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Autore: Mistral    04/06/2009    1 recensioni
Spesso è il Conte ad approfittare delle tragedie umane per creare i suoi akuma, ma a volte è proprio da queste tragedie che nascono gli apostoli che ne decreteranno la fine...
[Speculazioni sul passato di Yu Kanda][Non tiene conto delle rivelazioni della Night 186 e seguenti]
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yu Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata al mio fratellino

Piccola nota: ho ripubblicato la Part II leggermente modificata perché mi ero accorta che nel testo era rimasta un’incongruenza dovuta alla prima stesura della fic. Non è niente di eclatante, ma vi consiglio di rileggere anche il capitolo precedente ^^

 

 

SIK

Lost & Found

 

Part III

 

Quando il ragazzino lo trova, Tiedoll è seduto nella sala principale accanto al braciere, con una tazza di the in mano. Sta parlando con un uomo vestito di bianco, la cui immagine si proietta incerta nell’aria tramite un bizzarro oggettino nero con le ali. Quando l’esorcista sente scorrere il pannello di riso, interrompe bruscamente la comunicazione e rivolge al nuovo venuto quel suo strano sorriso, che il piccolo non ha ancora capito se interpretare come benevolo o (per qualche strana ragione) sottilmente derisorio. 

Il bambino è bagnato fradicio, eppure dalla sua figuretta esile traspaiono una dignità e una forza che il generale non può fare a meno di ammirare. In questo momento, sebbene sappia che sarebbe terribilmente inopportuno, vorrebbe poterlo immortalare in un ritratto. Ma c’è un’altra cosa in lui che Tiedoll nota immediatamente: come il giorno prima, quello strano tatuaggio sul suo petto sta facendo il proprio lavoro e le abrasioni che ha sulle mani e sui piedi si stanno rimarginando a vista d’occhio. La cosa strana è che lui sembra non accorgersi di quel che gli sta succedendo – e forse, riflette l’uomo, non è il caso di sconvolgerlo ulteriormente facendoglielo notare. Così si limita a sorridergli e ad indicargli il cuscino accanto al suo, vicino al fuoco.

 

“Vieni a sederti qui, giovanotto, così ti si asciugheranno più in fretta i vestiti”

 

Il ragazzino esita un attimo, pur senza che nulla di quell’esitazione trapeli sul suo viso, poi si toglie le scarpette e si avvicina.  Si siede composto, posa la spada a fianco a sé e accetta il the con un brevissimo inchino.

I due si guardano negli occhi per qualche istante, poi all’improvviso il piccolo sbotta.

 

“Ehi esorcista, dov’è che vorresti portarmi?”

Il generale abbozza un mezzo sorriso, cercando di mascherare la soddisfazione per quella domanda. “Dove un ottimo combattente come te potrà esprimersi al meglio: alla sede della Dark Religious, un’organizzazione il cui unico scopo è distruggere gli akuma”

“E perché vuoi proprio me?” Se il giovane spadaccino è interessato alla conversazione, l’occhiata sbieca con cui accompagna quella domanda lo cela alla perfezione.

“Perché tu, ragazzo mio, sei stato scelto da Dio per essere un Suo apostolo e Lui…”

“Io non credo in Dio”

A quella risposta, Tiedoll rimane incerto, ma cerca di sforzarsi di non darlo a vedere e prosegue: “…Lui ti ha donato l’Innocence, che ha preso dimora nella tua spada. Alla sede c’è un gruppo di scienziati molto abili che si occuperà di trasformarla nell’arma anti-akuma con cui combatterai”

Sentendo quella spiegazione, il bambino afferra la katana e la stringe a sé. “Nessuno deve mettere le mani sulla spada del maestro!”

“Stai tranquillo, non verrà danneggiata. Gli scienziati si limiteranno ad estrarne l’Innocence e poi ti sarà restituita”

 

Il ragazzino non sembra essere del tutto convinto, ma si rende conto, nella sua posizione, di non poter discutere con lui. Allenta appena la stretta sulla spada e regala all’uomo un altro sguardo in tralice. Quello in risposta gli sorride rassicurante.

 

“Fidati, ragazzo mio, andrà tutto bene. Piuttosto, mi vuoi raccontare come il tuo maestro è venuto in possesso di questa katana così particolare?”

 

Il bambino non risponde subito; prende un respiro profondo, lasciando vagare lo sguardo fuori, verso l’orizzonte reso indistinto dalla foschia umida. Continua a piovere sempre più forte e in lontananza le cime delle montagne sono coperte di neve.

Alla fine riporta gli occhi (di nuovo così incredibilmente freddi) sull’esorcista e inizia a parlare, con voce bassa e monotona: è evidente che raccontare quella storia non gli fa piacere.

 

“Quando sono arrivato qui, il maestro mi ha subito raccontato di questa spada. Diceva che non era appartenuta da sempre al dojo, ma che gliel’aveva consegnata un viandante tanti anni prima”

Tiedoll aggrotta la fronte – non si aspettava un racconto del genere. Per un attimo, alla sua mente si affaccia inspiegabilmente il viso del generale Cross, ma l’esorcista, notando anche il lieve inarcare di sopraciglia del suo giovane interlocutore, allontana subito quel pensiero assurdo e torna a concentrarsi sulla conversazione. “Ti ha detto chi era?”

“Non credo che qualcuno sapesse il suo nome. Comunque questo tizio, diceva il maestro, si era raccomandato anche di tenere sempre un fiore di loto accanto alla spada… «Il perché lo capirete tra qualche anno», aveva detto a tutti, prima di andarsene ridendo”

“E il tuo maestro ha fatto come gli aveva detto questo sconosciuto? Perché si è fidato?”

Il bambino si stringe nelle spalle. “Il maestro si fidava della gente - si fidava di tutti, finché i fatti non gli davano torto…” il tono con cui lo dice fa capire al generale che invece il ragazzino che ha di fronte la pensa molto diversamente e la cosa non può non strappargli un sorriso “…e poi, da quando quella spada è arrivata qui il dojo ha prosperato. Evidentemente seguire le istruzioni di quell’uomo serviva, oltre che non costare molta fatica”

“Capisco…” commenta meditabondo l’esorcista, carezzandosi il mento con una mano “Posso farti un’altra domanda, ragazzo mio? Capitava di frequente che il villaggio venisse attaccato come è successo ieri?”

 

Tiedoll non è convinto dell’opportunità di porre al ragazzino un quesito del genere ma, d’altro canto, sa benissimo che alla Sede Centrale vorranno sapere tutto di quella faccenda e, di sicuro, loro non avrebbero alcun riguardo per i sentimenti del piccolo. Quindi meglio che lui abbia già tutte le risposte, evitando al bimbo lo stress dell’interrogatorio.

Il ragazzino fortunatamente non sembra turbato dalla domanda (o, se lo è, lo maschera alla perfezione). Abbassa per qualche secondo gli occhi sulla spada, come per riordinare le idee, poi risponde senza tentennamenti.

 

“Da un po’ di tempo a questa parte, le scorrerie dei briganti erano aumentate, ma non abbiamo mai avuto problemi a respingerle. L’attacco di ieri però…” la voce gli trema appena, in un istante di comprensibile esitazione “…erano molti più del solito, forse sono arrivati in due gruppi, uno dopo l’altro. E soprattutto… non si erano mai visti dei mostri come quelli che hanno…”

“Basta così, giovanotto” lo interrompe dolcemente il generale, sfiorandogli appena un braccio “Non c’è bisogno che ti sforzi di parlare. Quando te la sentirai continueremo il discorso. E chissà che non possa aiutarci a capire perché quegli akuma sono piombati qui così in forze ieri…”

A quelle parole, una scintilla di rabbia attraversa per un attimo lo sguardo impenetrabile del bambino. “Se possiamo trovare chi ha mandato qui quei mostri, facciamolo subito” lo dice con risolutezza glaciale, senza dare il minimo spazio al tumulto di emozioni che di sicuro si agita dentro di lui.

“Ammiro il tuo autocontrollo, sai ragazzo? Hai le qualità per diventare un guerriero eccezionale”  Quel complimento inatteso e sincero coglie di sorpresa il giovane spadaccino, che tuttavia non dice nulla. Tiedoll accenna un sorriso, poi prosegue: “Spiegami esattamente cosa hai fatto durante l’attacco. So che per te può essere difficile, ma cerca di non dimenticare nulla, anche i particolari che ti sembrano insignificanti, va bene?”

 

Il ragazzino annuisce appena con la testa, poi inizia il suo racconto, tirando lentamente le fila dell’orrore che ha vissuto.

 

“In caso di attacco, io che so-… ero il più piccolo del dojo dovevo restare al sicuro con gli anziani qui nella sala comune, mentre gli altri si occupavano della difesa” La sua voce è ferma, ma ogni verbo al passato che si costringe a pronunciare per lui è come un ostacolo da sormontare “Ieri però… gli assalitori erano così numerosi che anche i guerrieri più vecchi sono stati costretti a prendere le armi. Io sono rimasto qui da solo, ma capivo che le cose non si stavano mettendo bene per noi…”

 

Si ferma e china la testa, stringendo i pugni. Tiedoll vorrebbe fargli delle domande, ma si rende conto che, se lo interrompesse, probabilmente lui non troverebbe più la forza di riprendere il discorso. Dopo qualche istante, il bimbo rialza lo sguardo e torna a parlare, il tono fattosi assolutamente impersonale, gelido come i suoi occhi.

 

“Avevo visto giusto e infatti dopo un po’ i banditi sono arrivati anche da me… quando hanno spalancato il pannello, fuori ho visto i miei compagni impegnati in furiosi combattimenti e molti erano già stati uccisi. Quelli che sono entrati qui erano in quattro. A quel punto ho agito d’istinto e ho… preso la spada del maestro, l’unica arma che avevo a disposizione…”

 

Solo il ricordo di quella che lui considera una disobbedienza imperdonabile riesce a incrinargli la voce, ma subito ogni traccia di emozione si spegne nelle sue parole.

Il generale sospira profondamente; gli dispiace costringerlo a ricordare quegli avvenimenti dolorosi, ma non può farne a meno. E, se la sua teoria è giusta, ora siamo arrivati al punto più importante, quindi deve prendere in mano la conversazione.

 

“Dimmi giovanotto, hai notato qualche fatto strano quando hai impugnato la katana?”

 

Il bambino a quella domanda inarca le sopracciglia: sembra dubbioso ed esita e già Tiedoll sta per buttare via la sua ipotesi sull’Innocence. Poi però il piccolo fa una smorfia, come se non fosse proprio sicuro di quel che sta per dire; l’esorcista lo sprona con lo sguardo.

 

“Mi è parso di vedere come una luce verde che la avvolgeva, ma è durata solo un attimo… poi quando mi sono girato per affrontare i banditi, dietro di loro ho visto sopraggiungere subito dopo quei mostri… gli akuma…”

L’uomo accenna di sì con la testa e sorride. “Questo non fa che confermarmi che all’interno della tua spada è contenuta un’Innocence e che tu sei il suo compatibile. Quando l’hai presa in mano, essa ha reagito alla tua presenza e si è attivata, trasformandosi da semplice katana in arma in grado di distruggere gli akuma, capisci? Dopo cos’è successo?”

 

Il ragazzino, di fronte a quella spiegazione ha l’aria perplessa, ma preferisce non fare domande. In questo momento per lui la cosa più importante è capire cosa può fare per vendicare il maestro, non gli importa nulla della teoria che sta dietro a quel qualcosa.

 

“Gli… akuma hanno puntato dritto su di me. Ho avuto appena il tempo di fare due passi verso il centro della stanza che uno di loro mi ha lanciato contro… non so, sembrava una sfera di energia…” Si interrompe, quasi si aspetti che l’esorcista lo prenda in giro per quella definizione così fantasiosa. Invece l’uomo lo guarda soddisfatto, continuando ad annuire e fregandosi il mento con la mano. “A quel punto ho sentito le mie braccia muoversi da sole e alzare la katana come scudo davanti a me. Non so come sia successo, ma ho parato il colpo, anche se l’impatto è stato così violento da sbalzarmi all’indietro. Credo di aver pestato la testa contro l’armadietto e poi… non ricordo bene, è tutto confuso...”

 

Faccio fatica ad alzarmi... mi gira la testa e sento male alla spalla sinistra. Sicuramente è colpa della botta, ma devo reagire...

La spada, la katana del maestro mi sta guidando... è lei che combatte usando il mio corpo... maestro, sei tu che mi stai proteggendo?

Io sono ancora troppo debole per difendere tutti... aiutami tu, maestro... dammi la forza di lottare...

 

L'espressione di Tiedoll si fa pensosa mentre cerca di ricollegare quello che gli ha detto il ragazzino con ciò che ha visto il giorno prima.

Probabilmente non dimenticherà mai la prima immagine che ha avuto del piccolo spadaccino: il modo in cui ha abbattuto i due akuma, grossi il doppio di lui, che l'avevano stretto al muro, il suo viso trasformato in una maschera di sangue per la ferita alla tempia e quello sguardo così inespressivo.

Tutto il racconto del bambino ha suggerito al generale una teoria che, se confermata, metterebbe la Sezione Scientifica (e non può non pensare al giovane Reever, così entusiasta e così brillante) di fronte ad un mistero affascinante da risolvere. Si alza, con le labbra si incurvano appena in un sorriso, e si avvicina all'armadietto sfasciato, su cui è posato alla bell'e meglio quell'inquietante loto macchiato di carminio.  Alle sue spalle, sente gli occhi del ragazzino che non lo lasciano un istante mentre esamina entrambi gli angoli appuntiti della struttura; è su uno di essi, come immaginava, che il bimbo deve aver picchiato la testa. Il colpo poi avrà fatto finire per terra il fiore, sul quale sono cadute delle gocce di sangue... e il cerchio si è chiuso.

Lo sconosciuto che ha portato qui la spada raccomandandosi di tenervi accanto un fiore di loto - riflette Tiedoll, ammirato, scacciando di nuovo l’importuna immagine di Cross dalla sua mente - probabilmente sapeva che si trattava di un'Innocence... e probabilmente, sapendo che prima o poi il nuovo apostolo sarebbe giunto lì, ha predisposto tutto questo perché questi venisse protetto. Un potere curativo infuso nel loto, attivabile solo attraverso il sangue del compatibile che viene poi marchiato con un tatuaggio... beh, un meccanismo così complesso e capace di leggere in un futuro così lontano testimonia che quel misterioso viandante aveva capacità fuori dal comune.

 

Un silenzio pesante è calato tra loro da quando il ragazzino ha smesso di parlare, perdendosi forse nei suoi incubi insanguinati fatti di mostri e morte, e l'uomo ha iniziato a seguire il filo confuso di un ragionamento, che si dipana a fatica nei meandri di un racconto in bilico tra un passato recente troppo orrendo e uno remoto troppo incredibile. Fuori piove ancora forte e lo scroscio del temporale ovatta l'atmosfera, mentre grosse gocce di pioggia rimbalzano sulla veranda di legno impregnata di sangue e acqua.

D'un tratto Tiedoll scuote la testa, come se avesse messo un puntello in più alla sua costruzione mentale, ma non fosse convinto del risultato. Guarda il bimbo con un'espressione indecifrabile negli occhi e poi accenna un sorriso. Lui ricambia con un'occhiata tra l'indifferente e l'infastidito, che l'altro sta imparando a riconoscere come sua, poi fa una domanda che, seppur prevedibile, il generale avrebbe volentieri evitato ancora per un po'.

 

“Allora, da quello che ti ho detto hai capito qualcosa di più su chi ha mandato gli akuma?”

L'uomo sospira, gli pesa dovergli dare una delusione. “Per adesso no, ragazzo, e non sarà una cosa semplice. Però ho capito perché sei ancora vivo...” Il bambino stringe gli occhi e lo fissa; il suo sguardo si fa talmente gelido e affilato che sembra possa trapassarlo, ma non dice una parola. Tiedoll si sforza di rimanere impassibile. “Da dove ricominciano i tuoi ricordi, dopo che hai battuto la testa?”

La perplessità del giovane spadaccino per quel quesito inaspettato si riflette nelle sue iridi cerulee, che però non perdono nulla della loro freddezza. “Ricordo confusamente i combattimenti, la tua voce che diceva qualcosa, forse di rassicurante... subito dopo tu ti sei lanciato verso di me... e poi ricordo una lama che da dietro mi ha... trapassato... da parte a parte...”

 

La voce gli si spegne, quando si rende conto dell'apparente assurdità di quello che ha appena detto: è stato trafitto a morte da una spada, eppure ora è vivo e vegeto, senza neppure un graffio. Recupera a fatica la sensazione evanescente del dolore provocatogli da quella ferita, letale per chiunque - ma non per lui, e si porta la mano allo stomaco.

Si slaccia in fretta il kimono, scoprendosi il petto alla ricerca almeno di una cicatrice lasciatagli dalla lama che avrebbe dovuto ucciderlo; ma la sua pelle chiara è perfettamente intatta, l'unico segno che porta è un marchio nero all'altezza del cuore. Quando il bambino rialza la testa e guarda Tiedoll, i suoi occhi spalancati dicono molto di più delle sue parole sull'incredulità (e forse anche la paura) che in quel momento si agita dentro di lui.

Un lampo sfregia all’improvviso il cielo color piombo, straziandolo con mille graffi, subito cancellati dal fragore sordo di un tuono.

 

“Esorcista... perché sono vivo?”

“Quel tatuaggio e il fiore che il tuo maestro teneva accanto alla katana, sono loro che ti hanno salvato la vita”

 

Il ragazzino osserva di sottecchi il loto alle sue spalle e quindi abbassa lo sguardo sul segno che gli occupa buona parte del lato sinistro del petto, coprendolo con una mano. “Ecco cos'era il dolore che ho sentito quando sono caduto... non era la botta...” mormora poi sottovoce.

L'uomo annuisce appena, pensoso. “Sì, probabilmente era il marchio che ti si è impresso sulla pelle quando il tuo sangue ha bagnato i petali del fiore. Ora la tua vita è protetta dal misterioso potere curativo di quel tatuaggio e del loto e col tempo arriveremo anche a comprenderne tutti i segreti, stanne certo”

 

Il bambino accenna di sì con la testa, ma si capisce che è ancora incredulo di fronte a quello che ha appena scoperto; il seguito del discorso dell'esorcista, però, catalizza tutta la sua attenzione.

 

“Quanto agli akuma e al perché del loro attacco... non è esatto dire che non so chi li ha mandati” Tiedoll è restio a dire tutto al ragazzino, teme che possa interpretare le sue parole nel senso sbagliato, ma d'altro canto non gli sembra giusto nascondergli la verità “C'è un essere malvagio che crea e controlla gli akuma, mandandoli poi in giro per il mondo; però escludo che lui in questo caso sia coinvolto. Ma devi sapere un’altra cosa riguardo agli akuma: queste creature maledette odiano profondamente l’Innocence, e tuttavia ne sono attratte. Di conseguenza è ragionevole supporre che quelli che ieri hanno attaccato il villaggio siano stati richiamati dal risveglio di quella contenuta nella tua spada quando tu l'hai impugnata”

“Quindi... è colpa mia se quei mostri hanno attaccato il villaggio? Se io non avessi disubbidito al maestro prendendo la sua spada non sarebbe successo nulla!”

 

Come l'uomo temeva, il bimbo ha riversato su di sé tutta la responsabilità del suo destino di compatibile; l'esorcista cerca inutilmente un modo per calmare l'angoscia che sente salire nella sua voce. “Ma tu l'hai fatto a fin di bene ragazzo, per difendere i tuoi compagni...”

 

Il giovane spadaccino lo ignora e prosegue il suo ragionamento, che però prende una piega imprevista, atroce per le conseguenze cui condannerebbe il piccolo se questi volesse svilupparlo concretamente nella sua interezza (e Tiedoll non ha dubbi che lo farà), mentre la maschera di porcellana dietro cui celava le sue emozioni si frantuma e cade un pezzo per volta.

 

“Se io non avessi preso la spada, gli altri avrebbero respinto l'attacco come sempre e tutti sarebbero ancora vivi... se quella spada non fosse mai arrivata qui, non sarebbe successo nulla! La colpa è mia e di quello sconosciuto che consegnò la katana al maestro tanti anni fa...”

 

Sentendo quelle parole, dette con un tono sempre più alto e che vanno pericolosamente verso una conclusione che il generale non vorrebbe raggiungessero, Tiedoll prova con pazienza a calmare il ragazzino.

 

“Se non fosse stato per quell'uomo e per la spada che ha lasciato qui, ora tu saresti morto giovanotto... pensaci!”

“Sarebbe stato meglio se fossi morto io e il villaggio si fosse salvato”

 

Un'affermazione pesantissima sulle labbra di un bimbo di nemmeno sette anni, pronunciata con un tono assolutamente alieno da qualsiasi sentimento - e proprio per questo sicuramente ragionata e convinta. Proprio per questo ancora più terribile.

La facciata di freddezza che il piccolo ha voluto costruirsi dopo l'orrore che ha vissuto è ormai svanita, così come svanite sono anche quelle emozioni violente che l'hanno fatto scattare in piedi nella foga del parlare: davanti a sé Tiedoll vede ormai l'anima più intima di quel bambino, un'anima svuotata, fredda come la morte dalla quale è scampato il suo corpo.

 

“Io ho pagato il mio errore vedendo morire il maestro e i miei compagni, e ora farò pagare a quell'uomo la sua parte di colpa uccidendolo con le mie mani. Esorcista, portami alla tua sede, fammi diventare uno sterminatore di akuma, così che io possa girare il mondo, rivoltarlo da cima a fondo e trovare quel bastardo”

Di fronte a quella determinazione, il generale non può che chinare la testa. Prende un sospiro profondo e chiude gli occhi.

“Partiamo domattina all'alba” dice infine, sottovoce, prima di alzarsi ed uscire sotto la pioggia incessante.

 

   
 
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