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Autore: _Tenshi89_    07/06/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















«Lui invece sapeva chi eri?», mi chiese Bella, ad un tratto.
Scossi la testa. «No, non lo sapeva. O, meglio, mi disse che conosceva la mia storia, ma non sapeva che faccia avessi. Sai, fu li ad avvicinarsi», dissi sorridendo. «Mi disse che ero la prima vampira che incontrava da quando era arrivato in America, e che lui era arrivato da qualche settimana. Capii da subito che era una persona speciale, diverso dagli altri vampiri, e per molti giorni successivi ci incontrammo. Gli raccontai tutto quello che mi era capitato nel corso degli anni, mi riusciva facile fidarmi di lui». E a chi non riusciva? «Lui mi disse che si sentiva solo, che gli sarebbe piaciuto formare una piccola comunità vegetariana, di persone come lui. Era stanco di vivere in solitudine. Sai, quando gli raccontai che per qualche tempo ero stata vegetariana, mi chiese di unirmi a lui».
Bella si voltò a guardarmi sorpresa. «Dici sul serio? Io sapevo che la prima persona a unirsi a lui fu Edward».
«Infatti, e fu proprio perché io inizialmente rifiutai», le dissi. «Non perché non volessi anche io, ma non mi sentivo in grado di vivere insieme a qualcuno. Non mi sentivo ancora pronta. Avevo bisogno di riordinarmi un po’ le idee prima, di mettere in ordine alcune cose nella mia vita. Io stavo andando a fondo, non volevo trascinare nessun altro con me».
Bella annuì, seria. «Cosa ti fece cambiare idea?»
Eravamo vicine a casa, oramai. I ragazzi erano già rientrati da un pezzo, visto che io e Bella avevamo rallentato di molto l’andatura. A quella domanda, praticamente mi misi a camminare.
Soppesai i pensieri, cercando una risposta. «A dirti la verità, non lo so», dissi alla fine, pensierosa. «Quando non era a lavoro in ospedale, veniva di tanto in tanto a trovarmi. Mi raccontava delle innumerevoli morti che c’erano, delle sofferenze a cui assisteva. Un giorno, alla fine, si presentò da me con Edward», le dissi sorridendo. «Il resto lo sai già. Mi disse che stava costruendo la sua famiglia, e che, se un giorno avessi voluto, per me la porta era sempre aperta. Fu in quel momento che capii che volevo tornare ad essere quella che ero all’inizio, e non il mostro che si era impossessato del mio corpo. Nel frattempo, a lui si unii anche Esme, mentre io dovevo prima affrontare un periodo di “rieducazione”. Fu molto più difficile rispetto alla prima volta. Sai, quando assaggi il sangue umano, per quanto ripugnante possa razionalmente sembrarti, è comunque difficile tornare indietro», e ridacchiai. «Volevo dimostrare a me stessa che Carlisle aveva ragione, che poteva esistere un luogo per noi che potessimo chiamare casa, quindi quando riuscii a trovarlo, a seguito della mia “riabilitazione”, fui davvero felice di vedere che era riuscito a formare una vera famiglia. Poco dopo di me, arrivarono Alice e Jasper».
«Però tu non sei rimasta, a differenza degli altri». Non so bene se fosse una domanda o un’affermazione, ma dall’espressione di Bella la interpretai come una semplice constatazione.
«Sono una solitaria, uno spirito libero, mi piace essere libera come l’aria», le dissi cercando di ridere.
Ma Bella non ci cascò. «Elian…», mi disse, sorridendo di traverso.
Sospirai. «No, hai ragione. È solo che… non mi sentivo tagliata per la vita familiare, mi sembrava di essere in gabbia. Non è che non volessi rimanere, adoro Carlisle e gli altri, non fraintendermi», mi affrettai a dire.
«Non lo farò», mi rispose lei prontamente.
«Spesso, mi capita di avere bisogno di tempo per me, di staccarmi da tutto. Loro non c’entrano niente, e capiscono che se me ne vado non è perché io non voglia loro bene, ma è meglio così, per tutti, per me e per loro». Soprattutto per loro. Le cruente battaglie con i miei demoni, con le ombre del mio passato, sono lunghe ed estenuanti, e non voglio assolutamente fare del male a nessuno, non più; coinvolgere delle persone che non hanno nessuna colpa nei miei assurdi casini mentali non è la cosa migliore. Soprattutto per me. «Torno dai Cullen a periodi alterni, ma non riesco mai a rimanere troppo a lungo. Non ti stavo prendendo in giro quando ti dicevo che mi sento un lupo solitario. Dopo tanti anni vissuti in solitudine, ho finito col fare mio quel modo di vivere, fino a farlo diventare l’unico con cui sto davvero bene. Eppure, mi riesce facile considerare Carlisle, Esme, Edward e tutti gli altri la mia famiglia. Effettivamente, li considero a tutti gli effetti l’unica casa che ho al mondo. Non so spiegartelo meglio, lo so che è una cosa strana».
«Bè, effettivamente si, lo è», mi disse lei sorridendo, «ma credo di poterti capire».
Le feci un gran sorriso, mentre mettevamo piede nel giardino di casa Cullen, camminando con tutta calma. «E così, adesso finalmente puoi dire di conoscermi bene come gli altri, spero di aver soddisfatto le tue curiosità».
Lei mi restituì il sorriso. «Altrochè, più che soddisfatte», e ci mettemmo a ridere insieme.
Vidi Edward uscire a grandi passi dalla casa, venendoci in contro. Quando lo vidi sorrisi anche a lui, ma il sorriso mi si gelò in volto. Aveva l’espressione preoccupata e contratta, le labbra serrate. Qualcosa non andava.
Bella accellerò il passo, e fu davanti a lui in meno di un secondo. «Edward, che succede?», gli chiese, visibilmente tesa. «E’ successo qualcosa alla bambina?», disse, mentre un’accesa nota di panico le si mescolava alla voce.
Edward le mise una mano sul braccio. «Bella, amore, stai tranquilla. Nessie sta bene».
Questo però non sembrò tranquillizzare Bella, e nemmeno me. Edward alzò lo sguardo verso di me, e notai i suoi occhi farsi ancora più cupi, e preoccupati. «Non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma è meglio rientrare. Vi stavamo aspettando».
Bella fece per andare verso casa, ma io non mi mossi. Conoscevo quello sguardo, sapevo cosa voleva dire. Sentii nuovamente montare dentro una rabbia accecante.
Edward continuava a fissarmi, sempre più preoccupato. Era impossibile nascondergli qualcosa, per cui decisi di scoprire le carte. Se dovevo esplodere, era meglio non farlo in casa.
Guardai Edward negli occhi. I Volturi. C’entrano loro. Lui strinse le labbra, ma sapeva che era inutile cercare di nasconderlo.
Quindi annuì, molto lentamente.



***





  
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