Dedicato a
storyteller lover alias
Vale,
perchè si è assunta l'onere di essere la mia beta.
Un abbraccio per l'esame, tesoruccia^_^
Durante
l’attesa Sakura si era ritrovata a sfogliare una copia del quotidiano che ogni
mattina Izo-san portava nei loro uffici, per invogliarli nel tempo libero ad
una lettura costruttiva; dopo essersi soffermata sulle principali notizie
politiche, evitando accuratamente il solito articolo di fondo filo-governativo,
aveva iniziato a leggere nella sezione culturale la presentazione di una mostra
impressionista, che da lì a breve si sarebbe svolta in una città non lontana da
Konoha.
Per
un momento era stata sfiorata dall’idea di visitarla, ma subito l’aveva
allontanata, perché sapeva che Naruto, anche se non lo avesse dimostrato
apertamente, si sarebbe sicuramente annoiato. Terminata la lettura
dell’articolo, chiuse il giornale piegandolo in due e lo ripose sulla scrivania
accanto al computer; stava poi per alzarsi con l’intenzione di prendere un
caffè, quando sentì la voce di Ino.
“Ma
guarda un po’. Mentre mi sorbisco cinque lunghe ed interminabili ore di
lezione, qui si batte la fiacca; è davvero molto gratificante” disse
ironicamente la nuova arrivata, mentre si avvicinava alla collega, che in tre
anni di collaborazione era diventata anche un’amica fidata.
“Ino”
replicò sorpresa ” Non ti ho proprio sentito arrivare”.
“Me
ne sono accorta; eri decisamente assorta nella lettura ” commentò l’altra,
sedendosi e portando sul petto i lunghi capelli biondi raccolti in una coda “
Si trattava di un articolo così interessante?” domandò.
”Beh,
sì, lo era, ma lasciamo stare” rispose Sakura, liquidando sbrigativa la
questione “Piuttosto, come è andata la giornata? Qualche progresso nelle
indagini?” chiese poi con quell’ansia che ogni volta, contro la sua volontà, si
associava alla domanda.
Col
trascorrere delle settimane, infatti, aveva finito inevitabilmente per sperare
sempre di più in una risposta che non fosse del tutto negativa, perché prima
avrebbero risolto quel maledetto caso, e prima la situazione sarebbe ritornata
alla normalità: gli incubi col tempo si sarebbero dileguati, e con l’assenza di
Kakashi forse non ci sarebbe più stato il ricordo di un’amicizia a tormentarla.
“Purtroppo
no. Oggi avrei dovuto approfittare dell’ora di educazione fisica, ma non avevo
la testa. So quanto sia importante per te che questa faccenda si concluda il
più in fretta possibile, e mi dispiace” rispose dopo alcuni istanti l’amica,
desolata per quella situazione e nello stesso tempo assalita dalle emozioni che
aveva provato nel vedere Shikamaru insieme alla professoressa Sabaku.
“Ehi,
Ino, per me non è un problema se non riesci a scoprire nulla, volevo solo
sapere della tua mattinata di lavoro, che poi ciò riguardi anche i miei
problemi personali non c’entra. Non pretendo assolutamente niente, né da te né
da Shikamaru, e non voglio che tu ti senta in colpa o qualcosa di simile” disse
Sakura in tono deciso, mentre odiava se stessa; quel giorno riusciva unicamente
a far preoccupare le persone a cui voleva bene e non lo sopportava.
“Ma
cosa intendevi con 'non avevo la testa’ ? Cosa è successo?” domandò poi
allarmata da quell’affermazione.
“Semplicemente
sono una stupida,Sakura” replicò sommessamente l’altra, chiudendo le mani a
pugno e abbassando lo sguardo triste sulla scrivania “ So che prima o poi
Shikamaru potrebbe innamorarsi di qualcuno, eppure continuo ancora a non
confessargli i miei sentimenti, sempre per paura. Sono solo una sciocca
ragazzina,ecco cosa sono” concluse amaramente storcendo le labbra.
Nonostante
si rendesse conto di quanto il suo comportamento potesse risultare infantile,
soprattutto considerando che erano trascorsi diversi anni da quando aveva
capito di amarlo, non era ugualmente in grado di allontanare dal suo cuore il
timore di rovinare la loro amicizia con la verità.
“Ino”
affermò Sakura, spingendola a distogliere gli occhi azzurri dalla superficie di
legno “I sentimenti non sono razionali. Possiamo anche essere consapevoli che
certi nostri comportamenti sono sbagliati,ma non è lo stesso per il nostro
cuore; in simili casi non credo che ci sia qualcosa da considerare stupido”.
“Sì,
è vero, però non ha senso continuare così. Non posso aspettare qualcosa che
potrebbe anche non verificarsi; devo trovare il coraggio necessario” disse la
poliziotta bionda. “Comunque grazie per aver tentato di tirarmi su di
morale,Sakura” continuò accennando un sorriso.
“Beh,se
ci fossi riuscita,sarebbe stato meglio” replicò l’altra, sentendosi inadeguata.
“L’
importante è che tu ci abbia provato” la tranquillizzò Ino.
In
un altro ufficio del distretto di Konoha gli interlocutori erano sempre due
amici legati da diversi anni di conoscenza, ma la discussione seguiva binari
completamenti differenti.
Naruto,
in piedi di fronte all’Uchiha impegnato a lavorare a computer, cercava invano
di convincerlo ad aiutarlo.
“Dai,
Sasuke, non ti sto chiedendo qualcosa di impossibile ” insistette ancora nel
tentativo di vincere le sue resistenze.
“Infatti
non mi sembra di aver detto questo ” rispose atono l’altro, senza interrompere
la propria attività. “ Te lo ripeto. Devo controllare dei nominativi per il caso
della palestra e possibilmente dovrei riuscirci prima dell’interrogatorio,
quindi non ho tempo. Inoltre potevi chiedere l’indirizzo degli Hyuga durante il
sopraluogo; sarebbe stata la cosa più ovvia ”
Il
poliziotto biondo sbuffò leggermente, incrociando le braccia sul petto.
“Questo
lo so anch’io, ma non posso farci nulla se al momento non ci ho pensato” si
difese. “Certo che sei sempre il solito
noioso” gli fece poi notare rassegnato.
“Si
può dire lo stesso per la tua testa dura ” replicò Sasuke senza scomporsi “
Comunque puoi usare anche il tuo pc, piuttosto di portare avanti questa
polemica inutile” continuò poco dopo.
“Oh,
beh, scusa, se avevo pensato di chiederti un favore,dato che sei più pratico
con internet” rispose irritato.
“Perdonate
l’intromissione, ragazzi” intervenne all’improvviso kakashi, ritornato da
alcuni istanti nell’ufficio.
L’uomo
dai capelli argentati che era stato presente all’inizio della conversazione
aveva, infatti, previsto che l’Uchiha non avrebbe ceduto alla richiesta del
collega, e quindi aveva deciso di cercare egli stesso l’indirizzo, così da
risolvere il più in fretta possibile uno dei consueti battibecchi tra i due
poliziotti.
Quest’ultimi
gli prestarono immediatamente attenzione; Naruto represse il nervosismo che
l’atteggiamento dell’amico gli aveva procurato, mentre Sasuke tralasciò
momentaneamente le proprie ricerche.
“Izo-san
è stato molto disponibile e mi ha permesso di trovare l’ubicazione di casa
Hyuga” continuò avvicinandosi all’ Uzumaki.
Dopo
quelle parole Sasuke, resosi conto che la questione non gli interessava,
ritornò a concentrarsi sul proprio lavoro.
“
Ah,grazie” esclamò sorpreso Naruto, prendendo il foglietto che Kakashi gli
porgeva.
“Di
niente” rispose l’altro, per poi dirigersi verso la propria scrivania.
“Aspetta
un momento” lo fermò però il biondo dopo alcuni istanti, intenzionato a
sfruttare l’occasione. L’uomo a quel richiamo si voltò e attese che il collega
continuasse, incrociandone lo sguardo.
“Senti
Kakashi… io non posso conoscere le tue motivazioni, né mi interessano, però
credo che dovresti chiederle scusa” disse in tono pacato ma fermo, sicuro di
non dover chiarire la sua affermazione. “Ovviamente il mio vuole essere solo un
consiglio, ma spero che ci penserai. Comunque grazie ancora per l’indirizzo,
ora devo proprio scappare. Ci vediamo” concluse, lasciando successivamente la
stanza.
L’ispettore
Hatake, fermo al centro dell’ufficio, non era per nulla sorpreso da quelle
parole, anzi sapeva perfettamente che prima o poi le avrebbe sentite uscire
dalla sua bocca, ma a differenza di Naruto si rendeva conto che la situazione
non era così semplice.
C’era,
infatti, la possibilità che insieme alle scuse Sakura pretendesse giustamente
dei chiarimenti, e sebbene in alcuni momenti si ritrovasse a desiderare di
spiegarle ogni cosa, sentiva di non averne il diritto; non voleva rischiare di
rovinare un presente in cui la ragazza sembrava aver trovato finalmente la
felicità e la tranquillità.
Dopo
un rapido pranzo in un locale nei pressi dell’istituto scolastico, Temari aveva
cercato un’aula non occupata dagli studenti per correggere tranquillamente
alcuni compiti in classe, attività con cui aveva deciso di impiegare il tempo
prima dell’inizio di una conferenza sul francese contemporaneo che si sarebbe
svolta nello stesso liceo.
Aveva
appena finito di visionare il secondo elaborato, quando ricevette la telefonata
che attendeva da diversi giorni; suo
padre le confermava finalmente la cena che più volte
avevano rimandato, a causa dei rispettivi impegni e perché avevano voluto
attendere quello che si illudevano di definire il momento più opportuno.
Quella
notizia assunse gradualmente una consistenza reale nella mente della giovane
donna che si trovò a fronteggiare un’inquietudine crescente nonostante avesse
desiderato quel momento; infatti le paure che aveva cercato di relegare in
fondo al proprio cuore tornarono prepotentemente a tormentarla.
Quando
aveva iniziato a maturare l’idea di quella cena, si era resa perfettamente
conto che rappresentava un rischio, perché avrebbe potuto rivelarsi un utile
punto di partenza ma anche rendere tutto più complicato; tuttavia aveva deciso
lo stesso di tentare, poiché l’atteggiamento del fratello non le lasciava altra
scelta. In quel momento prevaleva, però, il timore che stesse sbagliando e ad
esso si univa anche quello per la reazione di Gaara, ancora ignaro dell’incontro.
Non
riusciva a cancellare dalla mente l’idea che il ragazzo le avrebbe rivolto
parole sprezzanti, parole giustificabili ma
inevitabilmente difficili da sopportare; era sempre stata considerata una
persona forte, ma non sapeva fino a che punto lo sarebbe stata in quella
situazione.
Pervasa
inevitabilmente dell’ansia e per tanto incapace di ritornare a concentrasi sui
lavori dei propri allievi, abbandonati ormai da alcuni minuti al proprio
destino, Temari si alzò dalla sedia emettendo un sospiro, raccolse poi i fogli
sparsi sulla cattedra e lasciò l’aula dirigendosi verso la sala professori.
Giunta
a destinazione entrò nella stanza e con gesti più meccanici che consapevoli si
avvicinò al proprio cassetto riponendovi i compiti, senza accorgersi
minimamente della presenza di Shikamaru che non appena l’aveva vista si era
chiesto dove fosse finita la sua buona stella.
Quest’ultimo
aveva infatti progettato di sfruttare la mezz’ora precedente ai corsi di
recupero per porre nel modo meno sospetto possibile delle domande e Temari
rappresentava l’ultima persona che avrebbe scelto, considerando l’innata
capacità della donna di infastidirlo con poche battute e soprattutto la cattiva
reputazione che aveva di lui – un perenne
annoiato disinteressato del mondo l’aveva sentita definirlo durante una
conversazione con Kurenai Yuhi; tuttavia la propria professionalità gli impedì
di rinunciare ad un’opportunità per raccogliere informazioni utili.
“Temari”
la chiamò allora, sperando di non incontrare delle difficoltà.
Convinta
fin a quel momento di essere sola la professoressa spalancò leggermente gli
occhi sorpresa di sentire il proprio nome, poi, cercando di allontanare i
pensieri che la turbavano, si voltò per identificare il proprio interlocutore.
“Shikamaru?”
disse con un tono interrogativo che esprimeva stupore.
“Beh,
si, fino a prova contraria è il mio nome” rispose neutro l’ispettore, che aveva
ormai abbandonato la sedia su cui era seduto.
“Indubbiamente”
replicò rapida l’altra “Solo mi meraviglia trovarti qui”.
“Stavo
aspettando l’inizio dei corsi di recupero” le spiegò ”Comunque, già che ci
sono, ti posso chiedere una cosa?” continuò per portare subito la conversazione
sull’argomento che gli interessava.
“Tu
che fai delle domande?” gli chiese Temari ancora una volta colta alla
sprovvista e senza alcuna traccia di ironia; non era per nulla dell’umore
adatto per farne.“E di cosa si tratta?”.
“Oggi
nei corridoi mi è capitato di sentire alcuni studenti accennare ad una ragazza
morta di overdose all’interno della scuola e vorrei sapere qualcosa in più. Non
so se dei miei allievi l’abbiano
conosciuta, ma eventualmente delle
informazioni potrebbero aiutarmi a comportarmi nel modo più opportuno, se in
classe dovesse essere affrontato l’argomento” rispose, preferendo giustificare
la propria richiesta con una motivazione lavorativa piuttosto che con un
interresse personale, così da non destare nessuna sorta di sospetto nella
donna.
“Capisco”
affermò, infatti, quest’ultima senza considerare strana la sua spiegazione.
“Per quanto mi riguarda, posso solo dirti le impressioni che mi ero fatta su
Matsuri durante qualche supplenza e quando la vedevo in 5 B” continuò seria.
“Come
mai in 5 B?” chiese Shikamaru dissimulando l’interesse che provava per quella
informazione.
“Semplicemente
conosceva alcune ragazze della classe, e dai sorrisetti e le frasi che si
scambiavano sembrava che venisse soprattutto per vedere Gaara…credo che avesse
una cotta per lui, ma questo non è importante” replicò, abbassando lo sguardo e
fissando un punto imprecisato davanti a sé mentre pronunciava le ultime frasi.
Nel
far riferimento al fratello era stata assalita dal rimpianto per quel legame
che aveva ciecamente rinnegato; avrebbe voluto sapere il più possibile della
vita di Gaara - chi fossero i suoi amici, di chi fosse innamorato, quali
fossero i suoi sogni e le sue aspirazioni -, ma nello stesso tempo si rendeva
conto di averlo capito troppo tardi, qualunque sarebbe stato l’esito della
cena.
Scosse
allora il capo nel vano tentativo di scacciare l’amarezza e tornò a guardare
Shikamaru, il quale sorpreso dall’atteggiamento inconsueto della collega
riportò la conversazione sull’argomento iniziale.
“In
effetti non lo è…” mentì “Comunque cosa volevi dire prima che t’interrompessi?”.
“Ecco…” cominciò Temari, mentre recuperava il
filo iniziale dei suoi pensieri. “Sostanzialmente Matsuri mi sembrava una
ragazza piuttosto timida, tuttavia cercava sempre di partecipare durante le
discussioni che si creavano in classe ed si mostrava molto disponibile con
tutti. Era come se sentisse il bisogno di farsi accettare…non so se ci fossero
delle motivazioni reali, se il suo comportamento avesse origine nella
situazione familiare o qualcosa di simile, però questa sua necessità potrebbe
essere la stesa ragione che l’ha portata a scegliere la droga. Ovviamente si
tratta solo di una mia opinione, non posso esserne sicura” concluse
sottolineando l’opinabilità delle sue affermazioni.
“Si,
certo, chiederò anche a qualche altro collega. Grazie lo stesso” rispose in modo
cordiale l’ispettore.
“Figurati.
Ora scusami, ma devo seguire una conferenza che inizierà a breve” disse la
donna, per poi andarsene.
Rimasto
nuovamente da solo Shikamaru si ritrovò a pensare di essere stato fortunato,
infatti Temari avrebbe potuto senza problemi considerare insolita la sua
disinformazione, dato lo scalpore che la morte di Matsuri aveva suscitato a
Konoha e che ancora continuava a provocare a distanza di mesi; tuttavia ciò che
provava in quel momento non era soltanto sollievo, ma con sua incredulità anche
una vena di preoccupazione.
Nonostante
Itachi Uchiha si fosse sdraiato sul letto con la sola intenzione di riposare
erano stati sufficienti pochi minuti per scivolare nelle ombre mutevoli del
sonno, capaci di lambire i sentimenti più reconditi dell’animo umano e di
dargli forma, popolando il momentaneo distacco dalla realtà con sogni o incubi.
Inconsapevolmente
era sprofondato in un mondo dall’atmosfera sfumata, dove si confondevano ricordi e illusioni: i dolci
lineamenti di sua madre illuminati da un sorriso confortante; l’espressione
rapita di suo fratello Sasuke, poi imbronciata dopo l’ennesima promessa
infranta; il volto di suo padre deformato dal dolore della morte; un sereno
quadro familiare perduto ma agognato; una riconciliazione irrealizzabile.
Quando
la sequenza di immagini mentali si interruppe, l’uomo si risvegliò col respiro
irregolare per l’intensità delle emozioni che avevano turbato il suo riposo;
l’amara nostalgia, il vano desiderio struggente e il senso di colpa dominati in
quindici lunghissimi anni ormai lo assalivano sempre più spesso, in un modo o
nell’altro.
Nel
tentativo di calmarsi e di alleviare la sensazione di pesantezza che lo
pervadeva chiuse gli occhi, si portò una mano tra i capelli scuri scostando le
ciocche che ricadevano sulla fronte e assaporò la luce calda del sole, che
entrava dalla finestra e gli illuminava il viso pallido. Trascorse così diversi
minuti, riuscendo a recuperare un po’ di pace, e quando sentì il leggero
cigolio della porta che si apriva lanciò una rapida occhiata al nuovo arrivato;
come era prevedibile si trattava di Kisame, l’uomo con cui da molti anni
spacciava all’interno della discoteca Alba e con il quale aveva stabilito
qualcosa di molto simile ad un rapporto d’amicizia, se per pura necessità non
avrebbe però saputo dirlo.
“Scusa,
non intendevo disturbarti” esordì quest’ultimo.
“Non
c’è nessun problema, non stavo dormendo” spiegò Itachi, dopo essersi tirato su
sedendosi sul letto “Piuttosto ci sono novità?” continuò col capo chino mentre
metteva le pantofole.
Kisame
esitò indeciso sul tono da utilizzare, poi scelse di rispondergli in modo
neutro senza nessuna coloritura ironica o scherzosa.
“Si,
un’oretta fa è tornato Sasori e ci ha comunicato che stasera Madara sarà ospite
del locale”.
“Capisco”
disse poco dopo l’altro, celando alla perfezione l’insofferenza.
Dopodiché si alzò annunciando che
avrebbe fatto una doccia, proposito che aveva rimandato in precedenza a causa
del sonno improvviso, e si diresse verso il bagno; mentre lo seguiva con lo
sguardo, Kisame sperò che la notizia appena ricevuta non influisse sull’umore
di Itachi rendendolo più distaccato del solito, poi pensò che avrebbe raggiunto
molto volentieri Morfeo.
La
piccola stanza adibita allo svolgimento degli interrogatori era arredata in
modo semplice ed essenziale; un tavolo non molto grande e circondato da due
sedie occupava la zona centrale, illuminata a sufficienza da una finestra,
mentre sulle pareti spoglie era appeso un unico quadro rappresentante lo stemma
della polizia, quasi a voler marcare la funzione del luogo.
Rock
Lee si soffermò con delusione ad osservare proprio quell’emblema e fu allora
che l’ispettore Uchiha lo raggiunse e gli si sedette di fronte.
“Salve
Lee” esordì in un tono né troppo confidenziale né eccessivamente distaccato;
sebbene Sasuke si trovasse a ricoprire un ruolo d’autorità i due avevano
pressappoco la stessa età.
“Salve”
ricambiò l’altro con voce sommessa.
“Immagino
che tu abbia saputo della morte di Aizawa Daisuke?”.
“Si,
me l’hanno detto”.
“Bene,
allora possiamo passare alle domande” spiegò il poliziotto consapevole che il
pugile non avrebbe potuto dire altro, ma dovendo pur cominciare in qualche
modo.
“Quali
erano i tuoi rapporti con la vittima?” chiese per prima cosa.
“Ecco…
io e Daisuke frequentavamo entrambi la palestra di mio zio, ma non posso dire
che fossimo amici. Ci incontravamo solo nelle ore di allenamento e mi è
capitato poche volte di incontrarlo fuori”.
“Avete
mai avuto qualche discussione?”.
“Beh,
Daisuke, in effetti, era un tipo piuttosto litigioso e qualche volta ci è
capitato di discutere… ma tutto finiva lì” rispose Lee, spinto poi
dall’amarezza che provava a distogliere momentaneamente lo sguardo da quello di
Sasuke.
“Ho
capito” affermò quest’ultimo notando la cosa “Ora dovresti dirmi dove eri tra
le dieci e le undici di stamattina?” continuò proseguendo con il quesito
indubbiamente più spinoso.
“Ero
in palestra, ma poi me ne sono andato. Non saprei dire che ora fosse però” gli
spiegò lo sportivo pronto ad una simile domanda.
“Come
mai hai lasciato la palestra?”.
“Ho
avuto un impegno improvviso”.
“E
di che cosa si trattava per la precisione? Dato che alcuni testimoni ci hanno
riferito di averti visto piuttosto sconvolto, non credo che fosse un semplice
imprevisto” disse l’Uchiha interessato alla risposta e alla reazione
dell’interrogato.
“Beh…
ecco… si… era urgente” biascicò Lee lentamente, per poi continuare in modo
chiaro “Un mio amico mi ha chiamato perché aveva avuto un incidente con la
macchina ed ho cercato di raggiungerlo il più in fretta possibile”.
“Dove
sarebbe avvenuto?”.
“Poco
fuori di Konoha”.
“Va
bene, per ora può bastare” disse il poliziotto dopo alcuni istanti,
insospettito dal tentennamento iniziale del pugile e annotando mentalmente di
chiedere conferma del sinistro alla stradale “Devi però tenerti disponibile per
qualsiasi evenienza” spiegò poi, mentre si alzava.
“Si,
certo” rispose il pugile abbandonando la propria sedia in qualche modo
sollevato. Su
esortazione di Sasuke venne poi accompagnato da un agente all’uscita del
commissariato, mentre l’ispettore raggiungeva il collega per comunicargli le
informazioni raccolte e le sue considerazioni a proposito.
Riguardo al capitolo e alla fic in generale, le rivelazioni su Naruto sono rimandate al prossimo capitolo, dove spero di riuscire a trattare bene gli argomenti in ballo, e abbiamo avuto qualche new entry (in particolare Itachi per la gioia di qualcuno^_^) . Detto questo passo a rigraziare coloro che hanno messo la fic nei preferiti e chi segue: bacinaru, hachi92, Saku_piccina93, sasusakuxxx, Urdi, Gweiddi at Ecate.
Urdi: tesoro, finalmente ho postato, contenta? ^_^ 'I sassi in direzioni completamente opposte' mi avrebbero tromentato a lungo se non mi avessi chiarito il significato, e riguardo agli incasinamenti, sì, l'intreccio è molto incasinato, spero di non perdermi nei suoi fili o meglio di tirare fuori lo stesso qualcosa di decente. Sono felice di aver trattato bene Naruto(spero di riuscirci anche nel prossimo capitolo^_^) e che ti sia piaciuto, tra l'altro è piaciuto un sacco anche a me. Dico così. perchè sono io che scrivo, ma i personaggi a volte si comportano da soli. E tu lo sai bene. Un bacio e un abbraccio!! p.s. la camomilla è servita^_^
hachi92: oh, Kikina, donna impegnata, ti adoro!!! Sono davvero contenta di riuscire a farti immergere nella lettura e spero che il caso Hyuga riesca ad appassionarti con i suoi particolari. Prossimamente, ma anche in questo capitolo, puoi indossare senza problemi i panni del detective conan e io ti auguro buona fortuna. Rriceverò un 'disgraziata' anche da te oltre che dalla beta? staremo a vedere eh eh baci ^_^