunga adottare soluzioni che non comportassero la morte di qualcuno.
«Senti,» parlò a fior di labbra, guardando ancora Tendou «non è che potresti dare un'occhiata anche a lui? In cambio mi assicurerò che smetta di fare l'idiota.»


❋ ❋ ❋


Tendou avrebbe preferito che Eita uccidesse Sugawara e si impossessasse del suo potere, ma aveva messo in conto anche la possibilità che il suo protetto desiderasse un'alleanza, perciò non si sarebbe opposto.
Eita, Sugawara e Shimizu si stavano allontanando in fretta dal luogo dello scontro, ma lui aveva mosso solo qualche passo, poi, percependo un chiaro cambiamento nel vento, che adesso soffiava più forte e in una direzione leggermente diversa, si era fermato.
Voltò le spalle ai tre compagni, quindi sollevò il viso e osservò i confini fumosi dei tetti e del cielo scuro.
Assottigliò lo sguardo nel sentire un battito di ali, quindi attese per qualche istante e finalmente riuscì a intravedere la sagoma chiara di un uccello.
Gli ricordò le forme tondeggianti di alcuni rapaci che aveva visto in un documentario a casa di Eita, di certo non di un qualche tipico volatile giapponese, ma la voce del suo protetto che lo chiamava tagliò di netto la sua rimembranza e lo indusse a ignorare una nuova eventuale intuizione.




L'angolino della piantina autoritaria
(You should read this):

Ero sicura che non sarei riuscita a pubblicare oggi, e invece vi ho fatto la sorpresona! 8'D
Questo mese è stato un po' movimentato. Tenete conto che il pensiero della laurea mi ha bloccato per circa una settimana, poi subito dopo ho avuto delle questioni da sbrigare e la proclamazione, quindi gran parte del capitolo è stato scritto sabato scorso e in effetti la qualità non è delle migliori – me ne rendo perfettamente conto e anche se ho cercato di rimediarvi il più possibile in questi due giorni di revisione, questo è probabilmente il capitolo di cui sono meno soddisfatta.
Detto questo, vorrei analizzarlo (?) brevemente con voi.
Il primo paragrafo doveva essere esattamente così: breve e conciso, quasi privo di testo narrativo. Sono le primissime hint sul mondo degli shinigami, e in particolare quello che i personaggi dicono è strettamente collegato al paragrafo successivo (sicuramente il collegamento non è ancora chiaro, ma state sicuri che più avanti capirete ogni cosa).
Parlando del secondo paragrafo: finalmente arriva la polizia! *^*
Ammetto che avrei voluto introdurla in un modo più movimentato, renderle più giustizia, ma una tale scelta avrebbe comportato un cambiamento strutturale nella trama che, a mio avviso, mi avrebbe reso molto difficile far coincidere determinati eventi.
I membri della polizia non solo solo quelli introdotti in questo capitolo, ma molti di più (tre li vedremo sicuramente nel prossimo capitolo). Ho introdotto anche una OC che cercherò di farvi conoscere in pagina entro la fine di marzo, visto che sicuramente avrà un ruolo più importante di Tamaki (l'amica di Oikawa che è ancora viva, tanto per capirci). Chidori comunque non monopolizzerà la trama né verrà ridotta a povera Mary Sue, promesso (?)
Per seguire la pagina, dove presto inserirò anche le maschere dei vari personaggi, andate qui: Neu Preussen FB Page.
Non credo di avere altro da dire su questo capitolo. Il prossimo potrebbe non essere pubblicato il 31 marzo, ma nei primi giorni di aprile, perché fino al quindici marzo ho intenzione di dedicarmi a un progetto di scrittura molto importante (che non vedrà la luce qui su EFP), e quindi avrò solo metà mese per scrivere e revisionare il capitolo, ma visto che non voglio continuare a diminuire la qualità della storia potrei decidere di prendermi qualche giorno in più.
Sicuramente vi saprò dare informazioni più precise in pagina.
Grazie per l'attenzione e per il supporto!
Alla prossima!
   
 
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