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Autore: Ila_JL    07/03/2017    9 recensioni
Clexa Hogwarts AU
Piccolo esperimento (non so ancora quanti capitoli saranno) in cui Clarke e Lexa, insieme a tutti gli altri, saranno catapultati nel mondo di Harry Potter, precisamente nel 1979, gli ultimi e i peggiori anni del dominio di Voldemort durante la prima guerra magica.
Un periodo in cui bisogna scegliere tra ciò che è giusto e ciò che facile, tra seguire la famiglia o le proprie idee, tra proteggere gli altri o se stessi.
I personaggi di Harry Potter si mischieranno con quelli di The 100, che saranno comunque al centro della scena.
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Dal testo:
“Non lo sto considerando – la vedo chiudere gli occhi per quella che pensa essere l’ennesima batosta – lo so facendo. Avevi ragione, Clarke, avevi ragione su tutto. E finalmente ho capito. È la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Prima pensavo che non fosse una gran scelta, ma ora lo so, lo so, che c’è tutta la differenza del mondo"
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8
 
Primo giorno, Lunedì.

[Lexa]
 
 
Qualcosa mi dice che è mattina, anche se non ne sono molto sicura. Sento le mie compagne di dormitorio alzarsi e prepararsi per la giornata, e per la prima volta nella storia della mia carriera scolastica sto seriamente considerando di saltare le lezioni e di rimanere nel mio letto a crogiolarmi in questi sentimenti di… felicità? Tristezza? Ansia?
Sono confusa, ed aver chiuso occhio solo per un paio d’ore al massimo non mi aiuta a schiarirmi le idee.
Sono sicura solo di non voler affrontare questo lunedì, anche se so già che alla fine lo farò perché il mio senso del dovere prevarrà su tutto il resto.
Ciononostante non accenno a spostare le tende del baldacchino, rimanendo isolata dal resto della stanza.
Percepisco le mie compagne uscire una alla volta, e se non ho fatto male i conti dovrebbe mancarne solo una.
“Allora? Ti vuoi dare una mossa?”
Eccola qui, quella che dovrei considerare la mia migliore amica.
Sento il fruscio delle tende e la luce colpirmi gli occhi, costringendomi a far sprofondare la testa nel cuscino con un lamento infastidito.
“Come mai sei ancora vestita?” questa volta il tono di Anya è meno irritato e più confuso.
Io tengo bocca e occhi serrati sperando che si arrenda e mi lasci in pace.
“Si può sapere cosa diamine ti è successo?” continua imperterrita.
Mugugno leggermente prima di arrendermi.
Umaciaoclac” sono le mie prime parole della giornata.
Forse avrei dovuto spostare la faccia dal cuscino… Dettagli.
“Per quanto io sia brillante, non mi è chiaro il concetto.” È la risposta piccata di Anya.
Sospiro e mi decido finalmente a spostarmi. Rimango sdraiata, ma rivolgo la testa verso la mia amica, strizzando gli occhi un paio di volte finchè non si abituano alla luce verdastra del nostro dormitorio.
“Ho baciato Clarke” ripeto tenendo un tono di voce piatto.
Osservo la reazione della ragazza davanti a me: sgrana gli occhi per la sorpresa, mentre cerca di trovare le parole per rispondermi. Sarebbe comico se la situazione non fosse così delicata.
Alla fine si riprende.
“Come sarebbe a dire che hai baciato Clarke? Tu che fino a cinque giorni fa continuavi a dire che non le avresti mai rivelato i tuoi sentimenti, che sicuramente non era interessata alle ragazze, men che meno a te!”
Ha centrato il punto.
Sospiro nuovamente.
“Già.” È la mia unica risposta.
“Aspetta – interviene lei – lei ha risposto al bacio?”
“Sì.”
Pausa.
“Sei tornata tardi perché avete passato la serata a recuperare sei anni di indifferenza?”
“No.”
“Ma lei ha ricambiato?”
“No.”
“Ma ti ha baciata?”
“Sì.”
Pausa.
“Sono confusa.”
Oh anche io Anya, non sai quanto.
“Forse se evitassi di rispondere a monosillabi e mi spiegassi cos’è successo in modo coerente potremmo capirci qualcosa entrambe.”
Sospiro per l’ennesima volta.
“Ha risposto al bacio, poi mi ha fermata dicendomi che non era ancora pronta, che non si era accorta di pensare a me in quel senso e che doveva chiarirsi le idee prima di fare qualsiasi cosa.” Dico usando sempre lo stesso tono distaccato.
Come se tutto questo non mi stesse consumando il cervello.
“Ok, allora questa è una cosa buona.”
“Sì.”
“Ma tu non stai saltando di felicità per tutto il dormitorio come mi sarei aspettata.”
“No.”
“Oh ti prego Lexa non ricominciamo!”
Mi limito a guardarla sperando che lei capisca quello che mi sta succedendo. E che poi me lo spieghi.
Lei si prende la testa fra le mani e si siede sul bordo del mio letto.
“Certo che Griffin non è proprio una tipa sveglia.” È il suo turno di sospirare.
“Com’è stato il bacio?” chiede poi guardandomi con aria maliziosa.
Socchiudo gli occhi al ricordo lasciandomi invadere da tutte quelle sensazioni che sembrano essersi impresse a fuoco nel mio cervello. Le sue soffici labbra sulle mie, il suo respiro affannato che si mischiava con il mio, il suo profumo, le sue mani fra i miei capelli e le mie che la stringevano a me.
“Ok non rispondermi, basta guardare la tua aria sognante.” Anya interrompe i miei pensieri.
La fulmino con lo sguardo ma lei si limita ad alzare gli occhi al cielo.
“Ma lei come ti è sembrata dopo, pentita?”
Mi fermo un attimo per pensarci.
“No, ero più dispiaciuta io in realtà. Lei ha detto che era contenta che le avessi aperto gli occhi, che vuole fare tutto nel modo giusto.”
“Per quanto sia una cosa molto melodrammatica direi che è una cosa buona, no? Devi solo aspettare che realizzi che anche lei è innamorata persa e poi potrete iniziare la vostra relazione clandestina.”
Si merita un altro sguardo cattivo da parte mia, a cui risponde con un ghigno sarcastico.
Poi torna seria.
“La aspetterai, vero?” mi chiede guardandomi negli occhi.
“Certo che la aspetterò…” le rispondo abbassando però lo sguardo.
“Ma…” mi sprona lei a continuare.
“Ma se lei capisse che la scelta migliore è starmi lontano? Oppure che non mi vede davvero in quel modo? Oppure se decidesse che non varrebbe la pena mettersi in mezzo al casino della mia vita?”
Anya si prende un momento prima di rispondermi.
“Non c’è una risposta certa per tutte le tue domande. Potrebbe accadere, ma potrebbe anche accadere il contrario. Ma lei è Clarke Griffin, se lei ricambia i tuoi sentimenti, cosa di cui sono abbastanza certa visto il modo in cui ti guarda, non si farà spaventare dalla situazione.”
Io annuisco, e finalmente lascio che la felicità e la speranza si impossessino di me.
Almeno ci ho provato, sono scesa nell’arena.
Un sorriso gigantesco si impossessa del mio viso e Anya mi guarda leggermente spaventata.
“Questa versione di te mi fa quasi paura.”
Non lascio che la sua frase rovini queste emozioni.
Mi alzo dal letto e mi preparo per la giornata.
Prima di aprire la porta del dormitorio mi fermo con la mano a mezz’aria.
“Anya?”
“Sì?”
“Ho baciato Clarke.”
“Sì, l’hai già detto.”
“No Anya, non hai capito, ho baciato Clarke!”
Lei scosta la mia mano per aprire da sola la porta.
“Che Merlino ci aiuti.” La sento sussurrare.
 
*.*.*.*
 
[Clarke]

Non riesco a smettere di sorridere, mi sembra così strano.
Proprio quando nulla sembrava più essere in grado di portare un po’ di luce nella mia vita, è arrivata lei.
La morte di mio padre, i continui attacchi dei Mangiamorte, l’ideologia pazza e malsana di Voldemort, le sparizioni e l’assassinio di tutte quelle famiglie di Babbani, il continuo stato di paura in cui verte l’intero mondo magico… Nulla aveva lasciato presagire che io avrei trovato un po’ di pace in colei che viene proprio da quel mondo.
Una gomitata mi riscuote dai miei pensieri.
“Cosa vuoi Rae?” le sussurro infastidita.
“In realtà, signorina Griffin, è colpa mia se la signorina Reyes l’ha disturbata, ma le ho fatto una domanda.”
Alzo gli occhi sul professor Lumacorno mentre arrossisco inesorabilmente.
Il professore mi guarda con aria bonaria e non sembra arrabbiato per la mia distrazione, anzi.
“Mi scusi, professore, ero distratta.” Dico con abbassando gli occhi mortificata.
“Non si preoccupi, problemi di cuore immagino…”
Certamente… stiamo solo vivendo la guerra più crudele e violenta della storia del mondo magico, rivolta dei Troll compresa, ma ovviamente secondo lui noi ragazzi ci preoccupiamo solo di questioni d’amore.
Il problema è che ora tutti mi stanno guardando, Serpeverdi compresi… Lei compresa.
Ci vuole tutta la mia forza di volontà per non spostare lo sguardo su di lei, che in effetti era al centro dei miei pensieri.
“Diceva, signore?” taglio corto cercando di mantenere un tono adeguato.
“Ah sì sì.. – riprende lisciando le pieghe del suo panciotto di velluto, i bottoni d’oro che si tendono in modo preoccupante – dicevamo, qual è l’ingrediente fondamentale del Distillato della Morte Vivente?”
“Succo di Fagiolo Soporoso, professore.” Rispondo sicura.
“Esattamente, esattamente. Dieci punti a Grifondoro, anche se le consiglio di prestare attenzione, signorina Griffin, un giorno troverò qualcosa su cui non è preparata e non riuscirà a cavarsela così facilmente.” Conclude con una risatina.
Io trattengo uno sbuffo divertito, è pur sempre un professore.
“A proposito signorina Griffin, ho in programma una cenetta con un po’ di studenti del Lumaclub e miei cari amici, tutti ex studenti che ora ricoprono importanti funzioni al ministero, spero riuscirà a partecipare.”
Poi si rivolge al resto della classe. “Ovviamente anche il signor Jaha, la signorina Woods e il signor Whittle sono invitati – continua guardando Lincoln – vi invierò un messaggio con tutti i dettagli.”
Lumacorno torna finalmente alla sua lezione e io mi concedo un sospiro.
Con la coda dell’occhio capto un movimento dalla parte opposta dell’aula e appena vi rivolgo lo sguardo incrocio due occhi verdi che mi guardano con una strana aria divertita.
Dura un istante, prima che Lexa raccolga la sua piuma dal pavimento e torni a prestare attenzione al professore.
E per me è inevitabile perdermi, ancor più di prima, nei miei pensieri.
 
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“Si può sapere a cosa stai pensando? È tutto il giorno che sei distratta.” Raven mi riscuote mentre camminiamo verso la Sala Grande per la cena.
“Niente, niente.” Liquido io con un gesto della mano.
Per quanto tutto quello che è successo ieri sera mi renda felice, una parte di me ne è anche profondamente spaventata, e parlarne con qualcuno renderebbe tutto terribilmente vero.
È anche vero che devo pensarci, lo devo alla ragazza che ieri sera mi guardava con occhi tanto impauriti quanto speranzosi. Non posso lasciarla troppo tempo in sospeso, non è giusto e non voglio.
Ma quando Raven mi ferma appoggiandomi una mano sulla spalla prima di entrare nella Sala Grande, facendomi un cenno con la testa indicandomi la direzione del giardino, non sono pronta ad accettare il suo muto invito a raccontarle tutto.
Abbasso lo sguardo scuotendo abbattuta la testa e mi dirigo verso il nostro tavolo, rimanendo la sola con l’accesso ai miei pensieri.
 
Secondo giorno, Martedì.

[Lexa]

È passato un giorno. Un giorno e 18 ore per l’esattezza, dato che questo martedì è quasi giunto al termine.
Un giorno e 18 ore, e mi costringo a non guardare i minuti.
Un giorno e 18 ore di sentimenti contrastanti di estrema gioia sostituita immediatamente da intensa ansia, per poi essermi rassegnata ad una speranzosa attesa.
Un giorno e 18 ore in cui non posare lo sguardo su di lei è stato quasi impossibile, e altrettanto difficile non soffermarmi sui suoi lineamenti delicati, sulla sua figura, sull’elegante movimento delle sue mani…
Per non parlare dei suoi splendidi occhi blu, del suo naso sottile e leggermente all’insù, delle sue labbra… le sue labbra…
Basta, Lexa, concentrati.
Devo assolutamente finire questo tema per la McGranitt entro oggi, e se continuo con questo passo dovrò stare qui fino a notte fonda.
Così quando si apre il passaggio e sento qualcuno entrare in sala comune non alzo gli occhi dal manuale di guida alla trasfigurazione avanzata sperando che chiunque sia entrato non abbia nulla a che fare con me.
Fino a qualche settimana fa non mi sarei neanche posta il problema, ma da quando ho accettato di far parte dell’esclusivo club di Mangiamorte in erba le cose sono un po’ cambiate.
E come al solito la fortuna non è dalla mia parte, perché pochi istanti dopo sento il tocco deciso di due mani farsi strada partendo dalla mia schiena, sfiorandomi le spalle fino ad unirsi nella parte alta del mio petto, mentre una cascata di capelli biondi occupa metà del mio campo visivo e le mie narici sono invase da un profumo dolciastro.
“Mi sei mancata a cena, Alexandria” mi sussurra Echo nell’orecchio.
Dimenticavo.
Un giorno e 18 ore in cui ho dovuto sopportare il tocco di altre mani e di altre labbra, così diverse, più esigenti, meno gentili… Non le sue.
“Oh sì, scusatemi ma dovevo proprio finire questo tema per la McGranitt.” Dico secca, indossando la mia maschera da Serpeverde disinteressato.
Ontari prende posto sulla poltrona di fronte alla mia, mentre Echo rimane in piedi dietro di me, posizionando la testa sulla mia spalla, continuando a tenermi stretta.
“La perfetta Caposcuola Woods non perde un colpo, vedo..” sogghigna Ontari guardandomi con sguardo cattivo.
So bene quanto le bruci che abbiano dato a me la spilla, proprio come due anni fa quella da Prefetto, ma la mia carriera scolastica non è macchiata da strani incidenti e attacchi a ragazzi mezzosangue e sanguesporco, al contrario della sua.
Così lascio che un sorriso malizioso si faccia strada sul mio viso prima di risponderle.
“Ebbene sì, Ontari, sai quanto ci tenga a rispettare la mia posizione, dopo essermela guadagnata.”
Non le cancello il sorriso dalla faccia, ma almeno non mi risponde.
Echo, al contrario, si sporge ulteriormente su di me, spostando le mani fino alla base del mio collo, che inizia a massaggiare con movimenti lenti e credo a suo parere sensuali.
Avvicina le labbra al mio collo e al lobo del mio orecchio.
“Sei un po’ tesa, però, in questo posso aiutarti io…”
Non riesco a trattenere un brivido e spero ardentemente che lo scambi per un sintomo di piacere più che di ribrezzo.
Normalmente arrossirei e inizierei a balbettare davanti a una proposta del genere, ma qui non sono Lexa, non posso permettermi queste debolezze, quindi mi giro verso di lei, avvicinando ancora di più il mio viso al suo.
“Proposta allettante... – inizio con un sorrisetto provocante, inarcando leggermente il sopracciglio – è un vero peccato non poterne approfittare…”
Approfitto del momento in cui lei si distrae guardando le mie labbra per allontanarmi.
“Vado a vedere se è rimasto ancora qualcosa con cui cenare… A presto” dico sempre con un sorrisetto sulle labbra e un occhiolino all’indirizzo della bionda, che ora mi guarda con un’aria affamata che mi mette sul serio i brividi.
Ripongo pergamene e libri nella borsa ed esco dalla sala comune.
Nel buio e nella solitudine del sotterraneo mi concedo di fermarmi, appoggio la schiena alla fredda pietra e prendo un bel respiro.
Un giorno, 18 ore e 37 minuti.
Ti prego Clarke, fai in fretta.
 
*.*.*.*
 
Terzo giorno, Mercoledì.

[Clarke]

Prendo un bel respiro.
“Raven.”
La mia amica è troppo impegnata a scarabocchiare appunti dall’aria indecifrabile su una pergamena.
“Raven.” Provo di nuovo.
Ti prego, ti prego Rave, o lo faccio adesso oppure non so quando riuscirò a ritrovare il coraggio.
Ma la ragazza davanti a me ha iniziato a borbottare parole incomprensibili mentre stringe la piuma tra i denti con aria pensosa.
Calma, Griffin.
“RAVEN REYES!”
“Clarke! Si può sapere perché stai urlando?” dice finalmente la ragazza alzando gli occhi su di me.
Alzo gli occhi al cielo, ma non inizio neanche a litigare.
Riporto lo sguardo sul suo viso e la guardo seriamente.
“Possiamo fare una passeggiata?” le dico abbassando lo sguardo.
Un istante dopo sento una mano calda appoggiarsi sulla spalla e torno a concentrarmi sul viso di Raven, che ora mi guarda con rassicurazione.
“Andiamo.” E mi precede fuori dal buco del ritratto.
 
“Allora – inizia Raven una volta giunte nel parco – stai finalmente per dirmi qual è la causa dei tuoi continui sospiri?”
L’aria fredda di metà ottobre ci colpisce il viso, ma il parco è talmente bello, con raggi di sole che sbucano dai nuvoloni, che non ci importa.
“Si tratta di Lexa.” Inizio, effettivamente lasciando uscire l’ennesimo sospiro.
“Questo avrei potuto indovinarlo, sai?” mi risponde accennando un sorriso.
Ne abbozzo uno imbarazzato anche io.
“Lexa mi ha baciata.” Dico continuando a camminare.
Faccio ancora qualche passo prima di realizzare che Raven non è più al mio fianco. Mi volto e la vedo ferma un paio di metri indietro.
“Come sarebbe a dire ‘Lexa mi ha baciata’?” dice infine.
“Beh, vedi Raven, quando due persone si avvicinano tanto che…” inizio con un sorriso sarcastico.
“Oh andiamo Griffin, non in quel senso! Hai appena detto che Lexa, Alexandria Woods, la Serpeverde con famiglia mangiamorte ti ha baciata! E oltre al fatto che era anche ora, è comunque una notizia scioccante!”
Sbuffo roteando gli occhi e aspetto che mi raggiunga.
Quando torna al mio fianco mi circonda la vita con un braccio e io appoggio stancamente la testa sulla sua spalla.
“Da dove vuoi iniziare il racconto?” chiede dolcemente.
I cambiamenti di Raven sono sempre imprevedibili, come quando mi ha abbracciata forte subito dopo la nostra prima litigata al quarto anno.
“Sta facendo la spia per Silente, in modo che la sua famiglia lasci in pace Aden e lei riesca comunque a stare dalla parte giusta di questa guerra.” Inizio e la sento annuire sopra la mia testa, ma non mi interrompe.
“Lei non è come sembra, Raven, è così… diversa.. non è altera e indifferente, è timida, arrossisce praticamente a qualsiasi cosa le dica, ha un senso dell’umorismo improbabile.. è pura. E ne ha passate così tante…” lascio che la mia voce si spenga verso la fine del mio discorso e sento la presa di Raven stringersi un po’ di più sul mio fianco.
“Quindi è chiaro che ti piace…” tenta lei.
“Certo che mi piace.” Rispondo.
“E ti ha baciata.”
“Ed è stato meraviglioso.” Non riesco a trattenere il tono sognante.
“Se non che?”
“Se non che a metà mi sono tirata indietro.” Dico piattamente.
Raven aspetta pazientemente che sia io a riprendere la parola per ulteriori spiegazioni.
“Lo so che tutti ve lo aspettavate, che tu avevi già capito, che i segnali, di fondo, erano davanti ai miei occhi, sia per quello che prova lei sia per quello che provo io. Ma io non avevo capito niente, ho realizzato tutto durante il bacio e non potevo…”
“Ehi ehi.. tranquilla Clarke, è normale. Io vedevo tutto da fuori e potevo analizzare meglio tutta la situazione. Dall’interno è tutto diverso.” Cerca di rassicurarmi dolcemente.
Io annuisco, anche se non ne sono molto convinta.
Smettiamo di camminare per sederci ai piedi di un grande faggio.
“A cosa pensi?” mi riscuote Raven.
Appoggio la testa contro la corteccia dell’albero.
“Non lo so… Da una parte so che sarebbe molto più facile per me non avere niente a che fare con lei, dall’altra..”
“Dall’altra?” incalza.
“Dall’altra non c’è cosa che desideri di più.” Confesso infine.
Ci perdiamo entrambe nei nostri pensieri, mentre osservo il profilo di quella che è diventata la mia casa. Ho iniziato a disegnare il castello, proprio da questo punto, al terzo anno. Era una sfida con mio padre, lui diceva che era nostalgico e che i miei disegni gli facevano sentire la mancanza di Hogwarts, ma in realtà era solo una scusa per riempirmi di complimenti, perché di anno in anno i disegni si riempivano di dettagli, i tratti miglioravano, il carboncino era usato sempre meglio, fino a creare giochi di luce e ombre quasi reali.
Accarezzo il cinturino dell’orologio, mentre ripenso a quel disegno rimasto incompiuto, ancora da qualche parte nel mio baule… Sapevo sarebbe stato il più bello. Avevo quasi sedici anni, tenere in mano il carboncino era diventato facile quanto stringere la bacchetta, era naturale.
Non ho mai finito il castello di Hogwarts del quinto anno, mio padre non ha mai osservato con finta aria critica il disegno, per poi guardarmi con sguardo quasi commosso. E in una scatola di cartone leggermente rovinata, nell’angolo del mio baule ci sono ancora tutti i carboncini che non ho più toccato da allora.
Ho riposto le matite e impugnato solo la bacchetta, e a sedici anni non sono più stata un’artista, ma una combattente.
“Ti manca, vero?” la voce dolce di Raven mi riporta alla realtà.
“Immensamente.” Le rispondo senza pensarci, almeno di questo sono sicura.
“Lui mi conosceva talmente bene che avrebbe saputo farmi capire quale sia la cosa migliore da fare.” Continuo, ancora presa dai miei pensieri da non essere in grado di formulare una frase corretta.
“Hai ragione Clarke – interviene Raven afferrandomi la mano – ma anche tu conoscevi bene lui, cosa ti direbbe se fosse qui?” sussurra.
Mi prendo un istante per pensare a tutte le conversazioni avute con mio padre negli anni scorsi, anche se fa ancora male.
“L’importante è quello che vuoi tu.” diciamo contemporaneamente e un sorriso ci solca il volto nello stesso istante.
È una frase strana, può sembrare egoista, ma lui sapeva che io avrei capito. Conosceva bene il lato del mio carattere che mi spinge a prendermi cura di tutti i miei amici, di tutta la mia famiglia, era lì quando ho insistito per accogliere Raven in casa, era lì quando i Mangiamorte hanno attaccato casa nostra e non mi sono tirata indietro nonostante sapessi appena qualche incantesimo offensivo, è riuscito a fare in modo che non fossi sopraffatta dai sensi di colpa quando abbiamo saputo che la gamba di Raven non sarebbe stata più quella di prima.
Sapeva che non sarei rimasta ad osservare questa guerra, che avrei lottato per difendere le persone che amo ancor prima di me stessa. Sapeva che ero come lui.
“E cosa vuoi, Clarke?”
Prima che possa impedirlo l’immagine di due profondi occhi verdi si fa strada nei miei pensieri, accompagnata dal suono di una voce incerta seguito da una risata limpida e libera.
Così capisco.
“Voglio lei, Raven. La voglio così tanto che mi terrorizza, così tanto da scappare quando ho capito che anche lei prova qualcosa per me. Sono terrorizzata. Ho così tanto da perdere, è così tanto che non so se riuscirei a sopportarlo. Dopo tutto quello che è successo con Finn mi sembra così stupido trovarmi in questa situazione, è così rischiosa! Una serpeverde di famiglia Mangiamorte, da sempre indecisa su che parte stare, che ora ha scelto di fare da spia per Silente… Potrebbe cambiare idea da un giorno all’altro, e io non riuscirei a biasimarla perché quello che sta facendo è la cosa più coraggiosa che esista, ma non riuscirei a perdonarla se lo facesse, soprattutto se accettassi i miei sentimenti per lei.”
So che ha capito anche se è il discorso più assurdo che abbia fatto, contorto come i miei pensieri in questo momento.
“Come sarebbe se cambiasse idea adesso?” chiede cauta.
“Doloroso – rispondo – molto doloroso. Lo so per certo perché è stato così quando l’ho vista per la prima volta tra le braccia di Echo, quando non sapevo che aveva iniziato il doppiogioco, ma non sarebbe nemmeno lontanamente comparabile a cosa accadrebbe se lo facesse dopo che io… mentre noi…”
“Sai che potrebbe non accadere, vero? Specialmente se avesse te al suo fianco.”
Ha ragione, e detto da lei ha molto più senso che nei miei pensieri.
Non sembra solo una speranza disperata, allora è vero che lei potrebbe scegliere me.
Ma tu hai già scelto me.
E l’hai fatto senza pensare ai miei sentimenti, l’hai fatto solo spinta dai tuoi.
“Lexa è speciale.” Chiudo il cerchio dei miei pensieri ad alta voce.
“Allora parla con lei, raccontale tutto quello che ti è successo, le tue paure e i tuoi desideri. Trovate una soluzione insieme.”
Ha ragione, di nuovo. Non posso chiarirmi le idee da sola, devo parlarne con lei, essere sincera sperare che lei capisca tutto quello che devo dirle. E solo dopo lasciarmi andare.
“Lo farò, Raven.” Le dico sicura.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve.” Risponde con un sorriso.
 
*.*.*.*
 
Quarto giorno, Giovedì.

[Lexa]

È giovedì.
Per quanto io cerchi di rimanere impassibile e sicura, inizio a vacillare. Lunedì ero piena di speranza: da quel poco che mi sono permessa di osservare, Clarke era distratta ma felice. Martedì mi sono detta che era solo questione di ore, che presto mi sarebbe arrivato un messaggio di qualsiasi tipo, oppure un cenno, un segnale che avrebbe interrotto quest’attesa.
Mi sono attardata a cena ieri, poiché sapevo che il mercoledì i Grifondoro cenano tardi perché hanno gli allenamenti di Quidditch, e Clarke e Raven aspettano sempre i loro compagni per mangiare insieme.
Ma lei non c’era, non è entrata nella Sala Grande insieme agli altri.
E il mio pessimismo ha preso il sopravvento, troppo radicato negli ultimi anni per lasciare ancora dello spazio a quel nuovo ottimismo, nato solo qualche giorno fa.
Le mie giornate sono trascorse in compagnia dei miei compagni di dormitorio, e so che è passato poco tempo da quando ho acconsentito di essere la spia di Silente, ma per ora a parte far andare a vuoto il tentativo di punizione di Lincoln, non è successo proprio niente: le loro discussioni vertono più su cosa sta succedendo fuori dal castello, anche se è da qualche giorno che vedo mia cugina sorridere più del solito, come se fosse a conoscenza di qualcosa che la rende estremamente soddisfatta.
Vorrei solo che questo doppiogioco serva a qualcos’altro che non sia complicarmi ulteriormente la vita.
Sospiro mentre seguo Ontari e Echo nella sala comune, senza farmi sentire dalla ragazza che ormai non deve neanche più cercare una scusa per sfiorarmi, per toccarmi, per sedurmi.
La lascio fare, da ieri sera, perché rispondere alle sue provocazioni con frecciatine ammalianti solo per crearmi una via d’uscita non è stata poi un’idea così brillante e ha avuto l’unico risultato di aumentare la sua fame.
Ontari si sposta verso un gruppetto di ragazzi del sesto anno, mentre io mi lascio condurre da Echo verso una poltrona più in disparte. Mi fa sedere e lei prende posto sul bracciolo, appoggiando le gambe sul mio grembo e passandomi un braccio dietro la schiena.
“Sei sempre così silenziosa, così misteriosa.” Sussurra mentre con la mano libera mi accarezza la cravatta.
“Non c’è nulla di misterioso in me, sono solo fatta così.” Rispondo sperando di tenerla impegnata in una conversazione, per quanto fittizia.
Lei continua come se non avessi detto nulla.
“Sembra che nulla possa turbarti, eppure io lo sento che ti succede qualcosa quando faccio… questo.” Senza preavviso inizia a lasciarmi una scia di languidi baci dal lobo dell’orecchio per tutta la lunghezza del collo, mentre la sua mano lascia la cravatta e inizia a vagare per il mio corpo.
Il mio battito aumenta mentre cerco disperatamente una via d’uscita, e il solito brivido mi percorre la spina dorsale fino alla punta delle dita.
“Vedi? – finalmente si stacca e appoggia la mano con più forza sul mio petto, all’altezza del cuore. – Sento che mi vuoi.” Conclude convinta del suo ragionamento.
Riesco ad abbozzare una specie di sorriso sicuro, ma in realtà non ho idea di come cavarmela.
Il mio sguardo si posa su mia cugina.
“Beh, in realtà non credo che Ontari sarebbe molto contenta…” lascio la frase in sospeso.
Vedo il sorriso di Echo farsi ancor più grande e il cuore sprofonda di nuovo. Si avvicina e sento l’odore dolciastro dei suoi capelli, che mi lascia nauseata.
“Ah allora è questo il problema… Ne ho già parlato con lei, e non le interessa nulla. D’altronde io sono single, tu sei single… non c’è nulla di male a divertirsi un po’, sei d’accordo?”
Annuisco come se stessi firmando la mia condanna morte.
Ed evidentemente è così perché il mio piccolo cenno deve essere proprio quello che Echo stava aspettando: si sporge verso di me e non c’è nulla che io possa fare per evitare che appoggi le labbra sulle mie per la prima volta.
Tutto nel mio corpo urla che è sbagliato, che non sono le sue labbra, che non sono le sue mani.
Eppure mi costringo a ricambiare, forzando le mie braccia a cingere la sua schiena, mentre lei si lascia scivolare dal bracciolo per sedersi in braccio a me, stringendosi ancor di più al mio corpo.
Sento la sua lingua premere contro le mie labbra e le schiudo mentre la mia testa urla che non è giusto, che è più di quanto è successo con Clarke e che è così sbagliato e così…. sporco.
Nessun’ emozione piacevole mi pervade mentre il bacio continua, mentre Echo si fa sempre più audace fra le mie braccia, mentre le sue mani scivolano sul mio corpo senza chiedere alcun permesso, invadenti.
Stringo di più la mia presa sulla sua schiena perché se lascio le mie mani senza controllo la spingerei via, e lei risponde al mio gesto con un piccolo gemito che dovrebbe contribuire a rendere la situazione ancor più eccitante, ma che aumenta incredibilmente la mia nausea.
Ho paura ad interrompere questo momento perché temo che quello che verrebbe dopo sarebbe ancora peggio.
“Ehm..” qualcuno si schiarisce la voce ed Echo si separa appena da me, solo dopo aver lasciato un a suo parere sensuale morso sul mio labbro inferiore.
Anche se si sposta solo di qualche centimetro io torno a respirare e mi concentro sulla persona che mi ha salvata.
Anya è in piedi davanti a noi, vestita con la sua divisa da Quidditch mentre trattiene un’espressione schifata e mi lancia uno sguardo accusatore.
“Cosa vuoi?” interviene Echo accarezzandomi un braccio come se volesse rassicurarmi.
“Non vorrei interrompere – inizia la mia amica nonostante sia chiaro che voglia dire il contrario – ma abbiamo dei problemi con i turni degli allenamenti con la squadra di Tassorosso e loro sono subito corsi a chiamare la Vie in loro soccorso e lei ha richiesto te.”
“Maya vuole parlare con me? Adesso?” chiedo fintamente scocciata, indicando con la testa la situazione in cui mi trovo con Echo.
Lei mi offre un sorriso malizioso, evidentemente soddisfatta dalla mia risposta.
Ti prego, Anya, insisti.
“Senti Woods, non è colpa mia se i Tassorosso non sono bravi a risolvere da soli i loro problemi, la Vie parlava di coprifuoco maggiori imposti da Silente e ha richiesto te per un consulto sugli orari degli allenamenti dei Serpeverde… è solo una scusa perché vogliono allenarsi di più perché sperano di vincere contro Grifondoro questo sabato.”
È un discorso assolutamente senza senso, ma faccio finta di capire a cosa si riferisce.
Emetto un sospiro forzato, sperando che trasmetta abbastanza fastidio poi mi sporgo verso Echo.
“Scusami” le sussurro seducente in un orecchio.
Lei mi fa un occhiolino malizioso, ma finalmente si sposta per lasciarmi alzare.
Seguo Anya fuori dalla sala comune senza dire una parola.
Superiamo l’intero corridoio prima che Anya inizi.
“Si può sapere cosa diamine stavi facendo?”
Io mi passo una mano tra i capelli sistemandomi la camicia e la cravatta.
Non le rispondo perché non mi fido della mia voce e ora che sto realizzando cos’è successo la nausea è dieci volte peggio.
Prendo un bel respiro e lascio che il respiro si regolarizzi, cercando di cancellare le sensazioni del tocco di Echo sulla mia pelle.
“Grazie Anya.” Dico infine e lei si ferma ad osservarmi.
Credo sia la prima volta che la ringrazio, e lei sa che è una parola che non dico praticamente mai.
La stessa che non sono ancora riuscita a dire a Clarke.
Sospira prima di parlare di nuovo.
“Figurati, Lex, ma non so se sarò sempre lì a salvarti sai? Perché non ci dai un taglio?” chiede più dolcemente.
“Perché è stato il mio biglietto di ingresso nel club dei Mangiamorte. Ontari ha iniziato a fidarsi almeno un po’ di me quando ha visto che non rifiutavo le avances di Echo, sa che non l’avrei mai fatto prima e che significa che ho iniziato a pensarla come loro.” Sospiro pesantemente.
“Credimi Anya, non c’è nulla che voglia di meno, ma per quanto sia assurdo sta funzionando e io ho bisogno di rimanere nel loro giro per scoprire se stanno organizzando qualcosa. Aden non è più preso di mira e Silente mi ha assicurato che l’avrebbe tenuto al sicuro, quindi questa cosa deve continuare. Avevo pensato di trovare una soluzione nel caso in cui…” interrompo la frase per un groppo in gola.
“Clarke ti avesse ricambiato.” La completa lei.
“Sì, ma evidentemente non ha intenzione di farlo, quindi non ho alcun motivo per rischiare di rovinare tutto.” Concludo piattamente lasciando che per un attimo lo sconforto di quest’inutile attesa prenda il sopravvento.
“Quindi rischieresti per lei?” chiede cauta.
“Certo.” Rispondo senza esitazione.
Lo sto già facendo, dopotutto.
“Spero che si sbrighi allora.” Commenta infine.
Anche io, Anya, non sai quanto.
 
*.*.*.*
 
Quinto giorno, Venerdì.

[Clarke]
 
Sto evitando Lexa da due giorni e mi sento uno schifo. Eppure è stato necessario per arrivare dove sono ora. Ho riflettuto molto e ora mi sento decisamente meglio.
Ho pensato al mio passato, soffermandomi su quei ricordi che avevo accuratamente evitato negli ultimi tempi.
Ho pensato a Finn: all’inizio con lui è stato tutto nuovo ed emozionante. Ero così felice quando abbiamo iniziato a frequentarci e la nostra relazione è stato qualcosa di tranquillo, di sicuro, il luogo dove rifugiarmi per scappare dai miei pensieri, è stato anche l’unica persona oltre a Raven a cui ho permesso di avvicinarmi dopo la morte di mio padre. Poi improvvisamente quel ragazzo tanto dolce è diventato la persona che più mi spaventava, era così terrorizzato che mi accadesse qualcosa che si è trasformato in una persona totalmente diversa. Era teso, spaventato, sempre all’erta, fino al punto di rottura. Quando ha maledetto Ontari, ho capito che non era più il ragazzo che due anni prima mi teneva la mano nelle stradine di Hogsmeade. Ed è finita.
Ho pensato a Niylah, così inaspettata e così illuminante. Niylah è stata confortante, l’unico tocco che mi sono concessa quando tutto il resto è andato a rotoli, dopo aver lasciato Finn e allontanato tutti i miei amici per ritrovare me stessa. E l’ho fatto, ho scoperto un altro lato di me, a cui non avevo mai pensato. Sono cresciuta con le favole che mi raccontava mio padre, oltre alle tradizionali di Beda il Bardo, mi narrava anche fantastiche avventure di eroi che salvavano le principesse dopo difficili imprese. E lui rideva quando gli dicevo che io mi sarei potuta salvare anche da sola. Allora cambiava la trama inserendo la coraggiosa principessa che, aiutata dal principe, salvava le persone in difficoltà. Ho sempre pensato che avrei trovato la persona con cui condividere tutto questo, e quando è arrivato Finn ci avevo davvero creduto. Poi Niylah ha scardinato le mie credenze e con il suo fare seducente e accattivante è riuscita a farmi accettare l’idea che potessero piacermi anche le ragazze, senza dover sottostare a giudizi da parte sua. Raven e Octavia sono le uniche con cui ho condiviso questa parte di me, e mi hanno riaccolta a braccia aperte quando sono tornata da loro ugualmente spezzata dopo aver lasciato il letto della Tassorosso in piena notte.
Ma Niylah è stata una persona fondamentale in quel momento della mia vita, e non so se avrei accettato così facilmente i miei sentimenti per Lexa se non ci fosse stata lei.
È lei che è comunque stata al centro dei miei pensieri, anche quando avrei dovuto svuotare la mente prima di dormire, anche quando avrei dovuto concentrarmi sulle lezioni e tutto il resto.
Lexa rappresenta tutto ciò da cui dovrei tenermi lontano e tutto ciò a cui non riesco a resistere.
L’ho evitata per due giorni interi, e sono bastati questi per farmi capire che non posso tirarmi indietro ancor prima di averci provato. Posso solo tentare e continuare a sperare che nulla vada storto.
Per questo sono finalmente tornata a frequentare la Sala Grande ad orari normali, e per questo per quanto cerchi di impedirlo i miei occhi sono fissi sul tavolo di Serpeverde, dove la ragazza che è stata al centro dei miei pensieri è seduta con il capo chino, fortunatamente circondata da posti vuoti.
Solo guardarla e vedere che sta bene mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo.
“Allora domani vedrai a vedere la tua squadra che rischia di perdere perché la migliore cercatrice dopo James Potter ha deciso di disertare?” mi chiede Octavia in tono sarcastico.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo sonoramente, ma colgo volentieri la distrazione.
“Sono sicura che vincerete comunque, O” rispondo.
“Certo, ma solo perché io e Bell segneremo abbastanza punti per permettere al cercatore di Tassorosso di prendere il boccino e assicurarci comunque la vittoria.” Risponde a tono, dando il cinque al fratello.
“Ben detto, sorella!” esclama lui.
Sorrido e torno a guardarmi in giro, giusto in tempo per osservare il resto dei Serpeverde entrare nella sala.
I miei occhi si fissano su Echo, mentre la guardo camminare elegantemente verso la sua tavolata, i capelli biondi che le ondeggiano sulle spalle.
Sembra che la ragazza percepisca il mio sguardo perché alza la testa verso di me. Immediatamente mi irrigidisco, stringendo la forchetta.
Ci guardiamo finchè lei arriva al posto vuoto accanto a Lexa, dove, dopo avermi rivolto un ghigno, si siede.
Lexa non sembra essersi accorta di nulla, la testa ancora china sopra quello che penso essere il libro di Antiche Rune. Si riscuote solo quando la bionda le mette un braccio dietro la spalla e avvicina il suo volto al suo.
Ha solo il tempo di alzare la testa verso la nuova arrivata prima che quest’ultima si impossessi prepotentemente delle sue labbra.
Sgrano gli occhi dalla sorpresa, e solo una piccola parte del mio cervello recepisce che è la stessa reazione avuta da Lexa.
Poi posso solo osservarla mentre ricambia il bacio, facendomi sprofondare ancor di più in queste strane sensazioni. È come se tutto intorno a me si sia congelato, lasciandomi con l’assurda sensazione di non riuscire a comprendere se il mio cuore ha smesso di battere o stia battendo troppo velocemente.
Una mano sfiora la mia, ma solo quando sento una stretta più forte riesco a trovare la forza di distogliere lo sguardo e posarlo su Raven, che mi guarda cautamente.
“Ricorda che preferisco stare in questa posizione davanti a te piuttosto che vicino a lei.”
Cerco davvero di concentrarmi su queste parole, ma l’immagine di loro due si intromette e io cerco di aggrapparmi allo sguardo di Raven per non lasciarmi sopraffare da tutto questo.
E se fosse troppo tardi? Se avessi aspettato troppo?
Sono le mute domande che spero Raven comprenda nel mio sguardo.
Lei stringe ancor di più la presa sulla mia mano e scuote leggermente la testa cercando di infondermi tranquilla.
L’importante è quello che vuoi tu.
Quello che voglio in questo momento è cancellare quest’immagine dalla mia testa, e c’è solo un modo per farlo.
Mi libero dalla sua presa mentre mi alzo dal tavolo di Grifondoro senza dire una parola, dirigendomi verso l’unica persona che può aiutarmi a smettere di pensare a loro.
 
*.*.*.*
 
[Lexa]

Certo che Merlino o Godric o Salazar o qualsiasi altra strega o mago famosi devono proprio avercela con me. Non appena Clarke Griffin ha deciso di mostrarsi nuovamente ai miei occhi ho dovuto rovinare tutto facendomi sorprendere con un’altra ragazza.
Poco importi che sia la stessa ragazza da cui sono riuscita a sfuggire quasi per miracolo ormai parecchie volte negli ultimi giorni. Oggi ero troppo concentrata sul mantenere il mio sguardo lontano dalla Grifondoro per reagire in tempo.
Così quando riesco a staccarmi da Echo dopo un tempo che spero consideri sufficientemente lungo (e che per me è decisamente troppo lungo) riesco a far sorvolare in modo casuale lo sguardo su tutta la sala, mentre noto con una stretta al cuore che Clarke non è più seduta al suo posto.
Rivolgo ad Echo un sorriso malizioso, in cui in realtà nascondo tutta la mia ansia, ma la ragazza sembra soddisfatta e inizia il suo pranzo.
Trattengo un sospiro frustrato mentre torno a concentrarmi sul libro davanti a me.
Ancora due ore di lezione e poi inizierà il week end. Questo pomeriggio vedrò Aden, come al solito, dopo di che sarà una grande incognita. Domenica avrò la ronda con Clarke, in teoria oggi o domani ci saremmo dovute vedere per le nostre lezioni di Occlumanzia, ma evidentemente dovrò mettermi l’anima in pace e sperare che domenica Clarke tornerà a parlarmi, qualsiasi cosa debba dirmi.
All’inizio della settimana ero trepidante all’idea di parlare con la bionda, ora invece questo pensiero mi terrorizza non poco.
Ma ormai ho deciso di accettare qualsiasi cosa.
Guardo l’orologio al mio polso e decido di alzarmi per iniziare a dirigermi verso l’aula di Antiche Rune, dove fortunatamente non incontrerò né Echo né Clarke.
 
Qualcosa in Antiche Rune mi ha sempre affascinata, al punto da voler continuare questa materia anche dopo i G.U.F.O. , nonostante non mi servirà più, una volta fuori da qui.
Eppure trovo intrigante scoprire una nuova lingua, con le sue regole e le sue caratteristiche, e per due ore alla settimana riesco a fare qualcosa che piace anche alla vera me, anche se tutti continuano a chiedersi per quale motivo preferisca passare il tempo a tradurre antichi testi piuttosto che riposarmi o portarmi avanti con lo studio.
Prendo posto al mio solito banco e attendo che la professoressa Babbling inizi la lezione.
Dopo due ore il mio cervello è decisamente provato, ma sono molto soddisfatta delle mie traduzioni, così con un umore leggermente migliore, cammino rapidamente per i corridoi diretta verso la biblioteca, dove finalmente incontrerò Aden dopo questa lunga settimana.
Ma all’improvviso qualcuno mi afferra per un braccio, dirottando il mio percorso in una stanza vuota e chiudendo la porta sbattendoci contro il mio corpo.
Non faccio in tempo ad afferrare la bacchetta, e la paura che stava nascendo dentro di me si trasforma rapida in sbalordimento quando il mio rapitore inizia a baciarmi.
 
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Per la prima volta in sei giorni il mio corpo reagisce nel modo giusto davanti a un bacio.
Non devo controllare con attenzione le mie braccia affinché non reagiscano spingendo via il corpo addosso al mio, anzi, questa volta lo stringono disperatamente il più vicino possibile.
Le labbra non si muovono forzatamente, ma lottano per conquistare il controllo su questo bacio.
Il respiro accelera e il cuore lo segue, i brividi sono di puro piacere.
Perché ogni cellula del mio corpo ha riconosciuto perfettamente cosa rende questo bacio così diverso dagli altri. Come se da sei giorni avessi messo le emozioni in pausa solo per ripartire da questo punto.
Per ripartire da Clarke.
Un momento, Clarke?
Sfrutto un momento in cui le nostre labbra si separano di qualche millimetro per dar voce ai miei pensieri, con quel poco fiato che mi rimane. Apro anche gli occhi per specchiarmi nei suoi che mi guardano carichi di una nuova luce, che faccio fatica a interpretare.
“Clarke? Cosa.. Ma.. ehm..” eccolo il balbettio, per quanto sembri assurdo sono contenta di non riuscire a formulare una frase.
Lei mi sorride dolcemente.
“Shh – mi zittisce appoggiandomi un dito sulle labbra, per poi fargli proseguire il percorso sul mio mento e infine sul collo, facendo bruciare la mia pelle al contatto – fermami solo se è quello che vuoi veramente.”
Si avvicina di nuovo, molto lentamente, studiando la mia reazione, gli occhi leggermente timorosi che mi tiri indietro come ha fatto lei sei giorni fa.
Vorrei rassicurarla dicendo che non sono abbastanza forte per respingerla, perché è lei che ha il controllo sulle mie emozioni in questo momento. E so che dovremmo parlare di quello che è successo, di quello su cui abbiamo ragionato nei giorni scorsi, ma tutto quello che riesco a fare ora è spostare i miei occhi dai suoi per concentrarmi sulle sue labbra, mentre sento nascere un sorriso sulle mie.
Lei ricambia, gli occhi che si illuminano, e i nostri sorrisi si specchiano per pochi istanti prima che si uniscano di nuovo, sfiorandosi appena per poi tornare a guardarci.
E questa volta siamo entrambe consapevoli di quello che stiamo facendo e nulla è paragonabile a quello che sta succedendo.
Sfioro il suo naso con il mio mentre inclino maggiormente la testa di lato, sposto la mano che era finita sul suo fianco per posizionarla sulla sua guancia, lasciandole una leggera carezza, mentre lei abbandona il capo al mio tocco.
Infine la lascio scivolare fino alla sua nuca, soffermandomi ad accarezzare i suoi capelli.
“Solo Lexa e Clarke” sussurra e capisco cosa vuole dire.
Ci sarà tempo per parlare e per chiarirci. Ma non ora.
Inizia tutto in modo dolce, stiamo ancora sorridendo.
Sfioro il suo labbro inferiore, catturandolo fra le mie, e lei risponde con un sospiro mentre con le mani mi stringe un po’ di più la schiena, ancora appoggiata alla porta.
Sento la sua lingua farsi strada e sfiorare tutta la lunghezza del mio labbro superiore prima di chiedere dolcemente l’accesso. Senza neanche doverci pensare schiudo le labbra e il bacio si approfondisce.
Le emozioni che mi provoca sono indescrivibili e mi sembra che finalmente tutto sia tornato al posto giusto, come se quell’ultimo ingranaggio che non funzionava abbia ricominciato a lavorare nel modo giusto.
Ora sono completa.
Il bacio rimane controllato, ricco di emozioni, ma nessuna delle due perde il controllo.
È rassicurante, tranquillizzante, una muta promessa che le cose cambieranno, un dolce ritrovarsi.
Mi stupisco di capire così tante cose solo da un contatto, ma d’altronde nell’ultimo periodo ci bastava solo uno sguardo per trasmettere i nostri pensieri.
La stringo un po’ di più, come per accertarmi che sia davvero lei, che sia davvero io. Lascio che le nostre lingue giochino insieme mentre mi beo di tutte quelle sensazioni che solo lei riesce a darmi.
È stata solo lei, sempre solo lei.
Si lascia scappare un piccolo gemito sorpreso quando prendo il controllo del bacio, staccandomi leggermente dalla porta e iniziando a spostarmi lentamente, sempre stringendola a me.
Lei asseconda il mio movimento fino a ritrovarsi appoggiata alla cattedra.
Si stacca da me solo per riuscire a sedervisi sopra poi mi attira di nuovo verso di sé, facendomi posizionare fra le sue gambe, che mi cingono dolcemente la vita.
Ho solo il tempo di spostarle una ciocca di capelli dal viso prima che le nostre labbra si riscontrino, più famelicamente questa volta.
Chiedo subito l’accesso alla sua bocca e lei me lo concede di buon grado mentre inizia a vagare con le mani su tutta la mia schiena. Cerco di imprimere tutto quello che non sono mai riuscita a dirle in questo bacio, finchè sento le sue dita fredde insinuarsi sotto il maglione e la camicia e venire a contatto con la mia pelle.
Sento la schiena percorsa da un brivido, che mi spinge ad esplorare a mia volta il suo corpo.
Inizio dai fianchi e salgo con lenti movimenti circolari del pollice, accarezzandola dolcemente.
Un secondo gemito leggermente più forte si fa strada nella sua bocca, stordendomi dall’interno.
Anche se l’unico pensiero che riesco a formulare è quello di continuare, decido di fermarmi prima di perdere totalmente il controllo. Delicatamente mi stacco dalle sue labbra e appoggio la fronte alla sua.
Lei sembra capire perché abbozza un sorriso imbarazzato.
Entrambe riprendiamo fiato ed è lei la prima a rompere il silenzio.
“Ehi” mi dice timidamente.
“Ehi” le rispondo con un sorriso felice.
“Baci tutte le ragazze che ti portano in una stanza vuota?” chiede mentre il suo sorriso si trasforma da dolce a scherzoso.
“Beh non proprio tutte, solo se sono bionde!” rispondo a tono.
Tuttavia vedo i suoi occhi sgranarsi ed essere attraversati da un lampo di dolore che tenta di nascondere.
Pessima scelta di parole.
“Oh no.. non intendevo…” entro nel panico, maledetti filtri cervello-parola che non funzionano.
Prendo un respiro mentre penso accuratamente a come uscirne.
“Solo se sono te.” Concludo seriamente.
E sono ripagata da un suo sbuffo divertito.
“Adulatrice…” commenta e mi stringe a sé in un dolce abbraccio, appoggiando il mento sulla mia spalla, mentre io le circondo le spalle accarezzandole lentamente i capelli.
“Scusa se mi ci è voluto così tanto.” Mi sussurra.
“Ci vuole il tempo che ci vuole.” Le rispondo semplicemente, senza interrompere le mie carezze.
Ti avrei aspettato per tutta la vita. Vorrei dirle, ma sarebbe troppo anche per me.
 
Rimaniamo abbracciate per un tempo imprecisato, solo beandoci del contatto tra i nostri corpi.
C’è uno strano senso di pace che si è fatto strada nel mio cuore, sono tranquilla come non mi sentivo da tempo, forse come non mi sono mai sentita.
Non importa di essere nel pieno centro del ciclone, non importa della guerra, di Voldemort, di mia zia, di mio padre.
“Scusa se ti ho sequestrato, non sapevo come altro fare per parlarti senza destare sospetti.” Dice infine raddrizzandosi.
“Oh figurati, puoi farlo ogni volta che vuoi.” Commento io con un sorriso angelico.
Lei sbuffa divertita.
“Non stai facendo tardi a qualche impegno?” chiede con l’aria di chi la sa lunga.
Ci metto un attimo a realizzare che il mondo non si è fermato quando lei mi ha portata in questa stanza, trascinandomi letteralmente via dal corridoio in cui camminavo per raggiungere…
“Aden!” esclamo in affanno ricordandomi solo in questo istante di mio fratello.
“Aden! Dovevo incontrarlo in biblioteca esattamente…” mi fermo per dare un’occhiata all’orologio.
“Tra dieci minuti.” Mi interrompe Clarke, coprendo il mio polso con la sua mano.
“A pranzo l’ho avvisato che avresti fatto tardi al vostro solito appuntamento… Queste maledette riunioni improvvise tra i Caposcuola e Silente…” conclude la frase con un occhiolino.
Quasi mi lascio sopraffare quando capisco tutto quello che c’è dietro a questo gesto apparentemente semplice. Aveva programmato tutto nei minimi dettagli, facendo anche in modo che Aden non aspettasse o pensasse che non mi sarei presentata. Anche solo il fatto che abbia pensato a lui prima di se stessa è qualcosa di talmente meraviglioso che la bacerei.
Quando capisco che posso farlo non indugio ulteriormente e l’attiro a me in un bacio breve ma intenso.
Quando mi stacco noto che mi guarda con un sorriso confuso prima di lasciar andare una risatina incredula.
Sono passati solo pochi giorni dall’ultima volta in cui ho potuto guardarla da così vicino, ma avevo dimenticato, o forse non me ne sono mai resa conto, quanto sia bella.
“Grazie.” Le dico con un sorriso a trentadue denti.
Lei sgrana gli occhi sorpresa e le prendo il viso fra le mani dolcemente.
“Grazie per tutto quello che hai fatto per me e Aden dall’inizio dell’anno ad oggi.” Uso un tono quasi solenne mentre finalmente le dico quello che avrei dovuto dirle tempo fa.
“È stato un piacere Lexa Woods, ma ora, per quanto non ne sia contenta, credo che tu debba andare, altrimenti farai tardi davvero.” Mi dice alzandosi dalla cattedra.
Io sistemo la mia camicia e il maglione, mentre osservo con la coda dell’occhio lei fare lo stesso.
Ormai siamo pronte entrambe e non abbiamo più scuse per rimane in questa stanza, eppure siamo ferme entrambe, che spostiamo il peso da un piede all’altro.
“Quando-“ inizio io e nello stesso parla anche lei.
“Stasera-“ e si ferma sorridendo.
“Prego” le dico facendole capire di continuare.
“Potremmo vederci stasera, se non hai altri impegni ovviamente.” Dice nervosamente.
Io sorrido.
“Dovrei controllare l’agenda, ma credo che per te potrei trovare del tempo.” Le rispondo.
Sbuffa fintamente infastidita.
“Alle nove nella nostra stanza?” chiede.
La nostra stanza. La nostra stanza. La nostra.
“Ci sarò.” Riesco a rispondere uscendo dal loop in cui era entrato il mio cervello.
Il suo volto si apre in un sorriso mentre mi avvicino alla porta.
La apro cautamente per assicurarmi che il corridoio sia vuoto, dopodichè torno a guardarla.
“Se le riunioni dei Caposcuola saranno tutte così dovrò proprio ringraziare Silente per questa spilla.” Le dico e con un ultimo sorriso lascio la stanza, con il suono della sua risata che mi accompagna verso la biblioteca.
 

 

NOTE:
Eccomi con un altro capitolo, grazie come al solito per essere arrivate fino a qui.
Spero immensamente che vi sia piaciuto e che abbia ripagato almeno in parte l'attesa a cui vi ho sottoposto.
Non sono molto brava a scrivere cose romantiche, perchè non lo sono molto, quindi ho passato molto tempo a ridere da sola davanti al computer mentre rileggevo le mie frasi. Fatemi sapere cosa ne pensate, ma non siate troppo crudeli, mi sono impegnata!
Mi scuso anche nel caso ci siano errori di ogni genere, specie di battitura perchè il pc ha deciso di non voler più scrivere "o" "l" e "." a meno che non mi appoggi sul tasto con tutto il peso del mio corpo. (è stato abbastanza snervante in effetti, ma non ci sono alternative).
Ovviamente tutto questo non vi interessa, quindi mi limito a ringraziarvi immensamente, perchè davvero sono le vostre parole che ogni volta mi portano a tenere aperto il computer fino ad orari improbabili (e a fare lotte corpo a corpo con i tasti).
Grazie davvero,
alla prossima,
Ilaria
  
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