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Autore: MudbloodAngel    11/03/2017    1 recensioni
Draco ed Hermione.
Si dice che l'amore vada contro le leggi della natura. Ma contro il tempo? Sarà l'amore a trionfare o saranno le lancette di un orologio a consumare i sintomi di una passione sbagliata?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO 11









Il clima era dei più freddi; non nevicava ancora, ma l’aria gelida riusciva ad entrare sin dentro le ossa. Mi strinsi nel mio leggero cappotto e seguii Cormac nel tragitto che portava a Hogsmeade. Per la maggior parte del tempo parlò di Quidditch e fu quasi un sollievo vedere l’ingresso dei tre manici di scopa a poca distanza da noi, almeno potevo sedermi e stare al caldo mentre il mio interlocutore si dilettava a torturami con episodi, per lui divertenti, riguardo a quell’assurdo sport.

Come pensavo il locale era colmo di gente: famiglie, studenti, coppiette si stavano gustando lietamente il confortevole soggiorno offerto dalla casa, e come biasimarli d’altronde. Madama Rosmerta si muoveva rapida tra i tavoli, pronta ad accogliere i clienti con il migliore dei sorrisi. Non a caso fu un attimo e si avvicinò a noi.

«Buongiorno, ragazzi! Accomodatevi pure, si è appena liberato un tavolo! Seguitemi.»

Che fortuna, pensai. Sarebbe stato un disastro, altrimenti. Dove saremmo andati? A fare cosa? Oh, cielo. Non posso farcela. Parla troppo!
Mi limitai ad alzare gli occhi al cielo e simulando tranquillità mi sedetti al tavolo.

«Che bello, Hermione! Non posso credere di trovarmi qui, con te.» fece per allungare la mano verso la mia, ma prontamente la ritirai dal tavolo e mi strinsi nelle spalle.

Quel gesto mi ricordò Ron, non seppi perché, ma quell’inconsapevole mancanza di discrezione era tipica del mio vecchio… amico.
Già… Alla fine cosa potevamo essere se non ormai vecchi amici, o forse solo vecchi conoscenti.

Mi rabbuiai e probabilmente lo diedi troppo a vedere, dal momento che in Cormac il sorriso si spense e mi guardò con rammarico.

«Scusami, non volevo…» mi disse.

«Tranquillo. Non è successo niente, ho solo ricordato vecchi episodi.» mi giustificai, provando a sorridere.
 
Lui non ci pensò due volte e in un attimo riprese con le sue “sensazionali” vicende sportive.
 
Ogni tanto annuivo e fingevo interesse, ma chi mi conosceva abbastanza sapeva che di boccini, scope e piani di attacco non me ne importava nulla.
 
Ma Cormac non mi conosceva affatto, non poteva saperlo.

“Alle donne non piace il Quidditch, non ci vuole un genio per saperlo.”

Ginny è una donna, mia cara.

“Ginny è un’eccezione.”

Certo…

Ordinammo due Burrobirre che ci vennero servite quasi subito.

«E tu, Hermione, parlami di te? Credo di averti annoiato abbastanza.» disse sorridendo, per poi prendersi del tempo per gustare anche lui quella dolce pietanza.

A quella domanda quasi mi affogai. Non mi aspettavo questo improvviso interesse.

«Non saprei… Non credo di aver molto da dire.» provai a rispondere.
 
«Non mi sottovaluterei, se fossi in te.» disse guardandomi con una strana luce negli occhi.
 
«Non lo faccio. Credo solo che non ci sia molto da dire su di me, nulla che anche gli altri non sappiano, ecco tutto. Ho rinunciato da tempo ad avere una certa privacy.»
 
«Be’, ci sarà pure qualcosa che non sa nessuno.»
 
Provai a pensarci un attimo e la prima cosa che mi venne in mente fu Amos. Ma questo certamente non era una questione da poter raccontare a tutti, soprattutto a Cormac, un altro ragazzo, per la precisione.
 
Un discorso era confidarmi con Ginny, la mia migliore amica, un altro era confidare a uno sconosciuto, perché questo era Cormac, qualcosa di così personale, ma non solo perché si trattava del professor Zibern; non mi fidavo a tal punto da potergli confidare qualunque cosa mi riguardasse. Così accennai un sorriso amaro e lo guardai.
 
«Purtroppo no, mi dispiace.»
 
«Sempre la solita misteriosa. Ma va bene, non insisto. Però suvvia, raccontami qualcosa. Cos’è successo con Ron? Sembravate così anime gemelle.»
 
Sorrisi amaramente, dovevo aspettarmi quella domanda, dopotutto.
 
«Non tutte le anime gemelle stanno insieme.» risposi tranquilla.

La mia risposta sembrò turbarlo un po’, ma non lo diede molto a vedere.

«Hai ragione.» disse dopo attimi e attimi di silenzio.

Gustammo entrambi il resto della nostra Burrobirra in una dolce quiete. Erano molti i momenti nei quali i suoi occhi non smettevano di scrutarmi da cima a fondo, ed erano altrettanto numerosi i momenti durante i quali cercavo di evitare il suo sguardo.
Quando finì, si avvicinò con la sedia al tavolo e poggiando i gomiti si sporse maggiormente verso la mia figura. Mi guardò attentamente e il suo sorriso sembrava voler dire moltissime cose.

«Che c’è?» gli chiesi con circospezione.

«Nulla. Sei bellissima.»

Rimasi sorpresa di fronte a quella spudoratezza, e fui anche certa che il colore del mio volto avesse assunto le tonalità più assurde. Ma era impazzito? Stavo nuovamente rischiando di affogarmi!

«Ma sei impazzito?!» Cominciai a ridere, ma lui, dinanzi a quella reazione, sorrise ancora di più.

«Nono. Confermo. Sei davvero bellissima.»

Ritornai improvvisamente seria e abbassai lo sguardo.

«Forse è meglio andare. Si sta facendo tardi.»

Probabilmente avevo ucciso la sua allegria, ma era meglio così. Meglio che non si facesse strane idee. A differenza di quello che poteva pensare Ginny, avevo fatto decisamente male a uscire con lui. Provai ad alzarmi, ma l’ennesimo giramento di testa mi costrinse a rimanere al mio posto. Per fortuna Cormac non sembrò accorgersi di nulla e con assoluta tranquillità andò a saldare il conto. Con calma riprovai a tirarmi su e con sollievo misi il capotto e raggiunsi il mio accompagnatore.

«Possiamo andare.» mi disse. E così aprì la porta e mi lasciò uscire per prima.

«Grazie...»

«Si figuri, milady.»

Camminammo ancora un po’ prima di arrivare alle porte del castello e io ero esausta; mi fermai con il fiatone e cercai sostegno in una stecca di ferro.

«Hermione, tutto bene? Sei diventata pallida…»
 
«…Si… tranquillo. Sono solo un po’ affaticata… Ma è tutto okay… Puoi anche andare.»

«Neanche per sogno. Ti accompagno. Dai, reggiti.» così dicendo portò il mio braccio al suo collo e con l’altra mano mi cinse il fianco. Quel contatto mi provocò un leggero brivido, ma forse era solo il freddo.

Mi sentivo completamente priva di forze, a tal punto che faticavo persino a camminare.

«Hermione, ti porto subito in infermeria!»

«No… N..on c’è motivo… Sto be..ne… Devo solo riposarmi un attimo…»

Provai a liberami della sua stretta e ad avvicinarmi a una panca vicina, ma non me lo permise e forse fu un bene.

«Che cosa è successo?!» le mie gambe cominciarono a tremare e fui certa che questo non era dovuto a quella insolita debolezza, bensì alla voce alle nostre spalle.

Mi voltai, o almeno tentai, e quello che coprì istantaneamente la mia visuale fu l’abito scuro di Malfoy, il quale si era catapultato immediatamente al mio fianco.

Non so perché lo feci, ma con quel poco di forza che mi era rimasta spinsi Cormac e mi lasciai cadere sul petto di Malferret, che prontamente riuscì ad afferrarmi.

Menta, muschio e un pizzico di alcol. Un odore inebriante che inondò completamente i miei sensi.

Mi sentii prendere di peso e prima di lasciarmi andare all’oblio del silenzio sentii la sua voce rivolgersi al povero ragazzo.

«Con te facciamo i conti dopo.»



***



«Ma si può sapere che cosa diamine è successo? Non fa altro che ritrovarsi in infermeria, tanto vale che si trasferisca qui.»

Riconobbi subito il suono della voce di Ginny e con un flebile sorriso aprii gli occhi.

«Stavo pensando la stessa cosa, Gin.» sussurrai.

«Oh cielo, Herm!» disse avvicinandosi a me «Si può sapere che cosa sta succedendo?»

«Non lo so… Ultimamente mi sento parecchio instabile. Sarà lo stress.» Feci per sollevare il busto, ma tornai sui miei passi quando un martello sembrò aver colpito la mia testa.

«Madama Chips dice che studi troppo. Dovresti prenderti una pausa. Dopotutto non ti sei mai riposata del tutto dopo… be’, si, ecco… dopo tutto. Forse non saresti dovuta tornare a Hogwarts, quest’anno.»

«Stai scherzando, Gin?!» a quelle parole mi alzai di scatto, ignorando i continui colpi al capo «come puoi dire una cosa del genere? Che avrei dovuto fare altrimenti?! Rimanere a casa a non fare niente? Ah, no! Aspetta un attimo, credo di aver dimenticato un piccolo dettaglio. Io non ce l’ho più una casa. Quindi cosa avrei dovuto fare? Trasferirmi alla tana e aiutare tua madre con i golfini di Natale?! Dimmelo, Ginny?! È questo quello che pensi io debba fare!?»

Chiusi gli occhi un attimo e portai le mani alle tempie; era come se la testa stesse per scoppiarmi da un momento all’altro.

«Piattola, forse è meglio che tu vada via.»

A quel suono alzai lo sguardo e vidi Ginny guardarmi con rammarico prima che potesse allontanarsi e uscire dalla stanza, e poi c’era lui; così sicuro di sé, così equilibrato, quasi inalterabile, così fermo nel suo abito scuro, così lui; dopo aver liquidato la mia amica con quella semplice affermazione, tornò a concentrarsi sulla mia figura.

Cosa ci faceva lì? Tuttavia le troppe domande non facevano che acuire il mio fastidio.

«Dovresti stenderti e riposare, Granger.» seguii il suo consiglio, mentre lo vidi avvicinarsi alla finestra e guardare al suo esterno.

«Che cosa hai fatto?» gli domandai.

«Ti ho portato in infermeria, Granger.» passò del tempo prima che rispondesse, poi continuò «mi sembra abbastanza evidente.» disse voltandosi verso di me e mostrando con le mani la stanza in cui ci trovavamo.

«Non mi riferivo a quello, Malfoy.» mi guardò con quella sua solita espressione, la quale tendeva sempre a nasconderne un’altra: quella vera.

«Per una volta, piccola Granger, non ti seguo.» si avvicinò a me e prese posto sulla sedia vicino al letto, mantenendo, ciò nonostante, la sua postura ferma e stabile.

«Dove sei stato in questi giorni?»

«Mmm…noto che hai fatto caso alla mia assenza, piccola Granger.» disse quasi sorpreso.

«Non hai… risposto alla mia domanda…» risposi a fatica; la stanchezza aveva ripreso a farsi sentire.

«Dovevo occuparmi di alcune faccende.» si alzò e si fece sempre più vicino. Lo vidi allungare una mano, la stessa che sentii fredda sul mio volto; prima sulla guancia e poi leggera sulla fronte.

«La temperatura si sta alzando…» sussurrò, flebile a tal punto che quasi non lo sentii.

Si allontanò e per un attimo scomparve alla mia vista.

«Grazie signorino Malfoy, adesso è ora che lei vada.»

Madama Chips si avvicinò a me, e dopo aver confermato le parole di Draco, mi costrinse a prendere la medicina, la quale mi fece cadere nel buio senza fondo. L’ultima cosa che vidi fu lui e il suo sguardo preoccupato.


***


Credo che l’uomo viva troppo spesso nella convinzione di essere l’unico individuo in grado di poter vivere solo con se stesso; in grado di poter vivere senza il sostegno di nessuno, se non del proprio io. Ma come può l’uomo vivere senza Amore? Chi è Amore? Un sostegno, uno strumento ineguagliabile? Si può amare qualcuno o qualcosa senza sapere che cosa si stia facendo? Senza sapere davvero che cosa fare e come farlo?
 
C’era silenzio attorno a me, un vuoto di rumori che accompagnava il mio respiro. Aprii gli occhi lentamente e con fatica, anche se una calda luce allietò il mio risveglio.
 
«Bentornata tra noi, Signorina Granger. Noto con piacere che ha riacquistato il suo bel colorito, prenda questa medicina e vedrà che si sentirà rinata.»
 
Madama Chips mi guadava con grande sollievo, evidentemente avevo fatto preoccupare anche lei, e ce ne vuole per scaturire in lei un qualsiasi tipo di emozione.
 
Annuii con il capo e presi il bicchiere che mi porse, il quale era colmo di un liquido arancione; sicuramente non succo di arancia.
 
Mandai tutto giù e con un’insolita tranquillità, poggiai nuovamente la testa sul cuscino. Non era certo la bevanda più squisita di questo mondo, ma almeno non mi sentivo avvelenata.
 
«Adesso si riposi un altro po’. Stia tranquilla, sarà esonerata da qualsiasi tipo di occupazione per qualche tempo.» detto ciò, fece per allontanarsi, ma a quelle parole scattai improvvisamente.
 
«Cosa?! No… non posso permettermelo… assolutamente. Lei non può… Io devo andare...» dissi scoprendomi, ero sul punto di mettere le scarpe e andar via, nonostante le continue intimidazioni da parte di Madama Chips.
 
«Dove credi di andare? Torna a letto.» mi voltai verso quella voce e due iridi grigie mi gelarono il sangue. Indurii la mia espressione e sostenni il suo sguardo.
 
«Malfoy, io non prendo ordini da te.»
 
«Signorino Malfoy, per cortesia, vada via. La signorina Granger stava già tornano a risposare, vero?» 
 
Cosa? Assolutamente no! Eppure il tono dell’infermiera non lasciava spazio a delle possibili obiezioni.
 
«Si, va bene, Madama Chips.»
 
Un ghigno soddisfatto si fece spazio sul viso del furetto e sebbene lo trovai dannatamente irresistibile, mi sentii allo stesso tempo irritata.
 
«Adesso puoi anche sparire, Malferret.»
 
Non rispose, piuttosto pensò a mettersi comodo sulla sedia accanto al letto e a fissarmi.
 
«Non mi hai forse sentito?!» Madama Chips era andata via, decisa a non aggiungere altro sulla presenza del serpeverde, dal momento che il suo obiettivo, quello di far sì che mi ricoricassi, fosse stato raggiunto.
 
«Senti, Malfoy…» provai.
 
«Per Salazar, vuoi stare un po’ zitta?» così dicendo si avvicinò incredibilmente e prendendomi per il mento cominciò a fissarmi dritto negli occhi.
 
«Ch-che… Che stai facendo?»
 
Ovviamente non rispose, tuttavia lo strattonai via e mi voltai dalla parte opposta alla sua. Avevo il viso in fiamme, ma che gli era preso?!
 
«Scusami, dovevo vedere una cosa.»
 
«E cosa, di grazia?!» gli urlai contro, consapevole del fatto di essere rossa come un peperone.
 
«Nulla. È tutto okay. Adesso devo andare. Riposa, piccola Granger.» così dicendo si avvicinò nuovamente e indisturbato mi lasciò un bacio sulla fronte.
 
Rimasi spiazzata. Era forse ubriaco?
 
La giornata passò tranquilla; Ginny era passata dopo pranzo e nel primo pomeriggio un Cormac abbastanza dispiaciuto era venuto a sapere come stessi. Nulla di insolito, tutto nella norma. Fortunatamente Madama Chips si lasciò convincere a permettermi di tornare in camera mia. Odiavo quel posto con quelle pallide pareti.
 
Arrivata in stanza feci una doccia rigenerante, e dopo aver messo il pigiama decisi di andare a letto.
 
Sì, era stata una giornata davvero noiosa.
 
Non appena spensi l’abatjour sentii tuttavia bussare alla porta, così mi alzai di malavoglia e aprii.
 
«Che cosa è successo? Ho saputo che sei stata male. Che hai avuto?»
 
Senza nemmeno aspettare un mio invito, Amos entrò, e, chiudendosi la porta alle spalle, si fiondò sulla mia figura, scrutandomi da cima a fondo.
Non so perché, ma quella situazione mi infastidì, così mi scostai, forse troppo bruscamente e mi diressi verso il letto.
 
«Allora? Hermione, che succede?»
 
«Senti, Amos, che cosa vuoi da me?»
 
Lui mi guardò dubbioso, ma probabilmente la mia espressione doveva lasciare poco all’immaginazione, così, prendendo un respiro, si avvicinò a me.
 
«Non capisco che vuoi dire...»
 
«E invece io credo che tu capisca benissimo, Amos. Che cosa siamo noi due? Cosa vuoi da me?»
 
Ormai vicino mi scostò dal volto una ciocca ribelle e, indugiando ancora sul mio viso, mi sorrise.
 
«Tu credi nel destino, Hermione?»
 
«Credo nelle scelte che ciascuno di noi fa, credo che il destino sia solo una delle tante illusioni che l’uomo ha deciso di cucirsi addosso, con il pretesto di poter affibbiare a qualcun altro le colpe da lui commesse. Quindi no, Amos, non credo nel destino.»
 
Gli risposi, sfuggendo al suo tocco e alzandomi per mettere spazio tra me e lui.
 
«Non mi piace sentirti parlare così, Hermione.. »
 
«Ma, Amos, tu nemmeno mi conosci. Non riesco nemmeno a spiegarmi come sia possibile il fatto che tu sia qui, nella mia stanza, a parlare con me, a darmi del tu, a sfiorarmi come hai fatto poco fa.»
 
«So che può sembrare assurdo, ma…»
 
«No, Amos! Non è assurdo, è assolutamente fuori da ogni logica.»
 
«Senti, Hermione…» si alzò e si avvicinò a me prendendomi le mani «c’è qualcosa, non so di preciso cosa, ma… stare con te mi piace. Mi ricordi tanto...» si fermò un attimo, indeciso se continuare o no, ma poi, scuotendo il capo, posò i suoi occhi sui miei e un senso di vertigine mi invase.
Perché mi faceva quell’effetto?
 
«Stare con te mi riporta indietro di molti anni e mi fa sentire di nuovo…me.»
 
Lo guardai per un bel po’ di tempo, sembrava sincero, e assorto in una qualche dimensione a me estranea sembrava essere lontano da me anni luce.
 
«Come si chiamava?» ero giovane, non sciocca.
 
Lui titubò un attimo, ma poi sorrise e mi rispose «Daenarys.»
 
«Come…» non sapevo fino a dove potessi spingermi, ma lui capì subito dove volessi arrivare.
 
«Si è perduta…» mi rispose, rabbuiandosi. Pensavo che la conversazione si fosse conclusa lì, ma lui cominciando a camminare per la stanza continuò a parlare «lei ti somigliava molto, sai?» disse guardandomi un attimo, per poi ritornare nel suo percorso invisibile.
 
«Era ostinata, dannatamente testarda; anche quando le cose si complicavano lei continuava a sorridere e a non arrendersi. Era…» fermandosi alla finestra, guardò fuori, come se fuori avesse potuto trovare quello che cercava realmente «era coraggiosa, ma tutto questo l’ha portata alla pazzia e…» silenzio «non è più tornata.»
 
Lo vidi stringere i pugni così mi avvicinai e gli poggiai una mano sull’avambraccio, cercando così di fargli percepire la mia presenza.
Si voltò e, come se nulla fosse, mi baciò. La dolcezza iniziale lasciò spazio a una infuocata esigenza di colmare i vuoti interiori, e completamente in balia dei suoi tocchi mi lasciai trasportare in quella danza senza freni.
 
Mi fece distendere sul letto e accompagnando ogni mio gesto riuscii a toglierli il lungo giaccone. Notando la mia totale incapacità si sfilò da solo la leggera maglia che portava, facendo mostra dei suoi inaspettati e scolpiti muscoli. Sentii le mie guance andare in fiamme e, dinnanzi a quella reazione così spontanea, lui sorrise e io subito dopo lui.
 
Lentamente sfilò anche il sopra del mio pigiama, il quale, fortunatamente aggiungerei, era uno di quelli sobri e monocolore, senza alcun disegnino di troppo. Dopo essermi disfatta in prima persona del sotto pigiama, rimasi con la semplice canotta bianca, la quale tuttavia, non lasciava molto spazio all’immaginazione, e con un paio di slip del medesimo colore.
 
“Molto sexy, Herm.”
 
Provai un po’ di vergogna, ma Amos, prontamente, cominciò a lasciare dei caldi e dolci baci sulla mia pallida pelle; dal palmo della mano, che avvicinò inizialmente al suo volto, fino a giungere alla spalla, vicino alla sottile spallina, che con un semplice soffio cadde giù, e l’altra subito dopo.
 
Prima di scoprirmi del tutto mi prese per il mento e mi guardò dritto negli occhi, come a chiedermi il permesso per andare oltre, ma, ascoltando non so quale voce dall’interno, lo baciai.
 
«GRANGER!» sentii vagamente da lontano.
 
«GRANGER, DEVI…»
 
Sentii la porta aprirsi e, voltandomi, rimasi un attimo pietrificata. Amos tuttavia fu più veloce, e in un lampo prese un lenzuolo vicino e me lo gettò su, coprendomi.
 
«Draco, cosa…» sussurrai, ma dopo avermi lanciato uno sguardo di disgusto, si voltò e andò via. Ero abituata al suo disprezzo, ci convivevo ormai da sette lunghissimi anni, ma questa volta era diverso, lui era diverso, io ero diversa.
 
Mi alzai velocemente e, stringendomi in quella sottile stoffa, gli corsi dietro.
 
«Draco! Aspetta!» urlai, riuscendo ad afferrarlo per la giacca.
 
«Che cosa c’è?!» sbraitò voltandosi a guardarmi «Che cosa vuoi, Granger!?»
«Io…» deglutii.
 
«Che sciocco che sono stato…» disse più a se stesso, che a me «e io che pensavo stessi male, che quel bracciale ti stesse facendo impazzire, ma mi sbagliavo… Stai più che bene, evidentemente» sputò quelle ultime parole con tutto il disprezzo che una persona poteva avere, e scrutandomi non aggiunse altro.
 
«Cos..? Quale bracciale?»
 
«Mi prendi in giro, adesso?» mi prese il polso con la forza, incurante del fatto che potesse farmi male, e insieme lo guardammo: una sottile cordicella di rame adornava la mia pelle e una pallida pietra, che sembrava smeraldo, brillava ai miei occhi.
 
«Ma cos’è?» chiesi sorpresa.
 
Draco alzò gli occhi al cielo e fece per andarsene.
 
«Dra…»
 
«NON CHIAMARMI DRACO!» mi urlò contro, voltandosi nuovamente.
 
«Aiutami…» riuscii a dire, prima che la luce mi negò la vista e il buio tornò a farmi compagnia. 








L'angolo dell'autore
Scusate per l'immenso ritardo, spero di essere più attiva. Volevo ringraziare tutti coloro che nonostante la mia mancata costanza continuano a seguire la mia storia. Un grande grazie. Ciao!
MudbloodAngel.
  
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