Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Alaide    04/06/2009    1 recensioni
Seconda classificata al contest "Home sweet home", indetto da Writers Arena
La notizia che i nipoti dell’Egilda si sarebbero stabiliti al Podere delle due Noci è sulla bocca di tutti da una settimana e da una settimana si attende il loro arrivo. Le donne ne parlano al ritorno dai campi o davanti alla chiesa, gli uomini ne discutono davanti ad un bicchiere di vino, proprio qui sotto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo IV

Delirio

[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 28 marzo 1887

Un’altra giornata tremenda e solitaria è trascorsa.
Un’altra giornata.
Mi sono chiesta quante altre giornate come questa debba vivere, quando mi raggiungerà la morte. Forse è sua la voce che sento, la voce che chiede aiuto. Può essere che la Morte voglia il mio ausilio perché io possa raggiungerla. Sarebbe qualcosa di facile. Basterebbe gettarsi dalla finestra della mia camera. Lasciarsi cadere nel canale che porta l’acqua al mulino. Ingerire un veleno... eppure, ogni volta che questo pensiero mi attraversa la mente, lo rigetto.
Forse, semplicemente, non è in questo modo che sono destinata a perire.
In fin dei conti sono già come morta. Morta nell’anima, senza la mia amata musica. Mi viene quasi da sorridere pensando alle parole che ho scritto ieri. Come potevo pensare che quello che provavo non fosse dovuto all’onnipresente desiderio di cantare? Come sono stata in grado di confonderlo con una semplice fantasticheria su una leggenda di poco conto?
Dovevo essere a dir poco scossa e sconvolta.
Oggi pomeriggio sono rimasta per pochi istanti da sola nella stanza del pianoforte. Se solo esistesse un qualche arcano che permetta di aprire il coperchio dello strumento senza la chiave... cielo... l’avrei fatto e avrei cantato. Forse avrei cominciato a cantare ugualmente, ma la zia è entrata immediatamente.
Non mi lasciano mai veramente sola, se non la notte, ma come potrei cantare senza destare l’intera casa?
Se soltanto l’astinenza forzata dal canto mi giovasse realmente, forse, non sarebbe così difficoltoso e doloroso, ma non mi pare di sentirmi realmente meglio. Al contrario, ogni giorno che passa mi indebolisco e perdo parte di me stessa... la mia vitalità, la mia volontà di vivere realmente, anche... ed ogni ora impallidisco sempre di più. Mi sono osservata stamane allo specchio ed ero tanto pallida da sembrare trasparente, come se stessi lentamente scomparendo.
Cosa mi sta accadendo veramente? Che male ho? Ed il canto è veramente così dannoso come dicono i medici?
Non posso crederlo.
Come può essere dannoso ciò che mi tiene in vita? Che rende di nuovo rosee le mie gote?


Basilicanova, 29 marzo 1887


Ogni volta che mi sembra di trovare una risposta ad un dubbio che mi rode, questa se ne va, svanisce in uno sbuffo di fumo.
Credevo che l’immagine della fata Bema che mi ha impedito di dormire fosse soltanto frutto di una mia improvvisa fantasia, invece è così tremendamente reale.
Cosa vuol dire, dunque?
Era forse sensato quando mi chiedevo se la voce che mi tormenta fosse forse la sua? Dio, cosa devo pensare? Mi sembra di impazzire.


Basilicanova, 30 marzo 1887


Ancora quell’immagine... ogni volta che chiudo le palpebre... la Bema è lì, davanti a me...
Cosa vuol dire? Cosa?




Basilicanova, addì 31 marzo 1887


Mia amatissima Corinna,
sono felice di ricevere finalmente una vostra nuova. Dite a vostro marito che non so cosa rispondergli. Erminia non ha avuto altri attacchi, però mi pare che soffra incredibilmente. Sono certo che in questi giorni non ha dormito affatto. Le occhiaie sono fin troppo ben visibili. La questione più strana è che ogni giorno diviene più pallida.
Potrebbe essere semplice spossatezza, forse, ma mi sembra che sia qualcosa che riguarda maggiormente la sua stessa anima.
Ho tentato, stamane, di scambiare qualche parola con lei, ma ha rifiutato di rispondere a qualsiasi mia domanda. Quando le ho chiesto come si sentiva, mi ha guardato con occhi straordinariamente dilatati e spenti.
Sorella mia, non potrebbe forse essere che la cura stabilita dai medici sia errata?
Chiedete a vostro marito se questo potrebbe spiegare il pallore e il suo sguardo?
L’aria di campagna, al contrario di quanto si pensava, pare non giovarle affatto. Sicuramente non trascorre molto tempo all’aria aperta, ma da quando siamo andati a Montechiarugolo accetta di passeggiare un poco intorno alla casa della zia. Ciò che mi angustia terribilmente è che mi segue in maniera inerte.
Cosa sta accadendo alla nostra amata sorella?
Oggi è venuta al Podere la signorina Adalgisa. So con certezza che ha compreso che lo stato di Erminia ha qualcosa di particolare. Non l’ha chiesto direttamente - è troppo discreta e gentile per poterlo fare -, ma, quando l’ho riaccompagnata alla porta, mi ha detto semplicemente che augura tutto il bene di questo mondo a mia sorella. In fondo come avrebbe fatto a non accorgersene? È così palese che Erminia sia sofferente.
Vi prego, Corinna, di perdonarmi per questa mi missiva così breve, ma non sono in grado di scrivervi altro.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 31 marzo 1887


Per un istante ho pensato che il tormento finisse. Invece sempre quella voce... perché non se ne va? Perché non mi lascia in pace?
Ma può essere veramente la Bema? In fondo anche a Parma la udivo. Eppure da che sono a Basilicanova si è fatta più viva ed è divenuta costante dopo aver visitato Montechiarugolo.
Vuol forse dire qualcosa?




[Dal diario di Adalgisa]

31 marzo 1887


Ho fatto visita al Podere delle due Noci, oggi. L’Egilda mi ha accolta con la solita gentilezza e così il signor Normanno. Ben più strana mi è apparsa invece la signorina Erminia. È sempre pallida e taciturna e pare dormire veramente molto poco.
Nell’aspetto mi ricorda la mia povera madre prima che morisse. È come se si stesse spegnendo. Eppure è così giovane e non mi sembra aver una malattia di cui ho sentito parlare. Non ha l’aspetto di una persona con la febbre, né di una donna con la tisi (e di questo so qualcosa... la mia povera sorella e mia madre... entrambe portate via da quel male terribile).
Quello però che è più incredibile sono i suoi occhi. Mi sembrano privi di vita. Vuoti.
Non so però cosa possa voler dire. In fondo sono solo la figlia dell’oste di Basilicanova che sa scrivere in maniera sensata unicamente perché l’Egilda ha avuto la bontà di aiutarmi.
Sicuramente il signor Normanno è preoccupato per lei. Gli ho augurato ogni bene per sua sorella nell’uscire. Mi chiedo se ho fatto bene.


1 aprile 1887


Ho assistito senza volere a parte di una conversazione tra il signor Normanno e sua sorella. Mi trovavo a passare accanto al cancello del Podere delle due Noci, quando sono giunte chiaramente le loro voci.
Mi sono fermata solo per pochi istanti, per la curiosità, sono costretta ad ammettere.
Ricordo chiaramente ogni singola parola.
«Vi prego, sorella mia, cosa vi angustia?» ha domandato il signor Normanno.
La signorina Erminia non ha detto nulla. Ho sentito il rumore delle sue scarpe sul ghiaino del sentiero.
«Sorella...»
«Cosa volete che vi dica, Normanno? Conoscete già da solo la risposta. Sapete meglio di chiunque altro cosa mi tormenti. Lo sapete. Voi e vostro cognato! Lo sapete e fingete di non saperlo.»
La voce della signorina Erminia era quanto mai acuta ed v’era qualcos’altro di strano.
«Conoscete il motivo per cui vi è proibito cantare, sorella mia. So quanto vi stia a cuore poter immergervi nella vostra amata musica, ma non potete rischiare...»
«Rischiare, Normanno? La mia vita langue quando la mia voce tace. Ricordatevelo, quando sarò morta.»
Sono rabbrividita.
E subito dopo ho ripreso a camminare. Mi sentivo in colpa per aver origliato la loro conversazione e non volevo sentire oltre. Era qualcosa di assolutamente personale, qualcosa che io non dovevo conoscere per alcun motivo. Mentre avanzavo lungo la strada ho tentato di dire un Ave, ma è stato inutile. Cercavo risposte a quello che avevo sentito. Le certo tuttora.
L’unica cosa che ho capito è che la signorina Erminia non può cantare.
Il perché rimane un mistero che forse non risolverò mai.




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 1 aprile 1887


Oggi mi sento terribilmente strana. Non riesco a capire cosa mi sia successo con Normanno. Mai prima d’ora avevo risposto in quel modo alle sue parole, con tanta rabbia. Sono stata ingiusta con lui. Per quanto possa disapprovare il fatto che mi vieta di cantare, so che questo è dovuto unicamente alla sua preoccupazione per la mia salute. Vi sono state delle volte in cui l’ho odiato profondamente, come mai ho odiato nessun altro, ma l’odio si è presto estinto.
Mio fratello mi ama ed ogni suo gesto è finalizzato al mio bene, per quanto non riesca a notare miglioramenti in me. Perché sono stata così dura?
Possibile che sia a causa della voce che sento? Forse era lei a incitarmi in quella direzione. Oppure io ero troppo esacerbata?
Taci... taci!
Perché mi chiedi aiuto? Cosa vuoi da me?
Dio, cosa mi sta accadendo?
Rileggendo quello che ho appena scritto, fatico a respirare. Come posso vergare delle parole rivolte a quella voce?
È qualcosa di irreale e di assurdo. Non dovrei nemmeno sentire quella voce e quel grido d’aiuto. E sicuramente non pensare che questo grido possa essere della Bema.
No.
Non può essere lei.
I fantasmi e gli spiriti vaganti non esistono... non esistono. È soltanto la mia anima ad essere sconvolta.

Non può che essere questa la causa.
Oppure quella voce... quella voce, è la voce della musica?


Basilicanova, 2 aprile 1887


Zia Egilda mi ha tenuta accanto a sé per tutta la giornata, mentre preparava una torta per domani.
Devo ammettere che mi sono quasi divertita e per quel tempo la voce ha taciuto. Ho sperato, mentre osservavo il latte scaldarsi sul focolare, di non doverla sentire mai più. Ho creduto che questo mio scombussolamento interiore fosse finito.
Anche quando sono andata a passeggiare con la zia e Normanno non udivo nulla. Mio fratello mi ha osservata con preoccupazione e affetto, nonostante le brutte parole che gli ho detto ieri. Quando ha visto che ero tranquilla, si è rilassato leggermente.
Per qualche strana ragione sono riuscita a godermi il sole, a trovare piacevole la passeggiata, come ho sempre fatto quando andavo al Parco Ducale a Parma.
Mi sono illusa che tutto potesse tornare alla normalità, che, forse, anche il canto poteva essere una rinuncia minima se avessi iniziato veramente a stare meglio. Sicuramente in quei momenti la mia salute mi pareva migliorata.
Invece adesso, nel segreto della mia stanza, mi sento impazzire.
La voce è tornata a risuonare più forte che mai. Le tempie mi pulsano.
Perché non mi lascia in pace?
Perché non trovo respiro?


Basilicanova, 3 aprile 1887


Oggi la Messa è stata un incubo.
Non sono riuscita per un solo istante a pregare. Non ho udito una sola parola della predica del parroco.
Tutta la mia mente era rivolta a quell’odiosa voce, alle sue richieste di aiuto.
Avrei voluto poter gridare, ma in questo modo avrei dato adito a chissà quali chiacchiere e sospetti. Non è comportamento consono urlare durante la Santa Messa, ma non è nemmeno normale sentire voci nella propria testa. Ho tentato con tutte le mie forze di ignorarla, ma è stato totalmente inutile.
Mi sento male.
Ho tentato di pronunciare anche solo un rapido Pater, appena sono rientrata in casa, ma non vi sono riuscita. È come se la mia anima si fosse improvvisamente perduta.




[Dal diario di Adalgisa]

3 aprile 1887


Anche questa domenica il brusio era molto intenso. Tutti parlano dei nipoti dell’Egilda. La Gianna, seduta proprio alle mie spalle, ha detto che, per lei, quei due hanno qualcosa che non va. La Piera ha replicato dicendo che lei ha incrociato il signor Normanno e le è sembrato un giovane molto a modo e cordiale. Come non si aspettava fosse uno della città.
A questo punto si è intromessa la Germana...
«Non è lui quello strano, ma sua sorella. L’avete forse mai vista da qualche parte, se non a Messa?»
«Secondo me ha qualcosa che non va nella testa, ve lo dico io.»
«Oh andiamo, Piera! Non esagerare. Te lo dico io... si sente troppo importante per noi altri.»
«Macché, quella ragazza lì è malata. Ma non lo vedi? È sempre pallida.»
«Forse l’Adalgisa ne sa di più. Giacomo ha detto che va dall’Egilda.»
«Sai che novità, Gianna! L’Adalgisa è sempre andata dall’Egilda. E poi cosa vuoi che ti dica? Hai sentito cos’ha detto la Filoma, che le ha detto la Maria... quella signorina Erminia non parla mai.»
«Già. Ed è sempre triste. Io vi ripeto che quella ragazza lì è malata.»
«Se lo dici tu, Germana. Io non ci credo. Poveretta, deve essere andata giù di matto.»
Finalmente si sono zittite. L’Egilda è entrata con la signorina Erminia e il signor Normanno. Ho temuto per qualche istante che queste pettegole mi facessero delle domande.
All’uscita dalla chiesa l’Egilda mi ha fermata e abbiamo scambiato qualche parola. Anche il signor Normanno ha detto qualcosa. La signorina Erminia è rimasta silenziosa. Mi sembra ancora più pallida dell’ultima volta che l’ho vista.
Mi chiedo che malattia abbia? Forse è legata ai suoi polmoni o alla gola, dato che non può cantare.
Comunque sia prego che possa guarirne. Una ragazza così giovane...




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 4 aprile 1887


Non so più cosa fare. Non riesco più ad essere me stessa. Quella voce mi rapisce. Mi sembra di rimanere per ore a tentare di ascoltarla.
Normanno si fa sempre più preoccupato.
Forse dovrei parlare con lui?
Ma mi crederebbe realmente?


Basilicanova, 5 aprile 1887


Taci!
Basta. Non riesco più a sopportarla... la voce... la voce! Ho persino provato a parlare con Normanno oggi, ma nessuna parola è uscita sensatamente dalle mie labbra.
Mi ha tastato la fronte e ha detto che ho la febbre altissima.
Qualcuno è andato a cercare un medico... a Montechiarugolo forse, o a Traversetolo.
Ma deve ancora arrivare.
Eppure io non penso di aver la febbre. È soltanto quella voce... esiste una medicina per farla smettere?




Basilicanova, addì 7 aprile 1887


Mia amatissima Corinna,
le condizioni di Erminia si sono fatte improvvisamente gravi. Non è spossatezza, come credeva vostro marito. Due giorni or sono, il cinque del mese, ha tentato di parlarmi. Mi ha detto qualcosa di incomprensibile, che suonava come «falla smettere, ve ne prego, Normanno.». Mi sono spaventato. Cosa voleva dire la nostra povera sorella? Quando ho posato la mano sulla sua fronte ho sentito che scottava. Aveva la febbre altissima, forse stava semplicemente delirando. Sono stato io stesso a riaccompagnarla in camera sua, per poi lasciare a zia Egilda e a Maria il compito di metterla a letto.
Ho mandato un garzone a cercare un medico.
Quando sono ritornato in camera di mia sorella, era sola, già sotto le coperte e tremava. Le sue labbra si muovevano freneticamente ed ogni tanto riuscivo a cogliere una parola. Il più della volte diceva «Taci.». Non riesco a comprendere a cosa si riferisse.
Il medico è giunto a notte ormai fonda. Mi è sembrato molto perplesso. Ha detto che non sa se Erminia riuscirà a superare questo momento. Cielo! La sua malattia è dunque giunta a reclamarla?
Zia Egilda prega per quasi tutto il giorno ed io sono sempre al fianco di Erminia.
È avvenuto tutto in maniera così strana.
Il due di questo mese, ve lo posso assicurare, sorella mia, Erminia pareva stare meglio. Mentre passeggiavamo nel pomeriggio, un lieve rossore ha colorato le sue gote altrimenti pallide. Ho sperato che stesse migliorando. Il giorno successivo il rossore era scomparso, ma sono stato talmente ingenuo da dirmi che non aveva senso pensare che la salute le sarebbe tornata tutta in un colpo.
Invece, adesso, Erminia giace febbricitante e vicina alla morte.
Mi sento così angustiato, sorella mia e così terribilmente colpevole. Forse aveva già compromesso il suo fisico quando abbiamo compreso che non stava bene, forse aveva già cantato per troppo tempo. Quanto vorrei poter tornare indietro nel tempo e non suggerirle più di cantare, ma so che è impossibile.
Spero di potervi scrivere presto delle buone notizie.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




[Dal diario di Adalgisa]

10 aprile 1887


I nipoti dell’Egilda non sono venuti alla Santa Messa Pasquale oggi. Le comari alle mie spalle hanno fatto mille ipotesi in proposito. Una di loro ha addirittura insinuato che la signorina Erminia non può venire perché ha in sé qualcosa di blasfemo e di certo un blasfemo non potrebbe resistere il giorno della Pasqua del Signore.
Tutte sciocchezze.
Dopo la celebrazione sono riuscita ad avvicinarmi all’Egilda.
La signorina Erminia è stata malata in questi giorni. Una febbre altissima che l’ha tenuta priva di conoscenza. Soltanto stamattina ha riaperto gli occhi e parlato. Spero che sia veramente un buon segno come crede l’Egilda.




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 12 aprile 1887


Sono stata malata per giorni. Domenica ho riaperto gli occhi e parlato. Oggi riesco nuovamente a scrivere. Ricordo poco della malattia... Normanno ha detto che dal cinque non ho ripreso conoscenza fino a domenica. Riguardando questo diario ho notato che il cinque ho scritto qualcosa. Forse poco prima di perdere il contatto con la realtà.
Eppure c’è qualcosa che rammento.
La voce, quella voce che mi ha tormentato anche nella malattia.
Non v’è stato alcun reale cambiamento, quando mi sono svegliata. La voce era sempre lì.
L’unica vera diversità è che non vedevo più davanti a me la Bema, ma il volto preoccupato di mio fratello.




Basilicanova, addì 12 aprile 1887


Mia amatissima Corinna,
Erminia si sta riprendendo. Ho temuto grandemente per lei nelle giornate appena trascorse. Fino a domenica non ha aperto gli occhi, continuando a delirare in un sonno senza fine.
Avevo quasi perso tutte le mie speranze, quando ha riacquistato conoscenza. Domenica è però rimasta desta per ben poco tempo, mentre il giorno dopo e soprattutto oggi ha iniziato a stare veramente meglio.
Oggi l’ho portata, sotto consiglio del medico, a sedere al sole. Non ha più la febbre ed il tepore primaverile potrebbe giovarle.
Forse è veramente così. Mi è parso di vedere le sue gote leggermente meno pallide quando l’ho riaccompagnata nella sua stanza.
Vi prego quindi, sorella mia, di non preoccuparvi oltre.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 13 aprile 1887


Ho tentato nuovamente di parlare con Normanno della voce che mi tormenta, ma non ci sono riuscita.
Sembra quasi che mi sia precluso il solo farne cenno.
Perché non tace, semplicemente?
Non voglio sentirla... non voglio! Mi fa sentire in preda al delirio... chi è che mi chiama? Quale anima in preda alla disperazione? Ormai non credo nemmeno più sia la Bema...


14 aprile 1887


Ho trovato su un libro della zia un’immagine della Bema. L’ho fissata a lungo e mi sono osservata allo specchio.
È terrificante.
Sono identica a lei.
La voce è quindi la sua? La voce della sua anima che vuole prendere il posto della mia?
Ho paura.


15 apr


Aiutami
Taci... taci... io sono Erminia... Erminia!
Ti prego, aiutami
No! Taci, taci!
Ti...
Taci!
Aiutami.


Basilicanova, 16 aprile 1887


Cos’è accaduto ieri?
La mia pagina di diario... è sconvolgente.
Forse la sua anima ha preso il sopravvento sulla mia. Forse vuole solo chiamarmi.
Forse è così...
La sua anima mi chiama. Devo forse rispondere?


Aprile


Vedo delle teste mozze... il sangue...
No... non posso dirvelo, non posso.
Quel giovane così bello, morire... quella donna...
morire... tutti morti... nel sangue.
Perché mi tormenti così, Bema? Non vuoi forse più stare con la gente che hai amato? Lasciami in pace, te ne supplico.


1612


Pio è morto... ed io sono morta con lui.


Basilicanova, 19 aprile 1887


La voce tace oggi... ed il delirio dei giorni scorsi pare passato.
Forse era soltanto un rimasuglio del delirio della febbre. Deve essere così. Con ogni probabilità ho avuto la febbre per più tempo di quanto non ne sia stata cosciente, una febbre strisciante di cui non mi sono resa conto e per questo mi è parso di aver udito una voce e di esser diventata improvvisamente come la Bema.
Ho riguardato l’illustrazione che mi aveva fatto paura. Non c’è alcuna somiglianza tra me e la Bema. Soltanto i capelli neri, ma ci sono migliaia di donne con i capelli neri.
Sono stata una sciocca.
Mi viene da ridere quando penso alle mie paure.
A cena sono riuscita anche a parlare con Normanno. Non è stato difficoltoso, tutt’altro. Sono riuscita a scherzare come facevamo un tempo.




Basilicanova, addì 19 aprile 1887


Mia amatissima Corinna,
Erminia si è finalmente ripresa del tutto. Stasera a cena ha avuto una conversazione assolutamente vivace e scherzosa. È ancora pallida come un cencio, ma il dottore che è venuto a visitarla dice che è normale.
Nei giorni scorsi ha avuto a tratti delle ricadute in cui ha ripreso a delirare, ma sono state di breve durata. Oggi la sua fronte era fresca e non potete nemmeno immaginare quanto ne sia felice.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




[Dal diario di Erminia]

Basilicanova, 20 aprile 1887


Mi sento così tremendamente libera in questi giorni e sento che la mia salute sta migliorando. Rimane il rimpianto di non poter più cantare, ma se questo serve per riacquistare la vitalità di un tempo...


Basilicanova, 21 aprile 1887


Tutto nel mondo è illusione.
Non sono libera... la voce ha ripreso a tormentarmi. Era solo una misera tregua...
Sono disperata. E Normanno mi pare lontanissimo.


22 aprile 1887


Aiutami! Canta... canta!
Dunque non era la Bema... era l’anima della musica. La sua anima che mi chiama... la musica che per qualche istante ha preso le sembianze della Bema.
Non posso cantare, non posso!


23 aprile 1887


Vorrei poter rispondere alla voce che mi chiama... la voce della musica....
Ma non posso.... mio fratello ne soffrirebbe troppo.


Eppure... perché no...
Dio, non posso...
Ma è ciò che desidero di più al mondo.


Canta! Canta!
Ascoltami, Erminia!
Tu mi appartieni. Canta... canta...




Basilicanova, addì 24 aprile 1887


Mia amatissima Corinna,
oggi è una ben triste domenica.
Non so nemmeno io cosa potrò scrivervi in questa mia lettera, senza gettarvi nella più cupa prostrazione. Vi posso assicurare che ho versato tantissime lacrime ieri notte.
Erminia è morta e se ripenso a quei timori che mi erano nati quando siamo andati a Montechiarugolo... i timori dovuti al mulino e al piccolo canale che gli porta acqua... e che li ho messi in disparte... cielo, provo la più cocente colpa.
Nostra sorella si è data la morte, gettandosi dal ponticello che passa il canale. Non è una gran caduta, ma il fondo è sassoso e quando sono corso a soccorrerla era già troppo tardi per lei.
È avvenuto tutto all’improvviso. Ci sono state giornate in cui pareva che Erminia stesse finalmente bene. Per qualche istante, il venti di questo mese, mi è sembrato di ravvisare in lei l’antica vitalità. I suoi occhi erano accesi da qualcosa e, sebbene fosse ancora pallida, sembrava assolutamente vivace.
Poi tutto ha iniziato a svanire d’un tratto. È diventata più inquieta, ma ho pensato, stoltamente, che fosse un semplice interludio prima della completa guarigione.
Ieri notte, però, tutto è finito.
Stavo già dormendo, quando un suono indefinito mi ha destato, all’improvviso. Subito non mi sono reso conto di cosa fosse, poi ho realizzato con sgomento. Erminia stava cantando. Mi sono alzato di scatto e, senza nemmeno curarmi di vestirmi, se non buttandomi addosso una vestaglia, sono sceso al piano inferiore.
Nostra sorella era la centro del salotto, con gli occhi chiusi e le gote tremendamente arrossate e stava cantando un’aria francese. Sono corso verso di lei e le ho intimato di smettere, ma non mi ha dato ascolto. Al contrario la sua voce si è fatta più intensa.
Zia Egilda ci ha raggiunti in quel momento, insieme a Maria. Entrambe hanno tentato di aiutarmi, ma invano. Erminia sembrava non udirci nemmeno. Quando mi sono avvicinata a lei, i suoi occhi si sono posati su di me... erano come infiammati e spaventosi.
Mi ha guardato per un istante, poi ha iniziato a correre, continuando a cantare ed è uscita all’aperto. Mi sono lanciato al suo inseguimento e, essendo più forte di lei, sono riuscito a raggiungerla e a stringerla tra le braccia. Continuava a cantare, una nenia, in quel momento.
Le ho detto nuovamente di smettere, l’ho implorata di farlo. È stato in quel momento che ha parlato.
«Non capite, Normanno, è la musica che mi chiama... è la sua anima che è dentro di me. Devo cantare... devo cantare.»
E la sua voce celestiale ha ripreso il suo canto.
In quel momento non ho pensato a nulla. L’unica cosa che volevo fare era riportare nostra sorella in casa e tentare di calmarla. Ho preso a trascinarla, ma Erminia è sembrata diventare improvvisamente più forte di me e si è divincolata dal mio abbraccio.
Ha ripreso a correre ed io ad inseguirla, ma sono, ahimè, inciampato nella vestaglia, cadendo a terra. Mi sono risollevato immediatamente e ho ripreso ad inseguirla. Mi sono ritrovato ben presto in strada. La sua figurina bianca era poco davanti a me, ma non riuscivo a raggiungerla. Quando si è fermata, ho provato un breve attimo di sollievo. L’avevo quasi raggiunta, quando si è lasciata cadere nel canale.
È stato terribile. Zia Egilda è giunta poco dopo, quando già tenevo mia sorella tra le braccia e piangevo.
Domani verrà sepolta. Il parroco è un brav’uomo. Sa che Erminia si è tolta la vita, ma ha deciso di donarle ugualmente un funerale cristiano. Nessuno nel paese saprà quello che è successo. Per una qualche fortuna nessuno era per strada e nessuno si è destato, soprattutto al mulino. Credo, sorella mia, che Erminia avesse smarrito la ragione. Forse il canto era veramente troppo importante per lei e il non poter cantare l’ha portata al delirio più cupo e assoluto. Era destino, credo, che, in un modo o nell’altro, la sua passione per il canto la portasse alla morte. Ma non è un pensiero consolante, Corinna. È soltanto un altro peso... qualcosa che si aggiunge al mio irrefrenabile dolore.
Il vostro affezionato fratello,
Normanno.




Mi scuso tantissimo per il tempo che ho fatto aspettare per la pubblicazione di questo capitolo. Un tempo forse ancora più assurdo se si considera che la storia è già tutta stata scritta e dovevo solo pubblicarla, ma, ammetto, mi era passato di mente.
Spero che il capitolo vi piaccia!

Un grazi particolare a:

Thiliol: Il mio paese è cambiato dal 1887, ma è un paese sicuramente tranquillo! Ed il Mulino è rimasto proprio come ai tempi che descrivo (anche se non è mai esistita nessuna Erminia. Ti devo però confessare che quando passo sul ponticello che attraversa il ruscelletto che porta l'acqua al mulino penso a lei. Una cosa sciocca, considerando che è una figura immaginaria.). Sono contenta che la storia della Bema (a cui gli abitanti di MOntechiarugolo tengono verament tantissimo) ti abbia affascinata. Spero che questo capitolo ti piaccia!

Un grazie a chi ha messo la storia tra le seguite e a chi legge soltanto!
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Alaide