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Autore: Ellery    02/03/2017    1 recensioni
Francia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importante azione militare degli Alleati. Allo spietato capitano Weilman si contrappone il Maggiore Erwin Smith, altrettanto desideroso di ottenere informazioni; almen fino a che qualcosa non scatterà nella mente del giovane ufficiale, portando alla luce vecchi debiti e promesse.
Aveva cercato in tutti i modi di tenere su l’aereo, tirando al massimo la cloche, sterzando ripetutamente per non costringere il piccolo caccia allo stallo, ma era stato tutto inutile: le ali non riuscivano a catturare correttamente l’aria, trapassate come erano, mentre dal motore usciva una scia di fumo nero.
La ff, a più capitoli, si propone di partecipare alla Challenge AU indetta sul forum da Donnie TZ. Prompt: Historical AU! IIWW = seconda guerra mondiale.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Farlan, Church, Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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28. Un altro piano
 

Marzo 1942. Territorio occupato, Nord della Francia. Dintorni di Le Blanc.
 

Erwin controllò un’ultima volta la mappa; la vallata era in una posizione decisamente scomoda: ottima per bloccare i rinforzi tedeschi, pessima come via di fuga. Il suo piano non concedeva spazio ad errori o ritirate: l’unico modo per costringere i nazisti a transitare nella gola era interrompere la strada che da sud-est si insinuava tra le colline.

«Cosa abbiamo per bloccare questa?» domandò, ricevendo in cambio una scodella con del brodo e qualche crostino di pane.

«Dobbiamo proprio parlarne a pranzo?» Mike si accasciò sulla seggiola vicina, portandosi il cucchiaio alle labbra «Mh, è insipida» borbottò, ma nessuno fece caso alle sue rimostranze; gli occhi dei presenti erano tutti concentrati sulla piantina dispiegata lungo metà del tavolo.

«Sì» Erwin mosse la matita, cerchiando un punto lungo la via principale «Non abbiamo molto tempo. I nazisti potrebbero arrivare già domani. Non possiamo aspettare oltre» picchiettò la punta sulla carta ingiallita «Cos’è? Un ponte?» chiese, accennando ad una struttura segnata con un minuto quadrato.

«Esatto. È abbastanza vecchio, ma solido. Costruito in cemento e mattoni» Nanaba si sporse leggermente, indicando il tragitto segnato «In genere, i tedeschi passano di lì. Scendono in valle attraverso il ponte, ci superano e proseguono verso il fronte, a sud»

«Capisco e… perché non passano per la gola?»

«Le pareti sono strette e ripide, il terreno sconnesso e poco sicuro»

«Non passano i camion?»

«Al contrario. Passano, ma uno per volta. Non potrebbero fare inversione, né difendersi adeguatamente in caso di una imboscata. Semplicemente, quindi, evitano quel tragitto»

«Non capisco» Erwin si grattò il mento, con fare pensieroso «Perché non l’avete sfruttata, allora? È un punto perfetto per un attacco»

«Sì, ma… se fallissimo, non avremmo via di scampo. So a cosa stai pensando…» la donna tornò a squadrare il disegno del ponte «Se lo facciamo saltare, resteremo intrappolati qui. In genere, teniamo la gola come via di fuga, nel caso qualcosa andasse storto. I tedeschi usano la strada del ponte, noi li disturbiamo, li rallentiamo come meglio possiamo, ma… se il rischio diventa insostenibile, ci ritiriamo attraverso il canalone. Non ci inseguono mai, per timore di imboscate»

«Dobbiamo distruggere il ponte.» la matita tornò a segnare un corto tracciato «Così non potranno utilizzare la strada di sud-est. Li costringeremo a passare di qui, visto che è l’unica altra via che porta al fronte; la mineremo e li faremo saltare. I superstiti, beh… sta a voi decidere se fare prigionieri o meno»

«No»

«Molto bene, allora…»

Colse Nanaba sollevare una mano, come ad interromperlo:
«Hai frainteso. “No” significa che non sono incline a seguire questo piano. È troppo pericoloso. Se qualcosa andasse storto, finiremmo presi tra i tedeschi ed il fronte. Non possiamo correre questo rischio»

«È l’unica soluzione che abbiamo»

«Inventane un’altra»

«In così poco tempo? Non posso. Partiremo svantaggiati, se non faremo saltare quel ponte. Usano quella via perché sono sicuri di potervi giocare. Sanno della vostra presenza qui, ma sanno anche che siete fastidiosi quanto un banale moscerino. Fate solo rumore e null’altro.»

«La gola ci serve per una ritirata, se si rendesse necessaria. Non puoi chiedermi di rischiare tanto! Non sono propensa a metterli in gioco così» un cenno verso i ribelli, che seguivano in silenzio «Non fino a questo punto. Forse hai ragione, non siamo particolarmente nocivi. I nazisti ci considerano dei noiosi insetti? Poco male! Anche le api sanno pungere, all’occorrenza»

«Sì, ma non lo state facendo! Non state pungendo nessuno. Date solo fastidio. Se foste realmente pericolosi, i vostri nemici avrebbero già trovato un’altra strada da seguire. Se continuano a passare di qui, è perché non siete che una leggera seccatura da sopportare»

Il tono di voce della donna si alzò bruscamente:
«Non sono disposta a rischiare così le loro vite!»

«Allora torna a fare la locandiera!»

Sulla sala scese un silenzio gelido ed Erwin si pentì immediatamente di quelle parole. Gli erano sfuggite troppo in fretta perché potesse frenarle. Si morse leggermente il labbro inferiore, chiedendosi se vi fosse modo di ritirarle. Abbassò lo sguardo, tornando a fissare la carta.

«Mi dispiace» disse solo, ma il brusco suono di una seggiola ribaltata lo interruppe. Sentì dei passi secchi allontanarsi in fretta, accompagnati da un semplice “Nanaba, aspetta!” affatto ascoltato.

Tornò a fissare i presenti, ancora muti ed attoniti. Scosse piano il capo, come se non vi fosse altro da aggiungere:
«Potete andare» disse solo, ignorando le occhiate dubbiose e concentrandosi nuovamente sulla mappa spiegazzata.
 

***
 

Un altro piano. Era a ciò a cui Erwin stava pensando da un paio d’ore ormai. Si era chiuso in cucina, rifiutando di parlare con chiunque, compreso lui.  Era rimasto sulla soglia per un po’, ma alla fine aveva desistito, abbandonando il biondo alle sue elucubrazioni.
Si era diretto all’esterno, contando i passi quasi per noia. I ribelli erano tornati alle loro attività quotidiane: rassettare la camerata, contare le munizioni, lucidare armi e controllare la dispensa. C’era ancora della carne salata, che si sarebbe sposata benissimo con i tuberi raccolti da Alain di primo mattino. Di Mike non vi era traccia, mentre Nanaba…
Si bloccò quando la riconobbe seduta su una panca malmessa, lungo il margine destro dell’aia. La donna stava fumando silenziosamente, sbuffando boccate nell’aria fresca del primo pomeriggio.
Levi si avvicinò cautamente, le mani cacciate nelle tasche della larga giacca che non aveva più restituito al suo proprietario.

«Che vuoi?» la donna lo apostrofò malamente, senza neppure fissarlo. I suoi occhi sembravano concentrati sul punto lontano di un immaginario orizzonte.

«Soltanto parlarti» non seppe neppure il perché di quella affermazione. In realtà, non lo desiderava affatto, anzi. Più stava alla larga da lei e meglio era: Nanaba aveva qualcosa di esplosivo e poco controllabile. Non era una di quelle donne che si potevano mettere a tacere facilmente e, anzi, aveva l’aria d’una abituata a prendere il sopravvento su chiunque.

«Non ne ho voglia»

«Non mi interessa» replicò, accomodandosi sulla panchina. Rilassò le spalle contro lo schienale in legno grezzo, ignorando il sottile pungere di alcune schegge «Erwin non lo ha fatto apposta»

«A fare cosa? A dire che dovrei fare la cameriera invece che rendermi utile per la Francia?»

«Sì»

La vide gettare il mozzicone a terra e schiacciarlo sotto la suola dello stivale:
«Lo sai perché mi brucia tanto?» una piccola pausa ed un sorriso amaro «Perché ha ragione. È vero, io… non sono un soldato. Non so combattere, né comandare. Ci provo, ma questo non significa che io sappia farlo. Mi sono presa cura di questo gruppetto di sbandati e … per cosa? Non certo per vederli gettarsi tra le fiamme, in uno stupido piano senza scappatoie. Non sono un generale, me ne rendo conto: se lo fossi, avrei appoggiato il piano del tuo amico in un batter d’occhio. È un’ottima idea, in realtà: facile da attuare e decisamente letale. Attirare i tedeschi nella gola e farli saltare è semplice: uccide, ferisce, mutila. Distruggeremmo un piccolo convoglio senza difficoltà, ma… che faremo se invece che quattro camion ne arrivassero dieci? Non possiamo saperlo, non con certezza. Sappiamo solo che arriveranno. A quel punto, dopo aver distrutto i primi quattro, dovremo ripiegare e… dove andremo? Come fuggiremo? Saremo presi tra un ponte crollato, il fronte e i nazisti. Non ce la faremo.» uno sbuffo, di nuovo «La verità è che non sono disposta a correre il rischio, capisci? Non sono pronta a sacrificare la mia famiglia, non ancora.»

«L’altra sera, però, mi sei parsa parecchio risoluta. Hai detto che non sarebbe stato un problema fermare Weilman o i rifornimenti…»

«Mentivo. Mi rendo conto che venti persone sia un numero piuttosto esiguo.»

«Perché lo hai fatto, allora?»

«Ho cercato di infondere coraggio ai miei uomini. Che cosa avrebbero detto se mi avessero vista tentennare? Avrei perso la loro fiducia. La verità è che comprendo la nostra inutilità: fingiamo di combattere per la Francia, per la libertà, ma… sotto sotto, non siamo che dei codardi troppo pavidi per poter prendere la decisione giusta. Ci accontentiamo di mantenere i rapporti con Vichy, di perpetuare piccole azioni di disturbo, di… infastidire i nazisti, proprio come delle sciocche mosche. Non li fermiamo mai, in realtà: ne uccidiamo qualcuno, ne feriamo altri, ma… il grosso delle truppe continua a transitare qui. Smith ha ragione: non siamo un grosso problema per Berlino. È per questo che ci lascia sopravvivere: non valiamo neppure le munizioni che spenderebbero per fucilarci. Avvilente, vero?»

«Solo un po’» scosse il capo, incerto. Comprendeva perfettamente quei discorsi, in fondo. Nessuno, in quella guerra, era davvero disposto ad osare di più: nemmeno lui avrebbe voluto rischiare la vita di Farlan o di Isabel. C’era chi prendeva decisioni simili al posto suo: comandanti e generali, a cui le esistenze monotone di semplici aviatori non interessavano affatto. Erano carne da macello, indipendentemente dalla divisa che indossavano. Venivano mandati, semplicemente, a morire: partivano dieci aerei e tornavano soltanto in cinque? Non aveva importanza, purché la Luftwaffe ne avesse persi almeno otto. Viceversa, beh… era un errore di calcolo, una strategia sbagliata che aveva influito su una prevedibile sconfitta. In breve, uno spreco di aerei più che di esseri umani: un buon pilota era facile da trovare, ma uno Spitfire pronto all’uso decisamente no. Le carlinghe erano, paradossalmente, più importanti delle loro stesse vite.

Il discorso di Nanaba, dunque, non gli appariva affatto astratto: che male c’era a scegliere i propri compagni? Nessuno, anche se questo significava non rischiare mai. Vivere nell’illusione di essere sempre al sicuro, di poterli proteggere e non perderli, nemmeno per una causa più grande. Non poteva sperare di compiere grandi imprese, non senza un cosciente sacrificio, ma forse a lei non importava: trovare il proprio nome nei libri di storia non valeva le vite dei suoi amici; oppure, semplicemente, aveva troppo da perdere.

«Pensi che Smith troverà un’altra soluzione?» la voce della giovane interruppe quelle riflessioni.

«Senza dubbio, ma… potrebbe volerci del tempo. Tempo che forse non abbiamo.»

«Non voglio prendere la decisione sbagliata. Se mi fidassi, se scegliessi di seguire il piano di Erwin… che accadrebbe se ci ritrovassimo con le spalle al muro? Circondanti dai nazisti, senza possibilità. Che ne sarebbe di noi?»

«Immagino verremo fucilati»

«Non voglio che la mia famiglia venga nuovamente distrutta. Non potrei sopportare i loro sguardi» accennò ad un paio di ribelli, intenti a spaccare la legna «Non potrei sopportare la riprovazione, la delusione, forse le accuse che mi getterebbero addosso nei loro ultimi istanti. Sarei stata io a spingerli nelle braccia del nemico, senza neppure un briciolo di considerazione per loro.»

«Sbagli» spiò le accette che, poco lontano, calavano inevitabilmente sui ciocchi «Non avrebbero nulla da rimproverarti. Al contrario, sarebbero fieri di te. Li ho visti, sai? Ti guardano come se fossi davvero un generale e sono pronti a seguirti ovunque; in anni di servizio, ho imparato a riconoscere la devozione e loro ne sono colmi: non credo d’aver mai visto tanta fiducia, nemmeno tra le fila della Raf. Ti osservano e vedono una guida, qualcuno a cui possono affidarsi senza timori. Non hanno paura di morire, non se sarai tu a guidarli: sono consapevoli del rischio, glielo si legge in faccia, ma… al tempo stesso, non lo temono. Desiderano solo fare la cosa giusta, aiutare la Francia, salvare le loro famiglie e gli amici che ancora li attendono. Pensi che risparmiandoli esaudiresti questa loro volontà? Costringendoli a combattere in sordina, senza mai esporsi, senza mai… contare realmente qualcosa per questo Paese!» un sospiro, tornando poi a squadrare la donna «Non sono francese e non so quanto conti per voi il patriottismo. Io sono solo un soldato, arruolatosi più per forza che per amore. Non sono mosso da nessun grande ideale. Mi piaceva volare, tutto qui. Mi sto rendendo conto solo ora delle mie azioni, di quanto un singolo gesto abbia pesato sulle realtà altrui. Se vinceremo la guerra, forse sarò ricordato come uno dei tanti eroici aviatori che hanno combattuto per liberare l’Europa, ma… in cuor mio, saprò d’essere solo uno stupido che si è fatto abbagliare da false speranze. Non commettere il mio stesso errore: tu puoi fare la differenza. Puoi farla davvero, ma… per compiere un passo simile, devi essere disposta a sacrificare qualcosa o… qualcuno.»

Raccolse un mesto ciondolare del capo:
«Sono solo una locandiera, ricordi? Chi voglio ingannare?»

«Non dovresti darvi troppo peso. Credi che Erwin ti avrebbe aiutata, se ti reputasse un’incapace? Ti ha chiesto una mappa e delle informazioni»

«Lo sto obbligando ad aiutarci. Ho fatto leva sui suoi sensi di colpa. La verità è che non sono capace di mettermi in gioco, non quanto lui, almeno. Sono una persona meschina: gli ho rinfacciato Hannut per costringerlo a collaborare»

«E pensi che questo basti? Insomma, se non volesse o se ti consierasse una cretina completa, credi davvero che sarebbe rimasto qui? Ce ne saremmo andati e avremmo trovato un modo per passare il confine da soli»

«Cosa dovrei fare?»

Levi stiracchiò piano le braccia, prima di alzarsi «Dagli un’altra possibilità; prova ad ascoltarlo, sono sicuro che riuscirà a convincerti» mosse qualche passo per sgranchirsi le gambe, prima di premere sullo stomaco con una mano «E… se potessi farmi un the, ne sarei felice»
 

***
 

«Ho controllato» Nanaba oltrepassò la soglia della cucina, raggiungendo il tavolo e scaricandovi il contenuto di un grosso sacco «Queste sono le munizioni ancora disponibili. Ne abbiamo a sufficienza, direi. Se non le sprechiamo, dovrebbero bastarci»

Erwin staccò lo sguardo dalla mappa, aggrottando la fronte: metà cartina era ora ricoperta da cinturoni con proietti per fucili e pistole. Uno sembrava compatibile solo con le mitragliatrici, mentre qui e là spuntavano i familiari ganci delle granate.
«Avete una mitragliatrice?» chiese, indicando i lunghi colpi dorati.

«No, purtroppo. Li tengo di scorta, però. Potrebbe servire della polvere da sparo aggiuntiva, all’occorrenza» la donna si sedette accanto a lui, sfilando un disco piatto da sotto le falde del largo cappotto «Mine. Ne abbiamo una quindicina, circa. Hanno una miccia piuttosto lunga e possiamo collegarle ad un innesco manuale, se vuoi farle esplodere in serie.»

«Beh, sì… l’ideale sarebbe minare l’intera gola e quando il primo camion sarà verso la fine della strettoia, farlo saltare. Di conseguenza, faremo scoppiare anche quelli che lo precedono»

«Molto bene. Abbiamo anche un paio di barili di polvere da sparo pura. Abbiamo depredato un convoglio di munizioni, qualche mese fa» fu l’unica spiegazione che ricevette, mentre un indice sottile andava a premere sul disegno del ponte «Potremmo usarli per farlo saltare. Distrutto quello, penseremo alla gola. Quanto alle armi, beh… vi è un poco di carenza. Abbiamo fucili, ma solo per la metà di noi e… qualche pistola. Qualche granata, ma di piccolo calibro.»

«Li faremo bastare» Erwin incrociò lo sguardo verde della donna, senza riuscire a leggervi altro che una ferma risolutezza «Sei sicura?»

«Sì»

«Non voglio che ti senta costretta in un piano in cui non credi.»

«Lo so; e so che prima ci siamo scaldati per niente, tutti e due. È il caso di riacquistare un po’ di calma ed imparare a fidarci. Non andremo da nessuna parte se non collaboreremo. Inoltre, non posso continuare a nascondermi qui. I miei uomini contano su di me e su di te. Vogliono combattere, questa volta; gliel’ho chiesto, ne abbiamo parlato e sono tutti concordi con il tuo piano. Vogliono rendersi utili e dare una lezione a quei bastardi tedeschi!» un piccolo cenno imbarazzato «Senza offesa, ovviamente»

«Nessun problema.» Erwin ruotò la mappa, così da permetterle di osservare «Mineremo la gola, come ti dicevo: piazzeremo delle cariche in questi punti» tracciò dieci piccoli segni, disponendoli a due a due «Ogni coppia sarà collegata ad un innesco: faremo correre il filo lungo le pareti del pendio. Sono tanto ripide?»

«Per un veicolo sì, ma… immaginale come un crinale molto irto di una collina. Brulle, coperte di sassi, argilla e qualche sporadico arbusto»

«Perfetto. Nasconderemo i fili con della terra e li faremo salire sino alla sommità del pendio. Lì c’è vegetazione?»

«Sì. In cima, le pareti sono contornate da bassi e frondosi cespugli. Saranno un perfetto nascondiglio.»

«Ottimo. Mi serviranno tre uomini da posizionare alle micce. Gli altri li distribuiremo lungo entrambi i crinali. Cercheremo di non fare prigionieri»

«Sono d’accordo. E per il ponte?»

«Ci divideremo in due squadre oggi pomeriggio: la prima andrà a preparare la gola, l’altra farà saltare il ponte. Possiamo usare le cariche rimanenti e la polvere da sparo. Non è necessario demolirlo tutto, ma creare una voragine sufficiente da impedire il passaggio dei camion. Avete assi di legno abbastanza lunghe?»

«Qualcuna, ma dovrei controllare»

«Le celeremo nei pressi del ponte, sul nostro versante. Se dovesse essere necessaria una ritirata improvvisa, ci daremo appuntamento lì. Useremo le assi per ricollegare le sponde e le attraverseremo. Non sarà stabile, né sicuro, ma possiamo tentare»

«Non serviranno. Questa volta non fuggiremo: né tu, né io. È tutto?»

«Penso di si»

Una mano si tese in sua direzione; la strinse in silenzio, limitandosi ad un cenno del capo. Poi, come era venuta, Nanaba tornò sui propri passi, scomparendo poco dopo oltre la soglia della cucina.
 

***
 

Erwin si tappò le orecchie con le mani, mentre le cariche brillavano tra i piloni del ponte. Ne avevano utilizzate a sufficienza per creare uno squarcio abbastanza largo da impedire il transito di qualunque mezzo. L’intero arco centrale era crollato; cemento e i mattoni si erano riversati nel fiume con un ampio spruzzo, mentre l’acqua gorgogliava infastidita da quell’intromissione.

«Abbiamo finito» disse solo, osservando il risultato soddisfatto.

«Basterà a fermarli?» Levi si era accostato, spiando le macerie rimanenti.

«Sì. Li costringerà a deviare verso la gola oppure a rinunciare. In entrambi i casi, avremo raggiunto il nostro scopo: al fronte non arriveranno rifornimenti»

«Credi passeranno solo camionette? E se inviassero dei cingolati?»

«Le cariche potrebbero non essere sufficienti a fermarli, in questo caso. Però, l’altra strada è molto più ripida ed impervia di questa, soprattutto nel tratto finale. Non credo che un carrarmato se la caverebbe bene su un terreno tanto sconnesso. Ho tenuto della polvere da sparo, nel caso fosse necessario colpirli»

«Funzionerà?»

«Lo spero, ma…» le sue parole vennero interrotte da un insistente picchiettare sulla spalla. Il maggiore si voltò, incrociando il viso arrossato di Mike «Che ci fai qui? Pensavo fossi stanziato alla gola»

«Sì, ma sono corso ad avvertirti. I nostri informatori hanno visto il convoglio. Dovrebbe contare quattro, cinque camion al massimo. Quello deputato al trasporto munizioni viaggerà in centro, mentre quelli con i soldati saranno in testa ed in coda. Ognuno porterà almeno venticinque soldati. Se mantengono questo ritmo di marcia, saranno qui in mattinata»

«Perfetto! Faremo saltare il camion con le munizioni per primo. Esploderà come una polveriera carica e forse ci agevolerà il compito: dovrebbe amplificare lo scoppio e coinvolgere anche i mezzi vicini. In questo modo, forse potremo risparmiare sull’esplosivo e tenerlo in caso di necessità. Viceversa, potremo far brillare l’intero percorso nel canale e distruggere anche gli altri quattro. Carrarmati?»

«A quanto pare, nessuno.»

«Bene. A che punto siete?»

«Quasi finito. Stiamo ultimando gli ultimi dettagli: abbiamo nascosto gli inneschi, come hai suggerito. Pierre, Gabriel e Pascal si sono offerti volontari per attivarli domani. Gli altri hanno già provato a posizionarsi, scegliendo le linee di tiro migliori» una pausa e un piccolo sogghigno appena coperto dai baffi «Sai, da queste parti… dicono che abbattere un ponte porti sfortuna. È sinonimo di una strada che si interrompe bruscamente e troppo precocemente; un rapporto che si rompe e un legame che salta. Chissà… Anche se credo sia solo una sciocca superstizione.»

Erwin annuì in silenzio, tornando a guardare davanti a sé. La luce del tramonto indorava i campi, arrivando a bagnare la serpiginosa strada ora bruscamente interrotta. Il ponte appariva come una ferita fresca in quel paesaggio pacifico, quasi fosse un orrendo presagio o una cicatrice che a lungo avrebbe deturpato la quiete.
 
 


Angolino: buonaseraaaa! Ci ho messo una eternità ad aggiornare, lo so. Mi dispiace moltissimo, ma purtroppo gli impegni e il lavoro si sono accavallati, rubandomi un po' del tempo che dedico alla scrittura. Viceversa, quando avevo tempo non trovavo la giusta ispirazione e così ho rimandato sino ad oggi.
So che è l'ennesimo capitolo di transizione, ma era necessario per introdurre il pezzo successivo. La Long entra nel suo arco finale, praticamente. Manca ancora qualche capitolo, ma la conclusione si avvicina sempre di più.
Ringrazio, quindi, quei pochi e fedeli lettori che l'hanno seguita fin qui! ^^ scusatemi, se potete, per questo ritardo imperdonabile.
Un ringraziamento infinito ad Auriga per aver letto il capitolo in anteprima ed avermi dato supporto e suggerimenti per le correzioni.
Un abbraccio, vicersa, a Shige che - suo malgrado - si ritroverà il nuovo capitolo a suo insaputa. Consideralo un piccolo premio per i tuoi ultimi sforzi, che ti hanno portato via tempo ed energie. Avrei voluto scrivere qualcosa di meglio per voi, ma... questo è quanto son riuscita a produrre. Non è una scusa, lo so. Mi dispiace.
Detto questo, beh... spero di metterci meno ad aggiornare in futuro.
Un abbraccio e un grazie per aver letto fin qui

E'ry
  
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