SwanQueen
REVOLUTION.
#NOTONLYSWANQUEEN #NOTONLYAFANFIC
#NONSOLOSWANQUEEN #NONSOLOUNAFANFIC
Flashback:
La notte
era buia, densa, priva di stelle. Come se il tempo stesso presagisse
che qualcosa di brutto, di oscuro, stava per succedere. L'asfalto
bagnato della strada rifletteva la luce bianca dei lampioni, unica
fonte di luce, che si gettava anche sui muri delle case, stagliandole
con la forza di un dipinto a pennellate pesanti. Erano tutti li,
fermi in quell'incrocio desolato e deserto. Emma, Regina, Killian,
Robin, Mary Margareth e David. Si guardarono attorno, con aria
allarmata. Alla ricerca di qualcosa, di quell'entità che
faceva
sembrare quel buio, solo una confortante penombra:
l'oscurità.
Quella che aveva reso Tremotino, il terribile signore oscuro che era
stato.
< Cosa?! > esclamò Regina, alla parca ma
efficace
spiegazione che Killian aveva appena dato. < E allora
dov'è? >
aggiunse, voltandosi a sua volta, per perlustrare la zona col suo
sguardo scuro. Emma non rispose subito. Tutto sembrava essere
stranamente minaccioso, sinistro, sembrava che quell'entità
potesse
sbucare da un momento all'altro, da qualunque punto li attorno. I
cavi dell'alta tensione, gli alberi fruscianti, i muri silenziosi.
< No, non è sparita > esalò
finalmente la salvatrice, lo
sguardo ancora spalancato dall'allarme. < L'oscurità,
è intorno a
noi > sentenziò infine. Taquero. Tutti quanti.
Confusi, senza
riuscire a fermare i loro occhi. Furono quelli scuri e profondi di
Regina, i primi e soli ad individuare qualcosa. Mentre tutti ancora
cercavano intorno, persi, il suo sguardo si issò verso
l'alto, e si
fece man mano sempre più aperto. Le sue labbra si schiusero,
come se
una muta frase d'avviso volesse uscirle di gola. Ma non ne ebbe il
tempo. Robin, accanto a lei, si voltò il secondo prima che
l'oscurità calasse le sue spire sul corpo della donna. Preso
in
contropiede, non fece nulla e subito dopo l'oscurità
avviluppò
completamente Regina, strattonandola violentemente in avanti.
L'attenzione di tutti fu catturata.
< Regina! > esclamò
Robin. E tutti fecero un singolo passo avanti, negli occhi la stessa
apprensione vibrante. Regina si dibatté in quella morsa,
senza
risultati. Emma allargò le braccia, come in cerca di una
soluzione a
portata di mano, un'illuminazione, qualunque cosa.
< Io... >
cominciò, senza ancora sapere come continuare, l'animo in
tumulto.
Doveva agire, doveva farlo in fretta. Lanciò uno sguardo a
Robin,
come in cerca di un aiuto, dato il rapporto del fuorilegge con
Regina. Ma Robin pareva immobile, lo sguardo spaventato e
preoccupato, in tensione come se fosse sul punto di agire, come se
volesse fare qualcosa che però non riuscirà in
seguito a fare. Che
non farà. Non lui. Si voltò verso Emma, ancora
confuso
< Che
sta facendo?! > chiese, con la voce allarmata più che
mai.
< Quello che fa' l'oscurità...offusca la luce
> rispose la
salvatrice, gli occhi chiari di nuovo verso Regina, una scintilla
singola di consapevolezza, nel suo animo. Impulsivo, a quella
risposta Robin non riuscì a tollerare oltre.
< La fermerò! >
strillò, scattando in avanti. Emma fece un nuovo passo
avanti. Ma
quando Robin giunse a contatto con quelle scure spire vorticanti,
venne brutalmente sbalzato via, all'indietro, rotolando in caduta
libera sull'asfalto duro e umido.
< Così non funzionerà
mai! > replicò al suo indirizzo Emma, sottolineando
l'ovvio. Era
di un'entità oscura che stavano parlando, e purtroppo non
sarebbe
mai potuto bastare farsi avanti e menare le mani. No, serviva altro.
Sarebbe servito un sacrificio. < L'apprendista ha detto che
dobbiamo fare come ha fatto lo stregone, collegarla a una persona!
>
Eccolo, il sacrificio. Killian la osservò, sollevando una
mano, ma
il secondo dopo Emma si fece comunque avanti.
< EMMA! >
strillò Mary Margareth, spaventata come David al suo fianco,
che la
strinse ancora più forte, quasi volesse fermarla dal farsi
avanti a
sua volta per fermare la figlia. Anche Regina, dal centro di quelle
spire soffocanti si oppose.
< NO! > esclamò, guardando Emma
attraverso l'oscurità. La salvatrice, che era corsa in
avanti, si
fermò a un singolo passo dall'altra. Killian e Robin di
nuovo
parvero in bilico, con le mani sospese, la voglia di fare qualcosa
negli sguardi allarmati. < Ci dev'essere un altro modo! >
aggiunse Regina, la voce quasi implorante, gli occhi su colei che
già
aveva deciso il suo sacrificio.
< Non c'è > cominciò
Emma, mentre il suo sguardo andava inumidendosi < Hai faticato
troppo per vedere la tua felicità DISTRUTTA >
aggiunse ancora, una
stilla di consapevolezza dolorosa nell'animo a quel pensiero, un
dispiacere che fu quasi senso di colpa, un'empatìa leggibile
dalla
sua frase. Non poteva fare altrimenti, caricò il braccio
all'indietro, il pugnale del signore oscuro che luccicava, stretto
nella sua mano.
< No! > esclamò David. Emma si
voltò verso
di lui.
< Già una volta mi avete liberata
dall'oscurità, lo
farete di nuovo. Da eroi > rispose al padre, gli occhi ormai
strabordanti di lacrime che sembravano non voler scendere,
luccicanti. Killian si riscosse, e corse avanti, in un ultimo
tentativo disperato. La prese per un braccio
< Emma, ti prego,
no! Non farlo >la pregò. Implorandola con ogni
sillaba, con lo
sguardo altrettanto lucido. Ma come risolvere altrimenti? Killian non
propose un'alternativa, Emma non aveva comunque scelta. Avrebbe
sacrificato se stessa. Ma prima non avrebbe lasciato nulla in
sospeso.
< Io ti amo > disse, occhi negli occhi col pirata.
Lo avvicinò, le loro fronti si toccarono, poi
però lo spinse via,
allontanandolo bruscamente e sfruttando quel brevissimo istante per
girarsi e accoltellare senza esitazione quell'oscurità. Le
spire
liberarono Regina, si attorcigliarono sul pugnale, discendendo poi
lungo la figura di Emma. Regina, libera, per un attimo la
osservò,
sgranando gli occhi. Poi però l'oscurità crebbe
in un turbine
impetuoso. Regina si dovette allontanare, trovando subito le braccia
di Robin ad accoglierla e proteggerla, e a trattenerla in parte,
mentre i suoi occhi scuri non riuscivano a lasciare la figura di
Emma, sempre più invisibile dietro quelle spire.
L'oscurità
s'ingrandì ancora, issandosi in un turbinare violento e poi
sparì,
trascinando Emma con se. Un unico oggetto si lasciò alle
spalle, che
cadde a terra, con un sordo tonfo metallico. Il pugnale del signore
oscuro. Sulla lama, a lettere nere, un nome luccicò flebile,
illuminato dai lampioni. Il nome del sacrificio. Il nome
dell'empatia.
Emma Swan.
GRANNY'S
Henry si riscosse, mentre una volutta di vapore caldo, esalava dalla tazza di fronte a lui, dritto sul suo viso. Una cioccolata che profumava in maniera fortissima di cannella, permaneva stretta fra le sue dita, e il suo sguardo era vitreo, perso davanti a lui. Non era la prima volta, che quei ricordi gli ritornavano alla mente, e lui non avrebbe saputo dire, se fosse per via del forte shock che tutte le volte aveva dovuto provare o se ci fosse dell'altro. Tutto ciò che sapeva, era che, ogni volta di più, il suo pensiero a quel ricordo in particolare reagiva focalizzandosi su Robin, o su Killian. La sua bocca si storse, in un impercettibile smorfia, avvertendo come la sensazione di sentir scivolare un cubetto di ghiaccio nel suo stomaco. Entrambe le sue madri, avevano rischiato grosso, quel giorno. E Emma si era dovuta sacrificare, per salvare Regina. E lui aveva rischiato, in una notte sola, di perderle entrambe. Perché? Aveva sempre saputo che Emma, la sua mamma biologica, era la salvatrice. Ma più ci pensava più il pensiero di Robin che si limitava a cercare di menare le mani gli era fastidioso. Più ci pensava più le parole di Killian gli sembravano vuote, quasi egoistiche. Perché, se davvero Robin voleva salvare Regina, non si era sacrificato lui? Perché Killian non aveva preso il posto di Emma invece di pregarla a vuoto di non farlo? Non farlo a che scopo, poi? Non farlo e lasciar divorare sua madre adottiva da quell'oscurità?
La bevanda si sfreddò, creando una patina opaca e più resistente sul pelo della superficie. Le sue mani si strinsero con più energia attorno alla ceramica candida, ormai libere di toccarla senza scottarsi più.
La voce di Mary Margareth trillò dal bancone, e lui si decise, a sollevare gli occhi e tornare nel mondo reale. Era un brutto vizio che non si era mai tolto davvero, quello di estraniarsi. Ma non ci poteva fare nulla, quando i pensieri cominciavano a galoppare, quando la sua curiosità, cominciava a pungerlo e pungolarlo, lui non riusciva a fare a meno di perdersi fra pensieri e ricordi. Un piccolo sorriso attraversò il suo volto, mentre guardava David arrivare subito dopo, e posare una mano sul fianco di sua moglie, posandole un bacio dolce sulla tempia e sorridendo divertito da qualcosa detto da lei. Loro due erano senza dubbio l'esempio di vero amore più forte che avesse mai conosciuto. Ne avevano passate un'infinità, assieme, avevano combattuto fianco a fianco, si erano sempre protetti, sempre salvati a vicenda. E Henry era sicuro che, se al posto di Regina, ci fosse stata Mary Margareth, David non avrebbe esitato un solo secondo dallo stracciare di mano il pugnale a chiunque lo avesse, e accoltellare lui stesso l'oscurità. Sacrificandosi. Ma col cuore sereno perché, come loro erano soliti dirsi, lei lo avrebbe "trovato". Loro si sarebbero sempre trovati. Come il vero amore che li univa imponeva.
Fu ancora sua nonna a trascinarlo fuori dalla sua stessa mente. Si sedette davanti a lui, premurandosi di lasciargli prima una carezza dolce sul capo.
< Henry, caro, va tutto bene? Non mangi la tua cioccolata? Si sfredderà > gli disse, il tono raddolcito e carezzevole. Henry le sorrise di rimando, luminoso
< No
nonna, va tutto bene > rispose. Si, certo, per quanto la
situazione
potesse permetterlo, s'intendeva. La Regina Cattiva era ancora una
minaccia, che pesava sulle loro spalle, come delle nubi scure
all'orizzonte. E, loro non potevano saperlo, non era nemmeno la
minaccia peggiore che pendeva sulle loro teste ignare. David nel
frattempo, si sedette accanto a Mary Margareth, e Emma
affiancò il
figlio subito dopo. Il ragazzo sorrise ad entrambi, togliendo poi
finalmente il cucchiaino dalla cioccolata addensata, e portandosi la
tazza alle labbra. Un sorso breve e tiepido scese lungo la sua gola,
riscaldandolo. Ma non potevano stare li a fare l'allegra famiglia per
sempre, ignorando i problemi.
< Cosa vogliamo fare dunque?
Questa tregua immotivata non durerà > proruppe
finalmente Mary
Margareth, rompendo il silenzio e, in parte, spegnendo i sorrisi
residui. Tutti sapevano quanto quello fosse un discorso necessario.
Emma sospirò pesantemente, allungando un braccio, e
stendendolo
sulle spalle del figlio
< Non lo so, la Regina Cattiva va
fermata, ma sembra...sparita nel nulla > replicò la
bionda, l'aria
stanca, un paio di occhiaie scure a contornarle gli occhi azzurro
cielo. Sbuffò flebilmente, stropicciandosi la faccia
< Anche se
questa sparizione ovviamente, non ha alcun senso >
continuò. Mary
Margareth incrociò le braccia sul tavolo, posandocisi.
< Ci
dev'essere qualcosa sotto > replicò a sua volta,
vagamente
preoccupata e concentrata.
Henry prese di nuovo la tazza, e
buttò giù in un unico sorso quasi tutta la
bevanda. Quando
la posò di nuovo sul tavolo, Emma gliela rubò e
la svuotò,
sorridendogli subito dopo e facendogli una linguaccia giocosa, alla
quale il ragazzo replicò con una piccola risata divertita.
< Se
è sparita tanto meglio, sfruttiamo questo tempo per
organizzare un
contrattacco > Killian fece il suo ingresso con questa frase e
scambiò un bacio a fior di labbra con Emma. Eppure Henry si
trovò a
sentirsi in colpa, quando si accorse, che la sua risata si era
spenta, all'arrivo del pirata. Affibbiò la colpa ai ricordi
di poco
prima, si riscosse, e sorrise di rimando all'uomo, che gli fece un
breve occhiolino.
< Killian ha ragione, dovremmo
organizzarci, tutti assieme > concordò David. Ma Mary
Margareth,
che lo stava osservando, si accigliò appena, voltandosi
< Già,
a proposito, dov'è Regina? > domandò,
posando i suoi occhi su
Emma. Henry rizzò a sua volta il capo, interessato. Nemmeno
lui
sapeva nulla, quella notte aveva dormito a casa di Emma. Dopo la
morte di Robin, ogni tanto, Regina si isolava, e sembrava aver
bisogno di una tregua dal mondo intero. Un brutto presentimento,
strisciò infimo nello stomaco del ragazzino. Lo respinse
violentemente. Emma, nel frattempo, estrasse il cellulare
< Non
lo so, sarebbe già dovuta essere qui... >
replicò, sbloccando il
telefono e osservando lo schermo privo di notifiche. Quasi tutti si
accigliarono appena, lanciando poi uno sguardo simultaneo
all'orologio appeso
al muro. Non è che Regina fosse proprio il sinonimo vivente
di
"ritardo". Emma alzò lo sguardo, innalzando appena le
sopracciglia chiare < Provo a chiamarla >
replicò infine. Con un
gesto lesto del pollice fece partire la chiamata, accostando poi il
cellulare all'orecchio.
Involontariamente, tutti restarono in attesa. L'espressione di Emma
si fece sempre più accigliata, mentre i secondi scorrevano,
e gli
squilli trillavano, fastidiosi, uno dietro l'altro. Con una mano, la
donna prese a tamburellare sul legno duro del tavolo. Infine,
lentamente, allontanò l'apparecchio dal capo, guardandolo
stranita,
come se fosse un congegno alieno. < Non mi risponde >
spiegò,
incapacce di scollare gli occhi dallo schermo luminoso. Mary
Margareth inarcò entrambe le sopracciglia, a metà
fra il confuso e
l'incredulo.
< Questo non è da lei > commentò < Insomma, capisco che voglia starsene in pace ogni tanto, da quando Robin... > s'interruppe, intristendosi appena, e lasciando la frase a metà. Un piccolo spiffero gelido soffiò sugli animi di tutti loro, che caddero in un breve silenzio. Fu Henry il primo a riscuotersi. Il ragazzo s'infilò una mano in tasca
< Aspettate, provo io > replicò. Quella brutta sensazione si era amplificata, a ondate regolari e sempre più impetuose, e più provava a respingerla, più lo avvolgeva. L'unica soluzione era fare qualcosa, agire. Nel frattempo, aveva già composto il numero. La chiamata partì. 1 squillo. Lo sguardo di Henry si perse nel vuoto, vitreo. 2 squilli. Gli occhi di tutti gli altri erano su di lui, come su Emma poco prima. 3 squilli. Il ragazzo deglutì sonoramente, una sola volta, e sentì la mano della madre scivolare sulla sua schiena, in una carezza, che voleva essere tranquillizzante. In realtà, lo sguardo della Salvatrice si stava facendo più apprensivo, e ogni secondo che passava sembrava infinito. 4 squilli. "Mamma. Mamma, dove sei?" I pensieri si rincorrevano, sempre più angosciati, nella mente di Henry. 5 squilli. "Mamma RISPONDI!". Partì la segreteria telefonica.
Henry, terreo, non scostò il telefono dall'orecchio. Mulinò un paio di volte la lingua nella sua bocca asciutta, e si accorse di avere la salivazione azzerata. Da quando in qua, sua madre mancava una sua chiamata? Non esisteva al mondo che Regina Mills mancasse di rispondere a suo figlio. Mai. La mano di Emma si posò con dolcezza su quella tremante di Henry, ancora stretta sul telefono. Glielo portò giù, stringendo sensibilmente la presa.
< Basta così, andiamo a cercarla > disse solo la donna. Henry la guardò, senza riuscire a nascondere quel tumulto che si leggeva, dentro i suoi occhi chiari. Non riusciva a parlare, così si limitò ad annuire. Tutti quanti avevano lo stesso sguardo, attonito, quasi spaventato. Emma si alzò. Fu Killian, che già sembrava più confuso che spaventato, il primo a riprendersi. Afferrò un lembo della manica di Emma, attirando la sua attenzione, e prendendole la mano.
<
Emma, aspettate dai, non
allarmiamoci subito. Regina sta soffrendo molto ultimamente, potrebbe
anche solo aver posato il telefono lontano; e se provassimo a darle
semplicemente spazio e respiro? > la frase del pirata, in tutta
sincerità, non aveva nulla di male, ne di crudele. Ma alle
orecchie
di Henry, già visibilmente scosso, non suonò
così. Si voltò di
scatto, un lato della mascella appena contratto, e, prima di riuscire
a impedirselo, scattò appena.
< Mia madre non ha mai mancato
una mia chiamata in vita sua > disse, lapidario, e il suo tono
fuoriuscì gelido come un iceberg, e duro in una maniera che
era
difficile udire da lui. Conscio di essere nervoso si alzò,
avviandosi verso l'uscita, mentre Killian lo guardava dispiaciuto.
Emma si soffermò un momento di più, posando una
mano sulla spalla
dell'amato.
< Perdonalo, è agitato, quello che dice è
vero,
Regina non mancherebbe mai una chiamata di Henry, non importa quanto
male possa stare, lui viene prima di tutto. Lui è sempre
stato prima
di tutto, per lei come per me > guardò raddolcita
Killian, per poi
lasciargli un piccolo bacio sulla guancia < Andiamo a
controllare
che sia tutto a posto, torneremo presto > concluse. Killian
annuì,
abbozzando un sorriso, e Emma fece per andarsere. Ma Mary Margaret la
richiamò
< Emma > disse solo. E quando la donna si
voltò,
trovò lo sguardo della madre specchio del suo, anch'esso
preoccupato, dubbioso. < Fateci sapere > aggiunse solo.
Emma
annuì, poi si voltò nuovamente, e uscì
dal locale, raggiungendo
Henry. Lo trovò posato alla parete esterna, le mani in
tasca, e una
piccola smorfia sul viso.
< Scusami > disse subito il
ragazzo, non appena sentita la porta. Si voltò a guardare la
madre,
ancora con quella strana smorfietta dispiaciuta. < Non volevo
reagire così > aggiunse. Emma gli sorrise appena,
sfiorandogli il
volto
< Va tutto bene > rispose < Adesso andiamo da
Regina
e togliamoci questa brutta angoscia di dosso, ok? >
domandò
dolcemente. Il ragazzo riuscì ad abbozzare un sorriso,
mentre
annuiva
< Certo> replicò solo. E, senza ulteriori
indugi,
i due partirono alla volta di casa Mills.
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