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Autore: Montana    16/03/2017    1 recensioni
Inghilterra, 1914.
La Grande Guerra sta cominciando a scuotere l'Europa, e i suoi venti di distruzione e paura arrivano fino alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Newt Scamander vorrebbe solo occuparsi di bestie magiche.
Leta Lestrange ha progetti bizzarri e nessuno scrupolo.
Amelia Prewett farebbe qualunque cosa per non vedere i suoi amici soffrire.
Esperimenti contro natura, una storia d'amore, l'emblematica lealtà degli Hufflepuff.
E una sola, grande domanda: cos'è successo a Newt Scamander?
Genere: Azione, Generale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Newt Scamandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Newt Scamander's Saga'
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XV

Dove Leta risolve i suoi problemi e Amy è al posto giusto al momento giusto
 
14 Marzo 1915
Guferia
Mattina
 
 
Da quando aveva litigato con Newt, Amy non era più andata a vedere le partite di Quidditch della sua Casa. Non si era più avvolta in uno stendardo giallonero per gridare a squarciagola sugli spalti, non aveva più esulato insieme agli altri tassi ogni volta che la pluffa entrava negli anelli.
Non era più andata allo stadio, ma non aveva mai perso una partita.
Quella domenica mattina, come ogni domenica di campionato, aveva fatto colazione con calma al tavolo della sua Casa in mezzo ai compagni vocianti e agitati, aveva salutato Collins (da lontano, quel giorno, perché la lealtà alla sua Casa valeva molto di più del suo caro Gryffindor), aveva preso il libro di Aritmanzia a aveva detto a Doug che l’avrebbe aspettato al solito posto per studiare insieme dopo la partita. Doug, il suo unico complice, le aveva rivolto il solito sorriso un po’ mesto e le aveva assicurato che sarebbe arrivato subito dopo la partita. Poi lei si era alzata, era uscita dalla Sala Grande e aveva camminato su, su fino alla Guferia.
«È per la squadra, Amy. Per la squadra.» si ripeté, posizionandosi nel solito angolo e tirando fuori dalla borsa un binocolo magico, attrezzatura ministeriale che si era fatta spedire da Ignatius per poter essere al fianco dei suoi compagni Hufflepuff anche da molti metri di distanza.
Il match era molto importante, Gryffindor era più forte ma Hufflepuff quell’anno era riuscito ad arrivare al secondo posto, e la stagione non era ancora finita. Il cercatore di Gryffindor era veloce e preciso, ma il loro portiere si era infortunato ad ua spalla e non era ancora tornato perfettamente in forma, quindi se fossero riusciti a segnare molti gol avrebbero avuto qualche speranza. Se solo Collins non fosse stato così bravo come battitore…
La partita iniziò, e dopo un po’ lei si accorse di star tenendo gli occhi puntati su Newt, come sempre. Notò con piacere che si stava riprendendo dal periodo di crisi che aveva avuto dopo le vacanze di Natale, non lasciava cadere la pluffa e mirava deciso agli anelli. Purtroppo il binocolo non era la versione più aggiornata, quindi non riusciva a sentire la telecronaca, ma rimediava sussurrandosela fra i denti.
«Scamander prende la pluffa! Scarta Johnson e un bolide di Collins ma è intrappolato! Passa la pluffa a Fraser grande, che deve averli proprio torchiati per bene agli allenamenti, tira la pluffa e sì! Gol! Hufflepuff torna in vantaggio, 100 a 90! Ma non basta ragazzi, non prenderemo mai il boccino quindi dobbiamo segnare! Segnare!»
«Magari fosse così semplice, signorina Prewett.»
La voce alle sue spalle la fece sobbalzare al punto che rischiò di far cadere il prezioso binocolo dalla torre. Si voltò e vide dietro di sé il professor Dumbledore, con una pergamena arrotolata in mano e il suo solito sorriso serafico sul volto.
«Buongiorno professore. Mi scusi, non l’avevo sentita arrivare.»
«Avevo notato. Pensavo che il suo entusiasmo per il Quidditch fosse scemato, non l’ho più vista allo stadio. Preferisce vedere le cose… da un’altra prospettiva?»
Lei fece una smorfia «Sì, ho pensato che fosse meglio stare lontana per un po’.»
«Hufflepuff sente molto la mancanza del suo capo coro, sa?»
«Oh, se la cavano benissimo anche senza di me.»
Il professore annuì, consegnò la lettera ad un gufo e lo guardò allontanarsi, poi si girò di nuovo verso Amy con un sorriso «La lascio alla sua partita allora, signorina Prewett. Non dovrebbe mancare molto, ormai.» le disse, avviandosi verso le scale.
«Ah, signorina Prewett? A volte, solo perché le cose vanno bene anche senza di noi non significa che non potrebbero andare meglio se noi ci fossimo. Buona giornata.»
Con un sospiro rassegnato (Dumbedore era un ottimo insegnante e le aveva fatto scoprire e amare la Trasfigurazione, ma aveva una bizzarra e fastidiosa tendenza ad immischiarsi negli affari dei suoi studenti) Amy riportò l’attenzione sul match, giusto in tempo per vedere Newt segnare un gol; l’esultanza giallonera durò poco però, perché il cercatore di Gryffindor prese subito il boccino segnando la vittoria della casa rosso-oro, seppur per pochi punti. Amy imprecò fra i denti: sopportare Collins sarebbe stato complicato, per la prossima settimana.
 
Corridoio del settimo piano, Stanza che Scompare
Nel frattempo
 
Amy non era l’unica ad aver evitato il campo da Quidditch quella mattina.
Nella Stanza che Scompare, assordata dagli stridii spaventati delle creature del suo serraglio, Leta era sull’orlo di una crisi di nervi.
Mercoledì le sarebbe arrivata una consegna dal Nord Europa, aveva finalmente trovato il modo di procurarsi la creatura perfetta per il suo esperimento, ma le mancavano ancora l’incantesimo o la pozione giusti.
In dieci giorni non aveva fatto passi avanti, nonostante i numerosi tentativi, e l’improvviso attaccamento di Newton non aiutava affatto. Per carità, era piacevole passare del tempo insieme nella Stanza arredata a dovere, ma il terrore che un giorno quella si aprisse rivelando al ragazzo il suo serraglio si univa al fastidio che le provocava trovarselo sempre attorno, distraendola dal suo lavoro. Doveva fare qualcosa il prima possibile, non poteva andare avanti così per sempre.
Cercò di concentrarsi sull’esperimento: era passata ad animali più grandi degli Imp, per provare l’efficacia del suo Imperius, ma il Mooncalf davanti a lei continuava a fissarla con i suoi grandi occhi spaventati senza obbedirle.
«Dai, stupida creatura, fai quel che ti dico, calpesta quegli Imp maledetti e giuro che ti do da mangiare.» sibilò fra i denti, il braccio che teneva la bacchetta teso fino a tremare. Il tenero quadrupede continuò a fissarla preoccupato.
Leta emise un ringhio frustrato e alle sue spalle esplose una boccetta di vetro, facendola sobbalzare «Fantastico! Adesso sono tornata alla magia accidentale! Perché non fai esplodere tutto, Stanza senziente? Tanto non servi a nulla, e non servo a nulla nemmeno io!» gridò, lanciano scintille contro una pergamena sul tavolo facendole prendere fuoco. Sussurrò un Aguamenti per evitare di morire in un rogo poi si lasciò cadere pesantemente sulla sedia, distrutta.
Aveva davvero bisogno che il suo esperimento funzionasse. Era iniziato come un gioco, ma era diventato un’ossessione, doveva riuscirci per dimostrare che non era solo una ragazzina ricca e annoiata, anche a costo di passare per pazza agli occhi di chi non avrebbe capito. Non voleva fare del male a nessuno, avrebbe testato tutto su di sé, ma doveva riuscirci, altrimenti…
Qualcosa tintinnò alla sua sinistra. Leta si girò lentamente, temendo che qualcuno fosse entrato, ma vide solo un cassetto della scrivania che pareva essersi aperto da solo. Vi frugò dentro ed estrasse una fialetta piena di un liquido blu luminescente, che a prima vista quasi non riconobbe: era la melassa che aveva preso dal Gumbumble di Cline all’inizio dell’anno. Da quel che ricordava, quella strana sostanza provocava malinconia negli esseri umani, mentre le conseguenze della somministrazione agli animali erano sconosciute.
Leta la fissò per qualche secondo, poi spostò lo sguardo sul cassetto ancora aperto e chiese «Sul serio? Mi stai dicendo che questa era la soluzione fin dall’inizio?»
Si sentiva un po’ stupida, a parlare ad una stanza, soprattutto perché quella non le rispose. Ma era chiaramente quello che la Stanza intendeva, quindi si mise all’opera. Ne distillò poche gocce, perché nel caso funzionasse gliene rimanesse abbastanza per l’esperimento vero e proprio; Cline si era sicuramente accorto che era successo qualcosa al suo branco di Gumbumble, non era sicuro tornare a rubargliene altri. Con la boccetta in mano si avvicinò titubante al Mooncalf e lo forzò a berne qualche goccia. L’animale rimase immobile, facendola quasi imprecare dalla collera, poi però le sue pupille si dilatarono improvvisamente e il mansueto quadrupede le si scagliò addosso. Leta scartò con un grido spaventato e cominciò a correre per la stanza inseguita dalla creatura, prima di ricordarsi di avere una bacchetta magica.
«Pietrificus Totalus!» disse, e l’animale bloccato le rivolse uno sguardo ancora più cattivo e inquietante. Lo mise sotto Imperio e lo liberò dalle pastoie; era difficile mantenere l’incantesimo, ma probabilmente sarebbe bastato istigarlo alla violenza perché ubbidisse senza problemi.
Per evitare di rimanere vittima del suo stesso successo, Leta chiuse il Mooncalf in una gabbia, sperando che l’effetto della pozione non durasse in eterno, e uscì dalla Stanza.
Era euforica come mai lo era stata prima in tutta la sua vita: c’era riuscita! Aveva finalmente trovato il modo di modificare l’indole pacifica di una creatura per renderla feroce, aveva creato un’arma!
Ora doveva solo elaborare la seconda parte del piano, ovvero come far fruttare questa sua nuova scoperta senza uccidere nessuno e soprattutto senza essere scoperta. Ma prima doveva liberarsi dei pesi superflui.
 
Sala Comune Hufflepuff
Dormitorio maschile Settimo Anno
Sera
 
Per Newt, quella era stata proprio una bella giornata.
Quella mattina alla partita aveva segnato diversi gol, e anche se alla fine non avevano vinto si erano battuti con onore quindi il capitano Fraser non li aveva insultati negli spogliatoi. Anche i loro tifosi erano stati contenti del risultato, avevano esultato allo stadio e li avevano acclamati quando erano tornati in Sala Comune. Il pomeriggio lo aveva passato un po’ nella sua valigia magica a sistemare le creature e un po’ in Biblioteca a fare un tema di Trasfigurazione di cui era molto orgoglioso, e sperava che anche Dumbledore condividesse questo suo parere. E ora, dopo che non l’aveva vista per tutto il giorno, Leta gli aveva mandato una lettera chiedendogli di incontrarsi nel parco dopo il coprifuoco. Certo, non lo faceva impazzire l’idea di aggirarsi per la scuola dopo il coprifuoco, soprattutto alla luce degli ultimi eventi, ma era convinto che nulla di male potesse succedergli quel giorno.
Sedette in Sala Comune a leggere aspettando che tutti si fossero ritirati nei dormitori; non aveva visto Amy ma quella volta era sicuro che non avesse la ronda da Caposcuola, quindi immaginava fosse con Collins da qualche parte. Sorrise malinconico al pensiero, ma poi scosse la testa e si avviò fuori dalla Sala Comune.
Uscito dai sotterranei si accorse che fuori stava piovendo, un acquazzone tempestoso con tanto di tuoni e fulmini. Rimproverandosi per non aver messo il cappotto creò un piccolo scudo magico per proteggersi dall’acqua e uscì a cercare Leta. Non ci mise molto a trovarla, illuminata in maniera quasi inquietante dai lampi che squarciavano il cielo buio, il cappuccio del mantello tirato su e lo sguardo perso nel vuoto verso la Foresta. Era così concentrata che Newt non sapeva come attirare la sua attenzione per paura di spaventarla e beccarsi una maledizione; chiunque altro, con chiunque altra, probabilmente l’avrebbe abbracciata ma loro non erano così. Non si toccavano quasi mai, salvo in determinate circostanze.
Quindi optò per un più semplice «Ehi!»
Lei si girò, mostrando la cappa del mantello fradicia, le gocce che le cadevano suk viso; aveva un che di vampiresco e inquietante che lo fece rabbrividire.
«Ehi» ripeté dondolandosi da un piede all’altro «È un po’ umido per una passeggiata, perché non torniamo dentro?»
«Non voglio fare una passeggiata. E se è l’umidità che ti preoccupa stai tranquillo, non ci vorrà molto.»
«A fare cosa?»
«A chiudere questa farsa. Newton, qualunque cosa pensavi ci fosse fra noi puoi considerarla finita.»
Il gelo cominciò a farsi strada in Newt «C-cosa? M-ma è s-successo q-qualcosa?»
«Fammi capire, pensavi davvero che tutto questo significasse qualcosa? Pensavi di piacermi?» disse, scoppiando in una risata cattiva «Newton, lascia che te lo spieghi: tu eri così tenero e così palesemente innamorato di me che mi sono detta, perché non sfruttare questa cosa a mio favore? Sei visto di buon occhio da tutte le altre Case qui a scuola, pensavo che stare con te avrebbe migliorato la mia immagine. Invece non solo mi sono messa contro le altre Case per aver traviato un povero Hufflepuff, persino la mia ha cominciato a disprezzarmi! Con le tue conoscenze sulle creature fantastiche pensavo che potessi essermi utile ma anche lì ti sei rivelato una delusione. E poi, vogliamo parlare di duello? Ti sei fatto battere da una ragazzina solo perché sei troppo buono! Non ne vale la pena, non sei quello che stavo cercando.»
«M-m-ma i-io…»
«Sentiti! Non sai nemmeno parlare! E non reagisci!» gli urlò contro lei.
«I-io p-pensavo che… che t-tu mi a-a-amassi.»
Lei si fermò per qualche secondo poi gli sorrise, e Newt notò per la prima volta quanto era ferino il suo sorriso.
«Newton, una cosa vera te l’ho detta: sei troppo buono, e quindi troppo manipolabile. E finché sarai così, la gente continuerà a mentirti, a sfruttarti e a raccontarti che ti vuole bene e che ti ama. Ma non sarà così, fidati. Nessuno ti ama, Newton.» concluse, poi senza degnarlo neanche di un ultimo sguardo lo sorpassò e tornò verso il castello.
Newt rimase fermo lì, gelido, per quello che gli parve un tempo infinito, senza sentire più nulla. Non si rese nemmeno conto di aver lasciato cadere lo scudo antipioggia e di essere bagnato fino all’osso finché non smise di sentire le gocce fredde infilarglisi nel colletto della camicia, segno che qualcuno aveva rimesso una protezione.
Si girò, non sapendo cosa sperare o aspettarsi, e incontrò degli occhi castani preoccupati e tristi, e l’espressione inconfondibile di Amy.
 
Amy stava tornando alla sua Sala Comune pochi minuti dopo lo scadere del coprifuoco.
Era stata a Gryffindor tutta la sera con Collins e Doug, a parlare di Quidditch e delle proposte di lavoro che il suo grifone avrebbe sicuramente ricevuto dopo il successo odierno.
Era arrivata nell’ingresso giusto in tempo per vedere la chioma rossa di Newt scomparire verso il parco. Non era stata sicura sul da farsi, perché dopotutto neanche lei sarebbe dovuta essere fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco, ma una sorta di sesto senso e la voglia di togliere di nuovo dei punti a Newt e magari anche a Leta l’avevano convinta a seguire il ragazzo nella pioggia. Si rese invisibile e si protesse dalla pioggia, poi camminò il più silenziosamente possibile tra l’erba fradicia e le pozze di fango.
Arrivò sul più bello. «Fammi capire, pensavi davvero che tutto questo significasse qualcosa? Pensavi di piacermi?»
Rimase lì, paralizzata dalla rabbia, ad ascoltare il cuore del suo migliore amico che veniva fatto a pezzi nel più crudele e meschino dei modi. Una parte di lei gridava e scalpitava per fare qualcosa, per mandare Leta all’altro mondo con una maledizione o prendendola a pugni nel modo più babbano possibile, ma l’altra parte, quella razionale, le disse di star ferma e aspettare.
Quando Leta ebbe terminato il suo discorso e se ne fu andata lasciando Newt inerte sotto la pioggia battente, Amy si avvicinò piano e mise lo scudo antipioggia anche sopra la testa del ragazzo. Lui continuò a non reagire per qualche minuto poi si girò lentamente e Amy incontrò gli occhi verdi e spenti dell’amico. Le venne quasi da piangere ma si contenne per lui.
Si fissarono in silenzio per un po’, poi lei senza toccarlo gli fece segno di tornare verso il castello; lui obbedì, ma sembrava un Infero, privo di forze e di volontà.
Lo riportò fino al loro dormitori, l’unico rumore quello delle gocce d’acqua che dai vestiti di Newt cadevano sul pavimento di pietra. Entrati nella Sala Comune Amy fece per andare in camera pensando che Newt avrebbe fatto lo stesso, ma quando si girò per controllare lo vide fermo in mezzo alla stanza, lo sguardo basso, i vestiti fradici; sembrava un animale abbandonato.
Non poteva lasciarlo lì ma non poteva nemmeno portarlo nella sua stanza, avrebbe svegliato tutti e sarebbe stato complicato giustificare il tutto. Con un sospiro rassegnato tornò dal ragazzo e gli fece segno di precederla nella sua stanza.
Sarebbe stata una lunga notte.
  
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