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Autore: ColettedeJarjayes    06/04/2017    6 recensioni
Ad occhi chiusi entrambi, sapevano vedere il mondo meglio degli altri. Ad occhi chiusi, con le orecchie tese alla melodia, aprivano il loro cuore senza saperlo.
Questa è la storia di un violinista parigino, una violinista mancata, di un amore, e forse due, se contiamo quello per la musica.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: sono passati anni dall'ultimo capitolo. Ma non illudetevi (né spaventatevi), ho trovato questo capitolo già pronto prima di portare il vecchio pc in assistenza, e per non perderlo lo pubblico. Non è detto purtroppo che il prossimo capitolo arrivi in fretta. Anzi :D  

Boccherini. Boccherini. Boccherini. 
Non ne poteva più la giovane Oscar di Boccherini. Almeno ci fosse stato André a farla ridere imitando suo padre! Da quando aveva preso servizio come comandante della Guardia Reale le musiche che sentiva erano squilli di tromba, rulli di tamburi, marce militari, minuetti, pompose marce reali. Abbozzò un sorriso nella sua testa (Un soldato non sorride mai! Soprattutto di un sorriso così dolce come quello che aveva ereditato dalla madre, poi!), perché le marce le ricordavano un episodio divertente della sua infanzia. Ricordava il precettore che le spiegava delle marce e delle pompose musiche di corte, che, secondo i libroni che si portava alle lezioni, derivavano dalle antiche "Pavane", composizioni lente, lente, lentissime, moooolto lente, create ad hoc per far sfilare l'intera corte. 

Alla fine della lezione André era rimasto seduto, pensieroso, poi si era alzato ed era corso in giardino. 
Oscar aveva quasi avuto difficoltà a seguirlo: era stanca, provata dalle lunghe ore di lezione, ed era sicura che poco dopo il padre sarebbe andato a prenderla per allenarsi con la spada. 
André intanto correva, sempre più veloce, giù dalle scale, lungo il giardino, poi via, dietro le scuderie, tagliando per l'erba più alta che andava verso il confine del giardinetto curato, verso la parte più agricola della tenuta...Poi...arrivato sull'aia della più piccola delle fattorie delle proprietà dei Jarjayes, quella che serviva direttamente e quotidianamente il palazzo, si fermò. 
Il piccolo André respirava affannosamente, con le mani ancorate alle ginocchia e lo sguardo basso. Solo quando Oscar gli fu vicino, stanca quanto lui, lui iniziò a muoversi: alzò piano un piede da terra, guardandosi attorno, e iniziò a camminare alzando bene le ginocchia e tenendo le braccia dietro la schiena, con le mani aperte a creare una coda, e camminò lento, lento, lentissimo, mooolto lento finché, da uno dei cespuglietti di gramigna cresciuta vicino ai serragli, non spuntò un pavone. 
André si mosse in un lampo: afferrò il polso di Oscar e le disse: "Visto! Visto! E' da lì che nasce la Pavana! Si pavoneggiano come pavoni!! Come il precettore con quel suo monocolo ridicolo, che cammina impettito, con le mani dietro la schiena! Vieni Oscar, balliamo!"
La piccola Oscar non riuscì a sottrarsi all'improvviso lampo di genio dell'amico, si ritrovò a volteggiare e poi a muoversi secondo le indicazioni di André, e a ridere davanti all'espressione stranita del pavone, e rideva e rideva, e si sentiva leggera, rigenerata.


Si riscosse dai suoi pensieri prima di scoppiare a ridere davanti agli aggraziati ballerini del Gran Ballo dell'Opera (un vortice di colori, piume e belletto e profumi), prese un calice di vino, lo svuotò - anche se non era bello come berlo con André - e decise di smettere di pensare a quello scansafatiche, per concentrarsi sull'artefice di quella sua ennesima sventura (perché sì, i balli, per l'austera Oscar Françoise de Jarjayes, erano una sventura). 
Quant'era bella la giovane Delfina! Bionda (non rossiccia, alla faccia di quella DuBarry!), con quegli occhioni chiari, una grazia innata e la vitalità di una giovane fanciulla entusiasta; alla coetanea Oscar aveva causato non pochi problemi, e - aveva ragione il caro (sic!) André - spesso si comportava già da ragazzina viziata. Ma una volta conosciutala da vicino non si poteva non volerle bene. Anche ora che l'aveva trascinata a quel ballo, in piena notte, e in incognito, Oscar si sentiva felice nel vederla volteggiare come una farfalla, e vedere giovani damerini contendersi le sue attenzioni. 

Tuttavia, tutto quel volteggiare le stava facendo venire il mal di testa.
Minuetto, vai con un altro minuettoooo!
Basta. 
Oscar chiuse gli occhi, e pensò intensamente a qualsiasi altro spartito avesse mai suonato. Andava bene anche quella filastrocca stupida sull'asino e il berretto di lana. 
Mentre si concentrava su come tenere lunga la nota tra il "madame, cucireste voi" e il "un cappellino per il mio asinello", Oscar si accorse di aver tenuto gli occhi chiusi troppo a lungo, e intravide la giovane principessa incalzata dalle domande di un ragazzo sul balconcino esterno. 
Fu un attimo che gli squilli di tromba suonarono "all'attaccooooo!" nella testolina bionda del comandante.

Quello che Oscar non sapeva, e che non aveva notato, tra uno sguainare la spada e un "sono Oscar François de Jarjayes" (l'ennesimo!), era che il giovane - che si scoprì poi essere il conte di Fersen, bello colto e svedesone (nel senso che era alto) - tra un baciamano e un "toglietevi la maschera" (ché, anche questo si scoprirà in seguito, lui aveva decisamente problemi a riconoscere persone mascherate. Possibile che fosse stato traumatizzato da una gita a Venezia, questo non lo sapremo mai. Ma visto che la Polignac si prese casa a Venezia, è possibile che lo volesse fuori dai piedi...), si stava innamorando. 
Dicono, che l'amore passi attraverso gli occhi. Secondo la nonna di André passa dallo stomaco. Secondo André...mah non che Oscar lo stesse a sentire quando farneticava (che fosse innamorato? Sì, un innamorato dell'amore, ecco cos'era secondo la giovane Oscar quello scansafatiche). Quello che era certo è che la giovane Oscar, a furia di rulli di tamburi, aveva imparato a riconoscere il tum tum del cuore come un avviso di battaglia, e, accecata dall'odio per i minuetti, non  avrebbe mai riconosciuta a questa forma di danza la sottile possibilità di farsi la corte danzando. L'amore a quanto pare costituiva un pericolo tale da doverlo debellare fin da subito, senza dargli possibilità di tramare alle spalle della nostra eroina, che tanto amava il suo lavoro da non concedere spazio ad altro. Amava eccellere, come tutti i Jarjayes. 
Ma - dicono - Cupido è bendato perché scaglia frecce a caso, ma anche perché quando arriva non te ne accorgi...
Forse nemmeno Fersen e la Delfina si accorsero che per l'ennesima volta Cupido aveva scagliato la freccia per giocare - beffardo! - con i destini degli uomini. Ma da lì a qualche anno, le cose sarebbero cambiate.
Per tutti e tre.   
  
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