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Autore: Amanda FroudeBlack    08/03/2017    2 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo XXXIII: “Rivers and Roads”
 
“A year from now we'll all be gone
All our friends will move away
And they're going to better places
But our friends will be gone away”

Rivers and Roads – The Head and The Heart
 
 
JAMES
 
Aveva cercato Lily in lungo e in largo in ogni vagone, ma non l’aveva trovata. In realtà, non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo; le mani gli sudavano in una maniera imbarazzante e qualora l’avesse trovata non aveva idea di come l’avrebbe salutata. L’avrebbe baciata? O almeno, avrebbe potuto? Cosa gli dava, in effetti, il diritto di baciarla ancora? Oppure, lei se lo aspettava? Da cosa lo avrebbe capito? Tutte queste dannate domande gli frullavano in testa e non aveva idea di come rispondersi. Per quale motivo non si erano chiariti prima di partire? Perché aveva lasciato che tutto rimanesse così confuso, durante l’estate? Si erano scambiati qualche lettera, sì, ma non c’era stato mai nessun riferimento a quello che era accaduto l’ultimo giorno di scuola. E ora si ritrovava a cercare una persona che non sapeva come salutare. Ergo, sarebbe sicuramente divenuto protagonista di una figura imbarazzante con Lily e a cui Sirius non vedeva l’ora di assistere per potersi fare beffe di lui.
Un lungo fischio del treno preannunciò l’arrivo ad Hogsmeade, e James decise di accatastare questi pensieri in un angolo della sua testa. Si alzò, si stiracchiò, ed evitando un’occhiata incuriosita dell’amico, uscì dallo scompartimento e si avvicinò alla porta del treno. Scese dall’Espresso con un forte senso di nausea.
L’aria frizzante di Hogsmeade lo risvegliò parzialmente dal torpore che il viaggio gli aveva causato. Adocchiò sua sorella, insieme ad Amanda e Layla, ed insieme si incamminarono verso le carrozze. Lanciò qualche occhiata intorno alla folla di studenti sulla piattaforma di arrivo, ma di Lily – di nuovo – nemmeno l’ombra.
Evitò di chiedere di lei per non sembrare disperato, e tenne duro fino all’ora del banchetto; la compagna non si vide nemmeno in quell’occasione, e persino le ragazze avevano iniziato a chiedere di lei. Purtroppo, non era riuscito ad origliare che cosa si dicevano per colpa di Sirius, che continuava a chiedergli consiglio sullo scherzo da organizzare per i nuovi Caposcuola – tra cui figuravano anche Remus e Lily.
“Abbiamo un infiltrato tra i Caposcuola, dovremmo sfruttarlo,” affermò, indicando Remus.
“Sono vostro amico alla luce del sole, sarei il primo ad essere incolpato!” disse lui, scuotendo il capo.
“Noi siamo tuoi amici anche alla luce della luna,” rispose James, prontamente. “Ricordo di averti sentito dire che ci sei debitore, giusto un po’ di tempo fa…”
“Sarà divertente, dai!” esclamò Peter, con la bocca piena.
“Non te lo avremmo chiesto, se Amanda avesse accettato la sua nomina a Caposcuola – ma no, lei ha dovuto essere onesta fino al midollo! Poi ti chiedi come Silente abbia fatto a sbagliarsi!” borbottò Sirius, guardandola con rimprovero.
James rise, Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Basta con questa storia!” esclamò, contrita.
“Di cosa state parlando?” domandò Remus, confuso.
“Te lo racconto io!” s’intromise Jaded, entusiasta. “Qualche settimana fa, è arrivata una lettera ad Amanda da parte della scuola. Nessuno si aspettava lettere, perché – diciamocela tutta – nessuno sano di mente ci sceglierebbe come Caposcuola. E invece, Silente l’ha nominata Caposcuola-”
Per la casa Tassorosso!” terminò Sirius per lei.
“Ma Amanda non è Tassorosso…” notò Peter, grattandosi la testa con espressione perplessa.
“Ma dai?” rispose James, sarcastico. “Amanda ha avvisato Silente, e lui ha detto che si era confuso perché l’avrebbe vista bene tra loro!”
“Beh, sì, in effetti è l’unico dormitorio che non ho ancora visitato!” esclamò lei, facendo spallucce. “Ma non ho potuto accettare… non sarebbe stato onesto, non sono una di loro!”
“Silente deve essersi confuso per colpa di questa onestà,” fece Sirius, sardonico. “E per tutti i biscotti che prepari.”
“O per i tuoi modi gentili e accomodanti verso chiunque,” aggiunse Remus, ridendo.
“Anche per i tuoi saltelli – vedo spesso i Tassorosso saltellare felici, anche Stephan lo fa!” esclamò Jaded. “Dannazione, Amanda, sei una Tassorosso!”
Lei scrollò le spalle, sconsolata. “Speravo che non ci arrivaste mai,” borbottò contrariata. “I compagni Serpeverde me lo dicevano spesso. Sono stata nominata per cinque anni consecutivi il Tasso Avvelenato!”
“Cooosa?” rise Sirius.
“Che cosa sarebbe?” domandò James.
“È un’etichetta che si affibbiano i Serpeverde ogni anno, va a chi dimostra di essere il più Tassorosso – ma per loro ha un’accezione negativa, il perché non si sa!”
“E tu come lo sai?” domandò Amanda, sospettosa.
“Me lo raccontò mia cugina Andromeda, anche lei lo vinse un paio di volte – ma wow, per cinque anni di fila deve essere stato orribile!”
Amanda annuì, imbronciata.
“È tutto finito, ora, sei una di noi,” la consolò divertito Sirius, dandole un bacio sulla chioma scura.
James trovò quell’ultima scena tra i due compagni molto dolce, tanto che si fermò qualche secondo di più a fissarli. Un calcio leggero gli arrivò da sotto il tavolo, e alzò il viso verso sua sorella, che come al solito aveva già capito tutto.
“Lily arriva domani,” lo rassicurò.
Maledizione, costava tanto dirlo prima?
 
 
*
 
Si svegliò improvvisamente, insicuro se il fruscio appena udito fosse reale o solamente uno strascico del sogno che stava facendo e di cui non aveva già più memoria. Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere, cercando a tentoni gli occhiali sul comodino.
Si guardò intorno nel buio più totale; dal pallido riflesso lunare che giungeva dalla finestra, scorse i profili dei compagni immobili e addormentati nei loro letti. Sirius russava pesantemente, e a James venne il dubbio che fosse stato proprio quel suono a svegliarlo.
Sospirò, seccato, ma poi trattenne il respiro perché quel suono che aveva sentito si ripeté ancora, e James capì che non si trattava del russare del compagno. Proveniva da fuori la porta del dormitorio. Si alzò in piedi, impugnò la bacchetta facendosi luce e, cercando di fare il meno rumore possibile, andò verso l’uscita della camera. Posò l’orecchio sulla porta e ascoltò: in effetti, sembrava proprio che qualcuno camminasse davanti alla porta del dormitorio. Chi diavolo era a quell’ora? Pensavano di fare uno scherzo proprio a lui?
Fece un respiro profondo, provò parecchio disappunto, e aprì la porta, pronto a dirne quattro a chiunque…  
Lily?”
Sbatté le palpebre parecchie volte per mettere a fuoco correttamente la compagna: chioma rossa, bellissima, vestita con abiti babbani che la rendevano ancora più bellissima… si chiese se ‘più bellissima’ fosse corretto da dire, ma sicuramente non lo era, perché ogni volta che la vedeva perdeva la facoltà di mettere insieme frasi grammaticalmente corrette. Aveva ripetuto nella sua testa la parola bellissima per troppe volte, convenne, e anche in quel caso la colpa era di Lily.
“Cosa…? Perché - ciao,” balbettò, sorpreso.
Lei si guardò intorno, pareva spaesata. Si torturava le dita delle mani nervosamente. James chiuse la porta del dormitorio dietro di sé e si avvicinò per poterla vedere meglio sotto la luce soffusa della lanterna appesa alla parete, proprio accanto a lei. Aveva gli occhi tristi. James sentì lo stomaco di piombo.
“Ciao,” lo salutò, sorridendo debolmente. “Non… non volevo svegliarti, scusami. E-ero indecisa se bussare per fare le congratulazioni a Remus p-per la spilla… non sapevo se stavate dormendo, insomma, s-sono appena arrivata… stavo andando via ma poi hai aperto la porta…”
James avvertì tutta la difficoltà che stava avendo a pronunciare quelle parole senza scoppiare a piangere, così tanto che gli si seccò la gola. Non lasciò che continuasse quella tortura, l’abbracciò senza pensarci.
Basta ponderare ogni mossa, si disse. Era Lily, era lì, e per qualche motivo aveva bisogno di un abbraccio. Non era necessario sapere altro. Sentì le braccia sottili di lei intorno alla sua vita stringerlo forte. Poi, Lily affondò il viso nel suo petto e James pensò che quello fosse l’incastro più perfetto che avesse mai visto. Ancora, si domandò se ‘più perfetto’ fosse corretto, ma diamine, non gliene fregava un bel niente!
Stettero per qualche momento meraviglioso in quella posizione.
“Pessima estate?” le bisbigliò, accarezzandole i capelli.
Lily rimase col volto nascosto sul suo petto e si limitò ad annuire.
“Petunia?” domandò ancora.
Lily si irrigidì. Annuì di nuovo, questa volta più lentamente.
“Bentornata a Hogwarts, allora,” le mormorò, e la sentì stringere più forte.
 
 
REMUS
 
Sapeva di suonare banale, ma il primo pomeriggio dopo l’inizio delle lezioni era quello che preferiva. Ancora nessuna responsabilità, ancora nessun compito, la totale libertà di girovagare per i giardini. Anche la temperatura aveva un retrogusto estivo e sembrava invitare gli studenti a godersi il lago e il venticello fresco.
Erano state vacanze estive da dimenticare, quelle appena terminate. Sua madre non era stata molto in salute, non se l’era sentita di raggiungere gli altri in Irlanda e divertirsi come niente fosse. I suoi genitori avevano insistito affinché partisse, ma lui era stato più caparbio; aveva preferito annoiarsi e stare accanto a sua madre. Lei aveva contratto una forma di vaiolo di drago leggera, ma piuttosto debilitante; era inoltre molto infettiva, e ciò non aveva permesso ai suoi amici di venirlo a trovare. Fortunatamente, verso la fine di agosto, le condizioni di sua madre erano migliorate e non rischiava più di contagiare nessuno. Era riuscito a vederla finalmente senza un incantesimo Separatore che li divideva, e si era rallegrato ancora di più dopo aver ricevuto una visita a sorpresa di Peter.
Tornò al presente immediatamente, quando la voce di Jaded lo raggiunse.
“Posso? O disturbo?” chiese sorridente.
“Non disturbi mai, Jade,” rispose, avvertendo immediatamente la bocca seccarsi. Incrociò le gambe e le fece spazio senza distogliere lo sguardo da lei. Jaded si sedette accanto a lui e cominciò a investirlo di parole, storie e racconti di avventure estive vissute. La sua mancanza era stato un dolore fisso e costante; in quel momento, rivedendola e riascoltandola, l’estate parve solo un lontano ricordo, sbiadito come un sogno sgradevole.
“… e così ho scoperto che il colore preferito di Sirius non è il blu!”
Remus rise.
“Certo che no, lui non ha un colore preferito.”
“Sì, l’ho saputo,” borbottò, seccata. “Perché non me l'hai detto quando gli ho fatto quel regalo? Ricordo che ero venuta apposta da te a chiedere consiglio!”
“In realtà sono abbastanza sicuro di averlo fatto”, la rimproverò, “ma non mi hai ascoltato.”
“Impossibile, io ti ascolto sempre!” s’impuntò lei.
“Forse ho un gemello che vive questa gioia,” commentò sarcastico. “Cosa pensi del fatto che sono mesi che ti dico che sarebbe importante dire ad Amanda che tu e Sirius siete stati insieme, ma non l'hai ancora fatto?”
Jaded si portò le ginocchia al petto e fece lo sguardo tagliente che riservava a chiunque la pensasse diversamente da lei. Le sue dita intente a strappare qualche filo d’erba tradirono un leggero nervosismo.
“Non lo farò!” esclamò, decisa. “Senti, Remus, io e Sirius ne abbiamo parlato e non è una buona idea, il momento è passato! Sarebbe stata una cosa da fare all'inizio, dirlo ora non avrebbe senso e creerebbe solo tensione nel gruppo.”
“Cooosa?”
Remus si voltò. A parlare era stata Layla, in piedi a pochi passi da loro. Si avvicinò con un po’ di irruenza, gli si sedette accanto e iniziò a parlare, concitata.
“Ho sentito bene? Tu e Sirius? Quando è successo? Tu e Amanda già vi conoscevate?” domandò.
Jaded si morse le labbra e sbuffò.
“Sarebbe stato troppo bello riuscire a mantenere ancora qualche segreto!” esclamò, infastidita. Incrociò le gambe e si guardò attorno, per assicurarsi che nessun altro fosse in ascolto.
“Tre anni fa circa io e Sirius siamo stati insieme qualche mese… niente di serio, però, soprattutto da parte sua. Non conoscevo ancora così bene Amanda, e quando abbiamo stretto amicizia, con Sirius la storia era già finita. Il fatto che lei lo odiasse non mi ha incentivato a dirle che c’ero stata assieme, soprattutto perché in quel periodo lo odiavo anche io!”
Remus si voltò verso Layla, in quel momento silenziosa, intenta ad ascoltare. Lui sapeva che non stava prestando attenzione solo alle parole di Jaded, ma tentava di osservare qualsiasi espressione, gesto o reazione della ragazza. Layla glielo diceva sempre, lo aveva appreso proprio da suo padre: quello che diciamo con le parole è solo la punta dell’iceberg.
“Capisco,” disse infine, dopo essere stata qualche istante in silenzio. “Quindi hai intenzione di non dirglielo mai e poi mai? Nemmeno fra trent’anni? Nemmeno se la loro storia finisse?”
“Perché me lo chiedi?”
“Per sapere se ora dovrò portarmi questo segreto anche io nella tomba. Insomma, è una responsabilità grandissima!” esclamò allarmata.
“Tu… non vuoi dirglielo perché dovresti ammettere che eri innamorata di lui?” domandò allora Layla a bruciapelo. Remus avrebbe tanto desiderato che l’amica possedesse tanta sensibilità quanto intuito, in certi casi.
Jaded la guardò come se avesse appena ricevuto uno schiaffo. Si schiarì la gola e distolse lo sguardo, ferita.
“Già,” ammise, strappando un altro ciuffo d’erba.
Layla inarcò le sopracciglia, sorpresa.
“Beh,” commentò, “se posso darti un consiglio, siccome conosco Amanda e mi è già capitato di tenerle nascoste cose, ti assicuro che odierebbe sapere di stare con qualcuno che ha fatto soffrire la sua migliore amica… ma odierebbe ancora di più sapere che tu e lui eravate d’accordo di tenerglielo nascosto. Detto ciò, giuro che farò finta di essere molto sorpresa quando tutto questo verrà fuori!”
“Dovrai aspettare molto!” affermò Jaded. “Ci metterò talmente tanto tempo a trovare il coraggio di dirglielo che probabilmente accadrà tra una ventina d’anni e te lo sarai dimenticato, per cui non dovrai fingere!”
Layla rise.
“Io scommetto dieci galeoni che crolli prima!” disse Layla.
Jaded le offrì la mano per sugellare la scommessa.
“Ti piace vincere facile! Ma accetto la sfida,” esclamò infine, stringendole la mano.
Remus assistette alla scena divertito; per quanto sia Jaded che Layla fossero sue grandi amiche, lui non aveva mai notato le due ragazze in confidenza tra loro. Pensò – e sperò – che passare l’estate insieme le avesse avvicinate.
“Oh, merda!” esclamò, Jaded, all’improvviso. “Che ore sono?”
“Quasi le sei,” rispose Remus. “Perché?”
Jaded si alzò in piedi e afferrò la sua borsa, trafelata.
“Dovevo incontrarmi con Stephan mezz’ora fa!” esclamò. “Ho perso la cognizione del tempo!”
“Vi lascio soli,” borbottò poi Jaded, e si congedò dopo averli frettolosamente salutati.
Remus tornò a fissare il lago calmo, ma con la coda dell’occhio notò la testa di Layla, ancora voltata verso la figura di Jaded che spariva in lontananza. Poi si girò nella sua direzione, ma Remus evitò di guardarla, perché immaginava già l’espressione sul suo viso.
“Ha perso la cognizione del tempo con te,” ripeté, maliziosa. “Non sei contento?”
 
  
 
Tre settimane dopo
 
 
RODOLPHUS
 
Il sole non era ancora tramontato, poteva vederlo galleggiare sull’acqua, dalla spiaggia. Si alzò in piedi e camminò verso l’oceano, intenzionato a nuotare le ultime bracciate della giornata, ma fu distratto da un rumore alle sue spalle.
Si voltò; la porta finestra di vetro che dava sulla spiaggia si era aperta, sua moglie lo guardava con un ghigno soddisfatto.
“È arrivato Rosier,” gli urlò, eccitata. “E porta ottime notizie!”
L’entusiasmo della moglie era davvero contagioso, doveva ammetterlo. Accantonò immediatamente l’ultima idea che aveva avuto e decise di rientrare; dando le spalle alla spiaggia, si incamminò verso la casa. In un raro slancio di gentilezza, Bellatrix gli tenne persino la porta aperta. Dovevano essere davvero belle notizie, si ritrovò a pensare.
Entrò dentro con molta calma, guardandosi intorno; il caminetto era acceso – probabilmente per accogliere Claudius Rosier, poco avvezzo alle temperature di quel luogo sperduto della Scozia anche i primi di ottobre – e l’uomo era già comodo sulla poltrona, il sorriso sicuro e un bicchiere di liquore tra le dita.
“Bellatrix non è mai stata così felice nemmeno il giorno del nostro matrimonio,” dichiarò Rodolphus, divertito.
“Non fatico a crederci,” rise Claudius. Bevve un altro sorso. “Ma bisogna davvero festeggiare, ormai è fatta.”
“Attendo di conoscere in che modo,” affermò Rodolphus, accomodandosi.
“Non ti farò stare ancora sulle spine, allora,” continuò Rosier.
Il Ministero è nostro!” esclamò improvvisamente Bellatrix, battendo le mani, incontenibile, le pupille dilatate. I suoi occhi erano ancora più terrificanti, due pozze nere con una scintilla sul fondo che rendeva la sua espressione in qualche modo molto eccitante.
Rosier sbuffò.
“Hai rovinato il momento, Bella! Avevamo deciso che glielo avrei detto io,” sbottò poi, indispettito.
“Se avessi evitato tutti questi dannati preamboli, sarei riuscita ad aspettare!” ribatté, acida. Ripose nuovamente lo sguardo su Rodolphus.
“Il Ministero è sotto il nostro controllo, Rod. Il Vice Ministro è dei nostri!” esclamò Bellatrix, avvicinandosi. Non riusciva a stare ferma.
“Dempsey è una vecchia volpe, sa quando è ora di passare dal lato giusto,” affermò Claudius. “Penserà lui a controllare il Ministro, senza contare che la legge di Rockwood è finalmente passata: domani, più della metà dei nostri saranno rilasciati. Ci riuniremo immediatamente domani sera, il Signore Oscuro sarà ospite al mio maniero.”
Rodolphus sorrise soddisfatto e si schiarì la voce.
“Ottime notizie, davvero,” esclamò. “Potremo restituirgli anche le bestiacce nelle segrete?”
“Parli di Nagini o dei prigionieri?” domandò Bellatrix.
“Entrambi,” borbottò lui. “Questo posto sta diventando troppo affollato, per i miei gusti!”
“Porta chi vuoi, ci sarà spazio sufficiente anche per Nagini, con qualche prigioniero risparmieremo di prepararle la cena,” rise Claudius, alzandosi. “Ah, dimenticavo, devo riportare la consorte di Dempsey a casa, come promesso. Potreste restituirmela?”
Bellatrix fece spallucce.
“Non mi hai detto che sarebbe ritornata al mittente, l’ho data in pasto a Nagini due giorni fa,” ammise.
Rosier alzò gli occhi al cielo.
“Non riserviamo questo trattamento agli ex Serpeverde, Bellatrix, ne abbiamo già parlato!” sbottò Claudius.
Rodolphus si accese un sigaro e riempì di nuovo il proprio bicchiere di liquore; si mise comodo sulla poltrona e guardò piacevolmente i due battibeccare per i successivi venti minuti.
 
 
 
LAYLA
 
Non era stato difficile rubare la mappa a Minus; da quando aveva scoperto che gli amici di sua sorella erano in possesso di una mappa di Hogwarts così dettagliata, con tanto di incantesimo di Localizzazione, aveva deciso che doveva averla, soprattutto per capire dove Regulus passasse le sue giornate.
Da quando erano ricominciate le lezioni – settimane, ormai – non gli era capitato di incontrarlo una sola volta, nemmeno per sbaglio. Aveva orari diversi anche durante il pranzo, perché non lo vedeva spesso nemmeno in Sala Grande.
Aveva bisogno di un chiarimento, non riusciva a smettere di pensare al bacio che si erano dati a Diagon Alley quel giorno di fine agosto. Che cosa gli stava succedendo? In che rapporti era coi compagni? Faceva ancora il doppio gioco?
Odiava struggersi e farsi continuamente queste domande, ma il bacio tra loro era stato così sincero che faticava a comprendere per quale motivo lui la stesse chiaramente evitando.
Entrò nel dormitorio Corvonero, assicurandosi di essere sola. Aprì la preziosa pergamena che aveva tra le mani e pronunciò in un sussurro: “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
Il foglio iniziò a colorarsi; apparve ogni luogo di Hogwarts, molto dettagliato, accompagnato da puntini che si muovevano – alcuni veloci, altri più lentamente – sopra cui vi erano scritti nomi. Notò la McGranitt nel suo studio, Remus e Amanda in biblioteca, James e Jaded al campo da Quidditch per gli allenamenti.
Cercò il nome di Regulus e lo avvistò nella sua sala comune, circondato da altri puntini con i nomi dei compagni. Tuttavia, spostando lo sguardo in un’ala in quel momento poco frequentata del castello al terzo piano, ritrovò un altro puntino con il suo nome. Era solo.
Corrugò la fronte. Che la mappa si stesse sbagliando? Era strano, gli incantesimi di Localizzazione erano piuttosto precisi, non ammettevano doppioni, tanto che era impossibili raggirarli anche con l’uso di espedienti come Pozioni Polisucco o Mantelli dell’Invisibilità. Com’era possibile che ci fossero due Regulus? Layla rifletté: in quale occasione era possibile per un mago essere presente in due posti contemporaneamente? Una mezza idea le balenò nella mente; tuttavia, decise che era il caso di verificare di persona, recandosi proprio nell’aula al terzo piano in cui il puntino sembrava ancora stazionare.
Chiuse la mappa frettolosamente e la infilò nella borsa; si tirò su dal letto, uscì dal dormitorio e dalla sala comune. Scese frettolosamente le scale fino a trovarsi al terzo piano e dovette consultare un paio di volte la mappa per essere sicura di entrare nell’aula giusta.
Fortunatamente, il corridoio contava giusto un paio di elfi che approfittavano dell’orario per spazzare e pulire i vetri delle finestre. Accostò l’orecchio alla porta dell’aula ma non sentì provenire alcun rumore. Guardò la serratura e si accorse che la porta era stata chiusa a chiave per evitare sorprese improvvise.
Con la bacchetta, aprì la serratura ed entrò dentro abbastanza in fretta da riuscire a cogliere l’espressione sorpresa di Regulus sul suo volto. Layla richiuse a chiave la porta dietro di sé e avanzò nella stanza.
“Che cosa vuoi? Come hai fatto a trovarmi?” domandò, confuso. In uno scatto, chiuse velocemente il libro che stava consultando e lo coprì con la borsa per fare in modo che il titolo rimanesse coperto.
“Ti ho seguito,” mentì, guardandosi intorno. Non era prudente parlargli della mappa; era uno strumento che poteva tornarle utile, e probabilmente sua sorella Amanda non avrebbe voluto che si sapesse in giro che i suoi amici avevano un simile artefatto.
“È impossibile!” esclamò, sconvolto. “Sono stato prudente, mi guardo sempre le spalle quando –”
“Da quando usi la Giratempo?” domandò. “Avresti dovuto fare meglio i conti, e magari non evitarmi!”
“Non ti sto evitando,” borbottò, poco convinto.
Layla si avvicinò ancora fino a essergli di fronte; lui indietreggiò appoggiando la schiena sullo schienale della sedia, come se ciò gli permettesse di distanziarsi.
“Il tuo linguaggio del corpo non sembra dire la stessa cosa,” affermò, ironica. “Che cosa stai facendo? Perché mi tieni ancora lontana? Pensavo che quel bacio potesse-” tentò, ma lui la interruppe subito bruscamente.
“Quel bacio non significa niente, Layla!” esclamò, alzandosi. “Ha solo complicato di più le cose. Io e te non possiamo stare insieme, né essere amici, né stare vicini. Accettalo.”
Layla indietreggiò. Quelle parole le fecero male, anche se era così evidente che Regulus non pensava veramente ciò che stava dicendo, non la stava nemmeno guardando negli occhi.
“Dovresti crederci un po’ di più, mentre lo dici,” disse, con un mezzo sorriso. “So quello che stai facendo, Reg.”
Regulus impallidì.
“Che vuoi dire?”
“Mi allontani perché vuoi proteggermi,” spiegò. Vide il suo volto rilassarsi un po’ e distendersi. Probabilmente si era allarmato perché temeva che lei avesse compreso quello che stava facendo in quell’aula, lontano da tutti. Ma ovviamente Layla aveva capito pure quello.
“So anche che usi la Giratempo anche per fare ricerche alle spalle dei tuoi compagni ed è per questo che pensi di dovermi evitare, per non mettermi in pericolo.”
Regulus sbuffò e mise il grosso libro che stava consultando nella borsa.
“Perché non me lo lasci fare?” domandò, stanco. “Lasciami pensare che c’è ancora qualcosa che posso controllare. Non sai quanto mi costi starti lontano, Lay.”
Eccolo, il Regulus che conosceva. Era un piacere rivederlo.
“E allora non farlo!” esclamò Layla, arrabbiata. “Non dico che dobbiamo tornare a salutarci per i corridoi, capisco anche io quanto è rischioso. Ma lascia che ti aiuti in queste ricerche, ora che hai la Giratempo non correremo il rischio di essere visti o che qualcuno noti la nostra assenza, se faremo attenzione.”
Regulus indossò la borsa e scosse il capo.
“No, non ti metterò in pericolo, Lay. Non puoi chiedermi questo,” rispose, perentorio.
“E cosa pensi di fare, da solo? Hai intenzione di scoprire un modo per sconfiggere Tu-Sai-Chi leggendo tutti i libri della biblioteca?”
“Sì, se sarà necessario.”
“Beh, allora avresti bisogno di un paio di occhi in più per dimezzare i tempi,” commentò, altezzosa. “Io leggo più velocemente di te.”
“Smettila!” sbottò, esasperato. “Non so più come fartelo capire, quindi sarò il più diretto possibile.”
Abbassò il tono a quello di un mormorio, quindi dovette avvicinarsi pericolosamente a Layla.
Quello che sto facendo mi ucciderà. Non c’è via d’uscita per chi decide di fare il doppio gioco tra i Mangiamorte. Dovrò solo cercare di durare abbastanza a lungo per arrecare più danno possibile a Tu-Sai-Chi,” disse, calmo. I suoi occhi, tuttavia, tremavano. Layla deglutì.
“Averti intorno mi distrae e mi rende debole. Ho già messo in conto rischiare la mia vita; rischiare la tua è qualcosa che non mi perdonerei mai. Smetti di cercarmi, frequenta altre persone e lasciami stare.
Uscì dall’aula, Layla non lo seguì. Rimase lì, al centro, immobile, con le lacrime che le rigavano il viso. Aspettò qualche minuto, prima di fare qualsiasi movimento. Non riusciva ad accettare quello che Regulus le aveva detto, non voleva. Come poteva frequentare altre persone e smettere di pensare a lui con la consapevolezza che quello che lui stava facendo lo avrebbe condotto inesorabilmente alla morte? Come poteva stare in silenzio, fare finta di niente, lasciarlo stare?
Senza trovare pace, uscì finalmente dall’aula, facendo un giro lungo che la portasse alla sala comune Corvonero senza necessariamente dover incontrare gente. Aveva voglia di stare da sola, in un posto dove nessuno potesse disturbarla mentre piangeva. Attraversò il corridoio del settimo piano fino ad arrivare alla Torre, ma non se la sentì di salire le scale, c’era troppa gente, e ciò avrebbe significato troppe domande e zero pace. Tornò indietro, ripercorrendo il corridoio; fare due passi l’avrebbe aiutata a sfogarsi, anche se sentiva ancora il bisogno di trovare un luogo in cui potesse stare da sola. Curiosò qua e là nel corridoio, cercando un’aula adatta, fino a che, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di straordinario: una porta era appena apparsa dal nulla, sulla parete di fronte al ritratto di “Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll”.
Layla era sicura, la porta si era materializzata, prima non c’era. Si avvicinò, abbassò la maniglia e spinse, guardando all’interno. La stanza era non più grande del suo dormitorio; vi era una poltrona blu di velluto, in un angolo della stanza, che a Layla ricordò quella presente nella sua camera a Portaleen. Osservandola meglio, tutta quella stanza le ricordava la sua camera a Portaleen: il letto a baldacchino, le lenzuola azzurre, la scrivania bianca. L’unica caratteristica che la distingueva dalla camera reale era la totale assenza dei suoi effetti personali. Quello era il posto ideale per stare da sola e allontanarsi momentaneamente da tutto. Non sapeva come fosse possibile, ma sembrava che quel luogo avesse sondato i suoi desideri e avesse accolto la sua richiesta di aiuto.
Non aveva idea dell’esistenza di un posto del genere a Hogwarts; tirò fuori la mappa, cercandola, e vide che, in effetti, all’interno della pergamena non era riportata. Anche il punto nero che mostrava la sua posizione era sparito, e allora Layla capì: aveva appena trovato un luogo di cui nessuno a Hogwarts era a conoscenza.
 
 
Note
 
Craaaaaa – eccomi! *alza piano la mano aspettandosi pomodori in faccia*
Quanti mesi sono passati dall’ultimo aggiornamento? Vi chiedo umilmente perdono, i ritmi di aggiornamento sono drasticamente calati; voglio dirvi che ne vale la pena perché comunque sto lavorando, studiando, facendo tirocini e frequentando lezioni, ma in realtà mentirei: sì, sto facendo tutte queste cose, ma preferirei di gran lunga passare il mio tempo a plottare e scrivere! Okay, passiamo a cose importanti, ora!
  • Amanda Tassorosso LOL;
  • James patatino che abbraccia Lily patatina ❤ a breve altri momenti fluffy tra loro, I promise!
  • Aaahhh ci sono voluti 30 capitoli, ma è venuta fuori finalmente la cotta di Remus per Jaded!
  • Layla e Reg sono preziosissimi e li amo, ma Reg è arrabbiato con me perché Layla insiste e non lo lascerà stare finchè non accetterà il suo aiuto. Ma dai, diciamocelo: Reg è bravo e intelligente, ma avrebbe davvero bisogno di Layla, altrettanto sveglia, per saltarci fuori. Chissà!
  • Tadaaaaaaan- ECCOLA, LA STANZA DELLE NECESSITA’!
 
Il mio commento nonsense, stupido e privo di contenuti utili è terminato. Alla prossima!
Tanti abbracci abbracciosi!
 
Amanda
   
 
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