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Autore: HadleyTheImpossibleGirl    03/04/2017    6 recensioni
[STORIA INTERATTIVA-ISCRIZIONI CHIUSE]
Nell'estate del 1850 e cinque famiglie magiche si ritrovano in un maniero nelle Isole Shetland, in Scozia.
I loro figli ma soprattutto le loro figlie sono in età da matrimonio...
Ne vedremo di tutti i colori, tra amicizie, risate, amori veri e altri no
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Carlton se ne stava seduto sul letto, si era a malapena tolto gli stivali e teneva lo sguardo fisso nel vuoto. Era la prima volta che passava praticamente tutta la notte ad una festa e ballando per giunta! Se ripensava a quello che era appena successo gli sembrava tutto troppo assurdo per essere reale.
Non era il tipo da godersi le feste ma dopo il primo ballo con Mary, complice anche la presenza insistente del tipo da cui l’aveva “salvata” ne erano seguiti uno e poi un altro e un altro ancora.
Non poteva negare che era stato piacevole e al passare delle ore la cosa gli era sembrata sempre più naturale e giusta. Solo alla fine della festa si era accorto che aveva avuto per tutto il tempo uno stupido sorriso ebete. Doveva aver fatto la figura dell’idiota.
Però…anche Mary sorrideva…ed è sempre così bella quando sorride…
Con un leggero sbuffo Carlton si buttò all’indietro, quasi rimbalzando con la schiena contro quel materasso troppo morbido per i suoi gusti, diede un colpo di bacchetta verso la tenda che si aprì quel tanto che bastava a far filtrare un po’ di luce.
Era passato da fissare il muro a fissare il baldacchino che sovrastava il letto, di quel verde così intenso che gli ricordava terribilmente gli i grandi e dolci occhi di Lady Marianne Dashwood. Ma cosa gli stava succedendo? Perché non riusciva a smettere di pensare alla ragazza? Che poi non era una ragazza ma una bellissima giovane donna.
La sua mente gli palesò davanti gli occhi l’immagine di Mary e il battito del suo cuore accelerò all’improvviso. Cercò di scacciare quel pensiero. Marianne era bellissima, socievole ed estroversa, il suo esatto opposto, avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi…perché doveva anche solo guardare uno come lui?
Era anche vero che aveva chiesto aiuto a lui e non a qualcuno dei numerosi imbellettati presenti la sera precedente.
Doveva parlarne con qualcuno. E gli veniva in mente una sola persona. Scese dal letto e si recò verso la scuderia nella speranza di trovare Lionel al lavoro.
Entrò chiamandolo ma senza ottenere risposta, guardando in giro lo vide che sonnecchiava seduto su una balla di fieno all’interno di uno dei box dove tenevano l’attrezzatura.
Tutto quel fieno a terra e quello sporco gli creavano non pochi problemi, non riusciva a impedire alle sue labbra di piegarsi in una smorfia di leggero schifo.
“Lio” lo chiamò scuotendolo piano.
Lo dovette chiamare una seconda volta prima che lui aprisse gli occhi di botto e si scuotesse domanda “Che c’è?”
“Devo parlarti” disse Carlton sedendosi suo malgrado su un altro cumulo di fieno.
Lionel si mise seduto meglio, cercando di leggere nello sguardo del fratello cosa voleva dirgli e la prima cosa che gli venne in mente fu il ballo della sera prima.
“Come è andata la festa?”
“Bene” si limitò a rispondere Carlton cercando di apparire il più naturale possibile ma Lionel lo conosceva meglio di chiunque altro quindi ricambiò con “Bene o bene?” fece passando da un tono piatto a uno di un’ottava superiore.
“Bene” rispose di nuovo lui con lo stesso identico tono di prima.
“Ha a che fare con una donna?”
Carlton impallidì, spalancando gli occhi e Lionel seppe di aver fatto centro.
“Allora…quale delle gentili donzelle ospiti in casa Floral ha attirato l’attenzione di Carlton-tutto d’un pezzo- Holmes?”
Il maggiore abbassò lo sguardo per non far vedere quanto era in imbarazzo mentre invece Lionel incrociò le braccia incitandolo “Forza…sto invecchiando qui”
“Mary” disse alla fine Cal.
“Bene bene bene” fece l’altro con un sorrisetto, cosa che gli fece guadagnare uno sguardo di rimprovero. Lionel capì che suo fratello non aveva affatto voglia di scherzare.
“Beh prova a invitarla fuori a fare una passeggiata o qualcosa del genere…va spesso a cavallo, sai?”
“Lo sai che non amo i cavalli…”
“Non ami i cavalli, non ami lo sporco, non ami l’aria aperta…ma credo che se fossi con lei li ameresti almeno un po’”
Carlton annuì mentre nella sua mente si faceva strada l’idea che dovesse per forza cambiare per tentare di piacerle.

 

Nonostante avesse passato la notte completamente sveglia, Agatha non era riuscita a chiudere occhio quella mattina ma non si era comunque mossa dalla sua camera, un po’ anche per confermare la storia del suo lieve malessere della sera prima.
Si rigirò coprendosi il capo con la trapunta color salmone che sua madre aveva voluto far mettere per forza perché particolarmente adatta ad una ragazza.
Aveva ancora addosso le sensazioni di quella splendida notte o meglio di quella splendida alba ma adesso il suo cervello si stava lentamente riattivando e le sembrava veramente incredibile quello che era successo, aveva davvero accettato la proposta di matrimonio di Lionel. Se avesse visto la situazione dall’esterno l’avrebbe giudicata una vera e propria follia ma adesso che ci stava dentro vedeva tutto in modo molto meno lucido. Sposare un uomo che fondamentalmente non aveva nulla da offrirle era una vera e propria follia, sarebbe stato sicuramente più giusto sposare il solito damerino ma nessuno dei ragazzi che l’avevano corteggiata le avevano mai fatto provare qualcosa di così…intenso. Con Lionel poteva essere se stessa, senza badare a come camminava, come parlava o come era vestita. Forse era così che Vincent si era sentito a suo tempo, evidentemente con quella donna che aveva sposato e di cui lei non conosceva neanche il nome, si era sentito libero e vivo più che mai.
Un leggero bussare alla porta attirò la sua attenzione e appena dopo che rispose “Avanti” spuntò la figura di Mary Dashwood.
“Ciao” la salutò con un caldo sorriso che Agatha ricambiò subito, Mary continuò chiedendole come stava visto che aveva sentito dire che la sua amica non stava molto bene.
“Sto meglio” affermò la biondo da dentro al letto ma seppe di essere stata poco convincente quando l’amica alzò un sopracciglio con fare scettico.
Mary si avvicinò al letto guardando di sottecchi Agatha “Vorresti farmi credere che la tua sparizione di ieri sera non ha niente a che fare con un bel giovane?”
Prima che l’altra potesse rispondere Mary aggiunse spalancando gli occhi “Oddio, non dirmi che si tratta di Mr. Dalton… le voci non fanno altro che dire che è molto innamorato di te!” trillò ammiccando.
Agatha rimase leggermente spiazzata, senza sapere cosa rispondere. Insomma, non poteva certo dirle che era totalmente fuori strada e che aveva trascorso la serata con il suo futuro marito, un semplice stalliere, un figlio illegittimo e non l’erede di una grande casata.
Si era creato un attimo di silenzio tra le due che Mary interpretò, con gran sollievo della sua migliore amica, come la volontà di tenere tutto per sé.
“Oh andiamo, vuoi davvero tenerti tutte le cose interessanti per te?”
Agatha gongolò nel tentativo di assecondare la cosa, in realtà avrebbe voluto parlarle di Lionel ma, per il momento, meno persone sapevano meglio era.
Alla fine Agatha decise di alzarsi e di vestirsi per unirsi a Mary e a chi aveva deciso di passare la giornata in casa visto che il meteo sembrava intenzionato a peggiorare.
Scesero nella grande biblioteca e si accomodarono su un paio di poltroncine di broccato blu per leggere qualcosa, visto che c’erano tutti gli ospiti in giro Mary non si era portata uno dei suoi libri babbani e quindi dopo un po’ si avventurò alla ricerca di qualcosa di interessante da leggere.
Agatha ne approfittò per mettersi in pari con un romanzo che aveva cominciato a inizio estate e che aveva messo da parte a causa di alcuni “ospiti”. Era immersa nella lettura ma la voce di sua sorella le arrivò ancora prima che la figura di Cassie entrasse nel suo campo visivo.
“Un gufo è appena arrivato dal Ministero. C’è una tempesta in arrivo e raccomandano che tutte le persone restino dentro casa” affermò avvicinandosi alla finestra. La minore si guardò intorno ma stando attenta a non incrociare gli occhi della sorella, sicura di non essere udita Cassie suggerì ad Agatha “Fai rientrare Lionel, c’è posto per dormire negli alloggi vicino le cucine”
Non l’aveva guardata ma Agatha intuì che quel passo, quella cosa detta da quella piccola orgogliosa di sua sorella era il segno che Cassie voleva fare pace, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Era sempre stato così, fin da quando erano più piccole. Bisticciavano e si mettevano il broncio ma non stavano mai più di un giorno senza parlarsi, erano troppo orgogliose per chiedersi scusa direttamente quindi magari una andava dall’altra con un biscotto al cioccolato o uno zuccotto di zucca da dividere.

 

Nel frattempo Mary si muoveva tra gli scaffali, passando da una stanza a un’altra i suoi occhi si posarono su Carlton Holmes completamente catturato dalla lettura. Non si accorse minimamente quando lei gli passò accanto e poi si piazzò dietro di lui. Mary sbirciò oltre le spalle del ragazzo, tutte quelle scritte strane, sembrava quasi un trattato scientifico, scritto in una lingua tutt’altro che comprensibile.
“È interessante?” chiese la ragazza candidamente.
Carlton si voltò di scatto, leggermente spaventato e non riuscì a trattenersi dal balbettare mentre rispondeva “Sì, piuttosto interessante”
La ragazza piegò la testa curiosa mentre si appoggiava con le braccia allo schienale della poltrona. “Strano perché sembra scritto in una lingua che non è la nostra”
Carlton le riservò un sorrisetto che aveva un che di beffardo che mandò un attimo in confusione Mary.
“Certo voi preferite letture di altro genere…oserei dire di altre…origini?”
La giovane sgranò gli occhi domandandosi cosa sapesse lui. Il suo cervello si oscurò per un attimo, era mere parole buttate lì o Carlton Holmes sapeva che lei e suo fratello leggevano libri babbani? E se lui lo sapeva allora potevano saperlo anche tutti gli altri.
Prima che potesse parlare Carlton, come se le avesse letto nel pensiero, dissipò i suoi dubbi “Vi ho vista leggere libri babbani” poi aggiunse “Non credete che sia una cosa…strana?” Il fatto che per la seconda volta nel giro di pochi minuti lui avesse ponderato attentamente le parole da usare la fece sorridere.
“Non avete mai letto un libro babbano vero?”
Carlton tentennò prima di ammettere che no, non aveva mai letto un libro babbano, non ci aveva neanche mai pensato, non aveva mai provato curiosità verso ciò che accadeva al di fuori del suo mondo, sapeva solo che la regina era una babbana di nome Victoria e che la Ministra della Magia Orpington incontrava spesso il primo ministro britannico, un certo Russell ma no, non si era mai interrogato sulla letteratura non magica.
“Aspettatemi qui” disse improvvisamente Mary per poi sparire con un pop. Solitamente nessuno si smaterializzava all’interno della casa di altri perché era considerato molto sconveniente comparire all’improvviso senza essere annunciati.
Marianne Dashwood ricomparve qualche istante più tardi con un libro tra le mani, allungò un braccio porgendolo a Carlton, che appoggiò il suo libro sul tavolino di cedro lì accanto e diede un’occhiata scettica al volume babbano.

The Lancashire Witches
Lei lo guardò analizzare la copertina del libro, aprirlo e poi guardarla interrogativo. Carlton voleva sapere perché lei avesse scelto proprio quella lettura.
Mary fece spallucce, non voleva dare troppe spiegazioni ma disse semplicemente “Leggere come i babbani ci vedono, o meglio ci vedevano, è incredibilmente affascinante”
Carlton sembrò rifletterci su mentre sfogliava qualche pagina del libro.
“Non avete mai pensato che anche i non magici sanno realizzare qualcosa di grandioso, vero? Non credete che sia un po’ presuntuoso pensare che noi siamo gli unici intelligenti?” lo provocò con un sorriso ma Carlton reagì in modo lievemente permaloso “Semplicemente non mi è mai venuta la curiosità” si giustificò. Quando vide il sorriso sulle labbra di Mary allargarsi Carlton si sentì confuso.
“Tenetelo. Leggetelo e fatemi sapere cosa ne pensate”
Gli occhi del giovane Holmes si spostarono ritmicamente dal libro al viso della ragazza.
“Tranquillo. Io l’ho già letto. Scommetto che vi piacerà…sono pronta a scommetterci qualsiasi cifra…che ne dite di 10 falci?”
A Carlton scappò quasi il soffio di una risata “Va bene” sentenziò porgendole la mano per poter sancire quel patto.

 

Cassie camminava lungo il corridoio come se stesse andando verso il patibolo. Quando suo padre la convocava nel suo studio non era mai una cosa positiva, il suo unico pensiero era che non sarebbe potuta andare peggio dell’ultima volta visto che ci aveva rimediato un contratto matrimoniale.
Allungò una mano per bussare ma non fece in tempo poiché la porta si aprì magicamente e le giunse alle orecchie la voce del signor Floral.
“Cassandra entra”
La ragazza entrò e si chiuse la porta alle spalle mentre l’uomo insonorizzava la stanza con un veloce Muffliato. Era una sua abitudine, lo faceva sempre per evitare che qualcuno si immischiasse in affari che non gli riguardavano.
Cassie si accomodò sulla poltrona di fronte a lui che la guardava con cipiglio severo.
Come al solito l’uomo non girò intorno alla questione e andò dritto al punto. “Ho sentito che hai litigato con Alexander dopo il ballo…” lasciò la frase in sospeso come se si aspettasse una giustificazione.
“Padre…lui non ha il minimo rispetto per me!” si lamentò la bionda ma tutto quello che ricevette in cambio fu un’alzata di sopracciglio.
“Da quello che ho sentito mi sembra esattamente il contrario. Quell’uomo sarà presto tuo marito, è tuo dovere amarlo, servirlo, onorarlo e obbedirgli” disse lui citando alcune delle promesse contenute nei voti nuziali.
“Ma non posso amare una persona del genere!” protestò di nuovo la ragazza.
Il signor Floral si alzò, girò intorno alla scrivania in mogano e si avvicinò alla figlia minore posandole un dito sotto al mento per farle alzare il viso fino a guardarlo.
“Tu puoi perché devi” le suggerì in tono dolce ma Cassie si tirò indietro. La sua espressione tradiva il suo essere ferita e offesa.
“Su, dovresti sentirti fortunata. Alexander è un bel ragazzo e l’erede di una grande famiglia”
Gli occhi azzurri della giovane si sollevarono verso il soffitto prima di tornare sul padre con lo sguardo infuocato.
“Perché io? Ah, dimenticavo, Agatha è la tua preferita” lo accusò malignamente. Era sempre stato evidente per lei che la figlia maggiore fosse la preferita del padre ma non glielo aveva mai rinfacciato in quel modo.
Lo sguardo di Fitzwilliam Floral la congelò sul posto, era la prima volta che gli rispondeva a tono ed era la prima volta che lui la guardava così duramente.
“Tu sei più vicina ad Alexander per età, avrai una casa e protezione e ciò è tutto quello che voglio per le mie figlie. Con un fratello fuggito è molto difficile trovarvi un onorevole posto nella società e non vi può essere occasione migliore di questa per te, per garantirti un futuro dignitoso. Anche tua sorella troverà la sua strada…l’altro giorno l’ho vista in compagnia di Carlton Holmes mentre camminavano in giardino, potrebbero formare una bella coppia”
Cassie si trattenne dallo scoppiare a ridere. Sua sorella con Carlton… non ce li vedeva proprio insieme, soprattutto considerato con chi Agatha avesse a che fare in realtà.
Fu la voce di suo padre a riportarla all’attenzione, abbassò automaticamente lo sguardo quando lui la pregò di portare avanti un matrimonio di successo e di impegnarsi per andare incontro al carattere del suo futuro marito. Doveva assolutamente parlare con Alexander e mettere in chiaro alcune cose.

 

Alice si sedette al tavolino dove l’attendevano una tazza di earl grey e suo fratello. Sorrise a Markus e sollevò la tazza di candida porcellana per portarsela alle labbra.
“Allora” fece dopo aver bevuto un sorso “Di cosa volevi parlarmi?” gli chiese guardandolo di sottecchi. Quando Markus le chiedeva di parlare si trattava quasi sempre di qualcosa di importante, cosa che la spingeva a mettere da parte il suo animo da ragazzina ribelle e a comportarsi davvero da sorella.
“Sto pensando di tornare a casa” le annunciò tamburellando appena con le dita sulla superfice liscia del tavolo.
Alice avrebbe voluto sembrare stupita ma la realtà era che si aspettava una reazione del genere da Markus, conoscendolo sapeva quanto lui soffrisse nell’assistere ai preparativi per il matrimonio tra Cassandra Floral e Alex Dashwood. Al contempo, essendo lui l’erede della famiglia Storm aveva il dovere morale di restare, di essere presente in eventi mondani come quello che era in programma.
“Non ho ancora deciso ma…ci sto pensando” affermò Markus che aveva percepito la titubanza della minore tra le sue sorelline. Non voleva lasciare Alice, anche se c’erano i suoi genitori e allo stesso tempo la voglia di scappare di lì era immensa.
Cercò comunque di tranquillizzare sua sorella promettendole che ci avrebbe pensato bene per qualche giorno poi, deciso a cambiare argomento tirò fuori la questione scottante “Allora, come è andata con Christopher Turner?”
“Gli ho detto semplicemente che non mi interessa” rispose Alice facendo finta di niente.
“Ancora non capisco perché…sembra una brava persona e da quello che parli sembra molto affezionato a voi, carpe diem no?” osò dire.
“E parlate proprio voi di cogliere l’attimo? Forse se vi foste mosso prima nei confronti di Cassandra…”
“Appunto, non fate gli stessi errori fatti dal sottoscritto”
Come se evocato dal discorso Christopher fece il suo ingresso nel salottino e salutò i due allegramente.
Appena sentita la voce del ragazzo Markus ne approfittò per alzarsi in piedi e annunciare che doveva andare a parlare con suo padre.
“Tenete voi compagnia a mia sorella, Christopher?” domandò rivolgendosi al punto da dove aveva sentito provenire la voce dell’altro.
Chris rimase leggermente spiazzato dalla domanda, non che gli dispiacesse ma la situazione era un po’ strana a causa di quello che era successo alla festa. Era stato palesemente rifiutato ma lui non era tipo da arrendersi, mai.
Markus lasciò la stanza sotto lo sguardo inceneritore della sua sorellina che nel frattempo lo malediceva mentalmente per averla lasciata in quella situazione.
Si sedette al posto lasciato libero da Markus e rivolse uno sguardo serio alla giovane di fronte a lui.
“Alice, io ho pensato alle parole che mi avete rivolto…”
“Christopher…” intervenne lei, non voleva affrontare quel discorso.
“Non interrompetemi, vi prego”
A quelle parole Alice richiuse la bocca muta come un pesce rosso, non riuscì comunque a mettersi comoda, anzi rimase piuttosto tesa, con la schiena dritta e le mani avvolte nervosamente intorno alla tazza da tè.
“Come dicevo” continuò lui “Ho pensato a quello che mi avete detto e capisco cosa intendete, siete giovane e così…libera, capisco la vostra volontà di non essere chiusa in gabbia ma…” ci pensò un attimo prima di continuare “una relazione affettuosa non vuole dire necessariamente questo, non vuole essere una prigione ma più un rifugio…due braccia amorevoli in cui rifugiarvi nei giorni bui, qualcuno con cui condividere le piccole e le grandi cose”
Effettivamente quello era un modo di vedere le cose su cui Alice non aveva mai riflettuto abbastanza. Tutti gli amori che erano passati sotto i suoi occhi erano stati forzati, tutte le spose erano state in qual modo piegate alle volontà dei mariti, non aveva ancora avuto modo di appurare che amore poteva anche essere puro, leggero, divertente e naturale.
“Vi prego, datemi l’occasione per mostrarvi che potreste essere felice…solo un’occasione” la pregò prendendo una delle sue mani, che Alice aveva inavvertitamente abbandonato sul tavolino.
La ragazza lo guardò, aveva occhi sinceri e colmi di speranza e lei non poté trattenere un piccolo sorriso nel vedere quella sua espressione.
Nemmeno si rese conto di pronunciare quelle parole “E sia…dimostratemi che ho torto”

 

Le nuvole si stavano addensando sempre più rendendo il cielo scuro. Sembrava quasi essere scesa la sera sulle isole Shetland mentre invece era ancora pieno giorno. Tutti gli ospiti di Villa Floral erano rimasti in casa, dato il vento impetuoso e la minaccia della tempesta in arrivo. Sembravano essersi sparsi tutti tra i salotti, le sale musica e la biblioteca. Un’idea che stuzzicava la mente di Evelyn, sapeva che nessuno l’avrebbe vista e quindi avrebbe potuto fare un salto nel passato e tornare a divertirsi come faceva quando, di nascosto, Christopher cercava di insegnarle a tirare di scherma, prima che la loro mamma li scoprisse.
Scese le scale che conducevano al piano seminterrato, dove c’era la sala in cui praticare scherma. Trasfigurò il proprio vestito in un completo da amazzone, sicuramente più pratico per fare attività fisica. Già nell’anticamera si accorse, grazie alle grandi porte a vetri, che c’era qualcuno all’interno. Sbirciò all’interno e vide una figura maschile che si esercitava. I suoi occhi rimasero fissati su quel petto nudo, su quel fisico asciutto e imperlato di sudore. Ci mise qualche momento a riconoscere nel bel cavaliere, l’uomo che aveva visto alla festa che sapeva solo essere un Black.
Era terribilmente affascinante, si muoveva in modo fluido quasi come stesse danzando.
In un mezzo giro, si ritrovò gli occhi di lui addosso. Evelyn avrebbe voluto sotterrarsi o scappare ma sapeva che ciò avrebbe solo peggiorato la sua situazione, già di per sé imbarazzante.
Di solito non si lasciava abbindolare dagli uomini ma il sorriso che lui le rivolse la stese.
“È la prima volta in vita mia che vedo una signorina venire ad allenarsi” commentò con tono quasi divertito.
Evelyn cercò di nascondere il proprio imbarazzo, soppiantato dalla preoccupazione “Non ne fate parola con nessuno, ve ne prego”
“E perché dovrei? Ognuno ha i propri segreti” disse semplicemente lui “Coraggio, entrate”
Lui aprì la porta e lasciò passare la giovane. “Potete allenarvi con me, prometto che ci andrò leggero, per quanto possibile”
“Non voglio un trattamento di favore solo perché non sono un uomo” affermò Evelyn convinta e pronta a sfidarlo.
Con un sorriso il giovane Black le lanciò un fioretto che lei afferrò al volo. Iniziarono a duellare ma ogni tanto Evelyn si ritrovò distratta, troppo distratta, al punto che si ritrovò a terra ma con il sorriso di lui davanti agli occhi.
“Vi siete battuta degnamente” si congratulò aiutandola a tirarsi su
“Ma mi sono divertita” affermò lei
“Almeno non siamo stati fermi ad aspettare l’arrivo della tempesta, come stanno facendo gli altri”
“Già” sorrise di rimando Evelyn. Avrebbe dovuto assolutamente chiedere a suo fratello se conosceva quel ragazzo.

 

Sottili gocce di pioggia iniziarono a bagnare la campagna inglese nel primo pomeriggio, se non fosse stato per il vento che sferzava gli alberi nessuno avrebbe supposto che stava arrivando una tempesta. Mano a mano che i minuti passavano la pioggia iniziava a intensificarsi. Agatha gettò un’occhiata fuori dalla finestra mentre camminava lungo il corridoio del secondo piano. I suoi occhi si posarono in un gesto automatico sullo spiraglio di scuderia appena visibile. La porta era ancora aperta, segno che quel testone del suo fidanzato non era ancora entrato all’interno dell’abitazione.
Sbuffò e iniziò a discendere le scale piuttosto in fretta. Uscì dal portone principale della villa, non poteva assolutamente permettersi di passare attraverso la cucina e che il personale e gli elfi domestici la vedessero andare nelle scuderie e tornare con un ragazzo.
Alzò appena la gonna blu di broccato mentre incespicava nel terreno umido. Arrivò all’interno della scuderia e scorse subito Lionel che se ne stava tutto tranquillo a fare il suo lavoro, come se intorno a lui non stesse accadendo nulla.
“Tu!” lo additò andandogli incontro “Per la barba di Merlino, non hai visto che tempo c’è fuori? Se il vento peggiora potrebbe anche spazzare via la scuderia!”
“Non ho intenzione di abbandonare i miei cavalli” replicò lui tranquillo.
Agatha alzò gli occhi al cielo, sforzandosi di non affatturarlo. “Oh ma certo, restiamo qui a morire per fare compagnia ai cavalli! Come avevo fatto a non pensarci?” fece sarcastica.
Lionel la guardò prima di replicare ma le parole gli si bloccarono in gola quando vide i boccoli biondi di Agatha ricaderle scomposti sul viso corrucciato e il vestito sporco di fango. Era quasi comica ma bellissima.
Con un paio di falcate arrivò a pochi centimetri da lei. “Che c’è?” fece per chiedere Agatha appena prima che le sue labbra venissero catturate da quelle di Lionel.
“Sei bellissima”
“Ruffiano” commentò arricciando le labbra appena si furono staccati.
Agatha intrecciò le mani con quelle di Lionel. “Vieni dentro, per favore”
“Finisco di sistemare una cosa e poi mi unirò all’allegro gruppo di elfi domestici”
“Promesso?” chiese con gli occhi da cucciolo.
“Promesso” concordò Lionel avvicinandosi per baciarla.
Stavano ancora vicini, le labbra che si fioravano appena quando l’idillio venne rotto da una voce maschile.
“Penso che sia abbastanza, Agatha”
La ragazza si girò per trovare suo padre all’entrata dell’edificio.
“Papà”
Il signor Floral guardò prima la figlia e poi Lionel. “Holmes, vada nelle cucine” ordinò “Agatha” richiamò la giovane e le fece cenno di seguirlo.
Mentre lo seguiva certa che sarebbero andati nel suo studio cercò di chiamarlo ma il signor Floral non diede il minimo segno di averla sentita.
“Papà vi prego… posso spiegare”
L’uomo aprì la porta di pesante mogano e lasciò entrare la figlia. Se la chiuse alle spalle sigillandola con un Muffliato che fece quasi accapponare la pelle ad Agatha.
Vede suo padre sedersi alla scrivania e lei si accomodò lì davanti, iniziò a tamburellare involontariamente con il piede.
“Pretendo delle spiegazioni” disse lui incrociando le mani sotto al suo mento.
Agatha iniziò a parlare ininterrottamente spiegando come si erano incontrati ma visto che stava parlando senza scandire le parole e data la perplessità del padre, arrivò dritta al punto “Noi siamo innamorati”
L’uomo prese un bel respiro. Ma cosa avevano le sue figlie che non andava? Perché dovevano dargli sempre dei grattacapi? E lui che avrebbe voluto solo fumarsi un sigaro in santa pace!
“Questa storia deve finire”
“Ma papà…” protestò Agatha rivolgendo uno sguardo implorante al genitore che mise una mano avanti per bloccarla.
“Ricordi quando avevi sette anni e tuo zio Clayton sposò la giovane Diane Longbottom? Mi chiesi di farti scegliere l’uomo che avresti dovuto sposare e io te lo promisi. Ho tenuto fede alla mia promessa finora e ho intenzione di farlo ancora ma ti avviso che nella rosa di possibili candidati il giovane Lionel Holmes non è compreso”
Senza nemmeno pensarci Agatha domandò “Perché?”
“Lui non è all’altezza!” esclamò Fitzwilliam Floral iniziando ad adirarsi “Porta il cognome degli Holmes ma non vanta alcun diritto sul loro patrimonio, non è nient’altro che un bastardo! Solo un decreto regio potrebbe cambiare le cose ed Elizabeth Holmes non permetterà mai a suo marito di richiederlo”
“Non mi interessa. Io lo amo e voglio diventare sua moglie” affermò convinta. Non aveva riflettuto sulle parole appena dette ma era vero, amava profondamente Lionel e dalla fierezza con cui lo difendeva, il signor Floral capì che la figlia maggiore non mentiva.
“Agatha…capire l’amore di un genitore per un figlio è impossibile finché non si diventa genitori a propria volta…volere il meglio per una persona…Lionel Holmes non è il meglio. Non posso permettere che tu faccia lo stesso errore di Vincent. Te lo ripeto, questa storia deve finire o perderai tutto: abiti, soldi, famiglia… il gioco vale la candela?”

 

Alexander alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta quel pomeriggio, sua madre e la signora Floral avevano coinvolto lui e Cassandra nella scelta del menù per i festeggiamenti del loro matrimonio. Solitamente si sarebbe dovuto trattare di un’attività relativamente piacevole ma tutto quel ciarlare da donne lo stava annoiando terribilmente. Incredibilmente neanche la sua futura moglie non sembrava particolarmente interessata a quello che era il nuovo oggetto di conversazione: i tovagliati.
Ringraziò mentalmente Salazar e tutti i fondatori quando le due donne si alzarono per spostarsi nella stanza da cucito. Decise di approfittare della situazione per defilarsi anche lui e stava per congedare Cassandra quando lei si alzò, in contemporanea, per fermarlo.
“Alexander…questa situazione non può rimanere tale. Per la disgrazia di entrambi quel contratto è stato firmato ed entrambe le nostre famiglie ne trarranno vantaggio. So che un matrimonio senza amore può esistere ugualmente e infatti non pretendo amore… Dovremo passare molto tempo insieme Alexander e quel tempo potrebbe essere anche solo minimamente più piacevole se ci fosse un rapporto di amicizia a fare da fondamenta”
Alex sembrò pensarci su un attimo. Era la prima volta che la ragazza gli si rivolgeva con tanta sicurezza ma dovette ammettere che quell’atteggiamento, quello di una che sa cosa vuole, le faceva guadagnare punti. Non sembrava più solo una bambina.
Gli costava molto ammetterlo ma forse la giovane Floral aveva ragione.
“Suppongo che si potrebbe fare. Forse potremo essere amici”

 

 

 

 

Buonasera!
Per prima cosa ci tengo a scusarmi per il ritardo (circa un mese) con cui pubblico questo capitolo ma si tratta di un ritardo giustificato, ampiamente giustificato, da un motivo che comporta una pergamena e una corona di alloro.
Come mi è stato detto stamattina: oggi è un gran giorno e accadono cose bellissime (infatti non credevo che sarei riuscita a pubblicare oggi, anche se ormai questo giorno è quasi finito)
Detto questo dedico questo capitolo, anche se non propriamente felice, ad una persona meravigliosa che oggi compie gli anni, la sorella del mio cuore. Ti voglio bene sorellona
H.

  
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