Fandom: RPT Storico
Titolo: La señora de Coimbrà
Personaggi: Giovanna la Beltraneja, nominati Enrico IV di Castiglia, Giovanna del Portogallo, Alfonso V del Portogallo, Giovanni II del Portogallo, Isabella di Castiglia, Ferdinando d'Aragonaa, Beltràn de la Cueva
Rating: NC13
Note: Ho finalmente recuperato Isabel, serie tv period spagnola sulla vita di Isabella di Castiglia, e tra le tante figure quella a cui forse mi sono affezionata di più è proprio quella della piccola Juana, detta la Beltraneja
Note2: Timeline? 1504
Nota3: E' difficile trovare nella storia spagnola una figura più tragica di quella di Juana di Castiglia, della la Beltraneja. Unica figlia di Enrico IV, detto l'Impotente, e di Giovanan del Portogallo secondo alcuni pettegolezzi messi in giro dalla nobiltà sarebbe stata in realtà figlia della regina e di un suo amante, tal Beltràn de la Cueva, miglior amico del re. Isabella di Castiglia, sorellastra di Enrico, fu ben lieta di credere allla voce in maniera tale da poter avanzare la sua candidatura come legittima regina alla morte del fratello. Juana e sua amdre fuggirono in Portogallo dove Juana sposò suo zio Alfonso, re del Portogallo e alla morte di questi fu costretta a chiudersi in convento e a prendere i voti sebbene per tutta la vita si firmò " yo, la reina " che era ed è tuttora la firma reale
Note4: E' molto probabile che il matrimonio tra Juana e Alfonso sia stato consumato, se non subito almeno dopo pochi mesi, il Portogallo avrebbe così potuto rivendicare i diritti di Juana, all'epoca una bambina di 11 anni. Prima che prendesse i voti, e dopo la morte di Alfonso, Juana ricevette una proposta matrimoniale da Francesco Febo di Foix, re di Navarra il quale morì ad appena diciotto anni, probabilemnte avvelenato anche se il mandante non si conosce ancora. Dopo di quella Juana nel 1504 ricevette una proposta di matrimonio da Ferdinando d'Aragona, rimasto vedovo di Isabella morta quello stesso anno, ma lo rifiutò e Ferdinando sposò Germaine de Foix, nipote di Francesco Febo
Note5: Ho deciso di lasciare i nomi invariati, alcuni sono nella loro versione portoghese, tra cui le città, e altri in quella spagnola
Note6: Juana fu regina di Castiglia, sebbene solo nel nome dato che venne formalemnte incoronata dopo la sua fuga in Portogallo poco prima del suo matrimonio, nonostante fossero state amiche durante l'infanzia lei e sua zia Isabella da allora furono acerrime nemiche, Isabella si riferiva a lei chiamandola La Beltraneja o la muchacha ( la ragazza )
Il sole filtrava dolcemente attraverso la finestra della sua cella.
Trascorrere quei giorni a Lisboa ospite della famiglia reale le aveva
fatto bene, sebbene la sua presenza fosse scomoda tutti cercavano
sempre di farla sentire a suo agio, dal re all’ultimo dei
servitori, lei un tempo era stata la loro regina e per fortuna lo
ricordavano. Lisboa era sempre una bella città, vi aveva
passato poco tempo ma le piaceva, così brulicante di vita a
differenza della sua Castiglia.
La Castiglia, chiuse gli occhi ricordando quei paesaggi bruciati dal
sole, i fiumi che lottavano per arrivare al mare e le sue vallate, nove
mesi di freddo e tre mesi di inferno si diceva della sua terra ma
l’aveva amata appassionatamente sapendo che un giorno ne
avrebbe cinto la corona.
Invece tutto era finito a causa di quella usurpatrice e il pensiero non
cessava di tormentarla ogni giorno, lei e suo marito le avevano portato
via tutto, avevano persino avvelenato colui che poteva diventare suo
marito per impedirle di essere di nuovo felice. La regina Maria non era
stata felice di vederla ma non potevano impedirle di presenziare al
battesimo della figlia del re, non lei, era conscia che Manuel non
l’avrebbe mai permesso che le fosse recato oltraggio, che la
regina la vedesse, sapesse chi fosse e pensasse a quello che sua zia le
aveva tolto.
Manuel era stato buono con lei, come João e Afonso e lei era
stata felice di vedere i bambini della regina, avrebbe tanto voluto
avere figli ma quella donna le aveva tolto anche quella
possibilità.
Se chiudeva gli occhi per un istante le sembrava di rivedere i palazzi
di Castiglia dov’era cresciuta, i Grandi di Spagna che si
inchinavano al suo passaggio e suo padre che la prendeva in braccio,
sarebbe stata la sua erede le dicevano tutti, sebbene Dio non avesse
benedetto la coppia reale con un maschio un erede c’era. I
ricordi di sua madre erano peggiori, ricordava fin troppo bene cosa
fosse accaduto quando erano dovute fuggire, l’umiliazione, le
beffe e il dolore, la vita era così ingiusta e tutto per
colpa degli intrighi dei Grandi e delle ambizioni di sua zia.
<<
Mia signora, mia signora >> disse una
voce, una delle giovani novizie aveva bussato alla porta, evidentemente
pur non avendo ricevuto risposta aveva deciso di aprire lo stesso la
porta, ragazza audace pensò lei con un sorriso triste, se
fosse stata audace a suo tempo forse sarebbe rimasta regina e
l’altra semplicemente una principessa senza destino
così come sarebbe dovuto essere.
<< Cosa c’è sorella? Non
c’è bisogno di tutte queste cortesia, sono
semplicemente una vostra consorella >> si
schermì nel vedere la giovane inchinarsi, erano trascorsi
decenni dall’ultima volta che qualcuno si era inchinato a
lei, da quando aveva deciso di prendere i voti, era lei a desiderarlo
ma sua zia e suo marito avevano preteso una dichiarazione in cui
rinunciava ai suoi diritti, folli che non erano altro, folli e
arroganti ma prima o poi l’Onnipotente li avrebbe punito.
<< Signora … ci sono due delegazioni
per voi, una dalla Castiglia e una dall’Aragona, e .. sorella
Juana, voi foste regina >> le rispose la ragazza
arrossendo. Regina, avrebbe avuto due corone ma la prima non
l’aveva mai vista e la seconda era stata una corona sulla
testa di una bambina.
Era nata per essere una regina e lo era stata ma una regina bambina con
un figliastro che sbraitava perché suo marito morisse e una
corte che si chiedeva se davvero dom Afonso fosse un mostro. Afonso era
stato un brav’uomo, avevano fatto quel che dovevano per
dovere di Stato, per cementare l’alleanza e sebbene sapesse
che era qualcosa di ripugnante e contro natura era stata lei a prendere
l’iniziativa, la corona di Castiglia ben valeva la violenza
di un uomo su una bambina almeno così le aveva detto sua
madre. Né lei né suo marito lo credevano ma la
loro causa era debole e dovevano farlo, ricordava appena il dolore e
l’umiliazione, dona Beatriz e Juan avevano protestato ma sua
madre era stata fuori di sé dalla felicità, solo
con un figlio la sua pretesa sarebbe stata valida le aveva ricordato ma
doña Juana d’Aviz errava, per vincere quella
guerra non c’era bisogno di un matrimonio e di un bambino ma
di una battaglia, bisognava vincere una battaglia e lei aveva perduto
le sue.
<< Mia zia e don Fernando mandano due delegazioni? Deve
essere grave perché preferiscono dimenticarmi, specialmente
lei … la regina non ha la coscienza immacolata come vuol far
credere, Granada, il Nuovo Mondo, tutto quello scompare di fronte al
torto che ha fatto a me peccando di superbia e di arroganza
>> sussurrò prima di uscire, i
Pachecò, Carrillo e i Mendoza lo avevano compreso ma lei li
aveva annientati tutti in nome del suo diritto divino …
più che in Nostro Signore sua zia credeva in sé
stessa altrimenti non le avrebbe mai usurpato il trono che pure era suo
di diritto.
<<
Il Signore si ricorderà dei suoi torti
quando sarà il momento, si dice che voi … vi
chiamano con un nome infamante sorella Juana, vi chiamano …
non oso dirlo >> dichiarò la ragazzina mentre
attraversavano il convento, Coimbrà era insolitamente
silenziosa quel giorno, gli studenti dovevano essere in licenza
pensò Juana, erano loro l’anima della
città.
<< La Beltraneja, Juana la Beltraneja. Ecco come mi
chiamano, puoi dirlo pure, ho imparato ad ignorare le loro offese con
gli anni, è paradossale pensare che lui non fu dalla mia
parte, quando fu il momento di scegliere fu dalla parte di lei, ho
sentito che è morto dopo la presa di Granada, se le voci
fossero state vere allora sarebbe stato dalla mia parte, quante
menzogne si inventano al giorno d’oggi per giustificare
ambizioni e atrocità di ogni genere >> le
rispose a voce bassa.
Fin da bambina aveva udito quelle voci, mormoravano alle sue spalle,
bisbigliavano al suo passaggio ma le aveva udite e l’avevano
ferita. Suo padre era Enrique, Enrique de Trastamara re di Castiglia e
non Beltràn, questo le avevano ricordato in ogni occasione,
suo padre era l’uomo che l’abbracciava, che era
sceso in battaglia per difendere i suoi diritti, suo padre era il re.
Con gli anni aveva compreso che sua madre aveva alimentato quelle voci
con il suo comportamento impudico, per questo le avevano allontanate,
perché la regina era stata ripudiata e viveva con un altro
uomo che non era suo marito e da cui aveva avuto dei figli, se le voci
c’erano era anche colpa di sua madre.
Sua madre aveva creduto in lei, era stata lei la prima a salutarla come
regina di Castiglia e avevano fatto di tutto per conservare il trono o
almeno la corona mentre il marito dell’usurpatrice vinceva le
sue battaglie e lei si faceva incoronare regina al posto suo ed era
morta sperando che Afonso l’avrebbe aiutata a riprendersi
quel che era suo di diritto.
Non
riconobbe nessuno degli uomini li convenuti ma erano anni che non
incontrava il volto di un castigliano, uno degli ultimi era stato
quello di quel sant’uomo di Carrillo che tanto aveva fatto
per la sua causa, lui invece non aveva fatto niente. Mormoravano che
fosse suo padre e l’amante della regina, l’avevano
persino rinominata in quella maniera infamante ma lui non lo credeva
altrimenti don Beltràn de la Cueva non avrebbe combattuto a
favore di Fernando ed Isabel durante la guerra e contro di lei, che
pure veniva considerata la sua bastarda.
<< Cosa desiderate? >> domandò
sperando che la voce non la tradisse, tutte le sue consorella la
stavano osservando e si sentiva nervosa e insicura come quando era
bambina.
<< Vengo a nome della regina, doña Juana mi ha
incaricato di riferirvi che sua madre doña Isabel, la nostra
regina, è morta pochi giorni fa a Medina de los Campos, le
esequie si sono già tenute e la corona di Castiglia
appartiene alla nostra attuale regina doña Juana de Aragon
>> le comunicò l’uomo, osservandolo
meglio le sembrò di riconoscerlo: Chacòn,
l’uomo di sua zia, il suo precettore, colui che aveva guidato
ogni suo passo dalla morte di don Alfonso, la vera mente dietro i
disegni di sua zia.
Morta, sua zia era morta, dopo tanto tempo il cielo aveva ascoltato le
sue preghiere, non le aveva mai voluto realmente male perché
era sempre stata sicura che fosse stata guidata da cattivi maestri come
Chacòn ma sua zia aveva usurpato il suo trono e ora era
stata punita come meritava. Sebbene non dovesse mai lasciare il
convento nessuno aveva mai realmente applicato quella regola e
così aveva saputo tutto, la morte di doña Isabel,
la ricordava bambina con il figlio di João, lei era di
qualche anno più grande, già vedova e ricordava
molto bene quanto l’avesse invidiata, quella fanciulla che
aveva tutto quello che a lei era stato negato. Poi il piccolo Miguel
morto ad appena due anni, l’Infante Juan morto per il troppo
amore e sua moglie che dava alla luce un bambino nato morto, e
c’erano quelle voci sulla nuova regina, dicevano che fosse
pazza, pazza come la matrigna di suo padre di cui si mormorava che
fosse malata di tristezza.
<< Mia zia avrebbe dovuto ridare a me il suo regno, e non
ad una fanciulla la cui pazzia è la favola di tutta
l’Europa cristiana. Invece la delegazione d’Aragona
cosa desidera? >> chiese, imperiosa come la regina che
non era mai potuta essere.
<< Il mio signore don Fernando per quanto straziato dal
dolore per la scomparsa della sua amata moglie la regina Isabel
è purtuttavia cosciente dei suoi doveri di sovrano. La
corona di Castiglia spetta a doña Juana e alla di lei morte,
o in caso non fosse in grado di portarla per cause superiori, a suo
nipote don Carlos con reggenza di suo padre don Felipe. Quello che il
nostro buon sovrano desidera impedire è che il suo regno
alla sua morte finisca tra le mani di quei rapaci borgognoni, voi non
li avete mai incontrati ma degli avvoltoi sono meno avidi di quei
tedeschi, per risolvere la situazione don Fernando nostro re mi ha
incaricato di chiedere al vostra mano in matrimonio. Il Santo Padre vi
libererà dai voti e provvederemo ad una dispensa che vi
autorizzi a sposare un vostro parente, tutto per la maggior gloria
della Spagna >> le venne spiegato mentre Juana si sentiva
ribollire d’odio e di rabbia.
Lui la
voleva, la voleva come sposa e come regina d’Aragona,
lui che si era battuto contro di lei, che l’aveva sconfitta
costringendola all’esilio e al convento, lui che
l’aveva umiliata definendola la bastarda di don
Beltràn de la Cueva, lui che aveva sposato la sua
più grande nemica e che le aveva avvelenato un pretendente.
Ora che sua moglie era morta pensava a lei, desiderava che fosse la sua
sposa e che gli desse dei figli, folle e arrogante come tutta la sua
famiglia, quegli aragonesi contaminati da sangue saraceno che si
credevano i padroni del mondo.
Stava per prendere i voti quando le avevano prospettato un matrimonio
col re di Navarra e aveva accettato, sarebbe stata una regina e un
giorno si sarebbe presa la sua legittima corona ma i due non le avevano
lasciato il tempo nemmeno di assaporare quel sogno. François
era morto, taluni dicevano che fosse stato un incidente ma altri
mormoravano di veleno e lei era a conoscenza del nome dei possibili
responsabili, le mani della cattolicissima regina doña
Isabel erano lorde di sangue, quello di François, di suo
padre il re, di suo fratello Alfonso, dei mori e dei giudei, persino
degli indigeni delle Indie, così tanto sangue che niente
avrebbe mai potuto mondarlo.
Lui l’aveva sempre detestata, lei era la prova vivente di
come le loro pretese fossero temporanee, di come il loro sogno di unire
le due corone fosse un’illusione, lei era il simbolo
dell’orgogliosa Castiglia che mai si sarebbe piegata agli
invasori, anche se venivano con dolci parole, anche se mormoravano di
matrimonio. Marcisse all’inferno lui, l’Aragona, la
sua figlia demente e persino la Castiglia, prima di accettare di
sposarlo avrebbe preferito vedere il suo regno bruciare per mano dei
mori e dei borgognoni, mai avrebbe chiamato Fernando marito, non
l’uomo che le aveva fatto così male. Marcisse
all’inferno dove almeno avrebbe avuto sua zia accanto, il
perdono non faceva per lei, non dopo tutto quello che aveva sofferto
per causa loro.
<<
Il vostro re si riferiva alla mia persona come
“ la figlia adulterina di Juana del Portogallo e di
Beltràn de la Cueva “. Ha però
accettato l’uomo che sosteneva fosse mio padre tra i suoi
generali e ha fatto avvelenare il re di Navarra sapendo che la mia
pretesa come sua moglie sarebbe stata più forte di quella di
mia zia. Mi ha inflitto così tante umiliazioni e pene che le
stelle nel cielo diventano poche in confronto e ora per evitare che la
sua figlia demente e il suo genero straniero mettano le mani
sull’Aragona decide di volermi come sua sposa. Fate sapere al
vostro signore che sono in pace, sono felice della mia vita e desidero
solo quello che fu mio, non una corona di regina consorte ma quella di
una regina regnante, l’unica che mi spetta, io
avrò un posto in paradiso per quanto ho sofferto ma che il
vostro re bruci all’inferno per quello che ha in mente di
fare >> dichiarò prima di voltarsi e tornare
sdegnosa nella sua cella.
Una volta giunta lì chiuse la porta e prese il calamaio, era
ora di scrivere a Manuel per ammonirlo che se mai fosse stato
d’accordo con l’insano proposito di Fernando lei
avrebbe scritto al Santo Padre, al re di Francia,
all’imperatore Massimiliano, a tutti.
Vergò
con sicurezza quelle parole prima di apporre la sua
firma, l’unica che aveva diritto ad opporre e che sua zia mai
avrebbe potuto toglierle perché lei era stata regina, lei
era una regina anche se umiliata e senza trono, yo, la reina
perché questo Juana de Trastamara y d’Aviz era:
yo, la reina.