Lo
schiaffo arrivò prima di quanto credesse e lo costrinse ad
allontanarsi di
colpo per poi trovare il coraggio di alzare gli occhi su Adelyne che lo
fissava
con gli occhi sbarrati:<< Che cosa fai? Che cosa ti salta
in mente? Whit
che cosa… >> non sapeva dire se Dely fosse
più terrorizzata, arrabbiata,
spaventata o semplicemente morisse dalla voglia di lanciargli contro
qualche
fattura, sapeva solo che orami era arrivato al limite e quando se
l’era trovata
davanti non aveva più saputo resistere e così
l’aveva fatto. Il problema ora
stava nel darle una spiegazione!
<< E
quella chi era Steven? >> il ragazzo si voltò
di scatto verso la strada
trovandosi davanti Vivienne Cotton con la sua figlia più
grande per
mano:<< Vivienne… >> la donna si
avvicinò lungo il vialetto della
casetta dei Murray:<< Steve >> lo
salutò poi fredda:<< Non è
come pensi, è un’amica, ci siamo conosciuti al
festival, è la segretaria del
sorvegliante e… >> << E tu ti
ricordi quello che mi hai detto su Madeline
vero? >> Steve annuì:<< Certo
che me lo ricordo, non è cambiato
niente da quando ne abbiamo parlato >> la donna non
aggiunse altro ma
poco prima di tornare verso casa aggiunse:<< La cosa
migliore che puoi
fare quando ami qualcuno è essere onesto Steve,
l’amore non serve a niente se
non c’è l’onestà
>> e rivolgendo quella frase forse anche a sé
stessa Mrs
Cotton tornò verso casa lasciando il suo assistente con le
chiavi di casa in
mano e il pensiero che avesse fatto qualcosa di immensamente sbagliato.
<<
Che cosa ci facciamo qui? >> e Charlotte
guardò la cantina dalle pareti
di nuda roccia fiocamente illuminata:<< Hai detto che non
ti interessa
che cosa abbia fatto e che sei pronta ad affrontare qualsiasi cosa
>>
commentò la voce di lui leggermente roca:<<
Sì, è così >> lo vide
annuire piano avvicinandosi ad una cassa di legno poggiata su un tavolo
di
acciaio:<< Ok, allora vieni qui >> e senza
nemmeno voltarsi allungò
una mano aspettando che lei gliela prendesse mentre con
l’altra apriva la
cassa:<< Che cosa stai facendo? >> ma non
appena gli fu abbastanza
vicino Charlie vide che cosa conteneva la cassa:<< Ma
sono…sono… >>
<< Sono coltelli >> poi girandosi appena
verso di lei con un mezzo
sorriso aggiunse:<< Solitamente li uso per affettare la
carne, ma in
alcune occasioni… >> non continuò
la frase ma Charlotte sapeva bene che
cosa stava per dire:<< Me lo stai dicendo per
spaventarmi? >> lui
scosse il capo:<< Te lo sto dicendo per capirmi
>> poi prendendo un
trincante affilato chiuse la scatola tornando a guardare
lei:<< Sai
perché quando sono arrivato qui ho deciso di fare il
macellaio, honey? >>
Charlotte scosse la testa e, sempre tenendo in mano il coltello lui si
voltò
avvicinandosi a quella che aveva tutta l’aria di essere una
cella
frigorifera:<< Perché il mio bisogno di
uccidere e di sentir scorrere il
sangue era più forte di qualsiasi altra cosa, sono nato con
l’impulso di
uccidere e non provo nulla quando faccio del male se non piacere e
soddisfazione >> poi girandosi di scatto e puntando il
coltello verso
Charlotte continuò:<< Ho passato la mia vita a
fare del male alla gente e
ci ho anche guadagnato, ho fatto del mio più grande difetto
la mia fonte di
sostentamento e non me ne pento, ho ucciso più persone di
quante ricordi e non
ho un solo rimorso >> credeva che l’avrebbe
vista spaventarsi o almeno
fremere o innervosirsi, invece Charlotte era ferma e
tranquilla:<< E me
lo stai dicendo perché? >> <<
Perché come ti ho già detto una volta
io non sono il tipo da fiori o stronzate romantiche >>
lei sorrise:<<
Ho sempre odiato fiori e cioccolatini >> <<
Potrei impazzire un
giorno, potrei impazzire del tutto e magari tu ne faresti le spese,
potrei
prendere questo coltello e… >>
impallidì lui stesso quando sentì la mano
fredda di Charlotte sulla sua e vide la ragazza portarsi il coltello
alla
gola:<< Fallo >> << Cosa?
>> << Un giorno
potresti prendere questo coltello e farmi del male, perché
quel giorno non
potrebbe essere oggi? >> ma cos’era impazzita?
La guardò
negli occhi mentre la mano si stringeva ancora di più
attorno al manico del
coltello e la lama cominciava a premere appena sulla sua pelle
chiara:<<
Tu sei pazza >> le mormorò con una voce che a
malapena riconobbe come
propria:<< Ci vuole un pazzo per capirne un altro
>> gli ricordò
non distogliendo gli occhi dai suoi e fissando quegli occhioni azzurri
Arsen
seppe che era perso.
<<
Tu non sai cosa potrei diventare >> lei sorrise alzando
l’altra mano e poggiandola
sulla sua guancia:<< So che voglio te Hakob
>> << Non sono un
buon investimento >> lei sorrise di nuovo alzandosi in
punta di
piedi:<< Mi piace rischiare >> entrambi
sentirono appena la lama
del coltello che cadeva a terra in mezzo a loro mentre la bocca di
Arsen si
chinò sulla sua sfiorandole le labbra:<< Sei
il mio inferno honey
>> lei colmò l’ultimo pezzo che li
separava:<< Qualcuno ti ha detto
che l’inferno è un brutto posto? >>
<<
Ehi…è tardi dove sei stata tesoro?
>> e la voce dolce di Amelia l’accolse
quando Maddie con un gran sorriso in viso varcò la porta di
casa:<< Ciao
mamma >> poi guardando Caleb che stava finendo di
apparecchiare aggiunse:<<
Ciao papà >> l’uomo sorrise
avvicinandosi alla figlia e baciandole la
fronte come quando era bambina:<< Ciao piccola, vai a
cambiarti, è quasi
pronto >> Maddie annuì e quando si
staccò da suo padre che ancora la
teneva abbracciata i suoi capelli sfiorarono il viso di Caleb e per un
istante
l’uomo fu avvolto da un lieve profumo di tabacco e whisky,
una specie di misto
acre e allo stesso tempo profumato, fu solo un istante ma gli
sembrò di aver già
sentito quel profumo prima solo non ricordava dove.
Una volta
in camera sua Maddie aprì l’armadio alla ricerca
di qualcosa di più comodo da
mettere del vestito che aveva indossato quel giorno e che si era
sporcato un
po’ di terra dopo quella splendida cavalcata.
Si fermò
per un attimo a guardare il suo guardaroba e si perse nei ricordi di
ciò che
era successo…
Quando
Ethan le aveva preso la mano si era
sentita come una principessa, quando il signor Cook le aveva messo le
braccia
attorno alla vita per prendere di nuovo le redini del cavallo qualcosa
dentro
di lei si era accesso, non sapeva che cosa le stava succedendo e
pensando a
Steve si sentiva dannatamente in colpa, ma Ethan era così
gentile, così
perfetto e sempre presente al momento giusto, se non fosse stato per la
loro
più che evidente differenza di età probabilmente
ci avrebbe pensato seriamente.
Gettandosi
a faccia in giù sul letto e soffocando un urlo frustrato sul
cuscino Madeline
cercò di non mettersi a piangere: era una pessima fidanzata
se faceva pensieri
del genere, era una pessima ragazza se le bastava così poco
per mettere in
dubbio la sua relazione con Steven, ma era troppo tempo che non stavano
un po’
da soli e doveva ammettere che le mancava il suo dolce Romeo dal cuore
d’oro e
il sorriso smagliante; senza pensarci troppo prese un pezzo di
pergamena e
scarabocchiò in fretta poche parole, prendendo poi la
bacchetta trasformò il
foglio in un piccolo aeroplanino che indirizzò fuori dalla
finestra.
<<
Vivi…va tutto bene? >> Vivienne
alzò gli occhi su William che la guardava
preoccupato dall’altro lato del tavolo:<< Cosa?
>> Will Cotton
lanciò un’occhiata ai suoi figli che stavano
cenando in mezzo a loro e anche
gli occhi di Vivi seguirono i suoi:<< Sì, va
tutto bene…sono solo stanca
>> Will annuì bevendo un po’ di
vino, avevano deciso molto tempo prima
che non avrebbero mai fatto scenate davanti ai loro figli e avevano
sempre
mantenuto quel proposito anche se Vivi sapeva bene che, una volta
rimasti soli,
sarebbe scoppiato l’inferno.
<<
Buonanotte mamma, buonanotte papà >> e la
piccola Emma sorrise mentre suo
padre le baciava amorevolmente la fronte, David era crollato tra le
braccia di
William poco prima cercando di restare il più sveglio
possibile:<<
Buonanotte carotina, sogni d’oro >> le
mormorò il padre con un sorriso mentre
la bimba stringeva al petto il suo peluche preferito e si girava nelle
coperte
cercando una posizione comoda.
Mentre
guardava suo marito prendersi cura dei loro bambini il cuore di
Vivienne si
strinse: che cosa diavolo le era saltato in mente di tradire Will?
Certo lui lo
aveva fatto con lei, ma dopo la nascita di Emma le cose si erano un
po’
complicate e doveva ammettere che il carattere decisamente impossibile
di suo
padre, pace all’anima sua, e il suo odio per il genero non
aveva certo facilitato
la loro unione.
Tuttavia
William era un uomo, un padre e un marito meraviglioso, gli aveva
perdonato
quel primo tradimento e le scappatelle che erano seguite ogni dannata
volta, ma
poi aveva fatto il suo stesso errore…come poteva ergersi a
giudice o pretendere
qualcosa da lui quando si era comportata al suo stesso modo? Anzi lei
era anche
peggiore di lui dal momento che non sapeva se il figlio che aveva in
grembo era
dell’uomo che le aveva messo l’anello al dito o del
fascinoso, magnetico e
passionale Dottor Ben Wolf.
Aveva
sbagliato e lo sapeva bene, ma Ben era comparso nella sua vita al
momento
giusto, lei aveva bisogno di sentirsi amata e coperta di attenzioni e
lui era
stato lì, pronto ad esaudire ogni suo desiderio e
capriccio…era stato così
facile cadere tra le sue braccia e cedere a quelle labbra che volevano
le sue.
Chinando
lo sguardo sul proprio polso Vivienne rimase immobile a guardare il
bracciale
di perle bianche che si era messa quella mattina, a Will aveva detto di
averlo
trovato in un vecchio portagioie di sua madre, la verità era
che quello era stato
il primo regalo che Benjamin le aveva fatto; chiudendo gli occhi e
appoggiandosi al muro per un attimo Vivienne ripensò a quel
loro primo incontro
quando il dottor Wolf era diventato prima Benjamin e poi solamente Ben.
<<
La signora Vivienne Cotton >> e
la voce calda di quel giovane uomo in giacca e cravatta le aveva fatto
venire
immediatamente i brividi:<< Dottor Wolf >>
lo aveva salutato
entrando nel suo studio mentre Sarah Hornigold ne usciva e quella
pettegola di
Macy Dawson alzava gli occhi dal suo giornale per
guardarli:<< Venga
signora Cotton, prego si accomodi >> aveva replicato Ben
cortesemente poi
guardando miss Dawson aveva aggiunto:<< Dieci minuti e
sono da lei Macy
>> la donna aveva sorriso sciogliendosi davanti a quei
modi da galantuomo
ed era tornata a guardare il Settimanale delle Streghe.
<<
Allora signora Cotton, perché è venuta?
>> Vivi aveva abbassato la testa
arrossendo:<< Non so se ho fatto
bene a venire, insomma non sono cose di cui…però
ormai è tanto che va avanti e
io non… >> Ben era rimasto in silenzio mentre
lei straparlava poi ad un
tratto Vivienne aveva sentito le mani calde di lui sulle
proprie:<< Sono
un medico signora Cotton, sono abituato a sentire di tutto qui dentro e
le
prometto che qualsiasi cosa mi dirà sarà protetta
dal segreto professionale
>> lo aveva guardato in silenzio per un attimo, quello
che doveva dire
era così intimo e personale che si vergognava perfino a
pensarlo, figuriamoci
andarlo a dire a qualcuno ad alta voce…erano cose private
tra lei e suo marito,
era una cosa di cui doveva parlare con Will, non con il medico del
paese e…
<<
Mi scusi non sarei dovuta venire, ho
sbagliato e le sto facendo perdere tempo… >> e
alzandosi di scatto dalla
poltroncina imbottita Vivi quasi aveva urtato Benjamin arrossendo e
facendo per
avvicinarsi alla porta, aveva poggiato la mano sulla maniglia quando la
voce di
lui e la sua mano su un braccio l’avevano bloccata di
nuovo:<< Capisco
che non sia piacevole parlare di queste cose signora Cotton e forse io
non sono
la persona a cui dovrebbe dirlo, ma sono un medico e le posso
assicurare che è
del tutto naturale non provare nulla in certi momenti di
intimità quando si
hanno problemi di coppia >> si era girata quasi scioccata
a quelle
parole, lui come diavolo sapeva che…:<< Saints
Peak è un piccolo paese
Mrs Cotton e a Macy Dawson piace parlare >>
<< Non è un
comportamento molto professionale il suo se dà credito ai
pettegolezzi >>
Ben aveva sorriso:<< Non l’ho fatto, mi sono
solo trovato al Beacon pub
al momento giusto, ora lei è qui e ho semplicemente fatto
due più due >>
che poi quella fosse solamente una parte della verità
Vivienne non lo sapeva ma
era bastato quello e poco altro per farla cadere nella rete che Ben le
aveva
tessuto attorno ed ora, a quasi tre anni da quel primo incontro lei non
sapeva
più che cosa fare.
<<
Allora? Che cos’hai? >> la voce di Will la
riportò alla realtà e alla
loro camera da letto:<< Come? >> gli
domandò tornando al presente e
cercando di non fargli capire che era dannatamente
turbata:<< Sei strana
Vivi, troppo perché io possa continuare a fare finta di
niente >> la
donna alzò gli occhi al cielo e prese fiato per un istante,
doveva trovare il
modo di cambiare discorso, non era pronta ad affrontare quello che
stava
succedendo:<< Sto bene Will, sono incinta è
normale che abbia sbalzi
d’umore e cose del genere, non ti preoccupare
>> lui le si avvicinò
prendendole le mani con le proprie e un brivido percorse la schiena di
Vivienne
quando sentì quella pelle ruvida sfregare contro la
propria:<< Ti ho già
vista incinta due volte signora Cotton e il massimo dei tuoi sbalzi
ormonali è
stato mandare al diavolo il cameriere di Caleb perché non ti
aveva portato la
zuppa che avevi chiesto >> Vivienne fece
spallucce:<< Beh stavolta
è diverso, fattene una ragione Will >> non
voleva essere così brusca ma
davvero non sapeva che fare…alzò gli occhi per
guardare lui e quando lo vide
sorridere il suo cuore e la sua mente andarono in tilt per un
istante:<<
Che cos’hai da ridere ora? >> William le
strinse ancora di più le mani
attirandola a sé:<< Ecco, questa è
la donna che ho sposato, mi chiedevo
dove fosse finita la mia leonessa in questi mesi >>
sentendo il corpo di
Will che reagiva naturalmente alla sua vicinanza Vivi non
poté fare a meno di
sorridere:<< Forse dove tu hai lasciato i tuoi doveri di
marito >>
commentò poi ripensando all’atteggiamento che Will
assumeva ogni volta che lei
era incinta, si sentiva brutta e goffa ogni volta che lui la guardava e
il
fatto che la evitasse peggio della peste per quanto riguardava la loro
vita
sessuale non aiutava di certo:<< Vi…sai che io
non…non lo faccio perché…
>> lei alzò gli occhi fissandosi in quelli del
marito:<< Io non so
perché lo fai Will, non so che cos’hai in testa
perché non mi dici più niente
>> lasciandole le mani e sedendosi sul letto William
Cotton alzò gli
occhi guardando sua moglie:<< Forse dovremmo parlare
Vivienne, ci sono
cose che non ti ho mai detto e credo sia venuto il momento di vuotare
il sacco
>> lei rimase a guardarlo leggermente intimorita, non
l’aveva mai visto
così serio e un po’ cominciava ad avere paura di
cosa avrebbe dovuto dirle.
Quando
vide il piccolo aeroplanino entrare dalla finestra e atterrare sul
tavolino da
caffè davanti a lui Steven sorrise, allungò una
mano aprendolo e leggendo le
poche righe scritte velocemente da quella delicata mano che lui
conosceva fin
troppo bene, sorrise di nuovo e piegando il foglietto se lo mise in
tasca
alzandosi per prendere la giacca.
<<
Ciao >> Madeline alzò gli occhi trovandosi
davanti il viso amorevole di
Steve:<< Ciao >> lo salutò poi
mentre le sue guance si
imporporavano, era più forte di lei ma da quando avevano
fatto l’amore
quell’unica volta nel retro del negozio di Vivienne Cotton
non riusciva più a
guardarlo senza pensare a quale magnifico fisico si nascondesse sotto
quella
camicia di cotone chiaro:<< Mi sei mancato
>> commentò poi
alzandosi in piedi ma Steve la raggiunse prima che potesse muovere un
solo
passo:<< Anche tu mi sei mancata >>
replicò allungando una mano per
accarezzarle una guancia:<< Siamo stati entrambi un
po’ sopraffatti dagli
eventi ultimamente >> e la sua mano scivolò
sulla pelle liscia di Maddie
mentre ripensava a quanto si era sentito stupido e geloso di vederla
insieme ai
suoi compagni di classe che non facevano mistero di provare qualcosa
per lei,
soprattutto Lex Barron, doveva fare qualcosa per mettere in riga quel
ragazzino, doveva…ma poi abbassò gli occhi e
guardando Maddie tra le proprie
braccia capì che la sola cosa che voleva la stava stringendo
a sé e non gli
serviva altro.
<<
Vieni, voglio portarti in un posto >> commentò
poi ripensando a quello
che aveva preparato già prima del festival ma che poi una
serie di malintesi ed
inconvenienti gli avevano impedito di fare:<< Dove
andiamo? >> lui
sorrise:<< È una sorpresa, coraggio vieni
>> e prendendola per mano
cominciò ad incamminarsi lungo Main Street:<<
Steve ma se qualcuno ci
vedesse…se… >> lui la
guardò sorridendo e avvicinando il viso a quello di
lei:<< Che vedano, non mi interessa >>
anche Maddie sorrise, era
bello per una volta non nascondersi dietro gli enormi cespugli del
fondo del
parco per poter stare insieme, era bello stringere la mano di Steven in
mezzo
ad una strada senza preoccuparsi di chi potesse vedere o di cosa gli
altri
potessero pensare.
<<
Theo…Theo vuoi mangiare qualcosa? >> la voce
di Okami lo riscosse dal
libro sugli Occamy che stava leggendo steso sul letto della camera
facendogli
alzare la testa e guardare il suo compagno con aria
scettica:<< Uhm?
>> domandò poi fingendo di non aver
sentito:<< Vuoi qualcosa da
mangiare? Sto preparando un po’ di riso e…
>> Theo tornò a guardare il
libro:<< No grazie ora non ho fame, mangerò
qualcosa più tardi >>
commentò poi asciutto e senza guardare Okami;
sentì la porta chiudersi e fece
un sospiro cercando di tornare a leggere quando il materasso che si
abbassava
accanto ai suoi piedi gli fece alzare di nuovo gli
occhi:<< Allora?
>> domandò il giapponese
calmo:<< Allora cosa? >> rispose
Theo atono:<< Allora mi vuoi dire che cos’hai?
Sono giorni che mangiamo
separati, che dici di non aver fame e ti presenti in cucina quando io
ho finito
e mangi peggio di un Troll di montagna a digiuno da mesi
>> << Non
capisco cosa vuoi dire, ho delle cose da fare e quando ho tempo mangio
qualcosa
>> Okami sbuffò piano ma mantenne comunque il
suo contegno:<< Ok,
mettiamola così allora: sono giorni che non mi tocchi
>> si sentiva un
po’ stupido a dire cose del genere ma davvero voleva
risolvere quella situazione,
non poteva andare avanti molto se Theodore ce l’aveva con lui
a quel modo.
<<
Ecco ti ho toccato, sei felice? Possiamo smetterla ora?
>> commentò
l’altro dopo aver allungato una mano e averla rapidamente
posata sulla sua
coscia:<< Come scusa? Mi prendi per un idiota?
>> << Hai
detto che sono giorni che non ti tocco, beh ora ti ho toccato no?
>>
Okami respirò di nuovo, doveva stare calmo, arrabbiandosi
non avrebbe risolto
nulla, arrabbiandosi avrebbe detto cose di cui sicuramente si sarebbe
pentito,
lo sapevano entrambi e lui non voleva…si bloccò
un istante a quel pensiero:
entrambi sapevano che quando lui si arrabbiava dava voce a tutto quello
che gli
passava per la tesa senza filtri, non c’era modo di fermarlo
finché non si
fosse calmato e lo sapeva lui proprio come lo sapeva Theo. Dio quel
ragazzo era
diabolico!
<<
Non ci riuscirai >> commentò allora con un
sorrisetto soddisfatto e
l’aria accigliata di Theo glielo allargò ancora di
più:<< Non riuscirò a
fare cosa? >> << Non mi farai arrabbiare
solo per farmi parlare
>> commentò soddisfatto del proprio
autocontrollo:<< Pensi che
volessi fare questo? >> << Sappiamo
entrambi che era quello che
volevi >> << Tu vaneggi >>
<< Davvero? >> Theo
annuì chiudendo poi il libro e poggiandoselo in
grembo:<< Ci sono modi
più piacevoli e divertenti per estorcerti qualcosa caro mio
e non ho bisogno di
farti arrabbiare o di simili trucchetti >>
<< Ah davvero? >>
<< Sì, davvero >>
replicò Theo secco:<< Quindi per te non
è
un problema continuare così >>
<< Con l’astinenza dici? >>
era iniziata la battaglia ed entrambi stavano sfoderando le loro armi
peggiori,
restava solo da vedere chi avrebbe vinto:<<
Sì, proprio con quella
>> con tutta la naturalezza possibile Theo si
passò una mano sul viso per
poi farla scivolare sul collo e un po’ più in
giù sul petto slacciandosi uno
dei bottoni della camicia:<< Beh non saprei…tu
pensi di potercela fare
Okami? >> domandò poi fissando
l’altro negli occhi nello stesso modo che
di solito usava quando lo voleva:<< Stai giocando sporco
>> replicò
l’altro deglutendo:<< Nessuno ha mai parlato di
giocare pulito mi sembra
>> << Vuoi la guerra? >> Theo
sorrise:<< Vuoi giocare a
chi cederà prima? >> << Sai che
sarai tu, io so controllarmi al
contrario di te >> il sorriso di Theo aveva un che di
diabolico:<<
Non dicevi che era il mio non sapermi controllare che ti piaceva tanto?
>> deciso a non cedere e a non dargliela vinta Okami
sbuffò alzandosi e
lasciando la stanza sbattendo la porta; Theo tornò a leggere
il suo libro con
un sorrisetto soddisfatto: aveva vinto la battaglia.
Whit
l’aveva baciata…Whitaker l’aveva
baciata…suo fratello Whitaker Quincey l’aveva
baciata!
Che cavolo
gli stava succedendo? Perché Whit avrebbe dovuto fare una
cosa simile? Era
sparito subito dopo il suo schiaffo e lei dal canto suo, forse ancora
scossa
per ciò che era successo, non si era preoccupata di sapere
dove stesse andando,
ma ora…ora era quasi mezzanotte e da quella mattina Whit non
si era più fatto
vivo, cominciava ad essere preoccupata per lui.
Cercando
di non piangere abbassò gli occhi e sfiorò con le
dita l’invito che Carter le
aveva spedito quel pomeriggio, purtroppo per via di alcune questioni
legate al
consiglio Hornigold era stato costretto ad aiutare sua nonna e non era
potuto
passare a darglielo personalmente; da una parte meglio
perché se l’avesse vista
in quello stato e se avesse saputo che era colpa di Whit, stavolta
sarebbe
davvero finita male.
Tornò a
leggere le poche righe sul foglio anche se le lacrime le rendevano la
vista
offuscata: era l’invito al brunch d’estate di Sarah
Hornigold, era l’evento
dell’anno dopo il festival, il momento in cui tutti loro si
riunivano nel
giardino della grande villa coloniale e, lei sorrise a quel ricordo,
era stato
al brunch di un anno prima che lei aveva conosciuto Carter e avevano
cominciato
a frequentarsi.
Dalle
poche righe che lui aveva aggiunto di suo pugno Dely capì
che quell’occasione
sarebbe stato il loro ufficiale debutto in società come
futuri marito e moglie,
sarebbe stato lì che lui l’avrebbe presentata come
la futura signora Hornigold
e, per quanto ciò che stava succedendo con suo fratello le
spezzasse il cuore,
la sua vita con Carter la rendeva davvero felice.
<< Ma
dov’è? Dove diavolo l’ha messa! Ah
maledetto Cotton! Un po’ di ordine qui
dentro mai! >> e continuando a cercare in mezzo a
migliaia di piccole
boccetta contenenti tute le pozioni che lui e William avevano nel corso
del
tempo, possibile che quel dannato bastardo del suo amico ed ex
comandante
avesse nascosto o eliminato l’unica che in quel momento gli
serviva?
<<
Che tu sia maledetto Cotton! >> e continuando ad
imprecare Whit gettò un
paio di pesanti libri a terra fermandosi quando uno di essi si
aprì e fece
scivolare fuori un paio di appunti scritti a mano dal suo amico.
Si chinò
per raccoglierli scorrendo velocemente la lista di ingredienti e mentre
continuava a legger un grosso sorriso gli si dipinse sulla
faccia:<< Che
tu sia benedetto Cotton >> poi poggiando il foglio sul
tavolo cominciò a
cercare gli ingredienti per la pozione sperando di avere a disposizione
tutto
quello che gli serviva!
<<
Ma dove mi stai portando? >> e Maddie continuò
a guardarsi intorno quando
Steven si fermò accanto ad una vecchia casa abbandonata e
con la bacchetta
mormorò un debole alohomora facendo cigolare piano la porta
e facendo segno a
Maddie di seguirlo.
<<
Steven… >> lui la guardò da sopra
la spalla:<< Non aver paura,
andrà tutto bene tranquilla >> poi sorridendo
tornò a guardare
davanti:<< Ti prometto che ti piacerà
>> << Io non ho paura,
vorrei solo sapere dove… >> ma il resto delle
sue parole si bloccarono
quando lui arrivò in un piccolo salottino impolverato che
dava su un immenso
terrazzo debolmente illuminato dalla luce della luna:<<
Vieni >>
<< Che cos’hai fatto? >> e
Madeline lo seguì fuori e quando uscì
all’aria aperta una piccola folata di vento le
girò intorno facendo poi
accendere alcune candele poste tutto intorno al terrazzo che
illuminavano un
piccolo angolo in stile arabo pieno di cuscini e riparato
dall’esterno da un
drappo color cremisi:<< Ma cosa…
>> << Ho pensato che ci
serviva un posto nostro, dove poter stare insieme >> poi
avvicinandosi e
prendendola tra le braccia aggiunse con un sorriso:<< Mi
sono un po’
stufato di vivere insieme a mia sorella e ho parlato con mrs Hornigold,
questa
casa è una delle sue tante proprietà, mi ha detto
che sarebbe disposta ad
affittarmela per una cifra ragionevole >>
<< Affittarla? Sei
sicuro? >> lui annuì e chinò la
testa per baciarle la punta del
naso:<< Sì, sono sicuro e
poi…l’anno prossimo tu avrai diciassette anni
>> << Sì, lo so >>
il sorriso di Steven si allargò ancora di
più:<< E allora quando succederà
potrei anche prendere tutto il mio
coraggio e venire a parlare con tuo padre >>
<< Con papà? A parlare
di cosa? >> di nuovo lui sorrise e di nuovo si
chinò per baciarla ma
Maddie lo fermò:<< Di cosa Steve?
>> il cuore le si fermò in gola
ancora prima che lui parlasse, si vedeva dalla sua faccia che era una
cosa a
cui teneva molto e ormai aveva imparato a conoscerlo:<<
Beh sa come
funziona miss Ascott…un gentiluomo deve chiedere al padre la
mano della donna
che vorrebbe sposare >>
<<
Qualcuno ti ha detto che l’inferno è un brutto
posto? >>…
Girandosi
a guardare la donna che era sdraiata sul divano nel retro della
macelleria
Arsen sorrise: no, decisamente l’inferno non era un brutto
posto.
Non era
successo niente di trascendentale tra lui e Charlotte in quella
giornata…niente
a parte una lunga serie di baci che gli avevano fatto desiderare di non
lasciarla più andare.
Era
diventato succube di quelle labbra e di quella donna, era diventato
schiavo di
quello sguardo azzurro e di quel sorriso malizioso…Charlotte
lo capiva a
livelli che nemmeno Caleb era mai riuscito a scalfire, certo il suo
amico aveva
visto il peggio di lui quando da Auror gli dava la caccia e il meglio
quando
era arrivato lì e aveva cominciato a fare da padre ad
Annika, ma nessuno,
nessuno nel mondo a parte i suoi genitori – che a causa di
quello lo avevano
internato – nessuno aveva mai visto la sua follia allo stato
primordiale e
l’aveva accettata come aveva fatto Charlie.
La guardò
ancora per un attimo cercando di resistere alla voglia di passare una
mano in
quei serici fili d’oro, non voleva svegliarla visto che si
era addormentata da
poco, ma aveva così tanta voglia di toccarla, di sentire
quella pelle morbida
sotto le dita, cercando di resistere si girò per alzarsi dal
divano quando
Charlie, ancora addormentata, si voltò dalla sua parte
allungando una mano per
afferrare lui:<< Arsen… >> era
solo un sussurro, un piccolo sussurro
ma era comunque il suono più bello del mondo, quasi quanto
Niky quando lo
chiamava papà.
Rimase
fermo a guardarla incapace di muovere un solo muscolo,
quell’attimo di assoluta
perfezione era così irreale che aveva paura di
romperlo:<< Che cosa mi
hai fatto? Che cosa mi hai fatto miss Murray >>
mormorò con un filo di
voce sfiorandole una guancia leggermente arrossata; Charlie
reagì nel sonno a
quel tocco mentre un piccolo sorriso le si apriva sulle labbra
regalandole
un’espressione estatica:<< Arsen…ti
amo Arsen… >> aveva sempre gli
occhi chiusi e probabilmente stava sognando, ma quello che aveva appena
detto
gli fermò il cuore: lo amava? Lo amava davvero o era solo
una stupida fantasia?
Dio come si poteva amare uno come lui? Un mostro del genere? Un essere
tanto
malvagio che nemmeno i suoi genitori lo avevano voluto?
Stava per
spostarsi di nuovo quando un airone argentato gli comparve davanti
parlando con
la voce roca di Caleb:<< Ci vediamo al ristorante tra
un’ora, vai a
prendere Van Pelt e non fare tardi >>
Un messaggio molto simile a quello
giunto ad Arsen era arrivato anche a
casa Cotton, purtroppo però il patronus aveva svegliato
anche Vivi oltre a Will
e infatti la donna ora stava guardando, con aria molto contrariata e
nervosa,
suo marito che si rivestiva e preparava per l’incontro.
<< La puoi smettere
di guardarmi così Vivi? >> <<
Così come? Andiamo Will avevi promesso…niente
più bugie >> a quelle
parole l’ex ufficiale Cotton si maledisse mentalmente:
sì Vivienne aveva
ragione e lui le aveva promesso che non le avrebbe più
mentito, ma che razza di
uomo sarebbe stato se avesse rivelato a sua moglie l’unica
cosa in grado di
metterla in pericolo di vita?
<< Senti Vivi non
è il momento di parlarne ora…non è il
caso e soprattutto
non è niente di importante o di cui tu ti debba preoccupare
>> <<
Certo come no! Caleb Ascott ti chiama a rapporto nel bel mezzo della
notte, tu
corri da lui e non devo preoccuparmi? E osi dirmi che non è
niente? >>
<< Abbassa la voce >> cercò di
calmarla Will:<< Sveglierai i
bambini >> le ricordò poi dal momento che Emma
e David dormivano nella
camera affianco e che le pareti non erano così spesse come
sembravano:<<
Dimmi che cosa sta succedendo >> lo minacciò
la moglie a voce bassa ma
non per questo meno tagliente:<< Non è niente
di importante te l’ho già
detto >> poi prendendo una giacca aprì la
porta della camera scendendo le
scale e uscendo.
Seduto accanto alla finestra del
soggiorno e ancora arrabbiato per
andare a dormire come se niente fosse, Okami se ne stava a guardare
fuori dalla
finestra le strade di quella noiosa e semideserta
cittadina…niente in confronto
a Londra o a tutte le altre grandi città dove lui e Theo
erano stati da quando
si erano conosciuti o che lui aveva visitato da quando aveva lasciato
il Giappone…
Non appena ripensò a
casa sua e alla sua famiglia tutti i ricordi e il
dolore lo invasero; era cominciato tutto da lì, per anni
aveva cercato di
dimenticare, di rimediare, di cancellare quello che era
successo…era colpa sua
e quello non sarebbe mai cambiato, ma doveva esserci un modo per
rimediare,
doveva esserci un modo per tornare indietro e aggiustare
tutto…
Sorrise amaramente pensando che
solamente dopo aver incontrato Theodore
si era sentito per un po’ in pace con sé stesso e
con il mondo, ma poi era
stato lo stesso amore di quel ragazzo incredibile a far riaffiorare i
demoni e
ora la sola cosa che poteva fare era venirne a capo.
L’avrebbe fatto da solo,
ma per il bene di entrambi.
Fece per alzarsi e tornare in
soffitta per lavorare ancora un po’ al
suo progetto quando un paio di ombre scure dall’altro lato
della strada
attirarono la sua attenzione: chi poteva andare in giro per quel paese
di
timorati di dio a quell’ora di notte?
<< Come mai questa
chiamata Cal? >> e Will, ancora nervoso
per la discussione con sua moglie, si sedette al tavolo al centro del
locale
incrociando le braccia sul petto:<< Mi dispiace per
l’alzataccia ma
dobbiamo stare attenti e di giorno non è prudente
incontrarci >> Will
annuì poi lanciò un’occhiata in tralice
ad Arthur che era in piedi accanto ad
Arsen che si stava avvicinando al tavolo:<< E lui che ci
fa qui? >>
domandò poco dopo Cotton dal momento che fino ad allora
erano stati solamente
loro tre:<< Arthur è qui su mia richiesta Will
e poi ci darà una mano
>> << Lui? >>
tornò a dire l’ex militare sempre più
perplesso:<< Sì William, lui >>
e con quella frase secca Caleb decretò
chiuso il discorso:<< Ora parliamo di cose serie:
domenica di sarà il
brunch degli Hornigold >> a quelle parole Arsen e Arthur
si sedettero
tranquilli e Hakob allungò una mano per prendersi da bere
mentre Will si alzò
di scatto imbestialito facendo cadere la sua sedia
all’indietro sul pavimento:<<
Cioè mi hai fatto venire qui per parlare di uno stupido
brunch? Mi hai fatto
venire qui per parlare della festa di una pomposa vecchia decrepita?
>>
Caleb non si scalfì nemmeno e bevve un sorso di
cognac:<< Siediti e
lasciami finire >> << Cal sai che mi fido
di te, ma… >>
<< Appunto, ti ho mai dato motivo di pensare il
contrario? >> gli
occhi di Will gli diedero la risposta che voleva senza che lui aprisse
bocca:<< Lasciami spiegare >> poi tornando
serio Caleb Ascott
continuò:<< Sai meglio di me che Sarah
inviterà praticamente chiunque a
quel brunch >> << Sì ma non vedo
come… >> Ascott continuò
come se non fosse stato interrotto:<< Chiunque compreso
il sorvegliante
di Saints Peak e i suoi collaboratori >> finalmente a
quelle parole
William capì:<< E così la casa e
l’ufficio di Cain saranno… >>
<< Vuoti e a nostra disposizione >> in un
attimo il vecchio soldato
dentro di lui si risvegliò e Will poggiò i gomiti
sul tavolo guardando serio l’amico:<<
Che cos’hai in mente? >> << Se
sparissimo tutti insieme qualcuno
noterebbe la nostra assenza, ma sarà una lunga giornata e se
a turno uno di noi
facesse un giro nessuno lo noterebbe >> Arsen
annuì:<< Sì, potrebbe
funzionare, dobbiamo dividerci la casa di quel bastardo in modo da non
controllare più volte nello stesso posto >>
<< Ho già fatto un paio
di visitine alla casa quando il vecchio Paul era in vita possiamo
escludere
qualche stanza >> commentò
Will:<< Signor Ascott io… >>
cominciò Arthur che, per quanto volesse andarsene da
lì sapeva bene che la sua condizione
mentale, lo limitava molto:<< Tranquillo
Arthur, avrò bisogno del tuo
aiuto ma al momento opportuno in modo da non correre rischi
>> Van Pelt
annuì e rimase lì ad ascoltare quei tre uomini
che, come vecchi malavitosi di
altri tempi, sedevano attorno al tavolo a progettare il colpo del
secolo.
Stesa sul suo letto intanto
Madeline non riusciva a chiudere occhio o a
togliersi quel sorriso felice che aveva stampato in faccia: Steven
voleva
sposarla…sì certo quando avesse raggiunto la
maggiore età e con la benedizione
di suo padre, ma voleva sposarla!
Si girò a pancia in
giù afferrando il proprio cuscino in un abbraccio
stritolatore: non aveva dubbi su come sarebbe andato quel colloquio tra
Steve e
suo padre, certo forse all’inizio Caleb avrebbe fatto un
po’ la voce grossa e
il sostenuto, ma ci avrebbe pensato Amelia ad addolcirlo…in
fondo anche sua
madre aveva più o meno la sua età quando
l’aveva conosciuto e quando si erano
sposati; dio i suoi genitori erano la coppia migliore che avesse mai
conosciuto
e il suo sogno era sempre stato quello di trovare un uomo che la
guardasse e la
amasse come Caleb faceva con Amelia e, non voleva dirlo troppo a voce
alta per
scaramanzia, ma con Steven Murray l’aveva decisamente trovato!
Erano circa le tre e mezza quando
Amelia sentì il corpo di Caleb
sdraiarsi accanto a lei:<< È andato tutto
bene? >> lui le baciò la
nuca circondandole poi la vita con un braccio:<< Sono
abbastanza
ottimista >> commentò poi asciutto, era
inutile fingere che il loro fosse
un piano perfetto e che tutto sarebbe andato bene, ma visto chi lo
stava
aiutando sentiva che potevano farcela:<< Cominci a
dubitare di te Auror?
>> lo prese in giro facendo per girarsi verso di lui, ma
la mano di Caleb
glielo impedì:<< Dormi sweetie, è
tardi e domani sarà una lunga giornata
>> << È sabato, non abbiamo
niente di speciale da fare >>
Caleb rise piano:<< Un uomo non può nemmeno
organizzarti una sorpresa
senza che tu rovini tutto? >> poi alzandosi leggermente
per baciarle una
guancia aggiunse:<< Dormi tesoro >> e con
un piccolo sorriso Amelia
si strinse a lui addormentandosi stretta in quell’abbraccio
che anche nelle
notti più fredde l’aveva tenuta al caldo e al
sicuro.
Mi scuso con voi per la prolungata assenza ma un po' il lavoro un po' le idee su questa storia da mettere insieme ci ho messo più tempo del previsto...
So che il capitolo non è dei più lunghi ma è solamente un momento di passaggio per quello che sta per accadere, c'è un brunch in programma e, come è d'obbligo in ogni tragedia che si rispetti, non c'è festa o cena senza drammi o disastri quindi...
Il caro Abel/Ethan al momento non ha ancora messo in atto il suo piano ma non per questo non sta macchinando vendetta e, forse con l'aiuto di qualche abile e scaltra sorella, riuscirà nel suo intento molto presto...
Spero di riuscire ad arrivare dove voglio (e di conseguenza ad aggiornare il prima possibile) per ora vi dico solamente a presto...