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Autore: MonAnge    04/03/2017    3 recensioni
SEI PRONTA A DARE LA VITA PER AMORE?
E se fossi destinata a perdere il ragazzo che ami, e a riperderlo ancora e ancora e ancora?
Dal testo
Appena andarono fuori, oltrepassarono il cancello, Nami si accorse di quanto era grande la casa. Era quasi come una villa.
Al centro c’era una fontana, all’interno della quale una bellissima statua: due figure allacciate- un affascinante angelo che guardava una donna tra le sue braccia. E poi le venne in mente il nomignolo che Sanji le aveva dato. Mon ange. Il mio angelo.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Sanji/Nami
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Incidente


Nami sentì un rumore sopra di sé, uno scricchiolio di qualcosa di pesante che probabilmente si stava muovendo... Alzò lo sguardo e trasalì. Una statua. E stava cadendo. Cadendo su di lei. Per un momento Nami si mozzò il respiro: la sommità della statua di marmo traballò, come un ramo agitato dal vento. Per un momento parve sospesa nell'aria. Ora sia Nami che il ragazzo erano diventati entrambi la sua traiettoria. Tutta quanta la statua iniziò a cadere, prendendo velocità.

Nami sentì il ragazzo cingerle la vita con un braccio, mentre con l'altra mano le coprì la testa, e la spinse giù, nel momento esatto in cui crollò la statua, esattamente pochi centimetri distante dal posto dove erano rannicchiati il ragazzo e la ragazza. Ansimavano. I loro volti si toccavano. La paura nello sguardo di tutti e due.

-"Nami-San?"- sussurrò il biondo.

Ma lei riuscì solo ad annuire.

-"Mon Ange, stai ben...?"- ma non riuscì a completare la frase che vide una torcia cadere dall'alto.

La statua risultava essere l'appoggio della torcia per far sembrare il locale più medievale. E stava cadendo pure questa. La torcia, spostandosi dal proprio appiglio, precipitò su un tavolo. Di legno. Quest'ultimo cominciò a prendere fuoco e a bruciarsi. In questo modo anche i tavoli accanto. In poco tempo l'intero locale andò in fumo e rese più difficile respirare. Tutti i clienti e le persone che hanno assistito al salvataggio cominciarono disperatamente a cercare un'uscita libera per poter scappare. Tutti tranne loro due.

Rimasero ancora per qualche secondo a guardarsi. Si fissarono, i loro visi erano attaccati l'uno all'altro. Il ragazzo le cingeva ancora la vita e con l'altra mano le accarezzava i capelli.

Lui si alzò di scatto sapendo di non poter rimanere a lungo in quel locale che sta andando a fuoco. Le porse la mano, aiutandola ad alzarsi.

Nami tossì e lui la portò ancora più vicino a sè. C'era troppo fumo e quasi non si vedeva nulla. Era lui che la guidava. Lui che fece appoggiare la testa di Nami sul proprio petto. Lui che teneva la sua mano.
 
Ad un certo punto delle persone con una corporatura robusta superarono i due ragazzi, passando in mezzo e separandogli. Nami inciampò e cadde, strorcendosi una caviglia. Perse di vista il biondo che poco fa si era coricato sopra di lei e la stava portando verso l’uscita. E non vide più nulla, i suoi occhi si chiusero. Ci fu solo buio.

Nel frattempo, fuori, il ragazzo uscì, pensando che anche Nami si trovasse già fuori. Maledì quegli uomini che poco fa li separarono. 
Cominciò a voltare la testa a destra, a sinistra, indietro. Ma non c’era. Probabilmente si trovava ancora dentro.

Il suo cuore cominciò a battere più rapidamente. Se fosse entrato lì, sarebbe potuto.....

-C’è ancora una ragazza lì, dentro. Forza, aiutatela!  -esclamò uno della folla che si era creata davanti al locale.

Era lei. Era Nami.

Senza perdere altro tempo, e fregandose delle conseguenze, si buttò dentro. Per cercarla. Per cercarla disperatamente.
Vide dei capelli arancioni dietro una sedia che si stava bruciando. Si avvicinò e la riconobbe. Era Nami. 

La prese tra le braccia, facendo attenzione a non farle male, e la portò fuori. All’aria pulita, dove potè respirare.
Erano già arrivati i pompieri e l’ambulanza. La poggiò in una di essa e, togliendosi la propria giacca, gliela sistemò sulle spalle.

Nami aprì lentamente gli occhi. Vedendolo sfiorare leggermente le sue guance con le dita. Battè le palpebre, riaprì gli occhi, e non lo vide più. Se n’era andato. Senza darle il tempo di sussurargli un “grazie”.

-“Cos’è successo lì dentro?”- le chiese un poliziotto.

-“Eh..? Ah... Non mi sono accorta di nulla”- rispose Nami con noncuranza.

-“Ha bisogno di medicazioni per la caviglia?”

Nami non rispose ma si limitò a scuotere la testa il tanto giusto per far capire che non ne aveva bisogno.

-“E le bruciature?”- insistette lui.

-“No... Mi dispiace, ma ora vorrei riposarmi un po.”-

Ma non era vero. Non si sentiva stanca, per niente. Era spaventata, spaventata a morte. Ma aveva tante domande alle quali voleva, anzi doveva, ricevere delle risposte. 

Come mai il biondo conosceva il suo vero nome? Perchè l’aveva salvata? Perchè quella statua è crollata e lui se ne andato così in fretta? Perchè l’aveva chiamata di nuovo Mon Ange?

Doveva trovarlo. Doveva sapere come si chiamasse, doveva chiarire tantissime situazioni.

                                                                         *****
​-"Potevi anche evitare di ritornare lì dentro. C'erano già i pompieri. Non le sarebbe accaduto nulla. Sai che  dobbiamo stare alla larga dal fuoco!"-
L'altro si limitò solo a sorridere...
"Cosa vuoi fare per quella bruciatura? Quando avrai la dormienza?"
"Quale...? Ah... questa.. nulla... La dormienza l'avrò tra qualche giorno"
   
 
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