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Autore: _Qwerty_    08/04/2017    3 recensioni
Come dice Olivander (e il titolo!), è la bacchetta che sceglie il mago: quindi, perché non immaginare quale sia la bacchetta di molti personaggi di cui la Rowling non ci ha detto nulla?
Non scrivo da anni, ma tante storie e sogni sono rimasti nel cassetto e adesso provo a tirarli fuori con questa raccolta di one-shot dedicate a personaggi a me cari della saga di Harry Potter e alla loro bacchetta.
Rigorosamente canon, almeno nelle intenzioni, seguendo in primis libri e anche quanto scritto dalla Rowling su Pottermore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Olivander, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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XI. Albus Silente

XI


“Nonno, posso chiederti un aiuto? Stavo studiando i tuoi appunti e c’è una questione che non riesco a capire.”

“Dimmi, figliolo, sono qui apposta” rispose pacato Gerbold Olivander.
“Sono arrivato alla parte in cui parli dei tuoi esperimenti costruttivi con altri nuclei che non siano drago, unicorno e fenice e dove descrivi delle bacchette altrui che hai studiato. Riesco ad afferrare perché la cenere e il guscio di un uovo di Aswinder siano instabili in qualunque combinazione di legno, ma perché i capelli di Veela e il pelo di Camuflone non possono andare? È vero, la loro magia ha molto più dell’inafferrabile e dell’ambiguo rispetto alla solidità trasparente dell’unicorno o alla magmatica forza del drago, ma la fenice allora? Non è forse fuggevole come l’incanto di una Veela ed evanescente come la figura del Camuflone?”
“Osservazioni corrette, Garrick. Tuttavia, ho imparato nel tempo che la Veela ha troppo dell’umano per piegarsi a divenire cuore di una bacchetta, che è comunque uno strumento dell’essere umano: come tu dici, è fuggevole, volubile e umorale, direi io, proprio come gli esseri umani. Il pelo del Camuflone viene già impiegato per tessere mantelli dell’invisibilità e onestamente non mi fido ad usare come anima di una bacchetta un’entità che abbia come sua peculiare natura quella di rendersi invisibile, senza ragione alcuna. La fenice, invece, per quanto schiva e difficile da avvicinare, ha nella sua natura il perpetuo rinnovarsi e, nel suo morire e rinascere, dà prova di grande persistenza in questo mondo.”
“Però tu scrivi che esistono bacchette la cui anima è in tendine di Dissennatore o crine di Thestral!”
“Leggi meglio, ragazzo. Io scrivo che vi sono nel corso della storia notizie più o meno fondate di una bacchetta con tendine di Dissennatore fabbricata nel Cinquecento da un artigiano italiano, bacchetta che tuttavia nessuno ha mai visto davvero, la cui storia si sovrappone e si mescola con quella della celebre Stecca della Morte, sulla quale io sospendo il giudizio. Una bacchetta con crine di Thestral invece ho veduto e toccato davvero con mano quando studiavo a Praga: era stata fabbricata da un artigiano dell’Est Europa di nome Gregorovitch, ambizioso e abile, attento alla materia magica ma forse anche troppo facilmente influenzabile. Devi sapere che l’Europa centrale e l’Italia stessa hanno una grande tradizione di sperimentatori con la materia magica e per tutto il secolo scorso la ricerca nell’uso del crine di cavalli alati di varie razze ha avuto un grande sviluppo, al pari di quella sui draghi. Ma un conto è prendere il crine di un Etone o di un Granio, molto diffuso in Germania ad esempio, o anche di un Ippogrifo, e un conto è il Thestral, per vedere ed avvicinare il quale, dovresti sapere…”
“Sì, bisogna aver assistito alla morte di qualcuno. Per questo è considerato una creatura infausta. Ma tu nonno dici sempre che non bisogna credere alle superstizioni” ribatté il nipote prontamente.
“Certamente, ma le superstizioni diventano tali quando limitano la nostra conoscenza e la nostra possibilità di agire nel mondo per il bene, non quando rappresentano l’unica traccia di una consapevolezza remota, l’unica prova dell’esistenza di un limite che l’uomo non deve valicare. Come direbbe tua nonna parlando dei suoi coetanei Babbani, molti danni hanno fatto all’umanità coloro che hanno ucciso in nome di Dio, ma altrettanti ne faranno quelli che diranno che Dio è morto.”
“Continuo a non capire, ma ci penserò su. Allo stesso modo però in cui tu non approvi il crine di Thestral, approvi l’uso del legno di sambuco, eppure anch’esso è associato strettamente alla morte nella tradizione, poiché si dice che la Stecca della Morte sia in sambuco. E lo era anche la bacchetta che descrivi!”
“Proprio così, ma la differenza esiste: la magia arcana del Thestral è reale, e può essere sperimentata da ciascun mago, mentre la fama triste del sambuco è solo frutto di storie che si rincorrono nei secoli, e nessuno ha mai dimostrato che una bacchetta di sambuco porta sventure a chi la usa, semmai, la difficoltà nel lavorare il legno scoraggia la maggior parte dei fabbricanti, con Gregorovitch eccezione a ciò. Tuttavia, il suo orgoglio nel mostrare la bacchetta prodigio dell’arte, crine di Thestral e sambuco, mi appare adesso dopo tanti anni un eccesso pericoloso, in un tempo com’era allora pieno di rivolgimenti politici e sociali. Non so se quella bacchetta abbia mai trovato un proprietario o se, come spero, sia rimasta soltanto un oggetto di pregio utile a incrementare la fama di Gregorovitch e di conseguenza i suoi guadagni.”
Il giovane Garrick Olivander sembrava pensieroso.
“Posso però raccontarti una storia su un’altra bacchetta di sambuco che ho venduto non tantissimi anni fa, ad un mago che si sta rivelando un uomo di scienza e di cultura, che tanto può portare all’avanzamento delle conoscenze della comunità, a riprova che le superstizioni vanno vagliate di volta in volta.”
“Sì, racconta!”
“Un mattino sul finire del secolo scorso entrarono in negozio una strega col figlio. Non avevano nulla di particolare in sé, ma dopo pochi istanti dal loro ingresso li riconobbi come gli incolpevoli protagonisti di una storia di cronaca giudiziaria che tanto aveva fatto clamore nei mesi precedenti nella comunità. La donna si chiamava Kendra Silente e il marito era in quel momento ad Azkaban a scontare la condanna per l’omicidio di alcuni ragazzi Babbani che, a detta sua, avevano fatto del male alla figlia minore, una bambina affetta da non si sa che oscura malattia. Tutta la famiglia, la loro casa, il giardino in cui si era consumata la tragedia, tutto quanto era apparso sul Profeta con dovizia di dettagli. La donna poi doveva essersi trasferita in un altro villaggio, ma di certo il trauma suo e dei figli doveva essere ancora vivo e profondo, e non c’era da biasimarla se si mostrava dura e di poche parole, quando incontrava degli estranei. Il figlio primogenito che allora doveva iniziare Hogwarts era un ragazzo biondo, con limpidi occhi azzurri, e somigliava molto alla madre fisicamente, ma con una straordinaria leggerezza nei tratti. Ricordo che provammo numerose bacchette, ciascuna nel suo peculiare, e il ragazzo seppe produrre fenomeni magici di diversa entità e controllo, finché non incontrò la sua bacchetta, una bacchetta di sambuco lunga dieci pollici e tre quarti, irrimediabilmente asimmetrica nella foggia, con la piuma di una fenice che io sapevo ormai definitivamente spentasi nella sua ultima cenere. Un insieme di infausti segni, mi parve allora. E come se mi leggesse nel pensiero, la donna commentò che davvero non c’era fine alla miseria. Il ragazzo invece forse allora non aveva le conoscenze per capire i nostri riferimenti, e disse soltanto che sapeva bene che è la bacchetta a scegliere il mago, e che avrebbe fatto del suo meglio con quella che gli era toccata, qualunque cosa ciò portasse. Come vedi, nessun destino è inciso nel legno della bacchetta, ma sta al mago e alla strega approfondire la propria e l’altrui natura, e volgerla al bene.”


***

NdA: capitolo un po’ diverso dal solito, in cui ho voluto immaginare quale sia stata la bacchetta di Silente prima della celebre bacchetta di sambuco che vince in duello a Grindelwald e ho pensato che fin dall’inizio fosse destinato ad una bacchetta particolare, che già lasciasse intravedere un destino di grandezza, ma non un destino già preordinato, ma un destino che lui costruisce da solo, con la sua abilità e la sua coscienza di uomo. Considerando l’età del personaggio, ho pensato che sia stato il nonno del signor Olivander a vendergli la bacchetta e che la usi come esempio nell’istruzione del nipote come suo erede artigiano nei primi del ‘900 (facendo il conto che Olivander ha una trentina di anni quando vende la bacchetta a Tom Riddle).
Penso si intuisca che l’epoca a cavallo fra Otto e Novecento, il tempo di Marx, di Nietzsche, dell’Austria felix e della fine degli imperi mi affascina un sacco (da qui anche l’idea della nonna di Olivander, una strega Nata Babbana colta e consapevole del tempo che stanno vivendo i Babbani contemporanei) e mi piace immaginare che la bacchetta di sambuco made in Gregorovitch sia stata concepita in quel tempo pieno di rivolgimenti…e qui mi rivolgo alla cara Elsinor che mi riempie di gioia con le sue recensioni: dato che scriverai ancora di Grindelwald magari potresti anche mostrare come giunge in possesso dell’oggetto in questione e non solo (sto lanciando molti sassi senza neanche nascondere tanto la mano eh eh)…in ogni modo, sono solo idee vaganti!
Infine, disclaimer: tutte le creature citate non sono mie, ma vengono dal libro Animali fantastici! Di mia invenzione è invece la bacchetta col tendine di Dissennatore, che forse ricomparirà anche in una storia futura, almeno di nome!
  
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