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Autore: Christine_Heart    06/04/2017    0 recensioni
Nessuno sapeva dov'era, perchè nessuno conosceva quel posto. Era il loro posto, quell'angolo di mondo segreto solo per loro due, il loro giardino che nessuno poteva vedere.
Sirius lasciò scivolare la gamba lungo il terreno freddo e l'erba bagnata, prendendo un altro sorso di birra. Beveva da un po', ma l'alcool non stava affogando il dispiacere. L'aveva persa, persa per sempre e non c'era modo di tornare indietro, e lo sapeva.
Niente più capelli biondi come il grano, niente più occhi verdi e brillanti, niente più baci dati su di un collo candido, niente più sorrisi dolci, niente più fiori, niente più follie, niente più stelle.
Accosto di nuovo le labbra alla bottiglia, asciugandosi poi la bocca sulla giacca di pelle.
E che fine avrebbe fatto quel posto a lui tanto caro?
Era successo tutto lì, in una notte fredda d'inverno con una pioggia battente.
***
[Contest tra cugine]
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, Harry Potter, Marlene McKinnon, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Due giorni. Erano passati due giorni e di Sirius non c'era traccia. Nessuno l'aveva più visto o sentito, e James era sempre più preoccupato. Fremeva dalla voglia di uscire e andarlo a cercare ma lasciare da sola Lily in casa era pericoloso. Respirò affondo cercando di calmarsi.
«Papà!» si sentì chiamare con allegria.
James si allontanò dalla finestra e si voltò verso una creaturina dai capelli neri e scompigliati, imprigionata in un pigiamino azzurro che si avvicinava incerta. Sorrideva contento, quasi orgoglioso di quella breve passeggiata, poi allungò le manine.
«Ciao ometto.» lo salutò felice James prendendolo in braccio.
«Tato?» chiese il piccolo guardando il papà.
«Non lo so Harry, non lo so.» disse preoccupato fissando gli occhi della moglie.
 
***
 
Nessuno sapeva dov'era, perchè nessuno conosceva quel posto. Era il loro posto, quell'angolo di mondo segreto solo per loro due, il loro giardino che nessuno poteva vedere. Sirius lasciò scivolare la gamba lungo il terreno freddo e l'erba bagnata, prendendo un altro sorso di birra. Beveva da un po', ma l'alcool non stava affogando il dispiacere. L'aveva persa, persa per sempre e non c'era modo di tornare indietro, e lo sapeva.
Niente più capelli biondi come il grano, niente più occhi verdi e brillanti, niente più baci dati su di un collo candido, niente più sorrisi dolci, niente più fiori, niente più follie, niente più stelle.
Accosto di nuovo le labbra alla bottiglia, asciugandosi poi la bocca sulla giacca di pelle.
E che fine avrebbe fatto quel posto a lui tanto caro?
Era successo tutto lì, in una notte fredda d'inverno con una pioggia battente.
 
***
 
Marlene correva cercando di non inciampare tra le pozzanghere per trovare riparo, Sirius gli stava dietro con un sorriso stampato in volto. Si erano ritrovati lì per caso, quasi attratti da quel posto, ma la pioggia li aveva sorpresi all'improvviso, e senza ombrelli non gli restava che correre.
«Attenta!» gridò Sirius afferrandola per un braccio.
Marlene aveva perso l'equilibrio e rischiava di cadere per terra e rovinarsi le ginocchia.
«Grazie.» scoppiò a ridere lei, tenendosi.
Ma poi gli occhi grigi di Sirius s'incastonarono in quelli verdi di Marlene, e il mondo sembrò fermarsi. Non ci furono parole, in un attimo le loro labbra si unirono in un gioco semplice e dolce. Marlene gli accarezzò la guancia, trattenendolo contro di sé, e Sirius la baciò di nuovo senza alcuna vergogna, stringendola forte. La pioggia intanto continuava a scendere e a bagnare i corpi dei due giovani innamorati.
 
Da quel giorno erano tornati lì di continuo, ogni qual volta avevano tempo libero.
 
Aprile 1980
 
La primavera era arrivata e la città si era animata un po' di più. Da qualche strada vicina si sentiva una lenta ma allegra canzone provenire da un vecchio grammofono. E Sirius approfittando del momento, l'aveva invitata ad un ballo di coppia improvvisato.
Aveva eseguito un perfetto inchino, poi le aveva preso le mani e aveva iniziato a muoversi convulsivo sull'erba trascinando con se la ragazza.
Marlene rideva con le lacrime agli occhi per le facce buffe ma sempre concentrate, che riusciva a fare in quel ballo senza senso.
«Sei un pessimo ballerino.»scherzò Marlene alla fine lasciandogli le sue mani.
«O forse tu sei una pessima insegnante.»protestò Sirius tutto denti.
«Ah, è così eh?»replicò Marlene offesa con le mani su i fianchi.
«Sì, è esattamente così.» annuì Sirius deciso.
«Perchè io mia cara, sono un ottimo ballerino.» disse tamburellandosi con l'indice il petto.
«Certo, ho proprio visto.» ridacchiò lei.
Sirius inclinò il capo, quasi offeso da quella accusa, e per dimostrarle che aveva ragione, le afferrò la mano destra, la fece volteggiare con sicurezza e poi casqué. Marlene rimase a bocca aperta, ancora stretta tra le braccia del suo uomo.
«Visto?!»disse lui con fare altezzoso.
«Era tutta scena la tua?»gli chiese indignata.
«Forse, chi può dirlo.» rispose lui alzando le spalle.
 
Giugno 1980
 
Marlene gongolava con la testa mentre sistemava gli ultimi voulevant ripieni uno sopra l'altro.
«Ecco qua!»esclamò trionfante, fiera di sé.
«Non sarà la cena di un re, ma sono buoni...spero.»confessò indecisa.
«Speri?! Mi vuoi forse avvelenare?» chiese ridendo.
«A tuo rischio e pericolo.» scherzò lei.
Sirius ne prese uno e diede un morso. Iniziò a masticare con calma, cercando di distinguere i vari sapori. Poi socchiuse gli occhi, e diventò rosso in viso.
«Oh santo cielo!»esclamò sorpresa.
Sirius lascio cadere l'antipasto ed iniziò a tossire senza sosta, stringendosi le mani alla gola.
«Lo sto uccidendo!» esclamò spaventata lei.
«Tieni, prendi dell'acqua!»disse svelta lei porgendogli un bicchiere di carta.
E Sirius non riuscì più a trattenersi. Scoppiò a ridere a crepapelle, tanto che si ritrovò sdraiato sulla schiena a tenersi la pancia.
Marlene rimase bloccata con il bicchiere in mano confusa, poi capì.
«Oh!» esclamò buttando il bicchiere per terra.
«Disgraziato, mi hai fatto prendere un colpo!» gli urlò contro.
E senza aggiungere altro si piegò su di lui per colpirlo con forza, troppo arrabbiata per risparmiarsi.
«Scusa, ma non ho saputi resistere.» disse Sirius cercando di proteggersi.
«Stupido uomo orgoglioso!» lo riprese lei con un ultimo pugno sulla spalla.
Poi entrambi scoppiarono a ridere, lei con una mano vicino alla bocca, lui appoggiato sui gomiti divertito, mentre provava a non pensare al colpo appena preso. Aveva appena capito che quella ragazza sapeva davvero picchiare forte.
 
Una notte d'estate
 
Marlene aveva portato con sé un semplice plaid e un thermos. Sistemò l'ampia coperta per terra e ci gattonò sopra. Poi prese posto e invitò Sirius a fare lo stesso. Il ragazzo scosse il capo, ma si sdraiò utilizzando il braccio destro come un cuscino.
Si ritrovò a fissare il cielo blu illuminato da un'infinità di stelle.
«La vedi quella formazione di stelle?» chiese Marlene avvicinandosi di più a lui.
«Sì.» annuì Sirius curioso.
«Quella è la rappresentazione del tuo nome.» spiegò Marlene abbassando gli occhi sul suo volto e sorridendo divertita.
«Come?» chiese Sirius senza capire, fissandola.
«E' Sirio, la costellazione del cane, tu ne porti il nome.» rise lei sorpresa.
«E la tua qual'è?» chiese Sirius ritornando sul cielo.
«Non esiste una stella con il mio nome.» spiegò lei imitando il compagno.
«Ti sbagli.» disse garbato Sirius.
«Che cosa?»chiese lei senza capire.
«La vedi quella stella?» gli chiese Sirius indicando un punto preciso.
«S-sì...» balbettò lei incerta.
«Quella è tua.»confessò Sirius guardandola.
«Ma non è vero.» scosse il capo lei, ridendo senza sosta.
«Ho deciso così, quella è la tua stella.»pronunciò deciso il ragazzo.
«Così in cielo come in terra.» pronunciò lei arrossendo appena.
«Esattamente.» mormorò Sirius.
Lei sorrise timida, poi si strinse al suo braccio libero e si allungò per baciargli le labbra.
Sirius chiuse gli occhi e chinò appena il capo per assaporare le sue.
 
Metà Luglio
 
Sirius aveva parcheggiato la sua moto poco distante dal loro luogo segreto. Si tolse il casco, si sistemò i capelli, e prese la coperta che ormai era diventato un compagno fedele. Marlene era stranamente in ritardo ma Sirius non se ne preoccupò, poteva succedere.
Poi ad un tratto venne circondato da una serie indefinita di piccole candele rinchiuse in piccole lanterne che volteggiavano sbarazzine sul prato e tra le vecchie rovine. Sirius da prima sollevò un sopracciglio, poi la vide capì il perchè di quel ritardo.
Non l'aveva mai vista così, ed era incantevole, tanto da lasciarla a bocca aperta.
Abito blu, capelli sciolti sulle spalle, occhi appena truccati d'oro e labbra sfumate di rosso, scarpe con il tacco e un sorriso dolce in viso.
«Sorpresa!» esclamò agitando un po' le mani.
«Che ne pensi?»disse poi lisciando la stoffa lunga.
Si alzò in piedi con lentezza, quasi con la paura che quella visione fosse in sogno e che se si fosse mosso con troppa fretta sarebbe sparito per sempre.
«Allora?» chiese di nuovo preoccupata.
Ma Sirius non aveva parole, le prese le mani con estrema dolcezza e la guardò in volto.
Gli sorrise con tenerezza e gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte.
«Sei magica.» gli disse piano alla fine.
E lei chinò il capo riconoscente, lui invece quasi orgoglioso, le accarezzò la guancia e le baciò appena le labbra, poi mano nella mano si avvicinarono alla coperta. Sirius l'aiutò a sedersi e lei si distese. Non c'era niente di più bello in quel momento. Lei sdraiata e tesa con le braccia lungo il corpo e le gambe appena piegate a formare un arco, con i capelli che le incorniciavano perfettamente il volto, e gli occhi limpidi che riflettevano la sua immagine. Nervosa iniziò a mordersi il labbro inferiore.
«Ti amo.» gli disse piano, sorridendogli con amore.
Ed era stato il primo ti amo della loro storia.
 
Poi un giorno d'Ottobre del 1981
 
Sirius era andato a trovare Remus. Con la scusa del “vado a trovare un amico” si era fermato a comprare un regalo speciale per Marlene. Lo guardò di nuovo, ben sistemato sul tavolo e annuì orgoglioso di quella decisione. Poi si avvicinò alla credenza e prese un bicchiere, che gli scivolò di mano. Lo vide cadere a rallentatore, piano, ma non riuscì a prenderlo, era come congelato in quel momento dove il bicchiere rimaneva in sospeso“tra la vita e la morte”. Infine toccò terra e si spaccò in più pezzi irregolari. E davanti a quella visione un senso d'inquietudine l'avvolse.
Sentì qualcuno correre sulle scale e alzò gli occhi dal pavimento.
«Sirius hai saputo?» si sentì chiedere con urgenza da Remus.
«Che cosa?» domandò lui senza capire.
«Marlene...»pronunciò piano l'amico.
«Che cosa è successo a Marl?»chiese subito preoccupato Sirius.
«E'...»provò a dire titubante.
«E' cosa Remus, parla?!» scattò l'amico ormai in preda al panico.
«E'...é...se n'è andata Sirius.»rispose lieve Remus, guardandolo negli occhi.
«No...» sussurrò piano indietreggiando con tremore, quasi a voler scappare da quelle orrende due parole. Si voltò lentamente, e fissò con la bocca semi aperta e gli occhi colmi di lacrime il bicchiere che si era spaccato per terra. Incapace di ragionare si precipitò fuori.
La rosa rossa che custodiva il loro anello di fidanzamento rimase lì, da sola.
 
***

Una chitarra lontana, un suono lieve ed equilibrato.
Sirus aveva sempre saputo che lì nei dintorni c'era un ponte e spesso un ragazzo non più giovane di lui si fermava per ore a suonare. L'aveva sempre sentito per sbaglio mai prestando attenzione alla sua voce, era troppo concentrato a vivere la sua vita con Marlene, ma quella sera...si alzò e s'incamminò verso di lui. Si fermò di fronte al ragazzo castano che con gli occhi chiusi era tutto preso dalla sua esibizione. Aveva una bella voce, soave e delicata, gli accordi erano semplici, decisi e ben strutturati, un insieme che ti sapeva catturare. Rimase in ascolto, con gli occhi chini mentre le parole si marchiavano come fuoco nell'anima. Guardò il ragazzo che aveva appena finito di cantare. Si frugò in tasca e lasciò cadere quei pochi spiccioli nella custodia, poi chinò il capo e si allontanò di nuovo. Strada facendo non riusciva a togliersi dalla testa quelle parole.
 
Perché lei è il domani,
ed io sono l'oggi.
 
“Lei era il mio domani, il mio presente, il mio futuro. Ma domani, lei non ci sarà di nuovo, ed io che sono l'oggi, rimarrò qui ancora un giorno da solo.”
 
E se amarla è dolore per me,
e se stringerla significa che io debba sanguinare,
allora io sono il martire e l'amore è il colpevole.
 
“Sarei pronto a soffrire tutte le pene dell'inferno se questo servirebbe a riportarla indietro. Sarei pronto a sanguinare e a versare ogni goccia fino all'ultima, se servirebbe a stringerla un'ultima volta.
Io ora sono il martire che soffre per quell'amore, colpevole solo di avermi rubato il cuore.”
 
Lei è la guarigione,
ed io sono il dolore.
 
“Era la mia guarigione, la mia calma, era il mio sole in una stanza, la mia stella che riempiva la notte, ora c'è solo il vuoto in un infinito dolore, e quel dolore mi sta lacerando dentro.”
 
Lei vive in un sogno ad occhi aperti,
di cui io non faccio parte
 
“Lei vive...vive in un frammento di mondo in cui io non posso ancora andare. Io non posso far parte di quel sogno, perchè lei si è incamminata senza di me, ma potrei raggiungerla?! Potrei accompagnarla in quel sogno per sempre?!
No, sarebbe una pazzia, e lei non vorrebbe mai questo per me, sarei un egoista ai suoi occhi, ma piangere un amore perduto, fa veramente male.”
 
Lei è la luce del sole, ed il sole se n'è andato.
 
“Se solo ci fosse un incantesimo o una pozione per fermare il sole, io lo farei, per vivere con lei in eterno. Ma neanche la magia può aiutarmi. Non c'è più luce, non avrò più albe senza di lei, solo tramonti perchè il mio sole color del grano se n'è andata via per sempre.”
 
Ormai aveva capito, ma non sapeva se era pronto ad accettare.
Iniziò a sentire le labbra tremare, e gli occhi bruciare immensamente. Provò a controllarsi, ma invano, il dolore era troppo forte per non reagire. Scagliò lontano la bottiglia di birra ormai vuota e urlò contro il cielo con tutto il fiato che aveva in gola. Poi crollò in ginocchio e si lasciò andare, mentre lacrime calde gli macchiavano il viso per disperdere la rabbia, il dolore e la frustrazione. La risata dolce e cristallina di Marlene risuonò nella sua testa, e il cuore non lo sopportò più, si spezzò, e faceva così dannatamente male.
 
***
 
«Sirius, finalmente.» disse James abbracciandolo forte appena lo vide sulla soglia della porta della sua casa.
«Dove sei stato?» gli chiese poi lasciandolo entrare.
 
«Avevo bisogno di stare un po' da solo.» spiegò ad occhi chini.
«James chi era?» si sentì dalla stanza accanto.
Poi una bella donna dai capelli rossi e gli occhi verdi, con in braccio un bimbo dalle guance tonde entrò in salotto. Alzò il volto e sospirò rincuorata nel vedere il volto dell'amico.
«Tato!!!» esclamò felice Harry vedendolo.
«Sono ancora tato eh?» chiese rassegnato Sirius sorridendo al piccolo.
« Magari un giorno diventerò Felpato che ne dici Harry?» chiese avvicinandosi.
«Tato.» disse di nuovo, attaccandosi alla sua maglietta.
Sirius sorrise e lo prese in braccio, accarezzandogli la testa.
«Vuoi mangiare qualcosa?» chiese premurosa Lily guardandolo con dolcezza.
«Sì, forse è meglio.» affermò lei annuendo convinta senza aspettare una risposta.
«Io vado ad avvertire gli altri, gli dico che stai bene...più o meno.» confessò James sfiorandogli la spalla con la mano, stringendo forte. Poi sparì al piano di sopra.
«Harry fai tu compagnia a Sirius?» chiese con tenerezza la mamma.
«Mhm mhm.» annuì il piccolo convinto.
Lily sorrise con amore ad entrambi poi sparì in cucina.
Sirius prese posto sul divano e sistemò Harry sulle sue gambe. Sovrappensiero iniziò a fischiettare quella canzone sentita giorni fa, che ormai era diventato il suo tormento.
«Anti?» chiese il bimbo curioso.
«Una canzone che ho sentito per strada, non riesco a togliermi il motivetto dalla testa.» confessò Sirius smettendo di fischiare, e abbassando gli occhi sul bambino.
«Palla?» domandò Harry interessato.
«Harry...» disse piano l'uomo.
«Posso solo dirti che se un giorno troverai il tuo sole, fai in modo che non se ne vada mai, non c'è cura a quel dolore.» confessò quasi assente.
«Ile?» domandò il bimbo portandosi un dito sotto il mento.
Sirius rise di fronte all'ingenuità e alla dolcezza di Harry.
«Non ti preoccupare, lo capirai.» gli disse poi, baciandogli il capo.
Lily rientrò in quel momento con un piatto in mano e lo poggiò sul tavolino. Si mise seduta accanto a Sirius e Harry gattonò verso di lei. Lily rise e lo sistemò sul grembo, poi notò il volto sconfitto di Sirius, e anche se capiva quel dolore, sapeva che era un dolore diverso dal suo.
«Mi dispiace tantissimo Sirius.» gli disse Lily sincera.
«Ma tu sai che se hai bisogno, noi siamo qui.» aggiunse poi stringendogli la mano.
«Grazie Lily, siete sempre stati gentili con me.» confessò lui grato.
 
Non poteva sapere che quelli sarebbero stati gli ultimi gesti d'affetto da parte dei Potter.
 
***
 
14 anni dopo
 
Era libero, finalmente fuori da Azkaban, ma ancora ricercato.
Ma non aveva resistito doveva andarla a trovare, almeno un'ultima volta nella sua vita.
Si era recato assieme all'unico amico che gli era rimasto al cimitero dove era sepolta Marlene e la sua famiglia. Era entrato con una devozione che non credeva di avere.
Poggiò un fiore bianco sulle lapide degli altri McKinnon, poi si fermò su quella di Marlene. Sorrise e cadde in ginocchio.
«Ciao Marlene.» disse piano, con cura, quasi come se lei si fosse appena svegliata e non voleva spaventarla.
«Sono io, Sirius.» disse con un sorriso forzato, per nascondere gli occhi lucidi.
«Sono cambiato certo, ma sono sempre io.» scherzò poi, come era suo solito fare.
E disse ben poco, rimase lì a lungo, in silenzio a fissare quel nome che tanto amava.
«Sirius è ora.» si sentì dire ad un certo punto.
«Ho perso tutto, Remus?» chiese insicuro all'amico senza muoversi.
«No, non tutto.» gli rispose buono il licantropo.
«No.» ironizzò Sirius con un mezzo sorriso.
«Sei ancora vivo.» gli ricordò l'altro ottimista.
«E la chiami vita questa?» domandò Sirius con tono.
«Lo stai chiedendo al licantropo sbagliato amico.» lo riprese Remus.
E Sirius scosse il capo ridendo. «Hai ragione.» disse infine.
«Hai Harry.» gli ricordo Remus con affetto.
E un faccino sorridente dagli occhi verdi si proiettò nella sua testa, confondendosi poi con quello di un ragazzo bello e forte, che era dovuto crescere troppo in fretta e che nascondeva quelli stessi occhi dietro i vetri una leggera montatura.
«Torniamo a Grimmauld place.» rispose deciso alzandosi in piedi.
Lasciò una rosa rossa accanto alla lapide e alzò gli occhi verso il cielo ormai scuro, e notò la stella a lei dedicata brillare accanto ad un'altra a lui adesso familiare, Sirio.



Note dell’autrice:
Era da tanto che volevo scrivere di questa coppia, e alla fine ci sono riuscita. Ho sempre visto i Black come una coppia di fratelli perseguitati dalla sfortuna, e quando ho "scoperto" di Marlene, ho avuto una sorta di conferma. Ma ormai la blackinnon vera o non vera che sia, mi è entrata dentro, non riesco più a semttere di amarli e continuo a vederli bene assieme. 
La canzone è dei: Trading Yesterday e s'intitola "She is the sunlight". ^3^

 
  
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