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Autore: Sherly82    09/03/2017    3 recensioni
Non so bene dove collocare questa storia. Forse dopo la 3x02. Vi accorgerete della mancanza di Mary. Lo so. Io la adoro, ma questa storia è nata senza il suo personaggio, per cui ho continuato. Perdonatemi.
E' una Sherlolly nata lentamente. Sherlock sta scoprendo di permettersi delle emozioni, è all'inizio del suo cambiamento. Non ne è del tutto consapevole, ma sa che qualcosa in lui sta cambiando.
Un evento in particolare, lo porterà a qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il secondo capitolo. L’ho riletto e riscritto diverse volte. Qualcosa ancora non mi convince, ma è leggibile e spero non vi dispiaccia. Chiedo venia per mancanza di accuratezza a livello medico, non è il mio campo e in caso di errori (gravi), perdonatemi.

Buona lettura

 

 

Sul taxi, che andava alla velocità massima consentitagli, dopo una promessa di lauta mancia, John cercava di capire quali sentimenti stessero passando nel suo amico.

Per qualche istante aveva visto il dolore affacciarsi negli occhi del consulente investigativo, appena era riuscito a dire perchè si stavano dirigendo all’ospedale.

Poi improvvisamente, il suo volto era tornato ad essere una maschera impenetrabile.

 

Avrebbe voluto dire qualcosa per stemperare quella tensione e rassicurarlo, ma non aveva idea di quello che era successo a Molly, e lui stesso stava pregando che non fosse così grave come in realtà sembrava essere.

Appena arrivati all’ospedale, Sherlock lanciò i soldi al tassista, senza curarsi di quanti fossero esattamente, facendo capire a John che il suo livello di preoccupazione per Molly era a livelli molto alti.

Giunti nei pressi della saletta d’attesa videro Lestrade.

Bastò uno sguardo per far capire a Sherlock che Molly era molto grave.
Un sospiro, la testa che si girava per cercare un punto dove fermarsi, per far smettere al suo cuore di battere così forte nel suo petto.

Sherlock si chiuse per qualche minuto nel suo palazzo mentale, cercando di trovare al suo interno un modo di fermare quel dolore che faticava a controllare.

 

John raggiunse l’ispettore e senza dover chiedere nulla, quest’ultimo iniziò a parlare, come per togliersi di dosso qualcosa di brutto.

 

“Ci hanno chiamato i soccorritori. Il guidatore deve aver perso il controllo dell’auto e dopo aver divelto un palo, il mezzo si è ribaltato. I pompieri hanno impiegato diverso tempo per estrarli. Entrambi sono in gravi condizioni...l’uomo si chiama James Smith. So che stavano uscendo assieme. Molly me ne aveva accennato..”

La voce addolorata.

Lestrade faticava a trattenere le emozioni.

 

John si girò verso Sherlock.

Lo sguardo fisso verso la finestra di fronte a lui. Sapeva che aveva udito le parole di Lestrade e si chiese cosa stesse provando.

“Sherlock senti”

“Non ora John.”

 

La barriera di Sherlock Holmes si era innalzata e nemmeno il suo più caro amico in questo momento riusciva a penetrarla.

 

Non hai niente da dire su James?”

Chiuso nuovamente nel suo palazzo mentale Sherlock stava rivivendo quel pomeriggio con Molly Hooper.

“Lascialo. Ha grossi problemi di insicurezza e non è la persona giusta per te”

 

Avrebbe dovuto cominciare così.

Avrebbe dovuto risponderle.

Invece ora faceva i conti con i rimorsi delle parole non dette.

Si maledisse.

Sherlock non perdeva occasione di parlare, di trattare male, di mostrarsi migliore e superiore di fronte a tutti e proprio quando era stato necessario, quando gli era stato chiesto, non aveva detto una parola.

Si sentiva in colpa, maledettamente in colpa.

Molly era in sala operatoria perchè lui non aveva voluto ferirla, come faceva sempre.

Non voleva essere sempre la causa del suo dolore, sapeva che si meritava di essere felice.

Ma ora...ora quelle parole non dette erano macerie che lentamente lo stavano annientando, insieme al non avere notizie dal suo arrivo all’ospedale.

 

John era accanto a lui, in silenzio.

Aveva cercato di avere informazioni dalle infermiere, ma non c’erano aggiornamenti.

Lestrade aveva finito il turno, ma era ancora li, in attesa, preoccupato come loro per la loro amica, che stava lottando per la propria vita.

Passò ancora molto tempo prima che le porte si aprirono, facendo passare un dottore.

Leggere gocce di sangue ancora addosso sul camice.

Alla sua vista Sherlock ebbe un sussulto e mettendo le mani giunte davanti al volto, chiuse gli occhi.

Aveva paura.

Paura di sapere.

Paura di aver perso Molly.

 

John e Lestrade andarono dal chirurgo e dopo essersi presentati, aspettarono febbrilmente notizie.

 

“Il signor Smith aveva un tasso alcolico di 0,9g/L, ma la causa della perdita di controllo del mezzo deve essere attribuita ad un ictus che l’ha colpito, facendogli perdere conoscenza. Abbiamo fatto il possibile. E’ in coma farmacologico. Non sappiamo se ce la farà. Mentre la sua compagna”

 

“Amica, Molly è solo un’amica”

 

John aveva interrotto il medico per correggerlo riguardo la situazione sentimentale.

Si scusò subito dopo.

 

“Dicevo, la signorina Hooper, è stata operata per traumi multipli all’addome. Le abbiamo asportato la milza. Ha riportato la frattura dell’omero destro e tre costole. Ha perso molto sangue ed è stata necessaria una trasfusione urgente. Tutto quello che era nelle nostre possibilità, l’abbiamo fatto. Ora saranno fondamentali le ore successive. Quando si sveglierà, valuteremo se ha riportato danni cerebrali. Mi spiace ma al momento è tutto quello che posso dirvi”.

 

John e Lestrade guardarono contemporaneamente Sherlock, che ancora seduto, fissava la porta della sala operatoria.

Nessuno riusciva a parlare, men che meno sapevano cosa fare.

Dopo poco il chirurgo si ripresentò ai tre uomini.

“Se conoscete i familiari della signorina Hooper.... quando è arrivata in ospedale ha ripreso conoscenza per qualche secondo e chiamava qualcuno. Sher qualche cosa. Potete avvisarli voi?” detto questo, si allontanò di nuovo.

 

Un brivido lo percorse, facendolo scuotere come una scarica di corrente elettrica.

 

Molly in quei pochi istanti aveva pensato a Sherlock e l’aveva chiamato.

Se dentro di lui era rimasto in piedi ancora qualcosa, sapere di quel particolare lo fece crollare completamente.

 

John sentendo le parole del medico si preoccupò immediatamente dello stato del suo amico.

“Sherlock so come ti senti, ma Molly è forte, più forte di quello che pensiamo, vedrai che”

“John ...non dire nulla. Per favore”

 

Una parte di lui voleva fuggire e l’altra voleva fare a pezzi qualsiasi cosa si trovasse davanti.

Respirava profondamente, cercando la calma che aveva perso, dalla telefonata di Lestrade.

 

“Pessimo modo per incontrarsi”

La voce alle loro spalle li ridestò dai pensieri, e girandosi, capirono che non avevano sognato.

Mycroft Holmes era a pochi passi da loro.

L’immancabile ombrello e lo sguardo serio, ma preoccupato.

Erano settimane che non lo vedevano.

“Mycroft... tu... cosa ci fai qui?”

John era visibilmente stupito dalla presenza del maggiore degli Holmes.

 

“Oh John, pensi ancora che io non sappia tutto ciò che accade al mio fratellino e ai suoi amici?”

Il sopracciglio alzato era una sottile conferma.

Sherlock non parlava.

Non aveva rivolto neanche uno sguardo a suo fratello.

Il che faceva capire quanto si fosse isolato nei suoi pensieri.

 

“Bhe, immagino saprai la situazione allora.”

 

“Ovvio che ne sono al corrente. Ho personalmente incaricato i migliori dottori dell’Inghilterra di intervenire per la signorina Hooper, e naturalmente per il suo...amico”

 

“Cosa?” lo stupore di John e Lestrade era al culmine dopo quelle parole, e riuscì a far girare la testa di Sherlock verso Mycroft, degnandolo finalmente di uno sguardo.

 

I suoi occhi luccicavano, pieni di sofferenza, che cercava di nascondere in ogni modo.

 

“Tu...hai fatto questo?”

la voce era bassa ma nel silenzio di quel corridoio, era udibile ai presenti.

 

Mycroft si sistemò la cravatta prima di rispondere.

 

“Certamente, caro fratello. Non oso immaginare cosa accadrebbe se perdessi una delle persone a te care. E la signorina Hooper, dopotutto, è in credito nei tuoi confronti, per quello che ha fatto per te, anni fa. E’ il minimo che potessi fare, metterle a disposizione i medici migliori”

 

“Grazie”

Senza guardarlo, aveva espresso quella parola, e Mycroft, come John e Greg sapevano che raramente Sherlock ringraziava.

 

“Resterei, ma il Paese ha bisogno di me. Aspetto suoi aggiornamenti, John.”

 

Un finto sorriso sul volto e prima di ricevere risposte, si girò e si allontanò dal gruppo dei tre uomini.

I sentimentalismi non erano per lui.

 

Ora che sapevano quanto Mycroft avesse fatto per Molly, in loro si era accesa silenziosamente una speranza, ma avevano ancora paura a parlarne apertamente.

 

Passarono tre ore.

John e Lestrade si erano addormentati sulle sedie.

Sherlock, nel suo palazzo mentale, dava l’impressione di dormire, ma continuava a rivivere i momenti con Molly, facendosi del male.

Per non ferirla, le aveva provocato il dolore più grande che poteva.

Aveva rischiato la vita, per un suo calcolo errato.

L’aveva lasciata con James, quando sentiva che non doveva farlo.

Sentì i passi del corridoio vicino.

Qualcuno stava venendo da loro.

Si alzò, in attesa.

Un’infermiera comparve dalle porte e guardando l’uomo col cappotto di fronte a lei chiese: “E’ un parente della signorina Hooper?”

“Si”

Il tono sicuro non aveva tradito la sua bugia.

“Bene. Volevo farle sapere che è cosciente. Dobbiamo ancora fare degli esami approfonditi ma al momento non sembra in pericolo di vita. Se vuole ha qualche istante per vederla”

 

John e Lestrade si erano svegliati nel sentire parlare, ma non avevano voluto interrompere il dialogo.

Entrambi sapevano quanto Sherlock stesse soffrendo e non obiettarono quando questi seguì la giovane donna, senza dire niente.

 

La luce soffusa, il bip delle macchine che monitoravano costantemente le sue condizioni, le flebo che portavano liquidi, antidolorifici e antibiotici nelle vene.

Sembrava irreale che in quel letto ci fosse Molly.

Lui che la ricordava sorridente e con le guance rosse in quel ristorante, solo poche ore prima.

Stette a osservarla per qualche istante ancora, prima di avvicinarsi.

Il livido sulla fronte, il taglio, la bocca leggermente gonfia, il braccio ingessato, la posizione rialzata per aiutarla a respirare meglio...stava provando un dolore fisico che non credeva fosse possibile.

Era come se poteva avvertire tutto quanto, semplicemente guardandola.

Si avvicinò lentamente al letto.

La sua mano si allungò verso quella di lei, accarezzandole leggermente con le dita il dorso. La sua pelle fredda. Ebbe un brivido, di nuovo.

 

“Sherl…...Sherlo….” con gli occhi ancora chiusi Molly lo stava chiamando.

 

“Molly sono qui, non preoccuparti. Andrà tutto bene”

 

Un groppo alla gola si era improvvisamente formato e gli occhi gli divennero lucidi.

La sua mano ora stringeva delicatamente la sua.

Non voleva lasciarla andare.

Non voleva perderla.

 

“Signor Holmes, sono il dottor Harrison.” non si era accorto dell’arrivo dell’uomo nella stanza.

Si girò verso quest’ultimo, in attesa.

“Sono uno dei medici incaricati da suo fratello per prendermi cura della signorina Hooper, e le posso assicurare che è in ottime mani. La sua amica si riprenderà presto, glielo garantisco. Ho assistito personalmente all’operazione e tutto è andato bene. Entro pochi giorni la sua amica starà meglio.”

 

Quelle parole riuscirono a placare un pò il dolore che avvertiva.

 

“Le regole ospedaliere non lo consentono, ma suo fratello ci ha chiaramente spiegato che non avrebbe lasciato questa stanza una volta entrato, per cui le abbiamo posizionato una poltrona vicino alla finestra. So che non è molto comodo ma è il massimo che possiamo darle. Potrà restare qui stanotte, ovviamente senza stancare la paziente. Ha bisogno di riposo”.

 

Questo Sherlock proprio non se l’era aspettato da Mycroft.
Lui invece lo conosceva molto bene, a quanto pare.

Diede un’occhiata alle sue spalle e in effetti, una comoda poltrona con tanto di coperta, era li.

 

“Grazie dottore. Non farò nulla che possa disturbare Molly, può stare tranquillo”

 

Quando furono nuovamente soli, Sherlock accarezzò nuovamente la mano della donna.
Doveva essersi addormentata.

La guardò, rammaricato che fosse la prima volta che la vedeva dormire, e che fosse perchè era in un letto d’ospedale.

Si staccò lentamente da lei e andò a sedersi sulla poltrona. Ogni parte di lui era a pezzi e ora che si stava appena rilassando, confortato dalle parole del medico e avendo sotto gli occhi Molly, avvertiva il bisogno fisico di riposare, almeno per poche ore.

Prese il cellulare e mettendolo in modalità silenziosa, mandò un messaggio a John.

- Molly si riprenderà. Stanotte resto qui, Mycroft è in vena di sorprese. A domattina. SH - 

   
 
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