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Autore: meiousetsuna    06/04/2017    5 recensioni
Benvenuti su questa minilong, movieverse del romantico film: “Vi presento Joe Black”.
Un anticipo del testo?
A John piaceva l’imprevisto, esserci nel momento cruciale per salvare una vita umana. Le barelle che trasportavano i feriti in qualche incidente, o i sopravvissuti ad una sparatoria lo portavano direttamente sul campo di battaglia. Bloccava emorragie, estraeva pallottole, tentava soluzioni audaci e rapide, pressoché sempre con successo.
A pochi metri dall’ospedale c’era una deliziosa tavola calda italiana, “Da Angelo”. John aprì la porta salutando con la mano, come ogni giorno. C’era un ragazzo, di spalle, accanto a lui, che parlava al telefono ad una velocità quasi disumana, come se bombardare l’interlocutore di istruzioni dovesse convincerlo a fare quello che chiedeva. Il dottore non era pettegolo, ma non poteva smettere di ascoltare o staccare gli occhi da quella figura alta, elegante, sovrastata da una chioma bruna di notevole bellezza. Per un attimo sperò che non si girasse, perché la cosa più incredibile del personaggio in questione era la voce. Profonda, vellutata, avvolgente. Che gli scivolava addosso come se fosse nudo, e potesse sentirla sulla pelle. E meno male che gli piacevano le donne, ripeté a se stesso.
love, Setsuna
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Lime, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Grazie ancora a Emerenziano, CreepyDoll, Sora_ale, Iryland, af_Eleven_ ,baileyzabini90, clelia91, Saeros25, Phoenix369, Harryet, Maheibellagenteh, Betely , Pixforever per aver recensito, preferito e/o seguito…
Scusatemi per la scelta che ho fatto, quella del semplice rating arancione e non rosso; spero di non essere un’assoluta delusione, ma ho cercato di seguire l’atmosfera del film…

Capitolo tre: Killing me softly with his song

Strumming my pain with his fingers
Singing my life with his words
Telling my whole life with his words
Killing me softly with his song

“Potresti deciderti una buona volta, papà. Sono in ritardo, e tu scegli di fare questo discorso proprio ora?”
John non stava affatto alzando la voce, ma aveva quel tono forzatamente calmo che non ammetteva repliche. Non lo usava mai con suo padre, andavano troppo d’accordo, ma quel discorso era il suo tasto dolente.
“Mi sembra che pochi giorni fa mi rimproveravi di essere troppo solitario, di non lasciare spazio a… aspetta: una passione che ti consumi? Hai detto così, e ora mi metti in guardia contro il pericolo di perdere la testa per qualcuno? Non ho intenzione di richiamare Mary né di andare con James a cenare a lume di candela, quindi… oh. Non intendevi loro, ho indovinato?”
Gregory prese un bel respiro, sistemandosi il nodo della cravatta in un gesto abitudinario che lo aiutava a concentrarsi.
“Forse ho sbagliato, perché mi preoccupo come se fossi ancora un ragazzino. Insomma, Molly ha un ottimo matrimonio, e con te mi sono lasciato prendere la mano. Non sono immortale, sai!”
“Che dici? Tu arriverai a cent’anni! Comunque la possibilità che ti preoccupa non esiste, come ti viene in mente?”
“Non ho nominato nessuno, eppure hai capito subito. Non ti devi nascondere da me, John, solo cerca di comprendermi; stai lontano da tu sai chi”.
“Perché, è Lord Voldemort in incognito? Dai, papà… non ridi?”
No, Gregory non trovò nulla di divertente in quella battuta che gli sembrava aleggiare intorno a suo figlio come una nube che porta tempesta.

“I compiti peggiori li riservi a me, James, non ci conterei ancora per molto”.
Irene abbassò lo specchietto da borsetta, dopo aver passato sulle labbra una generosa quantità di “Rosso Sangue” della sua marca preferita.
“È lavoro, ma la prossima volta a trattare con un uomo così repellente ci andrai in persona, credo che quello che posso fare io, potresti farlo anche tu. Magari in modo creativo”.
James scoppiò in una risata isterica, lasciandosi cadere sulla poltrona da dirigente di Gregory come su un trono, trovando molto divertente attaccare la gomma da masticare sotto il tavolo.
“Pensa a quello che potrai ottenere con la tua quota, cara. Non ti pentirai; invece se mi tradissi ora, potrei prenderla male”. James si osservò la punta dei costosi mocassini di Gucci. “Un paio di scarpe realizzato con quella tua pelle chiara non mi dispiacerebbe”.
“Certo. Ricorda che devi intestarmi subito le azioni e così per Moran. Siamo nella stessa barca, Jimmy”.
“Che noia, ripetete tutti delle frasi prevedibili… ma sì, io avrò anche un benefit. O due, chissà”.
Ad Irene non fu affatto difficile capire a cosa si riferisse il suo socio.
“Dobbiamo convincere quello stupido di Mike Stamford, però, lui è fondamentale”.
“Già fatto, non ha neppure capito cosa stava succedendo! Il vecchio Mikey si scioglie di fronte ad una buona birra, una barzelletta e qualche stretta di mano da vecchi amici. ‘Gregory è stanco, la fusione va manovrata in modo da farla pesare il meno possibile sulle sue spalle, guadagneremo tutti e lui potrà ritirarsi, se vorrà, con una pensione da nababbo, bla, bla, bla…’ il che è vero! Avresti dovuto vedere i suoi occhi bovini tutti raggianti… i nostri voti riuniti superano la percentuale delle sue azioni, Lestrade si è fidato troppo, non potrà farci niente. Ho solo un piccolo, insignificante dubbio”.
“Su Sherlock Holmes” Irene era un’ottima osservatrice “io non posso fare nulla, è chiaro che non mi considera. Fissa sempre te, o John. Non credo con lo stesso interesse… ma del segreto con cui tiene Gregory in pugno non ho afferrato nulla, è la persona più indecifrabile che abbia incontrato. Solo un fantasma può essere così sfuggente”.
‘Ma sono troppo intelligente per temerlo’ pensò James, rimirando la sua perfetta manicure.

♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥

“Queste cosa sono?”
“Mi sembra evidente, Greg! Sono cinque tipi di torta, Molly è impazzita per cercare di indovinare i tuoi gusti. Una è al lime, buonissima… io le ho già sperimentate tutte” non era difficile credere a Mike mentre teneva la mano di Molly per farle animo e praticamente si leccava i baffi pensando ad una seconda fetta “assaggia questa: meringa, cioccolato e ribes rosso”.
“Che vuoi che mi interessi di una torta, no, di tutta la dannata festa!”
Gregory si sarebbe morso la lingua, a proposito di masticare qualcosa, ma ormai era troppo tardi.
Delle lacrime di mortificazione, sempre più grandi, rotolavano dagli occhi buoni di Molly, fino ad evaporare sul contorno del viso leggermente arrossato dalla vergogna.
“Non faccio niente di abbastanza notevole, vero? Non conto, non ti importa nulla, sei felice solo quando guardi John”. Molly non era gelosa del fratello, ma in alcuni momenti le era impossibile frenare certi pensieri “sto impazzendo per offrirti una festa di compleanno che non sfigurerebbe a Buckingham Palace e tu non vuoi neppure provare un dolce…”
Gregory si sentì un verme, accorgendosi di aver trascurato l’idea che anche Molly avrebbe sofferto la sua mancanza nello stesso modo, anche con un marito innamoratissimo accanto.
“Perdonami, Molly. Sono terribilmente preoccupato per la svolta totale che devo orchestrare per la nostra ditta. È ovvio che voglio la torta, anzi le ordiniamo tutte!”
Greg afferrò una forchetta, prendendone un bel pezzo, sollevato di vedere il sorriso disarmante di sua figlia affiorare di nuovo tra le lacrime che si andavano asciugando.

Le dita fini di Sherlock scorrevano sulle costine dei testi antichi come sui tasti di un pianoforte, pensò John, osservando con rapimento il suo strano, carismatico amico che stava scoprendo le meraviglie della loro immensa biblioteca.
“Questo cos’è?” Il bruno si era fermato su una raccolta di Shakespeare, come se stesse decifrando i titoli attraverso i polpastrelli, ricordando al dottore il tirocinio che aveva sostenuto il secondo anno, quando aveva osservato dei pazienti non vedenti che nella sala d’attesa leggevano speditamente in Braille.
Ma non era neppure quello, era come se assorbisse magicamente informazioni toccando l’esterno dei volumi. Ovviamente era pura follia, quel ragazzo l’aveva completamente scombussolato.
“Giulietta e Romeo, un’edizione del diciannovesimo secolo, con delle incisioni di Dorè”.
“Di cosa parla?” L’espressione di John era impagabile.
Stai scherzando? Nessuno è così ignorante! No, scusa, volevo dire…”
“Ignorante, che è quello che stavi pensando. Non sono offeso, non so niente di letteratura o arte, non mi interessano per il mio lavoro. È così bello incontrare una persona sincera come te, John: non mi stanchi mai, comincio a pensare che mi piacerebbe passare molto, molto più tempo con te”.
“Sono solo stato maleducato, mi dispiace. Immagino che avrai studiato matematica. Ma non me lo dirai”.
“No. Raccontami di cosa parla il libro”.
“È la storia d’amore più famosa del mondo, credo. Romeo e Giulietta si amano, ma le loro famiglie sono rivali, e alla fine moriranno pur di restare uniti; un destino così sfortunato”.
“Ma in questo modo non si separeranno mai. Leggimi un passaggio”.
Il biondo lo fissò a bocca aperta. “Non l’avevo considerato così. Sei incredibile, straordinario. Bene… non sono un grande attore, però”.
Con un leggero tremito nella voce, John cominciò a recitare alcuni versi, da una pagina a casaccio.
“E allora non ti muovere fin ch'io raccolga dalle tue labbra l'accoglimento della mia preghiera” John ebbe un’esitazione “ecco, dalle tue labbra ora le mie sono purgate dal loro peccato”.
“Cosa succede nel momento in cui ti sei interrotto?” La voce di Sherlock era morbida e suadente.
“Si… si baciano”.
“Davvero, John? Così?” La bocca rosea dell’essere sovrannaturale sfiorò quella dell’altro, lasciandolo senza parole. “In effetti una bella sensazione. Mi piacerebbe leggere altro Shakespeare con te, magari stasera quando tornerai dal tuo turno. Ti aspetto in piscina, visto che sei lì tutte le notti”.
“Mi spii?” John non era affatto seccato, solo troppo sconvolto per reagire, era evidente.
“Non ne ho bisogno. Lo so”. Al dottore non rimase che cercare di calmare il battito del cuore mentre, con un gesto di saluto appena accennato, scappava dalla sua voglia di non andare più via.

Gregory incrociò al volo suo figlio, non facendo alcuna fatica a decifrare la sua aria imbarazzatissima; gli avrebbe fatto un discorso più tardi, ora il suo sesto senso di brillante uomo d’affari stava mandando tali segnali d’allarme da obbligarlo a restare concentrato.
“Buongiorno, Gregory, aspettavamo solo te”. Moriarty era appoggiato al grandissimo tavolo delle riunioni come un gatto in agguato per afferrare un topo.
“Dobbiamo darti una notizia. Può essere buona o cattiva, dipende solo da come la vorrai interpretare” il giovane scivolò in modo leggiadro verso Lestrade “siamo andati avanti nella trattativa con Culverton Smith. Non è precisamente un uomo malleabile, così abbiamo dovuto cedere su qualche punto…”
“E il mio consiglio ha ascoltato te, senza convocarmi?”
“Il punto è che non sembri più il leone che eri un tempo, Gregory. Specie da quando non muovi un passo senza l’ombra del misterioso Holmes; lo consideri più di noi, che ti sosteniamo da una vita, hai paura di fare un passo senza di lui, ci siamo sentiti a rischio”.
“Non devo rendervi conto di niente, siete il mio consiglio di amministrazione, voi mi dovete delle risposte!”
“Ecco, come pensavo! A questo punto vogliamo sapere chi è Sherlock Holmes, se è il suo nome! Cosa fa, da dove viene, perché ti manovra come un pupazzo! Niente, non parli! Non ci resta altro da fare, mi dispiace moltissimo, Gregory, ma non ci lasci scelta. Ti manderemo in pensione come Presidente onorario, siamo d’accordo tutti; sai che raggiungiamo il sessanta per cento delle quote, la mozione è già approvata, aspetteremo il tuo compleanno per rispetto di tutti gli anni passati insieme”.
“Cosa credi di fare, James?” Gregory era scattato senza esitazione, fermato da alcuni soci che lo trattenevano di forza mentre Moriarty stava visibilmente gongolando.
“Non ci fondiamo con Smith; ci assorbirà, pagando una cifra con tanti zeri che dubito entrerà in un assegno! Andiamo, Greg, è un vantaggio per tutti. Di fatto manterremo i nostri posti, ma con la liquidazione della chiusura della Lestrade Company, tu non dovrai lavorare più e ti godrai una vita faraonica, credimi”.
Gregory tentò di mantenere la calma, voltandosi verso Stamford.
“Mike? Non posso crederci…”
“Non volevo, Greg, lo giuro! Non sapevo cosa stavo firmando, credevo fosse solo l’approvazione della fusione, non di cedere la ditta… non volevo, Greg, noi siamo una famiglia! Non ti avrei tradito!”
“Non parlarmi più, Mike. Mi hai ingannato, o sei troppo stupido, se penso alla mia Molly…”
James scoprì i denti candidi mentre sogghignava felice, soffiando nell’orecchio di Lestrade.
“Convincere il vecchio Mikey è stato come bere un bicchier d’acqua, credevo di volermi buttare dalla finestra per la noia… Ma pensavo che tu saresti stato un osso duro, Gregory. È stato il signor Holmes a firmare la tua condanna, non sei più te stesso… o forse è merito mio” Moriarty sollevò il braccio destro come reggendo uno scettro immaginario “sono proprio il Napoleone della finanza”.


I minuti erano sembrati ore, e ogni ora un’era geologica a John, quel giorno. Appena rientrato a casa si trovò a posare la borsa nel primo posto che gli capitò, precipitandosi verso la piscina, rallentando nel momento di varcare l’arco che introduceva al locale, col suo tepore accogliente e le luci soffuse.
Sherlock era lì, se possibile reso più sfuggente alle regole che limitavano i comuni esseri umani, con i riflessi dell’acqua che luccicavano anche nei suoi occhi come se fossero specchi. Ovviamente era solo quel bellissimo colore tra il celeste e il grigio, e anche un po’ di stanchezza, non c’era altra spiegazione.
“Questa è la parte di casa che preferisco”. John tentò senza alcun successo di mantenere un’aria serena mentre slacciava la giacca blu, ma prima che potesse continuare Sherlock si era come materializzato alle sue spalle, aiutandolo a sfilarla.
“Grazie… certo se ci vedessero in questa piscina poco illuminata che ci togliamo gli abiti, le persone sparlerebbero…”
“Quindi suggerisci che ci spogliamo a vicenda”.
No! Cioè, va bene, non si fa certo il bagno vestiti, è che l’hai detto come…”
“Come se mi facesse piacere, perché è così. Tu non vuoi vedermi nudo, John?”
Il dottore restò impietrito, completamente incapace di organizzare una risposta sensata.
Sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare, reagire da uomo e spaccare la faccia di quell’insolente, dirgli il fatto suo. Non certo avvicinarsi, stringere i lembi della sua camicia e cominciare ad aprire i bottoncini uno ad uno come se potessero esplodergli tra le mani, sfiorare quella pelle candida che era affiorata tra la seta viola; e allora perché lo stava facendo?
Sentì le dita impossibilmente belle di Sherlock sul contorno del suo viso, che disegnavano una linea di scosse elettriche troppo potenti per poterle ignorare, e neppure si accorse di come e quando il bruno fosse rimasto solo con dei boxer grigi addosso.
John fece un salto indietro come se si fosse scottato con l’olio bollente.
“Non va bene. Perché tu stai presumendo… perché io non sono…”
Sherlock non rispose subito; preso un telo di cotone bianco se lo avvolse come una versione terribilmente sensuale di una tunica, gli occhi che mandavano bagliori cristallini mentre si privava dell’intimo, gettandolo via in un angolo.
John era senza fiato, in parte perché non aveva mai visto qualcuno diventare una tale provocazione coprendosi più di prima, in parte perché il terrore che gli stesse leggendo dentro era qualcosa di assoluto e ingestibile.
“Non mi importa cosa sei, o cosa non sei, John, perché anche per me non c’è una definizione che potresti adoperare. Percepisco la tua paura, e non dovresti averne. Che mi desideri, e pensi che sarebbe una sentenza. Eppure sono io che dovrei preoccuparmi un po’, non ti sembra?”
John si dimenticò di respirare guardando Sherlock che si adagiava su un fianco su una sdraio di bambù col materassino, il braccio destro che sorreggeva la testa e un sorriso malizioso che sembrava catturarlo come un laccio invisibile.
“Perché so come ti voglio” con la mano sinistra Sherlock prese un lembo del telo, e lo abbassò leggermente fino a scoprire la cintura pelvica “vieni vicino a me”.
Solo dopo essere crollato come una bambola di stracci in ginocchio vicino alla sdraio John si rese conto di aver fatto cinque passi, inghiottendo le lacrime che volevano liberarsi, e di aver posato la fronte contro il petto di Sherlock.
Le dita fresche della creatura accarezzarono i capelli biondo sabbia, aspettando che il tremore che si era impadronito del ragazzo si attenuasse, parlandogli all’orecchio come se qualcuno potesse ascoltare, rubando l’intimità di quel momento.
“Pensi che tuo padre o Molly ti ameranno di meno?”
“No. Sembra così facile rispondere, se lo chiedi tu. No”.
“Che avrai problemi in ospedale?”
“Non credo, ho vari colleghi che sono dichiarati”.
“Che sono dichiarati cosa? Dillo, John”. La voce di Sherlock era più bassa adesso, come se potesse ineluttabilmente ancorarsi nella profondità dell’animo del dottore, senza dargli modo di scappare.
“Di essere gay” John spinse il fiato fuori dai polmoni come se schiacciasse un sacchetto di carta per far uscire il contenuto “invece io volevo essere come mio padre, Sherlock. Volevo una famiglia, lasciare qualcosa che restasse”.
“Potresti adottare un bambino, John, sarebbe molto fortunato. E soprattutto lascerai vita, quella delle persone che salvi. Permettimi di dire che sono esperto, è la cosa più difficile. Tu sei perfetto come sei. Adesso occupati di me, però. Dolcemente”.
John alzò gli occhi, guardandolo come la manifestazione di un sogno.
“Sì… non c’è niente che vorrei di più dal momento che ti ho visto, oddio, è bellissimo poterlo dire!” il giovane continuò a parlare tradendo molto imbarazzo “Dolcemente, certo… anche se non sarò un granché, temo. Ti deluderò, e non vorrei, sei talmente meraviglioso che è difficile credere che tu sia vero”.
“Non sai quanto hai ragione, John. Eppure andrà tutto benissimo, in fondo anch’io non ho alcuna esperienza”.
“Che vuoi dire? Scusa non ho capito, non posso aver capito bene”.
“Sei l’unico essere umano che abbia mai avuto il permesso di toccarmi, John. Immagino che mi definiresti vergine, anche se si tratta di qualcosa di più”.
“E vuoi me? Potresti avere chiunque, voglio dire… forse un divo del cinema sarebbe alla tua altezza. O il principe ereditario”.


Ci sentiamo tra due settimane, se ci sarà ancora qualcuno… #^-^#










 





 


  
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