Fumetti/Cartoni europei > Angel's friends
Segui la storia  |       
Autore: princess_sweet_94    09/04/2017    2 recensioni
STORIA REVISIONATA!
E se le cose andassero diversamente?
Se il nemico fosse un altro e volesse far sparire tutti gli Angeli e i Diavoli? Se solo un’antica e potente magia può impedire la distruzione non solo degli Eterni ma anche dei Terreni?
E se... Raf fosse un diavolo e Sulfus un angelo?
Dal testo:
{"Raf... Raf ti prego" mormorò il ragazzo stringendola tra le proprie braccia "Ti prego, non lasciarmi" supplicò.
La ragazza sorrise debolmente, senza più forze per parlare, senza più fiato per respirare, senza più anima per vivere. Non voleva lasciarlo, non lo avrebbe fatto... mai.
Gli strinse la mano e chiuse lentamente gli occhi azzurri mentre una lacrima usciva da essi, rigandole la guancia.
Sulfus abbandonò il viso sui suoi capelli, stringendola di più a sé "Raf..." mormorò in un sussurro, rifiutando ogni emozione ma affidandosi alle regole, quello che avrebbero dovuto fare fin dall'inizio "I diavoli non piangono, sai?"}
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

C’era sempre stato qualcosa che non andava in Raf, e sua madre glielo ripeteva in continuazione. Non che la cosa la offendesse, certo, ma un po’ la incuriosiva: insomma, che cosa mai poteva avere di strano?
A parte essere in biblioteca il sabato pomeriggio invece di oziare con le sue amiche, ovvio. Fu Arkan a notarlo quando, passeggiando tra gli scaffali con Il libro delle Proiezioni aperto davanti a sé, notò la ragazza seduta ad un tavolo circondata di libri. All’inizio le aveva dato solo un’occhiata ed era passato oltre, fermandosi di colpo solo quando si rese conto di ciò che aveva effettivamente visto; era quindi tornato indietro, osservando il curioso spettacolo con gli occhiali bene alzati.
Non è una cosa da tutti i giorni vedere un diavolo intento a studiare fuori dall'orario di lezione.1 Incuriosito, aveva chiuso il libro e si era avvicinato.
“Buongiorno, Raf” disse una volta di fronte a lei. La ragazza, persa com’era nelle pagine di Power Fly: ali per tutte le occasioni, aveva sussultato prima di alzare lo sguardo.
“Ah… ehm… buongiorno” rispose, un tantino disorientata.
“Lettura interessante?” domandò. La ragazza annuì.
“Ecco, sì. Volevo imparare qualche nuovo Potere Alare” rispose, alzando il libro per mostrare la copertina “Diciamo che la sconfitta contro Sulfus mi ha un po’ lasciato l’amaro in bocca” spiegò, a mo’ di scusa. Arkan, suo malgrado, sorrise.
“Beh, ammetto che è insolito per me vedere un diavolo alle prese con dei libri di propria spontanea volontà” ammise “Ma immagino che la voglia di apprendere accomuni tutti.”
La ragazza annuì, arrossendo un po’.
“Se la Temptel lo scoprisse le verrebbe un colpo” commentò.
“Allora facciamo che questo resterà un segreto tra noi” concordò il professore, strizzando l’occhio.
Una delle facoltà migliori degli angeli era quella di andare d’accordo con tutti: Terreni, angelo o diavoli che fossero… e, Raf doveva ammetterlo, Arkan sapeva il fatto suo: aveva un carisma naturale, del tipo che ti veniva spontaneo sorridergli e rispondergli con gentilezza, sebbene incutesse anche un certo timore reverenziale quando serviva. Insomma, meglio averlo come alleato e non come nemico.
Quando il professore fu sparito tra gli scaffali Raf tornò alla sua lettura.


Avete presente quella sensazione che vi prende quando sapete di star facendo qualcosa di estremamente sbagliato ma che non riuscite a smettere di fare? Lo so che cosa state pensando: se sai che è sbagliato perché lo fai? Beh, ognuno ha i suoi motivi per commettere un’azione “cattiva” e possono essere i più diversi: per amore, per aiutare un amico, per scopi personali o… per il semplice piacere di trasgredire.

Se c’era una cosa di cui Raf poteva andare fiera era la sua maturità. Strano a dirsi per un diavolo ma non era il tipo che faceva qualcosa di strano o sbagliato solo per capriccio: lei era una tipa concreta, voleva i fatti e le motivazioni. Qual era la motivazione per cui stava facendo quella cosa in quel momento? Beh, i motivi erano tanti: per divertirsi, per fare un dispetto a quella lampadina ambulante e… per vendetta. Questo effettivamente non è molto maturo.
Entrò nel Sognatorio con circospezione, constatando che la stanza fosse effettivamente vuota: né Sulfus né il suo compagno di camera, Ang-Lì, c’erano. Con un ghigno si avvicino al letto del suo rivale. Solo un mormorio crudele le sfiorò le labbra:
Shadow Fly!



Il Settimo Senso è un potere che possediamo tutti noi Sempiterni e che si risveglia ogni qualvolta abbiamo la sensazione che qualcosa non vada. Si tratta di una specie di campanello d’allarme che ci avverte di un pericolo incombente, una minaccia imprevista, di un nemico nascosto nell’ombra.
Certo, il Settimo Senso non sempre scatta e anche quando scatta non sempre lo fa allo stesso modo per angeli e diavoli. Ma nel momento in cui lo senti squillare è assolutamente impossibile ignorarlo, soprattutto quando ti dice che la persona a cui tieni di più è in grave pericolo. La questione è che il Settimo Senso ti lancia solo il segnale che qualcosa non va, ma poi sei tu che devi riuscire a capire qual è il problema e a trovare la soluzione.2

La schiena di Sulfus fu scossa da un brivido improvviso che minacciò di rovesciare il frappè che aveva in mano. Si afferrò le braccia con le mani, trattenendo il fiato.
“Che ti prende, Sulfus?” chiese Urié, accorgendosi del gesto dell’amico.
“Per un attimo ho sentito un brivido gelido attraversarmi dalla testa ai piedi” rispose, ancora scosso “Nello stesso momento il mio Settimo Senso è scattato.”
“Eh?” Miki lo guardò, preoccupata “È successo qualcosa?”
“Non lo so ma credo sia meglio tornare a scuola, ho un brutto presentimento” rispose lui.



Avete presente quella sensazione che vi prende quando sapete di star facendo qualcosa di estremamente sbagliato ma che non riuscite a smettere di fare? Lo so che cosa state pensando: se sai che è sbagliato perché lo fai? Beh, ognuno ha i suoi motivi per commettere un’azione “cattiva” e possono essere i più diversi: per amore, per aiutare un amico, per scopi personali o per il semplice piacere di trasgredire.
Il problema di questa sensazione è che ti avverte solo che in quel momento stai facendo qualcosa di sbagliato… ma non ti farà mai pensare che, a quelle azioni, possono corrispondere delle conseguenze a volte anche gravi.

Negli anni successivi Raf si chiese più volte come fece a tornare nell’Incubatorio in quelle condizioni: a stento si reggeva in piedi. Aveva camminato reggendosi alla parete del corridoio ma, arrivata ad un certo punto, non aveva retto ed era scivolata contro di esso ricadendo seduta sul pavimento. Solo in quel momento si accorse di aver fatto una cosa assolutamente ed indiscutibilmente stupida. Aveva agito d’istinto, senza pensare alle conseguenze, e ciò si stava rivelando in tutta la sua ovvietà a fatto compiuto. Come avrebbe fatto a tornare in camera sua?
Neanche a farlo apposta dalla porta più vicina spuntò Mefisto, il compagno di stanza di Gas. Il ragazzo era impegnato a canticchiare una canzone metal impostata a tutto volume nelle sue cuffie, la ragazza dovette tirargli un calcio allo stinco perché si accorgesse di lei. Lui sobbalzò e si guardò intorno, prima di abbassare gli occhi e scorgerla. Si tolse le cuffie con un gesto poggiandole sul collo, decisamente stupito.
“Raf!” esclamò “Che ci fai seduta a terra?”
La ragazza dovette respirare profondamente prima di parlare: “Mefisto, non mi sento per niente bene… e quando dico bene intendo nemmeno male” spiegò “Aiutami a tornare in camera.”
Mefisto non fece domande: si abbassò facendosi passare il braccio di Raf sulla spalla e, tenendola per la vita, l’alzò accompagnandola in camera.
Una delle facoltà migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) dei diavoli era proprio la solidarietà. Strano a dirsi ma se c’era un compagno in difficoltà il primo istinto era quello di aiutarlo, specialmente Mefisto che, per la sua posizione, era considerato anche fin troppo buono. Ma in quel momento, Raf, non poté che ringraziare per quello.
“Sei sicura che non vuoi andare in infermeria?” domandò lui, aiutandola a sedersi sul proprio letto “Vado a chiamare la Temptel?” aggiunse.
“No, non ce n’è bisogno” rispose lei, abbandonandosi sui cuscini con un sospiro “Sarà un calo di pressione… passerà” rassicurò.
“A me non sembra proprio” rispose, adocchiando le lenzuola sotto di lei “E… ehm… Raf, la tua ombra fa cose strane” notò, indicandola. Raf lo guardò confusa per poi abbassare lo sguardo: l’ombra che si rifletteva sul materasso, invece di stare immobile come chi la proiettava, si muoveva in modo anomalo. La ragazza sbarrò gli occhi.
“Che cosa…” provò a dire il ragazzo ma lei gli tappo la bocca con la mano, per poi chiudere le dita sulle sue guance e tirarselo vicino.
“Fanne parola con qualcuno e ti strappo le corna a morsi” ringhiò, minacciosa ma agitata. Lui non poté far altro che annuire “Se qualcuno ti chiede di me sono andata a dormire presto perché ero stanca” continuò. Il ragazzo annuì di nuovo. “Se ti farai scappare qualcosa sappi che lo verrò a sapere” concluse, lasciandolo andare “E ora vattene prima che ti trovino qui!”

Se c’era una cosa di cui Sulfus poteva andare fiero era il suo intuito. Riusciva sempre a capire se c’era qualcosa che non andava, specie se la cosa lo riguardava in primis.
Eppure, in quel frangente, non riusciva a venirne a capo: non era successo niente né a scuola né alle sue amiche né a lui. Persino la sua camera era in ordine, così come l’aveva lasciata, e l’unico ad esserci entrato era Ang-Lì (poiché era anche sua). Ma allora cosa era stata quella sensazione di disagio?
Fu allora che se ne accorse, quando fece per gettarsi sul letto: le lenzuola erano stropicciate sul bordo e si riuscivano a distinguere i segni delle dita che le avevano strinte. Ciò lo mise in allarme: lui lasciava sempre il letto in perfetto ordine, senza una piega o un lembo fuori posto.
“Ang-Lì, per caso hai toccato tu il mio letto?” domandò, conoscendo il vizio del ragazzo di perdere quasi sempre gli occhiali con il risultato di trovare la stanza ribaltata dalle sue ricerche.
Il compagno, che stava leggendo un manga seduto sul proprio letto, scosse il capo: “No, stavolta non sono stato io” rispose, voltando pagina “Perché?” domandò alzando lo sguardo.
“Perché qualcuno lo ha fatto” rispose lui, serio “E quel qualcuno non era un ospite desiderato.”



Nei giorni successivi Sulfus si scoprì molto preso dal misterioso intruso: chiunque fosse entrato in camera sua evidentemente cercava qualcosa, solo che nulla era stato rubato né toccato a parte il suo letto. Risultò distratto persino alle lezioni o con Andrea, tanto che più di una volta non si accorse della presenza di Raf accanto a lui. Era come se la ragazza spuntasse dal nulla: un attimo prima non c’era, quello dopo sì. E dire che la sua percezione era ottima.
Al contrario da lì a qualche giorno Raf sembrava strana (più del solito s’intende), a cominciare dall’aspetto: era più pallida del solito, i suoi capelli avevano perso un po’ di colore e i suoi occhi erano pozze azzurre di puro vuoto. Alle volte s’incantava per lunghi periodi di tempo tanto che doveva scuoterla per risvegliarla dalla trance perenne in cui cadeva, ed era sempre più stanca: più di un paio di volte gli chiese di giocarsi la prima mossa su Andrea a morra cinese non essendo sicura di riuscire a reggere uno scontro in Aula Sfida. Ogni volta che Sulfus provava a chiederle qualcosa lei lo aggrediva con ferocia, sostenendo di stare benissimo e che faceva meglio a preoccuparsi per sé stesso. Eppure lui sapeva che c’era qualcosa che non andava, lo percepiva con tutti e sette i sensi, ma non sapeva ben definire cosa. Questa sensazione aumentò quando la vide sparire sotto i propri occhi.
E con sparire intendeva proprio sparire! Così, all’improvviso: un attimo prima era seduta sul banco di Andrea, quello dopo non c’era più… e quello dopo ancora era riapparsa, come se non si fosse mai mossa. All’inizio il ragazzo non ci capì nulla ma si accorse che lo strano fenomeno si presentava ogni volta che una nuvola oscurava il sole, facendo piombare la classe nell’ombra. La stessa cosa succedeva a Raf: era come se si confondesse con le ombre intorno a lei, ed era sicuro che quello prima non succedesse.
La faccenda assunse una piega decisamente grave quello stesso pomeriggio, quando incontrò Cabiria e Kabalé che litigavano nel corridoio di fronte, l'entrata per l'Incubatorio. Appena lo scorsero si zittirono di colpo, voltandosi di scatto verso di lui: in un attimo se le ritrovò addosso tempestato di domande, per lui, senza senso.
“Ehi, ehi… buone!” esclamò, zittendole “Mi spiegate che succede?” chiese.
“Raf è in Infermeria” rispose Cabiria “Non ci vogliono dire cos’ha ma è ovvio che è grave!”
“Tu ne sai qualcosa?” domandò Kabalé.
“In Infermeria? Perché?”
“Questo lo vogliamo sapere noi da te!” ribatté Kabalé, frustrata.
“Durante la lezione Raf si è lamentata di avere freddo… poi, ad un certo punto, è svenuta e non si è più ripresa” spiegò Cabiria.
“Avevo notato che era strana in questi giorni ma aveva sempre detto di stare bene” rispose Sulfus “E poi ogni volta che facevo una domanda mi aggrediva.”
“Quindi non sai nulla nemmeno tu?” domandò Kabalé, sconfortata.
“No” scosse il capo lui, prima di drizzarsi di scatto: era sicuro di aver visto un movimento sospetto dietro l’angolo “Ma forse so chi può saperlo” aggiunse e scattò in quella direzione, con al seguito le due ragazze, confuse e perplesse. Percorsero tutto il corridoio fino all’Incubatorio, dove virarono per i bagni pubblici, forse i peggiori di tutti: quello dei maschi.
“Ehm… tu non dovresti essere qui” ricordò Cabiria “E noi non entreremo lì dentro” aggiunse, disgustata.
“Sono sicuro che lì dentro ci sono le risposte che cerchiamo” rispose lui, afferrando la maniglia e spalancando la porta: a dispetto di quanto credevano i bagni erano lindi e puliti, come appena lavati. Un leggero aroma di mirtillo aleggiava nell’aria che, unito alle porte viola dei cubicoli, donava la sensazione di essere in una mora gigante.
“E io che credevo fosse peggio della Giudecca” commentò Kabalé. Sulfus si portò un dito alle labbra e rimase in ascolto, camminando lentamente davanti le porte chiuse. Arrivato all’ultima si fermò: un lieve tremolio proveniva dall’interno. Fece un segno alle ragazze che si accostarono alla porta, mentre lui prese la maniglia. Contò fino a tre con la mano, poi la spalancò e si precipitò dentro.
“Non ho fatto nulla, lo giuro!” esclamò il ragazzo seduto sulla tavoletta della tazza.
“Ma cosa… Mefisto!” esclamò Cabiria, facendosi avanti.
“Perché abbiamo seguito Mefisto?” domandò Kabalé.
“Tu sai cosa è successo a Raf?” chiese Sulfus. Il ragazzo esitò. “Allora lo sai!” esclamò lui, accusatorio.
“Ho giurato di non dirlo a nessuno” rispose lui “Se lo facessi mi staccherà le corna a morsi!” spiegò, evidentemente terrorizzato.
“Chi ti staccherà le corna a morsi?” chiese Cabiria.
“Raf, chi se no?” domandò lui, stizzito.
I tre lo guardarono, confusi.
“Aspetta… cosa?” domandò Sulfus “Spiegati meglio!”
Ma lui scosse la testa. Sulfus afferrò lo spazzolone del water e lo puntò contro il viso del ragazzo, che si ritrasse.
“Parla, o te le stacco io le corna… e non solo quelle!” minacciò. Mefisto guardò terrorizzato dallo spazzolone a lui un paio di volte, poi strinse gli occhi.
“Raf ha usato un Potere Alare per soggiogare la tua ombra ma non ha funzionato ed ora è lei che sta diventando un’ombra!” esclamò tutto d’un fiato, prima di tornare a respirare “Sono morto” disse, alla fine, rassegnato.
“COSA?!” esclamarono in coro i tre, dopo un attimo di sbalordimento.
“Che significa che voleva soggiogare la mia ombra?” domandò lui.
“Non era una cosa seria” si affrettò a rispondere l’altro “Era solo un incantesimo minore, sarebbe durato al massimo qualche ora: ti avrebbe fatto fare qualcosa di stupido o imbarazzante controllando la tua ombra, giusto per divertirsi un po’… era solo un innocuo dispettuccio” rassicurò.
“Ma non ha funzionato” concluse lui. Mefisto scosse il capo.
“E ora che facciamo?” domandò Cabiria.
“Sai dove l’ha preso?” chiese Sulfus.
“In un libro della biblioteca, credo si chiamasse Power Fly: ali per tutte le occasioni” rispose lui “Ma non troverete nulla per aiutarla, ho già cercato io” aggiunse “Avevo già letto le controindicazioni, sapevo cosa sarebbe successo e volevo aiutarla prima che fosse troppo tardi” ammise al loro sguardo interrogativo.
“Forse noi no… ma i professori sì!” ribatté Sulfus, rimettendo lo scopino a posto ed uscendo dal bagno, seguito dalle ragazze.
“Tu vieni con noi!” esclamò Kabalé, afferrando Mefisto per la giacca e trascinandoselo dietro.

“RAF HA FATTO COSA?!”
L’urlo della Temptel per poco non sfondò i timpani dei ragazzi.
“Saresti dovuto venire subito da me, non sono cose su cui giocare!” esclamò incollerita.
“Ma lei aveva detto che…” tentò Mefisto.
“Non mi interessa cosa ha detto!” ribatté la donna “Oh, non ci posso credere” sospirò, portandosi una mano alla fronte.
“Ma può guarire, vero?” domandò Kabalé.
“Certo che può guarire” rispose lei “Anzi, vado subito in Infermeria... ma sappi che non ho finito con te!” aggiunse, rivolta a Mefisto, che incassò la testa nelle spalle “Riprenderemo questa discussione più tardi!” assicurò, facendosi largo tra i ragazzi per raggiungere la porta ed uscire.



A volte non tutto va come vorremmo che vada. Le scelte sbagliate che facciamo si ripercuoteranno sempre su di noi, a volte anche con gravi conseguenze. Ciò che avevo fatto era forse stata la cosa più stupida che potessi mai fare e, per contro, non avevo ferito solo me ma anche le persone che mi circondavano: le mie amiche, i miei insegnanti, mia madre e persino il mio rivale… perché, si sa, gli angeli sono empatici: non resteranno mai indifferenti se qualcuno che conoscono è in pericolo che sia un loro simile, un Terreno o un diavolo.

“Insomma, mi stai dicendo che non c’è nulla da fare?!”
“Purtroppo è in uno stato troppo avanzato… avremmo dovuto agire prima, il suo corpo è quasi completamente un’ombra.”
“Quindi dovremmo lasciarla al suo destino!”
“Anche se si potesse fare non è sicuro che funzioni e ci vorrebbe troppo tempo.”
“Ma almeno provaci!”
Raf riconobbe la voce della Temptel dopo un lunghissimo arco di tempo, quasi come se l’avesse dimenticata e avesse dovuto sforzarsi per ricordarla. In effetti era tutto molto confuso: sapeva chi era, sapeva cosa era successo, sapeva tutto… ma al contempo non sapeva nulla. Ogni informazione immagazzinata nel suo cervello era piatta e scorreva via non appena la toccava, lasciando una traccia confusa dietro di sé: quindi era questo che significava essere un’ombra? Non sentire nulla? Non ricordare nulla? Non essere nulla?
“Dovremmo tenerla corporea finché non riesco a sintetizzarla… le ombre non fanno altro che risucchiarla, ci servirà luce ma quella artificiale non è abbastanza potente ed il giorno oramai è tramontato.”
Quello era Arkan, ne era sicura… almeno lo credeva.
“Posso farlo io!”
Ma quella voce di chi era?
“Non ti avevo detto di aspettare fuori?”
“Sì, lo so ma…” la voce esitò “Io posso creare una luce abbastanza potente da renderla corporea ancora per un po’. La prego professore, mi faccia tentare!”
Sapeva di chi era, ce l’aveva sulla punta della lingua… solo che le sfuggiva.
“Va bene, Sulfus, tanto oramai non abbiamo più niente da perdere.”
Ma certo, la lampadina, ecco chi era! Ed ovviamente era lì per fare il suo dovere di pannello solare. Per poco non scoppiò a ridere: gli aveva trovato un nuovo soprannome.
Light Fly!”
Un intenso calore le avvolse il corpo, scaldandola completamente; i pensieri tornarono un po’ più lucidi insieme ad alcuni dettagli della sua memoria.
Per qualche strana ragione le venne in mente la sua prima sfida col ragazzo, sulla Pianura Scarlatta… forse perché aveva un che di familiare: le ricordava i pomeriggi passati a giocare per le vie di Zolfanello City.
Il calore la cullò, facendola cadere in un dormiveglia luminoso accompagnato dal sottofondo di voci diventato solo un mormorio indistinto.
“…f!”
...un flebile mormorio…
“...af!.. Ra…”
La ragazza strinse gli occhi, infastidita: voleva dormire ancora.
“Raf! Raf, svegliati!”
Altri cinque minuti. Lasciatemi dormire solo altri cinque minuti…




Note:
1Nel cartone viene mostrato come i diavoli non siano propensi a studiare e che meno fanno meglio è; nel fumetto è molto diverso: i professori ci tengono che loro stiano attenti durante le lezioni per apprendere tutte le informazioni basilari e compiere al meglio il loro dovere. Ciò non implica, però, che siano costretti a studiare fuori dall'orario scolastico.
2Sulfus_Angel’s Friends, stagione 1, episodio 32

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Angel's friends / Vai alla pagina dell'autore: princess_sweet_94