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Autore: JEH1929    13/04/2017    1 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi giro e mi rigiro nel letto, senza riuscire a dormire. Nonostante non abbia dormito neanche ieri notte, il caldo e l’aria soffocante dello stanzino mi tengono sveglia.
Alla fine ci rinuncio e mi alzo. La casa è fresca, Hayama non è ancora rientrato. Tsu voleva aspettarlo in piedi, ma alla fine Aya è riuscita a convincerlo ad andare a dormire, visto che domattina ha il primo giorno di università. E dopo che sono andata a letto anche io, non essendo riuscita a dormire, non ho potuto fare a meno di tendere l’orecchio ogni tanto. Forse più che ogni tanto, ma questi sono dettagli. Apro la porta della camera di Hayama, diretta all’armadio per prendere qualcosa da indossare domani ed evitare così di dover subire altre occhiatacce.
Mi siedo sul letto, mentre la freschezza delle lenzuola rilassa i miei muscoli intorpiditi.
Ripensare al passato, nonostante davanti a tutti gli altri faccia finta di niente, mi causa ancora un notevole dolore.
Sana e Akito, Kurata e Hayama, la ragazza “S” e il ragazzo “A”. Nessuno al mondo, sicuramente neanche noi due, avrebbe mai potuto anche solo pensare che un giorno ci saremmo lasciati. Erano stati anni fantastici, i più belli della mia vita, fino a un anno e mezzo fa, quando la situazione aveva rapidamente preso a precipitare. La mia carriera, essendo io diventata una donna, aveva subito una brusca impennata e mi ero ritrovata sommersa di lavori, film, pubblicità, programmi televisivi, serie tv. Potevo fare tutto quello che volevo. Akito era felice di vedermi contenta, anche se non faceva parte di quel mondo e non ne avrebbe mai fatto parte. Ero spesso impegnata e trascorrevo molto tempo fuori da Tokyo, collezionando un’assenza dopo l’altra, ma ogni volta che tornavo lo trovavo ad aspettarmi ed era sempre così felice di rivedermi, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Aveva perfino finito per accettare le scene romantiche e i baci che ero costretta a scambiare con altri attori. Era soltanto lavoro, per me non significavano assolutamente nulla e lui sembrava davvero che lo avesse capito, anche se la maggior parte delle volte evitava di guardare le mie scene d’amore sul set e io non lo incoraggiavo affatto a farlo, non piaceva neanche a me riguardarmi in televisione. Io amavo il mio lavoro, come ho sempre fatto e come sempre farò, ma amavo di più Akito, quindi decisi di darmi una regolata e di trascorrere più tempo con lui. Ma, quando gliene avevo parlato, lui subito mi aveva detto che non dovevo rinunciare alla carriera per lui e che ciò che voleva era soltanto vedermi felice. Una strana ombra gli aveva attraversato il volto, ma non ci avevo prestato molta attenzione, riprendendo a lavorare più duramente di prima. Il disastro era venuto quando mi avevano proposto di girare una miniserie nel ruolo di protagonista. Il co-protagonista era Naozumi. Il giorno prima della nostra rottura era il primo giorno delle riprese. Akito era venuto a prendermi agli studi. Dopo aver salutato tutti, compreso Naozumi, mi ero gettata fra le braccia del mio ragazzo e insieme eravamo usciti per un giro in centro a Tokyo. Akito non amava particolarmente accompagnarmi a fare compere, ma quella volta, miracolosamente, aveva ceduto. Probabilmente se non avessi insistito adesso saremmo ancora una coppia felice. Ma ne dubito fortemente.
Appena entrata nel centro commerciale, ero subito stata sommersa da fan in cerca di un autografo o di una foto con la famosa attrice. Adoravo l’affetto dei fan e non mi dispiaceva affatto firmare qualche autografo, ma alla fine Akito, a cui capitava spesso di dover ricoprire il ruolo di guardia del corpo, mi aveva trascinato fuori di lì e io avevo di nuovo colto un’ombra attraversare il suo volto. Gli avevo chiesto se ci fosse qualcosa che non andava, ma lui si era limitato a scuotere la testa, nel suo solito modo poco loquace, senza comunicarmi cosa gli stesse passando per la testa. Io avevo sospirato, ma non avevo chiesto nulla. Avevamo proseguito un altro po’, fino a che non avevo più resistito alla pesantezza della situazione e gli avevo chiesto di fermarsi in un bar. Ci eravamo seduti.
“Aki, parlami.”
Lo avevo guardato dritto negli occhi e il suo sguardo scuro si era allentato per un secondo. Aveva fatto per aprire bocca quando un ragazzo si era avvicinato al nostro tavolo, chiedendomi un autografo. Avevo guardato Akito, scusandomi con lo sguardo, e lui aveva annuito, tornando a scurirsi. Dopo aver firmato l’autografo, mi ero alzata per andare a prendere qualcosa da bere, per riempire quel silenzio incontrollabile. Al bancone ero stata raggiunta dallo stesso ragazzo di prima, che, insistentemente, si era messo a parlare con me, chiedendomi dettagli della mia vita privata e interrogandomi se quello con me fosse un mio amico o il mio ragazzo. Solo in quel momento mi ero accorta che era leggermente brillo. Mi si avvicinava sempre più, continuando a chiedermi se fossi libera e a dirmi quanto mi adorava e quanto era innamorato di me da sempre. Ed era stato quando mi aveva appoggiato una mano sulla schiena che Akito era schizzato su dalla sedia e aveva strappato bruscamente la mano dalla mia schiena e aveva iniziato a pestare il ragazzo. Avevo cercato di fermarlo, ma la sua furia era tanto incontrollabile che c’erano volute cinque persone per riuscire anche solo ad allontanarlo da quel ragazzo, che giaceva immobile per terra, con il setto nasale spaccato. Fortunatamente il ragazzo non aveva sporto denuncia, visto che Rei, una volta saputo dell’accaduto, lo aveva pregato di non farlo per non sollevare uno scandalo e lui aveva gentilmente accettato, in quanto mio innamoratissimo fan.
Ciò che Akito aveva fatto era stato senza alcun dubbio eccessivo, ma non era stato neanche quello il motivo per cui ci eravamo lasciati, era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, che poi aveva finito per rovesciare definitivamente tutto il suo contenuto.
Il giorno dopo avevo provato a parlarci, ma la sua reazione nei miei confronti era stata la peggiore possibile. Non aveva urlato, non mi aveva rimproverato, non aveva fatto niente, era semplicemente rimasto immobile, senza aprire bocca, mentre io continuavo a dirgli che così non potevamo andare avanti. E neanche quando gli avevo chiesto se ero troppo poco per lui, se non riuscivo più neanche a renderlo felice, si era limitato a sbuffare, senza aprire bocca. Allora avevo capito che non ci poteva essere più niente fra noi, perché lui non poteva capire il mio mondo e io non riuscivo più a renderlo felice. Avevo sempre pensato di non essere abbastanza, ma, quando avevo avuto qualche dubbio, lui si era sempre affrettato a confermarmi che non c’era nessun’altra al mondo a parte me e che non avrebbe mai potuto amare un’altra donna, ma questa volta non aveva detto niente, aveva solo sbuffato. Allora ero esplosa e gli avevo detto che era finita, che eravamo cambiati e che non eravamo più gli stessi ragazzi di una volta e che non avrebbe più dovuto cercarmi. Nuovamente non aveva aperto bocca, allora avevo preso la mia roba e mi ero chiusa la porta alle spalle.
Non mi avevo chiamato, né il giorno successivo, né il mese successivo. Avevo trascorso i primi tempi malissimo. Avevo rischiato di ricadere nella mia malattia, ma Naozumi mi era stato vicino per tutto il tempo. Alla fine ero riuscita ad andare avanti, il lavoro mi aveva aiutato e per sei mesi non avevo fatto altro che lavorare e lavorare. Perfino mia madre si era preoccupata più del solito, ma alla fine ero riuscita a fingere così bene che li avevo ingannati tutti. Avevo fatto finta di essere felice e normale, quando per sei mesi ero stata soltanto morta dentro. Ovviamente avevo lasciato il liceo, preferendo studiare privatamente, non era certo la prima volta che mi succedeva.
Sei mesi: il tempo più lungo che io e Akito avevamo mai passato senza vederci, senza parlare, senza comunicare in alcun modo. Ovviamente c’erano stati gli anni di Akito in America, ma lì ci mandavamo spesso mail e fax, parlavamo per ore al telefono, era diverso. Adesso eravamo due perfetti estranei, due ragazzi che non si erano mai incontrati. Da Tsuyoshi avevo saputo che Akito continuava a frequentare regolarmente le lezioni, che stava bene e che era solamente diventato più silenzioso, ma per il resto sembrava uguale. Questa mi era sembrata l’ennesima riprova della sua ormai indifferenza nei miei confronti. Lentamente avevo smesso di incontrare anche i miei amici, non volevo sentir parlare di lui e certamente non avevo la minima intenzione di incontrarlo. Avrei solamente sofferto ancora di più e avrei finito per rendermi ridicola. Aya, Fuka e Hisae erano state molto addolorate dal mio comportamento, ma alla fine mi avevano lasciata in pace, nel mio mondo di star e impegni mondani. Ovviamente la mia amicizia con Nao era aumentata in quel periodo ed eravamo diventati amici inseparabili, soprattutto grazie alle riprese della miniserie in cui eravamo protagonisti.
Poi era successo l’incidente. Durate le riprese in esterno ero caduta, causandomi una ferita alla gamba destra, ero stata ricoverata in ospedale per qualche giorno. Mi avevano detto che non era nulla di grave, ma che probabilmente mi sarebbe rimasta la cicatrice per tutta la vita. Avevo rifiutato qualunque tipo di chirurgia plastica, preferendo mantenere ben visibile la mia cicatrice. Per non danneggiare la troupe della miniserie e per richiesta di Rei e mia, la notizia era stata fatta passare sotto silenzio e soltanto una rivista minore aveva scoperto del mio incidente, che fortunatamente non era stato notato da nessun altro. In breve il dolore era diminuito ed ero uscita dall’ospedale. A casa avevo trovato ad attendermi i miei amici, informati da mia madre. Mi avevano chiesto preoccupati le mie condizioni e soltanto dopo aver risposto a tutte le loro domande ero riuscita a porre il quesito fondamentale: Akito lo sapeva? Avevano risposto che avevano preferito parlare prima con me e poi con lui, a quel punto avevo estorto loro la promessa che non gli avrebbero detto niente. La sua preoccupazione disinteressata non poteva portarmi niente di buono.
Tutto era tornato alla normalità, fino a quella notte, sei mesi fa. Mi trovavo a presenziare un evento insieme a Naozumi per promuovere la serie, di cui alla fine avevamo terminato le riprese, ritardate anche dal periodo che avevo trascorso ferma all’ospedale. Era stato allora, per la mia solita sbadataggine, in mezzo al silenzio assordante e di fronte ai giornalisti, che il mio cellulare aveva iniziato a squillare insistentemente. Mi ero scusata, chiudendo la chiamata in arrivo. Solo che pochi secondi dopo il telefono aveva squillato di nuovo. Imbarazzata avevo preso il telefono per metterlo silenzioso e avevo letto il nome di Tsuyoshi. L’avevo guardato stupita: Tsu mi chiamava raramente, la maggior parte delle volte comunicava con me tramite Aya ed era raro che entrambi fossero così insistenti. Avevo riposto il telefono, che aveva continuato a vibrare incessantemente fino alla fine dell’evento. Soltanto quando mi ero liberata dei giornalisti, salita in limousine con Naozumi, avevo deciso di richiamare Tsuyoshi. E il passato era bruscamente ripiombato nella mia vita.

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Ringrazio nuovamente tutti quanti!
   
 
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