NOTA DELL’AUTRICE: Con cinque minuti giusti di tempo a disposizione mi sono chiesta cosa fosse meglio fare. Postare un nuovo capitolo (direi abbastanza atteso) o rispondere in maniera esauriente alle vostre recensioni? Non sono riuscita a decidermi, così ho optato per postare il cap 29 con solo una piccola nota di ringraziamento. Grazie a tutti voi, lettori, commentatori, seguiti e preferiti. Vi regalo un cap molto intenso a pov unico Edward. Spero vi emozioni così come ha emozionato me scriverlo. Un bacio a tutti.
Nota particolare per
Meticcia: credo di aver superato me stessa e te messe insieme ...
Endif
CAP.29
PARADISO
O INFERNO?
EDWARD
La
serata era stata
perfetta. Bella si era rilassata e divertita mentre
l’osservavo portare alle
labbra tutti quei manicaretti che erano stati consegnati da un rinomato
ristorante poche ore prima. Alla luce delle candele, con gli occhi
brillanti e
le guance rosee era di una bellezza sconvolgente. Eterea e innocente,
sembrava
un angelo venuto per sconvolgere la mia esistenza, il mio equilibrio.
Ne ero
deliziato e torturato al tempo stesso.
Festeggiare
il nostro,
ma, soprattutto il suo, diploma era una di quelle cose che ritenevo
fondamentale non si perdesse. Se l’avesse desiderato avrei
chiesto ad Alice di
organizzarle una festa degna di uno sceicco, ma lei aveva scosso la
testa
dicendomi che in realtà Bella sarebbe stata molto
più felice nel trascorrere la
serata insieme a me da sola.
La
sorreggevo
delicatamente per la vita mentre ci dirigevamo in salotto e sentivo il
calore
della sua pelle attraverso la seta.
Rischiò
di inciampare
nei suoi piedi e strinsi un po’ di più la presa su
di lei. Prese a ridere
sommessamente appoggiandosi un po’ di più al mio
torace.
Era
chiaramente su di
giri.
«Credo
che il vino mi
stia facendo effetto.» soffocò una risata con la
mano come una bimba colta con
le dita nella marmellata.
«Decisamente
sì»
sorrisi a mia volta. Era più che giusto che Bella si
lasciasse un po’ andare il
giorno del suo diploma, e poi non sarebbe potuta essere più
al sicuro di
com’era qui con me.
Ci
fermammo nel salone
ancora avvolto nella penombra per la gran parte, fatta eccezione per le
fiammelle delle candele accese che indicavano la strada dalla scalinata
al
giardino. Lei appoggiò la testa sulla mia spalla e
sospirò beata.
Farla
stare bene era di
importanza vitale per me, rappresentava lo scopo della mia esistenza.
Inspirai
profondamente girando il capo verso i suoi capelli. L’odore
di fresia e lavanda
non aveva perso la minima intensità.
«Come
potrei
ringraziarla per la gentilezza che mi ha usato questa sera?»
il suo fiato mi
riscaldò la stoffa della camicia e fremetti di piacere a
sentire la sua voce
dolce e un po’ impastata.
«Potrebbe
onorarmi
della sua presenza questa notte nella mia umile dimora.»
risposi sullo stesso
tono da lei usato.
«Solo
se mi promette di
farmi compagnia in quel grande letto vuoto.» la sua voce
aveva tremato un po’.
Sentii che il suo corpo stava abbandonandosi contro il mio e decisi che
non
sarebbe stato affatto sicuro per lei salire le scale con i suoi piedi.
La presi
senza il minimo sforzo tra le braccia e mi avviai alla mia camera.
Il
divano bianco era
stato sostituito da un grande letto a due piazze e mezzo da quando
Bella aveva
trascorso la convalescenza da noi, ed era rimasto nella mia stanza da
allora.
La deposi delicatamente al centro del letto e feci per discostarmi da
lei, quando
sentii un mugolio sommesso di protesta.
Sorrisi
e mi chinai a
sfilarle le scarpe. In quello stesso istante lei si girò di
schiena e l’abito
le si attorcigliò fin quasi sulla vita.
Smisi
di respirare.
E
mi trovai a fissare
lo spettacolo più sensuale cui avessi mai assistito in tutta
la mia vita umana
e vampira. Il fondoschiena di Bella si mostrava ai miei occhi
praticamente
quasi del tutto nudo, coperto solo da un sottilissimo triangolino di
pizzo
dello stesso colore dell’abito. Sentii crescere prepotente in
me la bramosa
frenesia di doverla sfiorare, annullare la spazio tra di noi, toccare
la pelle
liscia e soda che si esponeva maliziosamente al mio sguardo.
Mi
detti mentalmente
dello stupido e del pervertito. Lei era mezza ubriaca nel mio letto, si
fidava
di me ed io fantasticavo su come poterle saltare addosso? Il mio
autocontrollo
sembrò sgretolarsi del tutto nel momento in cui sentii la
sua voce sussurrare
dolce e sensuale: «Edward, vieni vicino a me.»
Magnifico,
pensò la belva dentro di me, è
lei che ti
stà chiamando. Vai Edward, dalle ciò che ti
chiede.
Come
in trance accostai
la mia schiena alla sua e con le dita le sfiorai la coscia, risalendo
piano su
per il profilo dei suoi glutei, fingendo di aiutarmi con quel gesto per
sistemarmi meglio vicino a lei. Si mosse un po’ strofinandosi
al mio corpo. La
sentii chiaramente strusciarsi contro di me e chiusi gli occhi mentre
un
ringhio incontrollabile nasceva nel mio petto e si faceva largo tra i
miei
denti serrati per lo sforzo di controllarmi.
«Edward,
vorrei
chiederti una cosa.» la sua voce esitante, mi ridiede un
barlume di lucidità.
Cercando
di non
inspirare ancora, mi immobilizzai completamente e le risposi
«Dimmi amore.»
Lei,
ancora dandomi le
spalle disse «Per quanto riguarda le esperienze che non
voglio perdermi da
umana, c’è n’è una a cui
terrei molto»
Parlava
lentamente, le
costava fatica articolare delle frasi compiute.
Era
molto emozionata e
turbata.
Mi
diedi dell’imbecille
pensando di averla imbarazzata con la mia audacia e dissi
«Tutto ciò che vuoi,
Bella, lo avrai.». Feci per scostarmi un po’ da
lei, ma la sua mano scattò
all’indietro afferrandomi alla vita e trattenendomi verso di
lei.
«Voglio
te» mormorò
decisa.
«Tesoro,
io sono già
tuo. Non ti lascerò mai, lo sai bene.» risposi
esitante. Non capivo pienamente
i suoi timori. Cosa la spaventava?
La
sentii deglutire,
poi, si girò verso di me, prima con il capo, e dopo con il
resto del corpo. Si
acciambellò al mio torace, nascondendo la testa
nell’incavo della mia spalla e
disse con la voce soffocata dalla camicia: «Voglio stare con
te. Fisicamente,
intendo. Come … come una donna con un uomo.»
Mi
accorsi del rossore
che doveva averle imporporato il viso dal calore bruciante sul mio
collo.
Mia
dolce Bella! Quanta
ritrosia, quanta delicatezza nell’esprimere lo stesso
desiderio che stava
divorando anche me in quel momento …
Inspirai
con forza.
Sentire pronunciare quelle parole dalle sue labbra era un vero
tormento. La mia
piccola era vittima dei suoi sensi, confusa e turbata. Toccava a me
rassicurarla,
farle capire che queste erano pulsioni più che naturali che
avremmo soddisfatto
a tempo debito.
E
come se le avremmo
soddisfatte!
Presi
a carezzarle i
capelli con dolcezza, cercando di ignorare il calore delle sue
ginocchia
scoperte che premevano pericolosamente sulla porzione alta delle mie
cosce
«Tesoro mio, non devi spaventarti dal desiderio che provi,
è più che naturale.
Vedrai che tutto avverrà molto spontaneamente e con notevole
piacere dopo la
tua trasformazione. Quando ti terrò tra le mie braccia in
quel momento, non ci
sarà uomo più felice di me.»
Sentii
che scuoteva
piano il capo contro il mio collo e allora mi scostai leggermente per
cercare
il suo sguardo. Ma lei si nascose ancor di più, immergendo
il viso più
profondamente nella mia spalla. «Edward io voglio stare con
te adesso, da
umana.» pronunciò quelle parole tutte
d’un fiato, e, in fine, emise un lungo
respiro.
Mi
raggelai.
Nessun
muscolo, nessun
nervo del mio corpo riuscì a muoversi. Ripercorsi nella
mante rapidamente la
nostra conversazione e trovai la frase che avrebbe dovuto illuminarmi
subito.
“Per
quanto riguarda le esperienze che non voglio perdermi da umana,
c’è n’è una a
cui tengo molto.”
Io
e lei insieme? Da
umana e vampiro? DA UMANA E VAMPIRO?!
Con
uno sforzo davvero
sovrannaturale, non le urlai contro, ma mi limitai a scostarla
lentamente, ma
con decisione dalla mia spalla. Volevo guardarla negli occhi.
Incontrai
due gemme
grandi e luccicanti che mi scrutavano tese.
Dovevo
essere delicato,
come mai prima d’allora. Non volevo che Bella fraintendesse,
ma non potevo
permettere che ci fossero delle incomprensioni fra di noi.
«Amore,
lo sai che sono
molto più forte di te, vero?» Ovviamente lo sapeva.
Vidi
che annuiva
impercettibilmente, ma i suoi occhi già cominciarono a
luccicare.
Strinsi
forte le
labbra, non volevo farle del male, in nessun senso …
Sospirai.
«Bella,
in una
circostanza come quella di cui stiamo parlando, nel migliore dei casi
potrei
romperti solo un braccio, o un qualsiasi osso del corpo, con la
più delicata e
controllata delle mie carezze. Ma se perdessi la ragione, anche solo
per una
frazione di secondo, potrei ucciderti.» L’immagine
del suo corpo nudo, pallido,
esanime tra le mie braccia mi riempì di orrore, ma non
permisi alla mia
espressione di far trasparire una tale emozione.
Mantenni
fisso il mio
sguardo nel suo. Lasciai che le mie parole facessero effetto.
I
suoi occhi si
riempirono di lacrime. Il mio cuore si strinse in una morsa.
«Bella,
non piangere ti
prego. Quando sarai una vampira, potremmo amarci come desideriamo senza
timori,
senza limiti.» sussurrai raccogliendo con le labbra la prima
lacrima che
strabordò sulla sua guancia. Era salata e mi
incendiò la bocca.
«S
… scusa, è che ti
desidero così … così tanto!»
balbettava aggrappandosi al mio collo in maniera
incontrollabile. Un’ondata di tenerezza e passione mi invase.
Oh,
amore, sapessi quanto ti voglio io, invece! Sapessi come è
difficile far tacere
la bestia che mi incita a farti mia, a strapparti questo straccetto che
ti
ricopre e di prenderti facendoti urlare e gemere di piacere tra le mie
braccia
…
Chiusi
gli occhi e
tentai di riprendere la calma, scacciando i pensieri che minacciavano
di farmi
vacillare.
La
sua voce continuò
affranta portando il suo respiro caldo ad infrangersi sulla pelle
gelida del mio
collo: «Ma ti capisco, se fossi vampira non dovresti
trattenerti. Non dovresti
limitarti e ... e proveresti molto più piacere con me. Non
giustificarti, non
farlo ti prego. Ho capito perfettamente» concluse tirando su
col naso.
Aprii
gli occhi di
scatto.
Le
mie mani divennero
due morse d’acciaio sulle sue braccia.
Vidi
riflessi nei suoi
occhi la rabbia e la furia dei miei, divenuti improvvisamente neri e
minacciosi.
«
Edward, ma cosa …?»
cominciò con la voce perplessa.
«Tu
… tu credi che non
voglia fare l’amore con te, perché non sei
abbastanza attraente, perché non
riusciresti a soddisfare pienamente il mio corpo e i miei istinti
d’animale? E
questo che credi? E’ QUESTO CHE CREDI?» la mia voce
aveva perso tutta la calma
che l’aveva contraddistinta fino a quel momento. Le ultime
parole le avevo
urlate e l’avevo vista sobbalzare.
Scoppiai
in una risata
maligna.
«Pensi
che io non ti
desideri? Che le mie siano scuse?» il tono era sceso
pericolosamente. La mia
voce era gelida. Poggiai una mano sul suo collo delicato. Indirizzai il
pollice
sulla giugulare che guizzò sotto la mia lieve pressione.
Ne
accentuai
l’intensità. Sentivo il suo sangue scorrere a
velocità folle. Con una
modestissima stretta le avrei potuto spezzare il collo. Lo avrei potuto
fare
adesso, una sola mano mi bastava. Il mio respiro aumentò
rapidamente. Sentivo
chiaro su di lei l’odore della paura.
Bene,
era ora che
avesse una reazione più che naturale.
La
mia mano scese dal
collo e si avvicinò al suo seno che si alzava ed abbassava velocemente. I miei occhi
erano rapiti dalle
curve che vedevo innalzarsi attraverso la stoffa.
La
poggiai sul suo seno
e la sentii trattenere il fiato. La stoffa dell’abito si tese
sotto il gelo del
mio palmo, la punta turgida del capezzolo mi premette in mezzo alla
mano.
Ma
come poteva pensare
che non fossi attratto da lei? Che non potesse darmi piacere, se
già così mi
sembrava di impazzire, di morire di nuovo?
La
rabbia si impossessò
del mio corpo, la mia mano, come presa da vita propria, si strinse
intorno alla
sua morbida rotondità senza controllo.
Il
suo gemito mi
incendiò ancor di più, sentivo una forza ed una
potenza sconosciuta fluire tra
i miei muscoli. Percepii chiaramente che il suono da lei emesso non era
di
piacere, ma di dolore.
La
furia mi accecò e la
frustrazione per non essere riuscito a controllarmi la
alimentò a dismisura.
Con
la mano libera le
divaricai sgarbatamente le gambe e spinsi prepotentemente il mio bacino
contro
di lei. Volevo che sentisse l’effetto devastante che mi
faceva, che provasse
l’intenso dolore che mi dilaniava in quel momento.
«Così
io non ti voglio
eh? Che c’è non vuoi più concederti a
me?» la mia voce cattiva era
irriconoscibile. Le baciai le labbra con violenza e la sentii mormorare
contro
di me.
«Per
favore no …, non
così.» le sue lacrime silenziose bagnarono il viso
di entrambi.
Il
suono della sua voce,
così timoroso, così impaurito mi
schiaffeggiò con violenza. Tremava dalla testa
ai piedi.
Ma
che diavolo stavo
facendo?
Finalmente
ritornai in
me.
Allentai
la presa e
scostai il mio corpo dal suo. Riuscii a mettere a fuoco il suo volto
sconvolto,
i suoi occhi sgranati e sentii esplodermi la testa in milioni di
frammenti. Non
l’avevo che sfiorata ed ero riuscito già a farle
del male.
Mi
alzai dal letto con
il cuore infranto, disgustato da me stesso.
Le
lanciai un ultimo
sguardo. Nonostante l’intensità delle sensazioni
che ancora aleggiavano nella
stanza, non potei che ammirare il suo corpo disteso sulle lenzuola, i
capelli
sparsi sul cuscino, gli occhi lucidi dalle lacrime, splendida ed acerba
esposta
ai miei occhi. Mi girai verso la porta e prima di scendere dabbasso, le dissi con dolore e
contrizione:
«Sei
contenta
adesso?»