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Autore: Sarck    03/03/2017    3 recensioni
Avrebbero potuto incontrarsi in questa o in qualsiasi altra sequenza temporale, sulla London Eye, per strada, in un taxi, in una taverna lugubre ai tempi dei corsari, ad un ballo di gala ottocentesco o in un'ospedale. In ogni modo, in qualsiasi universo alternativo, Blackstar l'avrebbe riconosciuta.
***
Raccolta di primi incontri tra Blackstar e Tsubaki, in diverse timeline. AU!
1. Metropolitana: "Sai correre? È la terza metropolitana che rompo e sono troppo un grande per farmi beccare!"
2. Ospedale: È strana Tsubaki, perché pensa troppo ad un ragazzo con cui non ha neanche mai parlato, di cui non conosce neanche il colore degli occhi.
3. Ballo di gala a Death City (storico): “Signor Blackstar, ma voi non dovevate invitare a ballare la signorina Maka-chan?”
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Black Star, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ballo di gala

Ballo di gala a Death City

Villa Kid è situata nello Yorkshire, nella piena brughiera inglese. Posto solitario, se non fosse per la piccola cittadina di recente costruzione che vi è stata eretta; Death City.  C’è chi dice cha sia stato lo stesso Shinigami a fondare il villaggio, ma Blackstar è sicuro che non sia così perché qualche conto lo sa fare – pochi – e in quanto muratore sa quanto ci voglia a costruire anche solo un piccolo edificio. È indubbiamente impossibile aver fatto tutto da solo. Quello che non coglie è ovviamente il significato simbolico per il quale lord Shinigami viene definito il fondatore della cittadella.
Si dice che ultimamente il Lord sia in vacanza, in ogni caso suo figlio dirige magistralmente gli affari commerciali, tanto che ha addirittura tempo per organizzare feste d’élite in casa sua, indubbiamente sotto le pressioni della moglie, Liz, e della cognata, la piccola Patty.

Blackstar vorrebbe maledire Kid, lui e il suo invito cartaceo; grafia elegante – un inchiostro senza dubbio costoso - sopra un cartoncino dai bordi color oro,  neanche fosse l’invito al suo matrimonio. No, in quello vi era addirittura il sigillo di Lord Shinigami.
Soprattutto vorrebbe maledire sé stesso per aver accettato. In ogni modo Blackstar non aveva neanche fatto finta di saper leggere, si era presentato a casa sua, quella che ormai Kid condivide con Liz, e sorpassando con una spallata l’inserviente “che minchia è sta lettera?”  aveva chiesto, strillando in mezzo al salotto e facendo saltare sul posto il povero Kid intento nell’eseguire un ritratto dal vivo. Liz gli era scivolata affianco poco dopo, sorridendo in modo enigmatico, Kid si era passato le mani nei capelli, poi - pentito -  li aveva rimessi in perfetto ordine. In poco tempo gli era stato spiegato il tutto.
La situazione è dunque davvero questa, è successo; è stato invitato al suo primo ballo di gala. Se ne sta lagnando proprio con Soul, facendo penzolare le gambe nel fiume, i pantaloni ruvidi e sporchi di terra arrotolati sui polpacci forti.  Non sa neanche cosa significhi “gala”.
Soul sbuffa, pensa che la deve smettere di passare il suo unico giorno libero con Blackstar se quello non fa altro che lamentarsi, ma non lo contraddice.
“Che poi” continua Blackstar, mentre dietro di loro sentono passare un’altra carrozza. Il rumore degli zoccoli del cavallo e delle ruote che si trascinano sul sentiero in ghiaia copre un po’ le sue parole; non si premura di aspettare il passaggio, alza solo di più il tono di voce per farsi sentire: “mica ho bisogno di trovarmi una moglie, io. L’ho capito a che servono questi balli eh, non sono mica stupido”.
Soul vorrebbe rispondere che un po’ lo è, perché nonostante siano nel 1843 e l’analfabetismo sia una condizione diffusa, a tutti loro è stato insegnato di firmarsi con una bella “x”, quando serve, ma Blackstar si impunta nel voler siglare tutto con una stella. Conferma di sentirsi più originale, nel farlo. Per tutta questa serie di pensieri Soul non risponde, appoggia la schiena per terra, con le braccia dietro la testa e non lo contraddice neanche.

 

 

8.40 p.m. 12 Settembre 1843, villa Death the Kid

Sì, se lo sta chiedendo. Picchietta con la scarpa laccata contro il pavimento, impaziente, forse innervosito, sicuramente non a suo agio. Ha un bicchiere pesante tra le dita, lo ha tirato su dal vassoio del cameriere appena passato, e senza dire nulla, con la testa reclinata all’indietro e i capelli a fargli solletico sulla fronte, ha mandato giù tutto il contenuto, increspando le labbra per il forte sapore amaro. Le bevande offerte dal signor Death the Kid, padrone di casa, sono indubbiamente forti. Lo sa, perché è il vino della bottega Evans. Ha aiutato lui stesso Soul, quella mattina, a portare quattro barili pieni alla villa.
Se lo sta chiedendo, se sia il caso di sfilarsi di dosso quella giacchetta, che gli sta un po’ troppo stretta sulle braccia, cosa che lo fa sudare nonostante non siano ancora iniziati i balli. Oltre a ciò, la trova decisamente orribile, lunga dietro si accorcia sul davanti, con tre grossi bottoni per lato. Almeno è riuscito ad evitare che Sid gli prestasse il fazzoletto blu da annodare al collo, a quel punto non ci sarebbe neanche venuto, a quel dannato ballo.
Grugnisce verso un uomo che lo sta osservando da troppo, con un cipiglio che gli fa formicolare le mani dal fastidio. Stringe più forte le dita sul bicchiere ormai vuoto e vaga con gli occhi assottigliati tra la folla, alla ricerca di un posto dove appoggiarlo. Non trovandolo si dirige proprio verso l’uomo che continua a soppesarlo con lo sguardo. Improvvisa un sorriso, che senza dubbio sembra più in ghigno e allunga la mano, con il bicchiere, verso il suo viso.
“Tieni qua” dice solo, allargando ancora di più le labbra, sinceramente divertito questa volta, osservando le palpebre dell’uomo alzarsi completamente e gli occhi nocciola mostrarsi, più di prima. Lo ha talmente preso alla sprovvista, nel rivolgergli la parola, che l’uomo ha afferrato il bicchiere con un sussulto, come di riflesso, evidentemente così sorpreso da sfociare nell’imbarazzato. Blackstar non si ricorda mai di dare del “voi” a chi non conosce, ma questa volta lo ha fatto quasi di proposito.
Approfitta delle mani ora libere per portare le braccia dietro la schiena e iniziare a sfilare le maniche della giacca, sbuffando per la difficoltà nel togliersela; troppo stretta.
Il suo patrigno, Sid, non doveva essere molto grosso alla sua età. Quando riesce nell’impresa e solleva lo sguardo, il signore davanti a lui non si è ancora mosso; tiene le dita salde sul vetro del bicchiere appena cedutogli e sbatte piano le ciglia sugli occhi. Blackstar appoggia la giacca sul corrimano della scala, non preoccupandosi del fatto che non sia quello il posto e che l’attaccapanni si trovi davanti all’ingresso, solo oltre la seconda sala. Soffia un ciuffo di capelli azzurri lontano dal volto e poi posa la mano sulla spalla dell’uomo.
“Grazie” ghigna tra i denti, sinceramente compiaciuto e felice di essersi liberato dell’impiccio del bicchiere e di quello della giacca. Poi gira i tacchi, fa per infilare le mani nelle tasche dei pantaloni, scoprendo che non le ha – deluso, le allaccia dietro alla schiena – e si dirige nell’altra sala, volenteroso di incontrare Kid e Liz.
È venuto al ballo solo perché Kid l’ha pregato, dicendo che erano mesi che Liz insisteva con il voler far conoscere a lui e Soul due ragazze. Blackstar spera solo di finire presto la faccenda, perché i balli lo annoiano a morte e di trovarsi una moglie non ne ha neanche idea.
L’unica cosa divertente è infastidire i ricchi gentiluomini con la sua sfrontataggine e far arrossire le donnette con commenti vivaci troppo ad alta voce. Se deve ammetterlo, in realtà, gli piace anche il modo in cui tutti sono costretti a fissarlo mentre passa, perché uno con i capelli di quel colore e scombinati come i suoi, non l’hanno di certo mai visto.
“Fighetti” mastica tra i denti, osservando i fiocchi di velluto che tengono legati in una coda bassa i capelli di molti uomini presenti nella sala, quelli che non indossano parrucche almeno. I ricchi non gli sono mai piaciuti, forse può fare eccezione solo Kid, perché lo conosce da anni ed è il suo più caro amico – insieme a Soul – ma di certo, non limita per questo le battutine sarcastiche nei suoi confronti.

Effettivamente a pensarci bene non c’era bisogno che entrasse nella sala dondolandosi sul lampadario – cosa che Soul gli aveva sconsigliato – perché tanto attira la maggior parte dell’attenzione già così, solo facendosi largo tra la folla. In ogni caso, meglio conoscere la fantomatica ragazza con cui Liz vuole combinarlo al più presto, perché sa che se ne resterà buono ancora per poco; sente già i muscoli iniziare a formicolare dalla voglia di muoversi e fino ad ora è stato fin troppo discreto e silenzioso.
No, decisamente non riuscirà a rimanere così tranquillo a lungo.

 
Le presentazioni avvengono con un certo trambusto. Blackstar ha trovato Soul, in mezzo a tutta quella folla, giusto da qualche minuto e già gli sta urlando nell’orecchio il suo disappunto nei riguardi dell’acconciatura (no, non è possibile che si si tirato i capelli all’indietro). Liz, a braccetto con Kid e trascinando – letteralmente – con la mano libera una seconda ragazza, li saluta proprio nell’attimo in cui Blackstar è riuscito a mettere mano sui capelli di Soul e scombinarglieli prepotentemente, con una certa insistenza e assenza di tatto che è suo tipico.
I due ragazzi si ricompongono, mettendosi sull’attenti, solo appena vedono la seconda ragazza. Ritto in piedi, con le mani rigide lungo i fianchi, Blackstar si zittisce, in un impeto di educazione, mentre Liz strattona più forte il braccio alla ragazza, che è costretta ad alzare gli occhi, grandi e verdi, e guardare in faccia i due giovani di fronte a lei, trattenendo un piccolo sbuffo.
“Signor Blackstar, lei è la signorina Maka Albarn, che ne dite di offrirle un ballo?”. Liz, molto educata, come sempre, ma estremamente esplicita e persuasiva. La persuasione sta tutta nel fatto che ha praticamente messo la mano sottile di Maka su quella di Blackstar e che li sta spingendo verso il centro della sala.
Il ragazzo è talmente sconvolto che si limita a voltare la testa all’indietro e guardare stralunato Kid, che in risposta gli alza due pollici.

“Siete pronta, signorina?”.
Esattamente; si sta impegnando ad utilizzare il “voi”, giusto perché, anche se la giovane donna che ha davanti non è per nulla il suo tipo, sente qualcosa di buono in lei, che gliela fa addirittura stare simpatica. Questo non lo dice, però, e non lo dirà neanche in futuro, preferendo tirarle leggermente un codino e ricevere una gomitata nello stomaco, coperta da un finto passo di ballo. Strabuzza gli occhi, preso alla sprovvista, e pensa che forse no, non avrebbe dovuto trattarla con tanto rispetto. Le afferra la mano, per impedirle di picchiarlo ulteriormente e per non essere lui stesso tentato di tirarle ancora un codino. “Stavo dicendo”, le pesta un piede, sorride invece di chiedere scusa – Maka si limita a grugnire e guardarlo male da sotto la frangetta – “siete pronte per il mio brillante discorso?”.
Blackstar sta masticando quell’idea da un bel po’, dopotutto è stato Kid a far scattare la scintilla nella sua mente.
“Blackstar, ho invitato personaggi molto importanti a questo ballo, approfittane per fare colpo sul qualcuno e riuscire a farti assumere per qualche impiego”.


Sbatte le palpebre, due volte, con un piede già sul tavolo, l'altro ancora a terra, la gamba stesa. Posizione scomoda per qui pantaloni eleganti, di certo non elasticizzati, che si alzano rivelando calzini azzurri oltre le scarpe laccate.
La cosa passa in secondo piano, perché Blackstar si è fermato dal salire sul tavolo e introdurre un discorso di presentazione, al fine di farsi conoscere velocemente da tutti gli invitati, non perché Maka gli sta tirando la camicia, prendendolo dalla schiena, e non per i suoi insulti soffiati tra le fessure dei denti. Blackstar si è fermato, perché ha visto Soul avvicinarsi e accanto a lui - sbatte ancora le palpebre, lentamente - una certa ragazza, imbarazzata, con la testa bassa e un piccolo sorrido dolce, seminascosto. Tira giù la gamba, dimentico dei suoi propositi, con grande sollievo della signorina Maka Albarn - già con una tempia estremamente pulsante e gli occhi ridotti a fessure. Si passa le mani sul petto, facendole scorrere verso il basso, con il goffo obbiettivo di stirare un po' le pieghe della camicia, ormai sbottonata fino alla seconda asola, colpa del caldo che segue certi balli. "Andiamo" dice solo, e Maka non fa neanche in tempo a chiedere dove, che Blackstar è già davanti alla nuova ragazza, con le mani sui fianchi, il petto ampio e la bocca ghignante. Soul fa in tempo a dire "merda, no", Maka a raggiungerli, Tsubaki ad alzare piano il viso da terra; Blackstar apre la braccia, indifferente al fatto di aver appena urtato qualcuno nel gesto, e mente guarda negli occhi scuri quella ragazza fine, dai tratti orientali e le iridi luminose, ancora troppo coperte dalle ciglia, finalmente: "mi chiamo Blackstar!" sputa fuori, in un urlo agguerrito e fiero. Tutti nella sala, lo sentono. Il fatto che nessuno gli abbia chiesto come si chiami è per lui irrilevante.
Le afferra il polso, sotto lo sguardo di tutti i presenti che si sono appena voltati, e se la tira addosso. La musica del pianoforte e dei violini non è cessata, immobile è invece il chiacchiericcio che animava la sala precedentemente.
"Balla con me" dice, stirando le labbra così tanto che quasi rischiano di spaccarsi. Forse succede, perché le ha sempre troppo screpolate a causa del vento. Allora si passa sopra la lingua, sentendo il lieve sapore del sangue dovuto a un taglio appena formatosi, come previsto. Alla ragazza di fronte a lui tremano le palpebre mentre segue il movimento accurato della lingua.
Intorno a loro, piano piano, le chiacchiere si rianimano. Immobili sono Maka e Soul, la prima sconvolta, il secondo meno, ma infinitamente rassegnato e quasi infastidito, perché quella bella ragazza prosperosa non gli dispiaceva affatto.
"Va bene" risponde, quella che sappiamo essere Tsubaki, ma a cui Blackstar non ha ancora chiesto il nome. Lo farà, tra poco, per ora è troppo incentrato a godersi le vibrazioni della sua voce e il moto interiore che gli provocano. Perfino Soul, affianco a loro, si meraviglia; lui, in venti minuti non era ancora riuscito e cavarle una parola di bocca.

 

***

È il terzo bicchiere di vino, quello di Soul. Ormai lo manda giù come acqua, dopotutto beve il vino della sua bottega da quando ne ha memoria e anche se gli altri dicono che sia particolarmente forte (Blackstar, ad esempio, quando finisce il secondo bicchiere è più che brillo), a lui non fa più particolarmente effetto. Per questo, pensa di puntare anche al quarto, dopotutto da quando Blackstar gli ha trascinato via la ragazza con cui Liz voleva felicemente accasarlo, si sta annoiando a morte.
Poi c’è quell’altra ragazzetta, quella che sembra più piccola ma Liz giura abbia solo un paio di anni meno di lei. Soul non vorrebbe ammetterlo, ma l’ha colpito, forse per il modo in cui teneva Blackstar per la camicia, senza un minimo di paura, con le guance gonfie e gli occhi infuocati, quando stava cercando di impedirgli di salire sul tavolo. È tutta la serata che la guarda, mentre parla con Liz e non accenna minimamente a voler unirsi al ballo. Ogni tanto ha voltato i grandi occhi nella sua direzione, assottigliandoli ogni volta che incontrava il suo sguardo e girandosi dall’altra parte, scontrosa per chissà quale motivo.
Appoggia la schiena contro la parete e mordicchia con i denti il bordo duro del bicchiere. Gli piacciono, quei codini che ha ai lati della testa e il modo in cui li fa ondeggiare, quando discute più animatamente. Il vestito che indossa è molto simile a quello della altre donne presenti nella sala. Arriva fino a terra, tanto da permettere di vedere solo la punta delle scarpe. Le maniche si gonfiano sulle spalle, per poi stringersi sotto di esse. Finiscono all’incirca ai gomiti, con un piccolo bordo in pizzo. La vita è sottilissima, stretta ancora di più in un corpetto indubbiamente scomodo, che culmina con un grosso fiocco alla fine della schiena. I due lembi del fiocco si appoggiano morbidi sulle natiche. Soul rimane un po’ troppo a fissare proprio quella curva della schiena e il modo in cui oscillano le estremità del fiocco verde, come se le accarezzassero il sedere tondo, ad ogni movimento. Peccato solo, che non abbia il magnifico seno dell’altra ragazza.
Sbatte piano la testa all’indietro, contro il muro, mentre scivola con lo sguardo sulla scollatura quadrata del vestito di quella signorina Albarn, sospirando rassegnato nel non trovarci minimamente qualcosa di interessante.

 

***

Tsubaki non si è mai sentita tanto imbarazzata in vita sua. Il ragazzo non segue i classici balli; le stringe entrambe le mani sui fianchi, non le fa fare piroette e giri, ma si limita a tenerla incollata al suo corpo, in una vicinanza che fa sussurrare le donne affianco a loro e alzare i sopraccigli agli uomini. Non stanno neanche andando a ritmo, spesso lui le ha pestato i piedi e ha sorriso invece che scusarsi – a Tsubaki va benissimo così – e più volte l’ha sballottata distrattamente contro qualcuno dietro di lei, ridendo rumorosamente in risposta.  I mille scusa farfugliati al posto di entrambi e lo sguardo basso non bastano a farla sentire meno a disagio, in ogni caso.
Inspira l’odore forte che quel ragazzo emana e non riesce a non far volare lo sguardo sulla porzione di petto lasciata scoperta dalla camicia o le maniche arrotolate in modo trasandato fino ai gomiti. Non ha neanche mai visto qualcuno di così spettinato, con i capelli che puntano più al lampadario che ai loro piedi, ma deve mordersi l’interno della guancia per evitare di allungare le dita, che tiene allacciate dietro al suo collo – è stato lui a metterle le braccia in quella posizione – e non accarezzargli i ciuffi azzurri.
“Signor Blackstar, ma voi non dovevate invitare a ballare la signorina Maka-chan?” soffia tra le labbra, alzando di poco le palpebre, giusto per guardarlo un attimo negli occhi e poi riabbassarle, arrossendo per la vicinanza al sorriso di lui. Le dita si sistemano meglio sui suoi fianchi, facendole trattenere per un attimo il respiro.
“Io non ho doveri, non devo fare nulla che non mi vada, Tsubaki”.
Da sotto le ciglia contempla il suo sorriso perennemente esposto, enorme, e per la prima volta si sente incredibilmente attratta dalla risposta che gli è stata rivolta. Non avrebbe mai pensato, lei, di rispondere in quei termini.
Blackstar però non ha finito; vede le sue labbra secche e arrossate muoversi ancora, parlando e solleticandogli il mento con il fiato – giusto perché il ragazzo è poco più basso di lei.
“Per esempio, non siamo mica obbligati a rimanere qui; questo ballo di merda mi sta stufando”.
Se la allontana un poco dal corpo, in un gesto così veloce e poco delicato che Tsubaki finisce per mordere troppo forte la carne tenera della guancia che teneva intrappolata tra i denti.
“Uh” dice solo, sorpresa, quando lui le afferra di nuovo il polso, come quando l’aveva trascinata via dal signor Evans poco tempo prima. È costretta a guardarlo negli occhi ora, perché non può evitare il suo sguardo per sempre.
Ci sarebbero un po’ di cose da dire, sulla signorina Tsubaki e la famiglia Nakatsukasa, in questo momento della storia. Ad esempio, il fatto che la dolce Tsubaki sia stata abituata alle buone maniere fin da piccolissima, ad abbassare il capo e salutare cordialmente gli uomini più grandi di lei, a mantenere una voce dolce e disponibile in qualsiasi circostanza, a rispettare i buon costumi, non mettere corpetti troppo scollati e tenere sempre legati i capelli, in acconciature spesso anche fastidiose . Forse non lo ha mai ammesso a se stessa, ma sì, certi balli, certe feste e cene di gala sono spesso una rottura. Per questo sente uno sfarfallio nello stomaco mentre guarda gli occhi verdi di quel ragazzo per nulla educato, le pupille dilatate in attesa di una risposta di consenso – accettare di allontanarsi con lui dalla festa-  e il riflesso dei lumi del lampadario tra una striatura e l’altra dell’iride. La mano che le stringe il polso le brucia terribilmente, perché è come se gli stesse imprimendo un segno nella carne, fino al sangue che scorre veloce sotto la pelle delicatissima del polso sottile. Inspira, in qualche strano modo spera gli entri nelle vene tutto quel calore.

È andata al ballo pensando di poter trovare un marito perbene, obiettivo consigliatogli dalla madre sulla porta di casa, mentre le sistemava una ciocca sfuggita all’acconciatura. Questo tipo, che non ha neanche avuto bisogno di una qualche risposta verbale, ma che ha solo riso di fronte al suo sguardo e ha capito, trascinandola verso la porta d’ingresso, non coincide per nulla con l’idea di marito che si è sempre creata in testa. Non fa in tempo a salutare né Maka né i padroni di casa, nota solo Soul guardarli con un sopracciglio alzato e un sorriso storto, prima di ritrovarsi fuori, nel giardino di villa Kid, con uno strano affanno nel respiro.
“Ma dove andiamo?”. Ha dimenticato lo scialle sull’appendiabiti e per qualche strana ragione il pensiero la fa sorridere, perché non le importa davvero.
Il ragazzo ha un passo eccessivamente veloce e troppa energia in corpo. Gli è scesa una manica della camicia, prima arrotolata fino al gomito.
“Vuoi fare il bagno nel fiume?” chiede. Poi le lascia il polso, sicuro che ora non scapperà e si accovaccia a terra per sfilarsi le scarpe. Da quello che sta iniziando a capire di lui, Tsubaki sa che non si aspetta una risposta; la dà già scontata. Blackstar si desta in piedi in poco, quasi rischiando di sbattere con il cranio contro il mento di Tsubaki, che si era sporta un pochine per sbirciare – oltre i suoi capelli ingombranti – cosa stesse combinando. Con le scarpe e i calzini tenuti in una sola mano e i piedi nudi sull’erba, inizia a correre, urlando qualcosa di strano, che lei interpreta come una sorta di invito.
La ragazza alza il volto verso il cielo nerissimo e distrattamente pensa che tra poco verrà a piovere. Dalla casa, enorme e illuminata alla sue spalle, si sente leggera la melodia del pianoforte.
Dopotutto, queste feste annoiano a morte anche lei. Sorride, lo segue.

Tsubaki racconterà a Maka del bagno nel fiume solo il giorno seguente. Si imporporerà ad ammettere che sì, era solo in camiciola, davanti ad un Blackstar già immerso nell’acqua fino al naso, con gli occhi che gli ardevano e sembravano bruciarle ogni centimetro del corpo.
Che poi, sarebbe quasi d’obbligo aprire tutta una parentesi dedicata alla camiciola di Tsubaki e la grandiosa idea, quella sera, di non mettere i soliti mutandoni, che indubbiamente l’avrebbero fatta vergognare in quel fragrante. Anche perché, per qualche inaccessibile ragione, la signora Nakatsukasa nutre un particolare amore nei confronti dei merletti in pizzo e alla sarta di paese chiede sempre di aggiungerne strati e strati. Il risultato è che tutto l’intimo della signorina Tsubaki termina con almeno una decina di centimetri  di pizzo che le fanno sempre prudere fastidiosamente i polpacci candidi. Quella scelta d’intimo è stata invece indubbiamente apprezzata.
Nel riferire a Maka sorvolerà però sul fatto che Blackstar le avesse baciato il collo da dietro e appoggiato le mani appena sotto al seno, ma che i pollici, muovendosi, glielo accarezzavano benissimo.

D’altra parte Maka gli racconterà che ad un certo punto della serata Soul Evans si era recato al pianoforte e aveva iniziato a suonare. Tralascerà però la sua opinione riguardo al fatto, troppo orgogliosa per dirle che quella melodia le faceva venir voglia di piangere e sorridere contemporaneamente, ma più di tutto, indubbiamente, di andare a stringere quel ragazzo.

 

***

Kid controlla che le coperte siano perfettamente sistemate, che la trapunta non penda più da una parte rispetto all’altra. Solo dopo un’accurata analisi e sistemazione annuisce soddisfatto a sé stesso e si infila nel letto.
“Liz” sussurra, indeciso, “sei ancora sveglia?”. La moglie in risposta mugugna e tira fuori la chioma bionda da sotto il calore della coperta. Ha il fiato caldo, Kid se lo sente sul colo quando lei lo abbraccia e la vestaglia di seta sfruscia sul suo corpo. Intreccia le gambe, sentendo quelle scoperte di lei, lisce e piacevolmente calde, sulla pelle. Se la stringe di più addosso.
“Ti è piaciuta la festa quindi? Ti ricordo che l’ho organizzata solo per il tuo perverso intento”.
Si danno del tu, è stata una decisione di Liz a riguardo, una delle clausole del loro matrimonio. La quattordicesima recita “non puoi impiegare più di dieci minuti a sistemare il letto prima di metterti a dormire”. La scrupolosità di Kid gliene fa impiegare dodici, ma Liz chiude un occhio la maggior parte delle volte.
La sente sorridere sul suo collo e rispondere entusiasta “certo che sì, è stata un’idea grandiosa quella di farli conoscere”. Kid ha già la testa altrove, in particolare rivolta alla gamba morbida di lei che si è infilata tra le sue. Le posa il palmo aperto sulla coscia, ma continua ad ascoltarla.
“Insomma, lo avrai notato anche tu no? Maka con il suo carattere forte è l’unica che può tenere a bada uno scatenato come Blackstar, staranno benissimo insieme. Soul invece è molto più pacato, può mettere Tsubaki a suo agio, in più è molto protettivo, si prenderà bene cura di lei”. Annuisce, completamente soddisfatta e aggiungendo poi “non credi?”.
Kid non è così convinto, qualcosa in tutto quello stona; è come se le coppie fossero poco simmetriche. Non esprime i suoi dubbi però, si limita a baciare Liz sulla labbra, tenendola per la nuca e pensare che ne uscirà fuori qualcosa di sicuramente divertente, da quegli incontri.

 

***

Che Blackstar fosse contro qualsiasi tipo di convenzione sociale, matrimonio e vita familiare inclusa, è risaputo. Per questo Sid non si spiega come mai sia tornato a casa con i capelli gocciolanti, gli occhi accesi, un lieve affanno nel respiro e sulle labbra una folle richiesta.

È risaputo anche che Blackstar goda di grande fama, in tutta Death City, per essere la persona più risoluta mai incontrata. Tutti quanti in città lo sanno, motivo per cui il nome di quel ragazzo viene sempre pronunciato con un lieve brivido nella voce: non vi è obbiettivo che si sia posto e non sia riuscito a raggiungere.

 

“No Blackstar, non puoi chiedere la mano della signorina Tsubaki Nakatsukasa. Non accetteranno mai, sono di famiglia nobile e tu non puoi che offrile lei un umile e precario futuro.”

“Vogliamo vedere?”
















Spazio autrice. Nya.
Terzo e particolarmente lungo incontro! La più grande differenza rispetto alle altre due Shot sta, ovviamente, nell'introduzione delle altre coppiette e spero la cosa sia apprezzata. Vi è un breve POV di Soul con i suoi soliti commentini circa il fisico di Maka, ma l'innegable attrazione dovuta al suo caattere molto forte.  Spero tutti i fan SoMa apprezzino!
Vorrei calcare l'attenzione sul senso che cela la storia: il piano di Liz è totalmente un altro rispetto alla piega che prendono le vicende, ha fatto male qualche conto insomma. L'idea è un po' quella di trovare un modo per dimostrare il fatto che in qualunque modo si provi a combinare i protagonisti vi è qualcosa di molto più forte che porta le coppie a gravitare tra di loro; le due anime in sintonia ad attrarsi, indipendentemnete da come gli altri cerchino forzatamente di combinarle. Sarà un pensiero idealisticamente romantico, ma uno degli aspetti più belli di questo manga è proprio l'attrazione tra anime, anche se l'autore non voleva di certo sficiare nella romance.Tutto ciò è solo opera dei fan, tutti noi che cerchiamo doppisensi celati anche quando non ce ne sono. Eh eh.
Poi, dai, ce li vedete Blackstar e Maka insieme? Solo a pensare a quei due che ballano viene fuori qualcosa di estremamente comico.
Spero di aver reso abbastanza bene il contesto storico, ho cercato di renderlo fedele descrivendo particolarmente gli abiti (quello di Maka o la biancheria intima di Tsubaki, guardate qualche imagine per capire meglio cosa intendo con "mutandoni stra pieni di pizzo", qualcosa di inguardabile, ahi ahi). Fa troppo strano far parlare i personaggi dando del "voi", quindi mi sono cimentata ogni volta in spiegazioni sul perchè parla così, perchè ora invece colì... spero di non essere sfociata in spiegazioni inutili che rendono eccessivamente pedante il racconto. Ovviamente, ho preso molto spunto da Cime Tempestose (l'ambientazione è quella, con l'intrudiuzione forzata della misteriosa Death City) e da Orgoglio e Pregiudizio, riguardo l'organizzazione di certi eventi, come i balli , per l'appunto.
Se trovate errori/refusi fatemelo pure notare, sono una distrattona e qualche errore di battitura mi scappa sempre >.<

Spero che questo terzo - primo - incontro vi sia piaciuto, al prossimo racconto!
Un super abbraccio e un ringraziamento per le recensioni e chi ha messo la storia tra le preferite o le ricordate.

Sarck  xx

 

  
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