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Autore: Pandroso    10/03/2017    4 recensioni
La Principessa Viola è maledetta, la Principessa Viola è un’assassina. La Principessa Viola è l'amante del Re di Dressrosa Donquijote Doflamingo.
Dal testo: «Violet, oggi abbiamo qui un uomo che si dichiara innocente. In verità, mi ha rubato cose che mi appartengono. Sai quanto io non sopporti i traditori. Viola... – Doflamingo la chiamò col suo vero nome – svelaci la sua colpevolezza, facci godere tesoro»
Coppia: Doflamingo ~ Viola (come Oda ci suggerisce, o qualcosa di più).
Buona lettura!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Monet, Sugar, Violet
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Daughter

 

2 ~ Menzogna

 


 

"God help me
I don't see how I can live this way
And I don't know why he's touching me
Won't you shine in my direction and help me?
Won't you lend me your protection and help me?
God help me"
 


 

 

 

 

Rimuovere gli occhiali dal viso accadeva di rado, se non mai. L’eventualità scattava quando le allucinazioni tornavano a tormentarlo. 
Doflamingo lo percepiva nell’aria, un odore cosmetico di cerone misto a sigaretta, e i suoi pensieri si coagulavano inevitabilmente nelle fattezze di Rosinante; da qui, la memoria delirava in flash accecanti: ricordava una donna malata, la sua mano fredda e i capelli biondi sparsi sul cuscino; vedeva la ricchezza di Marijoa allontanarsi... cani rabbiosi lo inseguivano per azzannarlo; ammazzava suo padre, e Rosinante, ancora. 
Tra gli spettri, il fratello era l’unico che si ribellava e tentava di vendicarsi premendo il grilletto prima di lui. 

Doflamingo abbandonava gli occhiali, in questi casi, ma solo dopo essersi assicurato che oltre alla propria presenza non vi fosse nessun altro con lui. 
Gli era necessario. Perché tolte le lenti, la realtà lo colpiva con sfolgoranti colori facendogli capire di stare solo sognando, e che il mondo, quello esistenziale, era completamente sotto la sua egemonia. Come adesso. 

Si trovava al quarto piano della Reggia, nella sua lussuosa stanza da letto, e sedeva sul bordo della finestra. Le gambe accavallate e gli occhiali appoggiati sul davanzale, a macchiare di rosso la pietra chiara per via della luce proiettata attraverso i vetrini colorati. 
All’orizzonte Dressrosa, comprese le anime che la abitavano, era sua; gli sarebbe bastato osservarla per rassicurarsi del proprio dominio. Invece, Doflamingo non degnava il Regno nemmeno di un’occhiata. 
Precipitando lo sguardo giù, nel cortile del Palazzo Reale, il demone preferiva spiare l’unico essere vivente sul quale sentiva di non avere il completo controllo. 
L’oggetto delle sue attenzioni era la Principessa Viola. 

Lei stava danzando, la gonna leggera e semitrasparente si sollevava animata dalle gambe snelle che ballavano uno straziante flamenco privo di musica.
Doflamingo seguiva con gli occhi ogni passo, osservava le mani di Viola,  aggraziate, disegnare con le dita sottili arabeschi nell’aria; le vedeva scendere, salire, sfiorare la silhouette di quel corpo florido, giovane, illibato. 
Il Demone Celeste ne era stregato: lei era fatta di crudele lealtà, sconcertante, nasceva dalla paura e dall’istinto di proteggere suo padre, e non aveva pietà di nessuno.  
Viola era perfetta, ed era una sua creazione, uguale a lui: l’aveva forgiata nell’atrocità, le aveva fatto vivere l’orrore eliminando persone a lei care, l’aveva privata dello status nobile e infine costretta a servirlo. 

Senza fermarsi lei ballava. 

Ma non c’era altro spazio nel cuore di Viola, non era lealtà pura quella che lei mostrava al nuovo Re di Dressrosa; non era donata a priori, non era completa; restava insoddisfacente.

La Principessa alzò la gonna e scoprì le ginocchia; Doflamingo le vide da lassù, piccole e magre, deglutì, provò un guizzo nel sangue. Mosse una mano rabbioso, pervaso dalla voglia ingombrante di profanare quella bellezza danzante usando i suoi fili, per manovrarla, per spingerla a ballare come lui voleva... per averla nuda e legare il suo cuore. 

Il demone respirò profondamente, si rilassò; seguendo lo stesso ritmo dei passi della ragazza, che ignara di essere spiata seguitava a danzare, lui si toccò il petto lasciato scoperto dalla camicia che non abbottonava mai. 
Aveva rinunciato a tessere i suoi fili meschini. 
La Principessa sciolse la crocchia che le teneva raccolti i capelli. Le lunghe ciocche scure si srotolarono lambendole la pelle del collo e delle spalle.

E se io ti spezzassi di più, Viola? 
Continueresti a mostrarti fedele? 
Balleresti ancora? 

Viola roteava in veloci giravolte, il demone restava obliterato nell’oscurità dell’ombra e impigliato nei suoi stessi venosi pensieri, puntandola dall’alto, in modo debilitante. Immaginò avere quei capelli intrecciati stretti alle proprie dita, brividi lo percossero, non smetteva di carezzarsi.
Le sue pupille si dilatarono cibandosi di una deliziosa visione. Gli spettri cupi erano spariti, spazzati via.


Viola prillò sul prato verde e profumato, i fili d’erba venivano sfiorati dai suoi piedi leggeri; la bocca avida del fenicottero ebbe il desio di morderli e succhiarli. 

Bussarono alla porta, ‘Mingo non vi badò, neanche quando quel qualcuno si inoltrò nella stanza calpestando rumorosamente il pavimento in marmo serpentino.
Lui non si voltò, ma la persona che lo stava cercando, una donna, venne colpita al cuore vedendolo privo di occhiali. 
Per lei quella era sempre stata una visione impossibile, fino a quel momento.

«Signorino... », pronunciarono due labbra carnose ma pallide.

Doflamingo non rispose. Dalla finestra aperta entrò una forte folata, veniva dal mare ma odorava di Viola. Il vento scostò il drappo scuro che nascondeva il fenicottero, la luce gli illuminò il viso, la donna assistette ammaliata: gli occhi del demone erano fiamma viva, abbacinavano più splendenti d’una stella del firmamento, del sole stesso, una meraviglia che non apparteneva a quel mondo.  

«Signorino... »

Parola morta, vuota, che si disperse nell’aria afona della stanza.

«Signorino... »

Gli occhi brillavano altrove, non per lei.

A chi? A chi stai rivolgendo il tuo sguardo, mio Re?

Doflamingo corrugò la fronte innervosito. Una mosca appiccicosa aveva deciso di non andarsene, continuava a chiamarlo. 
Monet non sapeva di essere diventata una mosca. Insisteva a ronzare.

«Signori- »

«Che c’è?!» gridò lui, per scacciarla; ma distolse gli occhi da Viola, in brevi secondi che gli costarono la scomparsa della Principessa: lei se ne era andata.

Accortosi che Monet era l’insetto irritante, Doflamingo indossò velocemente gli occhiali. L’arpia se ne dispiacque amaramente.

«Signorinooo!»

Stavolta, non fu la donna a chiamarlo. Nella stanza entrò una bambina tutta allegra, coi piedi scalzi e che portava con sé un piccolo canestro di vimini colmo d’uva.
La bambina arrivò al cospetto di Doflamingo, saltellando incurante della forte agitazione che ancora non aveva abbandonato il fenicottero e che visibilmente gli arrugginiva l’espressione.

«Torna subito qui, Sugar!» 

Ordinò Monet, ma la piccola Sugar non la ascoltò, anzi, andò ad accomodarsi sulle gambe del demone, lo abbracciò affettuosa e dondolò i piedi felice.
Monet rimase col fiato sospeso, Doflamingo avrebbe potuto strozzarla, lanciarla fuori dalla finestra, o tagliuzzarla con i suoi fili. E se questo fosse stato il volere del Re, Monet non lo avrebbe contrastato.

«Signorino mi sei mancato tanto tanto! Sai che la scorsa notte non ho dormito bene, Trebol russava troppo, volevo ucciderlo!» disse la bimba, cercando di richiamare l’attenzione del fenicottero che era tornato a guardare fuori dalla finestra, a mirare il vuoto lasciato da Viola e il foulard che ella aveva dimenticato su una panchina.

«Sugar, ti avevo detto di stare ferma, non si disturba in questo modo il Signorino!»
Monet rimproverò sua sorella, e la piccola, che non amava essere sgridata, rispose con una linguaccia e nascose il viso sotto la camicia di Doflamingo, sicura di trovare riparo.
«Ragazzina pestifera!»

«Fu fu fu... non devi arrabbiarti con lei, Monet. Sugar non potrebbe mai darmi fastidio» intervenne Dofy, accarezzando il caschetto di capelli corti e morbidi della piccola. 
Il fenicottero aveva perduto il motivo per tenersi distante, ma intanto rifletteva su dove potesse esser fuggita la sua tortorella e aveva voglia di incontrarla.

«Chiedo perdono», l’arpia era costernata, estremamente a disagio.

«Sugar, cosa mi stavi dicendo a proposito di Trebol?» domandò Dofy, continuando a giocare con i capelli della piccola: attorcigliava i boccoli fra le sue lunghe dita, con gesto reiterato, lasciandosi però sfuggire un accento nervoso.

«Che non mi lascia dormire, russa forte perché non si soffia il naso. E io non ce lo voglio più nella mia camera!»

«Oh, mi dispiace. Ma Trebol deve starti vicino, per proteggerti»

La piccola mise il broncio: «Questo vuol dire che non sono abbastanza forte?»

«Assolutamente no! Vuol dire che sei importante!» il demone le diede un buffetto sul naso, la stava trattando come una bambina. 
Sugar gli sorrise, arricchendo le sue guance paffute, poi, infilò le dita in quattro acini d’uva, bucandoli teneramente con le sue unghie minuscole. 

«Um... d’accordo, ma mi prometti che una di queste sere dormirai tu con me?»

Monet era sull’orlo di fulminare la sua graziosa sorellina.

Sugar assaggiò un chicco d’uva, quello sul dito mignolo. Dopo, portò la mano alla bocca del demone che sorridendole le permise di imboccarlo. Dalle dita che la piccola gli offriva, Dofy succhiò un chicco e ci giocò, facendolo rotolare a vista sulla lingua, prima di morderlo e lasciarsi inondare la bocca dal suo dolce succo. 
La complicità che s'era creata tra il Signorino e Sugar annebbiò la vista dell’arpia. Monet si sentiva un’intrusa, esclusa, ma esagerava nel vedere la sua amabile sorellina al pari di una ladra: in fondo, Sugar era solo una bambina... di circa diciotto anni.

La piccola se ne stava approfittando, andava sculacciata.

«Ma certo, te lo prometto. Dormirai abbracciata a me tutta la notte, dai, ora va’ che Trebol ti starà sicuramente cercando»

La bimba sorrise e contenta baciò a sorpresa Doflamingo all’angolo della bocca, con fare civettuolo e fanatico, mettendoci pure una punta di lingua, perché così facevano gli adulti. Fu un dettaglio questo, che Monet poté solo immaginare, senza sbagliarsi. 
Il demone abbracciò la piccola e la aiutò a scendere dalla sue gambe lunghe. Le strinse il corpicino afferrandola per il prendisole chiaro a pois azzurri che la faceva assomigliare ad una bambolina.
Monet la detestava, doveva finirla di fare la smorfiosa con lui!
Quando Sugar la oltrepassò per uscire, portando con sé il cesto d’uva, la piccola non si risparmiò di punzecchiarla: «Frigida arpia, bleah!», le disse con una seconda linguaccia, e uscì sbattendo la porta.

«Per quale motivo sei venuta qui, Monet?», domandò Doflamingo, riportando la donna sull’attenti. Con lei il demone aveva perduto gentilezza, era diventato improvvisamente severo e freddo.
«Sono venuta ad avvisarla che lo scienziato Caesar Clown è arrivato, e attende di essere ricevuto»

«Bene, è stato puntuale» si limitò a commentare il fenicottero, senza ringraziare i servigi della sua migliore subordinata. Peggio: uscì dalla porta evitando di degnarla di qualunque considerazione, come fosse stata trasparente.
Faceva male, probabilmente il Signorino era arrabbiato con lei perché lo aveva interrotto in un momento importante. Non le restava che scoprire cosa vi fosse oltre la finestra.
Monet andò a vedere e nel momento stesso in cui si affacciò, la Principessa Viola tornò a prendere il foulard che aveva dimenticato.

Shhrreek!!!

Con ferocia, gli artigli dell’arpia bucarono la stoffa spessa della tenda, la sdrucirono selvaticamente, riducendola a brandelli.

 

 

***

 

«Joker!»
Esclamò con giubilo il più pazzo tra gli scienziati sfuggiti alla Marina. Le sua bocca bluastra, velenosa come gli intrugli che preparava, si distese in una smorfia assottigliata quand'egli vide arrivare il suo protettore, Donquijote Doflamingo, conosciuto da tutti i broker come il Joker. 
Il Demone Celeste aveva deciso di accogliere l’ospite in una sala appartata e non in quella dei Semi più adatta ai ricevimenti importanti. 
Meno gente veniva a conoscenza della presenza dello scienziato sull’isola, meglio era. Tra la gente erano inclusi anche gli Ufficiali, a parte Vergo che era presente alla piccola riunione.

«Adesso spiegami, Caesar, sarebbe bastato inviarmi un messaggio da Punk Hazard, una chiamata col lumacofono, senza rischiare di muoverti da lì, invece tu hai deciso di venire proprio qui, mettendo a rischio te stesso e soprattutto me. Attendo da te un’importante motivazione, e spero vivamente che lo sia, importante»

«Certo che lo è! Shulololololò!» 

«Non si tratterà del SAD?», lo incalzò il fenicottero, ce ne aveva una per capello, era stato interrotto in un momento di concentrazione massima, di resistenza alle proprie pulsioni – non smetteva di pensare ai piedi delicati della Principessa – e per quel giorno l’eccezione non si sarebbe più ripetuta. Avrebbe ucciso, sì, doveva controbilanciare le forze.

«Nonono, Joker! – lo rassicurò lo scienziato, mettendo le mani avanti – Va tutto bene, ma sai, io produco la medicina per te, tu in cambio mi garantisci la protezione e... » 

«Arriva al sodo, Caesar» lo intimò ‘Mingo, dandogli le spalle per andare a versarsi da bere in un bicchiere di cristallo posto su un piccolo servizio bar all’angolo nella stanza. Un’arsura insopportabile gli aveva disidratato la gola, aveva sete.

«Conosci la mia fama, io sperimento, faccio scoperte sensazionali, ma ho bisogno di cavie, e per i motivi che tu stesso hai detto, non posso andare a cercarle da solo, mi scoprirebbero se mi muovessi!»

Doflamingo fissò lo scienziato, bevve un sorso abbondante di prosecco ghiacciato, «A cosa ti servirebbero queste “cavie” ?» chiese.

«Si tratta di sperimentare la formula per il gigantismo! Devi sapere che con questa sostanza chimica è possibile creare un esercito di mostri invincibili»

Il diavolo rosa inclinò la testa, guardò l’ex ufficiale di cuori e poi di nuovo lo scienziato, «Ok, Vergo collaborerà con te» 

«Ma le mie non possono essere cavie qualunque, ho bisogno di... bambini, tanti bambini!»

Il demone sorrise, cioè, svelò i suoi denti perfetti, «Tutti i bambini che vuoi, Caesar, tutti quelli che vuoi... E tu, Vergo, è vero che lo aiuterai?»

«Ovviamente, Joker! Mi piace andare a caccia di bambini» rispose l’ex Corazon succinto in abiti marine.

«Ma adesso, da bravo Caesar, torna a lavoro, mi inquieta l’idea che tu sia qui anziché stare al tuo posto a produrre quello che mi devi», Doflamingo accompagnò lo scienziato verso la porta. Una volta fuori, Caesar venne scortato da Vergo.

«Grazie, Joker!»  

Doflamingo elargì un nuovo sorriso allo scienziato, annuendo con la testa, quasi a dire “di nulla!”, ma di fatto non lo disse.

«Vergo, riportalo sull’isola sano e salvo» parlò ancora il fenicottero, poi, costrinse l’ufficiale ad avvicinarsi a lui. Vergo si accostò appena per permettergli di mormoragli qualcosa all’orecchio.

«D’accordo, conta su di me Dofy» rispose il camuffato marine dopo aver ricevuto il messaggio in un sussurro. 

Vergo lasciò Dressrosa con la missione di ricondurre Caesar alla bruciante Punk Hazard, e di svolgere un altro incarico, quello che il Demone Celeste non aveva fatto udire allo scienziato.

 

 

***

 

 

In qualunque luogo del palazzo lei si trovasse, c’erano sempre occhi attenti ad osservarla. 

Controllata, spiata, inquisita, seguita. 

La Reggia era mutata in una prigione di pupille indagatrici con migliaia di braccia pronte a immobilizzarla. Non c’era scampo.
Forse, il Re non si fidava di lei e temeva che provasse a fuggire. La Principessa non poteva immaginare cosa in realtà vi fosse dietro quell’oppressione patologica.
Viola comunque non osava nemmeno sperarci, non poteva abbandonare il suo Paese, tantomeno suo padre di cui non aveva avuto più notizie da quella notte di inferno. 
Le giornate trascorrevano lente per lei, che si sforzava di mantenere una parvenza di normalità evitando di soccombere al proprio destino. Studiava, danzava – saper ballare era tipico delle donne di Dressrosa, e lei era figlia del suo Paese – ma non aveva amici, non parlava con nessuno all’infuori di Tank Lepanto, l’ex capitano delle guardie di suo padre, rimasto a servire Doflamingo esclusivamente per proteggerla. 
Ma con Tank, Viola parlava di rado onde evitare di destare il sospetto di una cospirazione e di metterlo in mezzo ai guai. 
In compagnia dei suoi incubi, e dei sensi di colpa che la consumavano lentamente, giorno dopo giorno,Viola era sola.

Passeggiando nel palazzo, la Principessa si sforzava di ricordare come era un tempo, quando era libera e c’era la sua famiglia con lei; purtroppo, le dolci memorie sparivano alla vista del ghigno nero dipinto ovunque nella Reggia, andavano in frantumi quando udiva voci estranee, e la ferivano nell’attimo in cui vedeva chi le aveva fatto del male occupare indisturbatamente la sua casa. 
Se le capitava di non incontrare alcun membro del clan durante le sue escursioni scaccia pensieri, poteva dirsi fortunata. Tuttavia, la Principessa non era più seguita da una buona stella, il cielo per lei si era oscurato; ed infatti, uno fra i peggiori della Donquijote Family le stava venendo incontro. Era Diamante, l’Ufficiale di Quadri.

Non c’erano stanze dove potersi infilare, il corridoio lungo che stava percorrendo non dava la possibilità di poter cambiare percorso.
Lei non voleva tornare indietro, avrebbe rischiato di destare attenzione e di ritrovarsi poi costretta a dare spiegazioni. 
Pregò affinché quell’uomo viscido, passando, non le rivolgesse la parola.
Lui arrivava con incedere arrogante, la spada sguainata appoggiata di piatto su una spalla, la camminata fiera, a Dressrosa lo consideravano perfino l’eroe del Colosseo, ma Viola lo conosceva diversamente: era un vile, un ignobile assassino che si vantava dei suoi atti criminali. La ripugnava.
Viola tirò dritto, evitando di guardarlo in faccia, Diamante sembrò non fare caso a lei ma...

«Oh, Principessa Viola!»

L’Ufficiale si fermò e le sbarrò il cammino.

«Che fai? Mi eviti e non mi rivolgi nemmeno un saluto, Principessa?»

Viola cercò un punto dove puntare gli occhi che non fosse occupato da quell’individuo. 

Non c’era.

«Ehi, sto parlando con te!» 

L’uomo osò toccarle il viso, la costrinse a guardarlo. Lei strinse i pugni, obbligata a subire la presenza del pirata. 
Naso lungo e fino, narici larghe, occhi come buchi su una maschera senza vergogna. E la bocca... un taglio obliquo, storto, grande e affollata di denti... il ritratto della nefandezza incorniciato da capelli bisunti, con tanto di cappello bicorno buono a farlo somigliare a un troll.
Viola cominciò a contare, mormorando i numeri senza curarsi che l’Ufficiale potesse sentirla.
«Sei bella, Principessa Viola – Diamante cadenzò le parole, il disgusto saliva, l’Ufficiale la stava guardando con sporchi intenti, lei non poteva sottrarsi –  i tuoi occhi sono così grandi, me la ricordano, oh sì, somigliano tanto a quelli di tua sorella – sotto la gonna, il pugnale che la Principessa teneva legato alla coscia sembrò ardere – Com’è che si chiamava?! Aspetta, fammici pensare... Ssssss-Scarlet! Non è così?!»

Otto, nove, piantaglielo in gola, dieci, undici, dodici

«Ma che importa oramai, lei riposa sotto metri di terra, come tutti i Riku. E ce l’ho messa io lì, eh! Ah ah ah! – Tredici, quattordici, uccidilo! Scusami, non posso fare a meno di dirtelo ogni volta che ti vedo, è che tu me la ricordi moltissimo, e certo, eravate sorelle!!!»

Quindici, sedici, tagliagli la gola!

«Lei è stata molto sfortunata. Tu invece eccoti qui a far parte della Famiglia... dimmi la verità, questo non ti fa sentire un po’ in colpa, Principessa?»

Viola accarezzò la stoffa della sua gonna, le tremavano le mani, il pugnale era come incandescente.

Perdonami Tank, perdonatemi tutti

«Diamante!»

Una voce tonante si intromise.
Sentendosi chiamare, l’Ufficiale si voltò, e trovandosi di fronte Doflamingo in persona, interruppe il discorso diventando impacciato.
«Ah, Dofy! Posso fare qualcosa per te?!» chiese, con la mano callosa e ruvida che ancora toccava la pelle morbida della Principessa. Ed era lì che il demone aveva inchiodato il suo sguardo. 
Celato dagli occhiali nessuno poteva accorgersene.

«Sì, togli le mani dal viso di Violet e dimmi cosa vi stavate raccontando»

L’Ufficiale, intuita una certa tensione, di cui però non capì la natura (era esageratamente stolido per arrivarci), aprì la bocca, sorrise ebete e lasciò la Principessa come gli era stato ordinato. 
Anche Viola era sorpresa dall’arrivo di Doflamingo, comparso puntualmente prima che lei potesse compiere una grave scelleratezza.

«Niente di particolare, le stavo ricordando che, be’ è una di noi e pertanto...»

‘Mingo non ascoltava. Osservava Viola, in particolare le sue iridi ambrate dove stava bruciando qualcosa di nuovo e interessante. 
L’Ufficiale seguitava a parlottare privo di senso logico. 

Il palazzo era infestato da mosche. 
Pensò Doflamingo.

«Diamante»

«Sì, Dofy?»

«A Dressrosa sei l’uomo più attento, coraggioso e risoluto, il migliore tra tutti», il demone si rivolgeva a lui, però la sua attenzione era sempre per Viola, lei se ne rese conto e si allontanò cautamente da Diamante. Fu un’azione dettata dall’inconscio, era meglio così.

«Oh, non esagerare Dofy, così mi metti in imbarazzo!»

«Non esagero, e perciò voglio che tu vada adesso al porto mercantile a controllare come vanno i traffici, perché non deve più ripetersi quel che è accaduto la scorsa settimana, mi prometti che sarai attento così come mi aspetto che tu sia?»

Le parole cortesi di Doflamingo suonavano alle orecchie di uno stolto come un gratificante elogio, e ogni suo comando era un desiderio da esaudire.

«Non ti deluderò!»

«Ora va’»

Fiero di sé, Diamante liberò il campo dalla sua scocciante presenza.

La Principessa era sospettosa, mandarlo via era stato davvero un comando necessario? Oppure una scusa per liberarla dalle grinfie dell’Ufficiale? 
E se sì, a quest’ultima, a quale scopo?
Lei non voleva vedere, avrebbe potuto sincerarsene analizzandolo coi suoi poteri, ma temeva di conoscere la verità. 
Rimasero soli. 
Dofy era contento, aveva pensato a lei tutto il giorno, era pregno di lei, dell’immagine del suo corpo che ballava. Le si avvicinò. 

«Sembri non stare molto bene, Violet» commentò lui. La osservava dall’alto in giù, come quando l’aveva spiata dalla finestra. Ma ora, poteva toccarla.
Stremata dal calo di adrenalina, Viola s’era appoggiata contro il muro ruvido e scomodo per trovare sostegno. R
espirava affannata, non riusciva a placarsi, in presenza di Doflamingo era impossibile. Si portò le mani al cuore e premette forte.

«Non è nulla, anf, anf... non preoccupatevi per me»

«Anche quando siamo soli continui a rispettare ostinatamente questa inutile formalità? Non serve, te l’ho già detto»

«Questa inutile formalità è il dovuto rispetto da mostrarvi, Sire» 

Il demone sorrise, era divertito dalla sottile ironia con cui lei tentava di camuffarsi in fedele suddita. 

Cara Principessa, tu non sai mentire.

«Sai, poco fa, quando Diamante era qui, tu eri... diversa, sembravi molto sicura di te»

Non può essere

La Principessa sperò che l’insinuazione non si riferisse alle sue sventate intenzioni omicide.

«Viola, so cosa volevi fare a Diamante, me lo hanno suggerito i tuoi occhi – Era finita, e questa era la conferma; l’avrebbe uccisa e anche suo padre sarebbe morto – però, in un certo senso sono d’accordo con te...Voglio dire, esiste un solo perdono che può funzionare in questo mondo, ed è la vendetta, peccato che questa sia unicamente privilegio dei più forti e condanna per i deboli, fu fu fu... »

«Finitela di prendervi gioco di me! Se avete capito che sono pronta a vendicarmi perché non mi uccidete?!»

«Non lo faccio perché tu non vuoi morire! Sei tanto attaccata alla vita, tua e degli altri, pensaci, Viola»
Doflamingo, argutamente avvicinatosi alla Principessa, si chinò su di lei, con le dita mosse l’aria, seguendo il profilo della ragazza.
«E poi, tu sei troppo – la sfiorò appena su una guancia, le gote di Viola si imporporarono immediatamente, come fosse stata marchiata a fuoco; lei s’umettò le labbra; Doflamingo si piegò di più, lasciando che solo un corto respiro separasse le loro bocche, soffiò sulle labbra umide della Principessa, provocandole gelidi brividi e asciugandole l’impronta bagnata che le faceva luccicare le labbra rosee – sei troppo, troppo preziosa per me»

Viola si schiacciò indietro cercando di sottrarsi all’ignota sensazione che la stava investendo. La parete ruvida  si aggrappò al suo vestito di veli.

S
occhiuse le palpebre, aspettando che accadesse.
Se ne sarebbe pentita. Si sarebbe dannata per questo. 

«Viola, ascoltami»

Riaprì gli occhi: il demone, a distanza nulla, le apparve bello. 

«Un Re mostra il suo potere quando decide di non uccidere chi meriterebbe di morire» 

Che mi stai dicendo? 
Che vuoi ancora da me?
Dove sono i tuoi occhi? ...


«Pensaci Viola, pensaci sempre»

Doflamingo si allontanò da lei, non prima di averle rubato un respiro facendole sentire solo il calore delle proprie labbra senza baciarla.
L'aveva torturata abbastanza; decise di lasciare la sua tortorella libera di volare, di librarsi leggiadra nella voliera e di rendersi conto che, pur libera, dalla gabbia non sarebbe mai potuta uscire. 
La abbandonò.

 

***

 

Senza di lui la percezione del vuoto aveva peso e consistenza. Ed era sbagliato.
Viola si coprì il volto con le mani, non era preparata, non si spiegava cosa fosse accaduto e perché il suo cuore batteva suicida.
Se Doflamingo non fosse arrivato, lei probabilmente avrebbe ucciso Diamante o, più verosimilmente, ci avrebbe provato e sarebbe stata in ogni caso giustiziata, e con lei anche suo padre. 
Lui l’aveva salvata da Diamante.
Scrollò la testa. 

Sbagliato sbagliato sbagliato!

Lui aveva capito. 

Non te ne accorgi? Ti tiene sotto scacco!

Improvvisamente, un pianto querulo distolse la Principessa dalle proprie congetture, in fondo al corridoio una bimba la guardava con cattivo cipiglio. Ella stringeva in una mano il corpo di una bambola di pezza e nell’altra la testa della bambola, era quest’ultima a lamentarsi. A terra, ovatta e lanugine circondavano i piedi scalzi della bambina. Fortunatamente la bambola era solamente un giocattolo, altrimenti sarebbe andato sparso altro lì intorno.

«Sugar?», Viola la chiamò.

Sugar non rispose. Avrebbe voluto mostrare il suo nuovo giocattolo al Signorino. Lo aveva seguito e si era trovata ad essere spettatrice: lo aveva visto scambiare un bacio con Violet, di quelli che si davano gli adulti, secondo Sugar. 
La testa della bambola continuava a dolersi fra le dita malvagie della piccola strega.
Inquietante.
Viola ne era turbata.

«Sugar... » la chiamò ancora.

Indispettita, la bimba se ne andò. 
E come ogni brava bambina della sua età, Sugar avrebbe fatto la spia.




 

 
"Believe me, this wasn't what I wanted
But no, I can't leave, he's got me
Won't you shine in my direction and help me?
Won't you lend me your protection and help me?
Am I guilty or am I just waiting around
For the tide to come in so the truth can come out
Don't make me choose, I've got too much to lose
Don't make me choose, I've got too much to lose
Don't make me choose, I've got to much to fucking lose!"
 
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Il brano scelto da ascoltare cliccando qui, God Help Me - Emilie Autumn
E a me lei piace, molto.
Passiamo alla storia: secondo capitolo, e quindi siamo a metà strada.
Sono spiacente per i lunghi tempi di attesa.
Che dire, quel corridoio del palazzo potremmo chiamarlo il corridoio degli incontri, tutti lì! E nello stesso momento, va be' mi piacciono le entrate e le uscite di scena soprattutto. 
Ma trattiamo Sugar adesso... adoro questa bambina, lei è da infilare tra i peluche, e mi sono divertita come una matta a muoverla. Alla fine, è l'unica che con Dofy può far tutto! xD 
Sì, sono sorelle lei e Monet. Oda ce lo scrive nelle sbs del volume 77. Ho falsato la sua età però, per evitare problemi e censure. Esagero? Come sempre.
Spero di aver mantenuto un Dofy IC. È strano provare a entrare nella sua testa, ne esci male in ogni caso. 
Povera Viola, sedotta e abbandonata. Un classico. Ma qui c'è altro ovviamente.
A chi andrà a fare la spia Sugar? Ma ovvio, che ve lo dico a fare. ;)
Con l'occasione anche Caesar fa la sua comparsa, siamo agli inizi della sua carriera, e 'Mingo non si fida. Lui è più furbo, ovvio.
Ora vi lascio e vi ringrazio per aver letto il secondo capitolo, mi farebbe piacere leggere le vostre impressione, sperando abbiate voglia di lasciarle.
Un grazie grande con un baciotto a chi non mi molla e continua a seguirmi.
Pandroso vi saluta e come di sua consuetudine vi elenca le sue altre storie pubblicate, magari tra loro ne trovate qualcuna che vi piace di più (sono gradite recensioni anche su vecchie storie).

 
Pubblicata il 21/02/2017    
Due fratelli si separano, ma in un giorno non casuale uno di loro decide che è ora di mettere le cose in chiaro verbalmente, carnalmente, con tanto amore fraterno.
*Fan Fiction partecipante allo Sfiga&Crack's Day indetto dal Forum Fairy Piece*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Donquijote Rocinante, Trafalgar Law 
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Amanti segreti nel lontano Regno di Wa
Dal testo: [...] Quel pirata non si comportava mai solo come un pirata.
«Roronoa!... »
Pronunciò, sfiatata, incredula [...]
*Fan Fiction partecipante allo Sfiga&Crack's Day indetto dal Forum Fairy Piece*
Con DISEGNINO per le fan ^_^
Pubblicata: 21/02/17 | Aggiornata: 21/02/17 | Rating: Arancione
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Capitoli: 1 | In corso
Tipo di coppia: Het | Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! 
Personaggi: Roronoa Zoro, Tashiji, Zoro/Tashigi 
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Mein Herz Brennt

QUARTA ONE SHOT PUBBLICATA, INIZIATE ANCHE DALL'ULTIMA (Guest star di turno: CROCODILE) 
Non importa quanto si creda crudele, ogni cuore è capace di ferirsi.
A volte, le ferite non guariscono, continuano a sanguinare, diventano più profonde, e uccidono, se si è fortunati. Ma se si sceglie di non morire, queste si tramutano in una spietata condanna.
Raccolta dedicata alla Famiglia Donquijote. NON è una Yaoi anche se... scopritelo da soli.
Dal QUARTO CAPITOLO: 
«[...] Cosa pensi, che basti allungare uno di quei tuoi odiosi sorrisetti e Kaido ti obbedirà come una sgualdrina?» 
«Fu fu fu, allora sai perché sono qui... Comunque, caro secchio di sabbia asciutta, Kaido farà di meglio: me lo succhierà tutti i giorni e gli piacerà farlo!»
Consigliata come lettura serale. Ma attenzione che i contenuti sono forti, l’ho messo pure nelle note.
Autore: Pandroso | Pubblicata: 10/09/16 | Aggiornata: 16/01/17 | Rating: Arancione
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Capitoli: 4 | In corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza 
Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Donquijote Rocinante, Trafalgar Law 
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A Zou si affrontano problemi ontologici (ZoSan) Aveva lasciato un biglietto, doveva sposarsi, prometteva di tornare. Tutti erano preoccupati per lui.
A Zoro non interessava.
One Shot breve, Yaoi della coppia ZoSan, per voi fan e per me felicemente disperata a riguardo delle sorti di Sanji. Contiene Spoiler.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! LEGGI

Curami (Zoro/Perona/Mihawk) NEW: pubblicato IV CAPITOLO!
Una convivenza forzata, un addestramento in corso e forse un’attrazione accidentale che non vuole nessuno. L’isola Kuraigana non è solo un luogo di morte; e Perona e Zoro non sono soltanto una coppia di disgraziati spediti sulla stessa macchia di terra.
Facciamo luce su due anni di buio.
Buona lettura.
III capitolo on-line
Pubblicata: 11/09/13 | Aggiornata: 31/08/16 | Rating: Arancione
Genere: Azione, Romantico | Capitoli: 4 | In corso
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Drakul Mihawk, Perona, Roronoa Zoro
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Loverman… (ZoSan)
Sanji non avrebbe mai dovuto provarlo, non avrebbe mai voluto scoprirlo, non avrebbe mai dovuto desiderarlo. Anche la più piccola mancanza di volontà verso se stessi è ripagata con un tormento peggiore; a meno che si accetti la propria natura.
Consiglio: lasciate perde’ sto trip di parole, buona lettura.
Pubblicata: 15/08/16 | Aggiornata: 15/08/16 | Rating: Arancione
Genere: Angst, Introspettivo | Capitoli: 1 | In corso
Tipo di coppia: Yaoi | Note: Nessuna | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
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L’impensabile inaspettato (ZoSan) 
Sanji ha un urgente problema. Zoro… beh, lui fa quello che può.
One Shot che disturba persino chi l’ha scritta, attenzione alle note. E a voi la lettura.
Pubblicata: 03/11/13 | Aggiornata: 03/11/13 | Rating: Rosso
Genere: Angst, Introspettivo | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Yaoi | Note: Lime | Avvertimenti: Nessuno
Personaggi: Nico Robin, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro 
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Ultime previsioni prima di Dressrosa (Rufy/Nami/Trafalgar Law) 
Meno di un giorno all’arrivo sulla prossima isola. A bordo della Sunny chi può si riposa, altri non dormono: si incontrano casualmente, o per mistico volere.
Una One Shot breve e indolore, e con i personaggi IC; però spetta a voi valutarlo.
Buona lettura.
Pubblicata: 20/10/13 | Aggiornata: 20/10/13 | Rating: Giallo
Genere: Sentimentale | Capitoli: 1 - One shot | Completa
Tipo di coppia: Het | Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Trafalgar Law | Coppie: Rufy/Nami
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