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Autore: Azumi e Elivi    07/06/2009    0 recensioni
Una storia di pirati, samurai, cow boys, ballerine e melodie misteriose... una nuova avventura sotto il segno del pericolo e della comicità attende i nostri eroi nella misteriosa Isla de Muerte!
Genere: Azione, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6:
 
Il terreno arido e tortuoso aveva messo a dura prova la ciurma di capello di paglia.
Il fatto di essere abituati a vagar per mare, non aveva certo preparato i loro fisici ad una lunga cavalcata.
Le lunghe ore di viaggio avevano ridotto il gruppo in un tale stato di spossatezza che, su sensato suggerimento di Robin, avevano deciso di mettersi a riposo per un paio di ore.
Dormire e mangiare un boccone, prima di riprendere il cammino.
L'alba ormai era alle porte e la cittadina di West City un ricordo piuttosto lontano.
Avere la marina alle calcagna, però, non li rincuorava.
Avrebbero potuto sbucare oltre il declivio da un momento all'altro, e se Robin non avesse provvisto, con un'intuizione e una mossa piuttosto geniale, di cancellare dal terreno le tracce dei cavalli sul sentiero, probabilmente non avrebbero potuto usufruire del meritato riposo.
"Mi domando che ne sarà della nostra nave..." declamò tragicamente Usop, già sveglio accanto al bivacco improvvisato per la colazione.
Sanji rimestò per un attimo nel pentolino che aveva sottomano e gli passò quella che doveva essere la colazione.
"Prima che Rufy si svegli." Suggerì, già conscio del fatto che i ricettori del capitano non ci avrebbero messo poi molto a percepire odore di cibo nell'aria. E di fare razzia.
"Potrebbe venire requisita dalla Marina!" seguitò il ragazzo, con espressione avvilita, senza però risparmiarsi un assaggio alla nuova fantasia culinaria del cuoco di bordo.
"Ce la riprenderemo." Fu la voce di Zoro a mettere fine alle lamentele di Usop "Come al solito" Si sedette accanto al ragazzo, lanciando poi un'occhiata al famoso picco al quale erano diretti.
Nonostante avessero macinato chilometri, sembrava ancora così lontano.
"Sì, ma..." tentò di nuovo Usop, prima che Nami si avvicinasse al gruppo, emergendo da chissà dove.
"Proporrei di rimetterci in marcia!" esclamò, battendo le mani "Le nuvole in cielo, non mi dicono niente di buono. Sembra ci sia aria di pioggia." Li informò alzando la testa al cielo, all'apparenza limpido e sereno.
"Se hai sentito tuonare penso che..." tentò di dire Chopper, che occhieggiava sospettoso Usop.
"No... nessun tuono" rispose Nami, fin troppo seriamente "Lo sento nell'aria."
Guardò Usop che appariva offeso "E no... non è per la puzza."
Rufy nel frattempo si era destato, ancora con il viso gonfio di sonno aveva raggiunto il resto della sua ciurma e, senza dare a Sanji il tempo di preparargli un piatto tutto suo, aveva iniziato a fagocitare la sua colazione, direttamente dal pentolone.
Zoro si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni per avvicinare il suo cavallo.
"Quanto pensi che manchi a quel picco?" domandò a Nami, rimettendo in sesto la sella.
La ragazza fece una smorfia poco convinta.
"Almeno un altro giorno di marcia" rispose e a sorpresa tirò fuori una cartina dalla sacca appesa al fianco del suo cavallo.
Lo spadaccino le lanciò uno sguardo eloquente.
"L'ho recuperata alla reception della locanda. Ne aveva a bizzeffe" disse come a rispondere ad una tacita domanda.
"E' una cartina piuttosto precisa per quanto riguarda la città e la baia di West City..." continuò a spiegare, scrutandola "... ma da un'idea generale dell'intera isola."
"La vecchia Mab ci ha parlato di un villaggio indiano da evitare" suggerì Robin, già in sella al suo destriero, mentre con una mano, spuntata da chissà dove, invitava l'animale a tranquillizzarsi, porgendogli uno zuccherino.
"Sì..." disse Nami, sovrappensiero "C'è una zona collinare che circonda una pianura piuttosto vasta in quella direzione." e così dicendo, puntò un dito a est del picco.
"E' probabile che il villaggio indiano si trovi da quella parte. Una zona riparata... è l'ideale per un insediamento di quel tipo. Suppongo."
"Indiani? Ho sentito giusto?" si intromise Usop, già piuttosto preoccupato del rischio.
"La marina dietro, gli indiani davanti! Ah, benone!"
"Indiani! Ho sentito bene?" questa volta era stato Rufy a parlare, ma il tono non era nemmeno minimamente paragonabile a quello del cecchino del gruppo. Piuttosto tradiva un'accentuata eccitazione, nonché evidente aspettativa.
"Sì, ma li eviteremo." esclamo Nami, lanciando uno sguardo agghiacciante in direzione del ragazzo.
"Ma io non ho mai visto degli indiani..." si rabbuiò per un attimo, trattenendo il pentolame ormai vuoto, dalle mani di Sanji. Prese a leccarlo minuziosamente, sotto lo sguardo rassegnato del cuoco.
"Nemmeno io ho mai visto... degli alieni, per dire!" protestò Nami "Ma questo non significa che deciderei di andare nello spazio per accertarmi della loro esistenza!"
Sapeva perfettamente che con Rufy un discorso del genere non avrebbe fatto presa, ma la ragazza sperò almeno che la curiosità di avvicinare prima Odas e l'Isla de Muerte, lo avrebbero dissuaso dal ficcarsi in una concatenata successione di eventi.
"Io voglio andare a vedere gli indiani!" proclamò invece Rufy, rimettendosi in piedi.
Evidentemente Nami, al solito, aveva sopravvalutato le capacità di raziocinio del suo capitano.
"Ma io cosa parlo a fare?" esclamò stizzita, ficcando a forza la cartina nella sacca.
"A vedere gli indiani!" esclamò Rufy, facendo roteare entusiasta le braccia.
Qualcosa però frenò rapidamente la sua eccitazione.
Un oggetto appuntito sfrecciò accanto al suo viso, dove Rufy sentì immediatamente formarsi un baffo di sangue.
Una freccia si andò a conficcare ai piedi del cavallo di Usop che nitrì spaventato.
"Ma che diavolo... ?" fece il nasone rapidamente in allarme.
Zoro mise mano alle sue katane, mentre Sanji, rimettendosi in piedi, fissava lo sguardo sulla miriade di ombre che lentamente si formavano sul terreno circostante al loro.
"No, dico, nemmeno a farlo apposta!" ciarlò Nami, andando a nascondersi dietro al suo cavallo.
Robin fece una smorfia affatto felice, mentre Usop e Chopper si abbracciavano tremanti.
Un gruppo di indiani li stavano tenendo sotto mira.
 
***
 
"Porco di un mondo porco! E poi ancora più porco di un porco!" le imprecazioni che seguivano le sbirciate al cannocchiale verso l'infinito deserto che si distendeva loro di fronte si sprecavano.
Le Chad osservava l'orizzonte da più di mezz'ora, sotto il sole cocente di mezzogiorno.
"Come ha detto che è questo porco?" domandò uno dell'equipaggio, facendo roteare su un dito la sua pistola.
"Porco." rispose un'altro, poggiato contro la staccionata che delimitava il villaggio, osservando il suo superiore con aria esausta.
"Geremia, va a chiedergli per quanto ancora ha intenzione di rimirare il deserto, prima di prendere una decisione, mh?" fece, lanciandogli uno sguardo con occhio spento.
Il mozzo si ritrasse, scotendo il capo con decisione.
"E perchè dovrei farlo io? Prima o poi si stuferà e prenderà una decisione da solo." si rifiutò categoricamente il ragazzo.
Il pirata scoppiò a ridere.
"Ti devo per caso rammentare quella volta che ci mise tre interi giorni a decidere se cercare prima il tesoro o fare razzia di donne all'isola accanto?
Alla fine il tesoro fu recuperato dalle navi della Marina e l'isola accanto fu evacuata all'avviso dell'arrivo di una ciurma di Pirati."
Geremia fece una smorfia rassegnata.
"Io però voglio capire perchè devo essere sempre io, a rimetterci la faccia."
"Perchè sei quello nuovo" fece il navigatore.
"Perchè sei quello scemo" fece uno dei due fratelli con i coltelli.
"Perchè sei quello piccolo" aggiunse un altro.
 
***
La banda di indiani non ci mise molto a convincere la ciurma a seguirli.
Rufy si era dimostrato entusiasta di quella novità e invece che tentare una tenace offensiva, si era arreso praticamente subito alla richiesta dei pellerossa.
Nami non era d’accordo, e così come lei non lo era nemmeno il resto della ciurma, ma come Zoro aveva fatto tristemente notare, nessuno di loro avrebbe dovuto, potuto o voluto opporsi alla decisione del capitano.
Quelle erano le condizioni, da sempre, potevano non dirsi d’accordo ma le gerarchie andavano rispettate.
“Gerarchie o meno, io sono sempre più convinta che questa sia una pessima idea” Nami si guardava attorno circospetta, affatto felice del luccichio che le punte delle frecce di quegli indiani rimandavano loro, sotto il sole.
“Io nemmeno” concordò Usop “Conosco terribili storie in fatto di indiani.”
Il piccolo Chopper era già pronto ad ascoltare una delle fantastiche storie del cecchino. Per quanto paurose fossero, non ne aveva mai abbastanza.
“Non mettergli troppa paura, tu” lo rimbeccò Nami andando a far compagnia a Robin che li seguiva.
“Non credo siano molto più ostili di così” le fece notare l’archeologa, senza nemmeno avere bisogno di subire un interrogatorio da parte della ragazza “Ci avrebbero già preso lo scalpo, altrimenti.”
“L-lo scalpo?” pigolò la ragazza, portandosi istintivamente le mani alla testa.
“Oh mio piccolo fiore, io non mi preoccuperei, ci sono qui io a proteggere la tua splendida testa.” Fece eco Sanji evidentemente anche lui poco preoccupato dello sviluppo della faccenda.
Rufy nel frattempo continuava ad interrogare gli indiani che loro malgrado non riuscivano a farlo tacere, nemmeno con le minacce.
“Perché avete quei segni sulla faccia?
Come mai avete delle piume in testa?
E perché usate le frecce?
I vostri cavalli dove li avete comprati?
Perché non mi rispondete?
Parlate la nostra lingua?
Avete qualcosa da mangiare?
Quando arriviamo?”
L’indiano che pareva dirigere le operazione dovette fare un grosso sforzo per non ficcargli ascia con tanto di pendagli pennuti in bocca.
 
**
 
“Mi scusi, signore…” Geremia si era fatto di fianco al suo capitano, guardandolo di sottecchi.
“Signore, vorrei farle notare che… dovremmo prendere una decisione.”
Le Chad risultava apparentemente sordo ai suoi richiami.
“S-signore, dico sul serio. La Marina si sta preparando lei stessa alla traversata nel deserto e… a breve saranno qui. F-forse dovremmo partire anche noi.”
Il mozzo si volse verso i suoi compagni che sghignazzavano impietosamente.
Si strinse nelle spalle a far loro capire che non c’era niente da fare.
I gesti di incitamento si sprecarono.
Geremia sospirò e di nuovo tornò a guardare il suo capitano.
“Signore” esordì di nuovo, ora apparentemente più deciso “Non sta dimostrando grandi doti decisionali! Non possiamo sprecare ore intere ad osservare la linea dell’orizzonte!”
Il resto della ciurma si zittì improvvisamente, aspettandosi una reazione violenta.
Che non arrivò.
Le Chad, di nuovo impassibile, non fece altro che piegarsi improvvisamente, contro la staccionata.
Dormiva.
Dietro, il resto della ciurma scoppiò a ridere sguaiatamente.
 
**
 
Il gruppo approdò, dopo svariati minuti di marcia, in quello che sembrava il prototipo moderno di un villaggio indiano.
Tepee, cavalli e totem, si affiancavano agevolmente a moderni stendi panni portatili, barbecue e carrozzine per i bebè.
Nami storse il naso alla visione, piuttosto perplessa.
“La globalizzazione arriva proprio ovunque” constatò solo, ricevendo l’approvazione di Robin, che rispose a modo suo con un sorriso.
Gli indiani presenti, al passaggio dell’insolita carovana, interrompevano progressivamente le loro faccende, incuriositi e attratti dalla novità.
“Siamo arrivati?” domandò Rufy per un’ultima volta e l’arcigno indiano che guidava la fila fu ben felice di poter grugnire qualcosa in risposta, fermandosi di fronte ad una grossa tenda color porpora.
Mare Forza Nove, figlio di capo tribù, chiede udienza a Vento Sedici Nodi Che Strappa Le Vele” esclamò imperioso, battendo a terra il lungo arco che aveva con sé.
Usop sgranò gli occhi.
“Secondo te ‘Che Strappa’ è il nome o il cognome?” sussurrò a Sanji, ben attento a farsi scudo dietro di lui.
“Non so. Ma immagina cosa fa di codice fiscale” rispose serafico il cuoco, facendo per accendersi una sigaretta.
Sfortunatamente si ritrovò sotto il naso la punta di una freccia e dovette rinunciare all’impresa.
“Non sono affatto simpatici.” Si lamentò.
Il villaggio nel frattempo si era fatto silenzioso, come se la voce del figlio del capo tribù avesse decretato la solennità del momento.
L’aria era carica di aspettativa. Persino Rufy continuava a guardarsi attorno, frenetico ma silenzioso.
Dopo svariati secondi, la tenda del tepee si sollevò lentamente.
Ne uscì del fumo, poi qualcuno tossì, ed infine emerse la copia sputata del figlio del capo tribù, ma invecchiata di almeno trent’anni.
Un indiano dal viso solcato da antiche e profonde rughe, le labbra serrate in una perenne smorfia, la pelle abbronzata dal sole, massiccio e accigliato come un totem. Sul capo una corona di piume ad indicarne il simbolo indiscusso del potere.
“Padre…” esalò Mare Forza Nove, chinando rispettosamente il capo in presenza del capo tribù.
L’uomo si limitò a guardarsi attorno, fissando il suo sguardo profondo e indagatore sul gruppetto che il figlio si portava appresso.
“Li abbiamo trovati che si aggiravano nei territori di Vostra proprietà, padre”
Di nuovo il Capo non rispose, impossibile capire il suo stato d’animo.
Mare Forza Nove cominciò a vacillare. Non amava particolarmente l’attesa.
“Sostavano sulla terra dei nostri avi. Il luogo della sanguinosa battaglia delle mille lance!” insistette con veemenza, come a sottolineare la gravità della situazione.
Il Capo tribù allora si volse e fissò il suo sguardo severo sul figlio. Il giovane lo guardò speranzoso, aspettandosi la più lusinghiera delle congratulazioni quando questi cominciò a tossire come un forsennato, cacciando fuori la lingua in procinto di soffocare.
“P-padre?”
“Porca di quella cavalla lercia e scosciata!” esclamò Capo Vento Sedici Nodi (ecc ecc…), portandosi una mano alla gola, mentre il viso diventava paonazzo e gli occhi si sgranavano, venati di rosso.
“Padre stavate ancora fumando il Calumet della Pace, da solo?!” sbottò il figlio, alzando le mani al cielo in un gesto isterico.
“Questa volta ho solo usato erbe naturali, non capisco che cosa sia andato storto, si fumava che era una meraviglia!” esclamò questi, inspirando a fondo, mentre qualcuno, gli porgeva una brocca con dell’acqua fresca.
“Quante volte Vi ho detto che non dovete fumare, quante?”
“Almeno una volta ogni pausa da calumet” rispose automaticamente il Capo, asciugandosi le labbra e restituendo la brocca alla dolce fanciulla indiana che gliel’aveva concessa.
“Oh Figlio, non fare tante storie, la vita è già colma di stenti e privazioni, concedi la consolazione del fumo a questo corpo ormai decadente” disse, mimando un attacco cardiaco. Si portò una mano al cuore, tremò per qualche istante, si piegò sulle ginocchia e si aggrappò al figlio in cerca di sostegno.
“Chopper, forse dovresti fare qualcosa” suggerì Nami, scioccata dalla scenetta.
“Era erba pipa, vero?” domandò a sorpresa Mare Forza Nove, senza nemmeno scomporsi.
“Selezionata dai migliori Hobbit della Contea” rispose il Capo, lanciandogli uno sguardo speranzoso.
“Questo non giustifica in ogni caso il Vostro comportamento”
“Però mi rende estremamente simpatico” asserì Capo Vento Sedici Nodi (ecc ecc..) con un sorriso a trenta denti (due li aveva persi da qualche parte). Si rimise poi in piedi, come se niente fosse successo e battè una poderosa manata sulla spalla del figlio.
“Dunque, dunque, dunque, vediamo un po’ chi abbiamo qui…” e così dicendo si avvicinò a Rufy che lo guardava ammirato.
“E così stavate attraversando questi territori? Stranieri nevvero?”
Rufy annuì.
“Proprio. Veniamo dal mare!”
“Oh dal mare” replicò impressionato il Capo Tribù, studiandolo “Singolare copricapo, viso pallido, sei per caso il capo di questa.. banda?”
“Esatto pennuto!”
Il villaggio intero trattenne il fiato, mentre Mare Forza Nove afferrava una freccia per far pagare l’offesa al viso pallido dal sorriso inquietante.
Il Capo Tribù invece si limitò a scrutarlo a lungo, prima di scoppiare in una sonora risata.
“Pennuto! Mi ha chiamato pennuto?” e giù di nuovo risate a garganella “Era dai tempi della mia defunta moglie che non mi sentivo chiamare così”
E Mare Forza Nove al solo nominare la defunta madre, abbassò arco e freccia.
“Aveva un gran senso dell’umorismo” e così dicendo si voltò in direzione del figlio “Mi domando tu da chi abbia preso.”
Mare Forza Nove fece una smorfia, abbassò il capo e sbuffò.
“E sentiamo, viso pallido, qual è il tuo nome?” proseguì il Capo Tribù ormai lanciato nella conversazione. Il tizio con la paglietta gli stava già simpatico.
“Mi chiamo Monkey D. Rufy. Capitano della ciurma di cappello di paglia. Colui che diventerà il Re dei Pirati!” enunciò solennemente, portandosi teatralmente le mani ai fianchi.
“Ma si fa scrivere i testi da Usop?” sussurrò sarcastica Nami alle sue spalle.
“Sì” rispose serafico Zoro che era rimasto in disparte per tutto il tempo.
“Certo, perché tu li hai visti…” ribattè ironicamente la cartografa.
“Sì”
“Ah” e si zittì.
“Addirittura Re dei Pirati!” esclamò impressionato il Capo Tribù “Ammiro le persone dalle grandi aspirazioni!” e riducendo poi la voce ad un sussurro “Non come mio figlio che spera solo che schiatti per poter prendere il mio posto per passaggio d’eredità!”
“Padre, ma che state dicendo?! Lo sapete che non è vero!”
Vento Sedici Nodi (ecc ecc) scoppiò a ridere.
“Lo so, lo so, ma dovresti vedere la tua faccia ogni volta che lo dico.”
Mare Forza Nove di nuovo abbassò il capo e sbuffò.
“Basta, ho deciso! Monkey D. Rufy, Cappello di Paglia, da me ora soprannominato Paglietta che Ride, e la sua tribù oceanica, saranno ospiti di questo villaggio! Che venga organizzata una festa in onore dei nostri ospiti!” esclamò suscitando stupore generale, ed entusiasmo da parte di Rufy.
“Ma padre, attraversavano il territorio sacro del…” cercò di contrastarlo il figlio.
“Oh piantala figliolo! Al diavolo le superstizioni e le tradizioni obsolete! Poi ci lamentiamo del fatto che nei Western sono sempre gli indiani a fare la parte dei cattivi!”
 
 
**
 
C’era un cielo stellato sopra di lui e il tintinnio di mille monete trillava allegro nelle sue orecchie.
Le Chad era nudo, completamente nudo. E sguazzava in un mare di monete d’oro e pietre preziose.
“Il mondo è miooooooooooooooooooo” intonava felice come una pasqua, crogiolando in completa e assoluta estasi.
“CAPITANO!” una voce, e poi un terremoto improvviso. Un vortice al centro del suo mare di monete e tutti i suoi averi che venivano risucchiati in una cavità oscura e terribile.
“Noooooooooooooooooooooo! Il mio tessssorrrrro, il mio meraviglioso tessssooooooooooooooro!”
Si svegliò di soprassalto solo per trovarsi di fronte il faccione ansioso di Geremia, che lo scoteva e lo richiamava.
“Brutto pezzente!” lo apostrofò affatto gentile, tirandogli una botta in testa.
Il povero mozzo si scostò, scioccato dall’assoluta mancanza di gratitudine del capitano.
“M-ma io cercavo solo di…”
“Svegliarmi!? E ci sei riuscito benissimo, dannato animale da cambusa! Topo di fogna bavoso! Lombrico viscido della Malesia!”
Geremia fece una smorfia e si ritrasse, senza più dire una sola parola.
“Allora come è qui la situazione? Ancora non li avete trovati?”
Il mormorio della ciurma alle sue spalle fu piuttosto eloquente.
“E che ci facciamo ancora qui?! Andiamo, no? Ma tu pensa se devo fare tutto io!”
E così dicendo prese a camminare verso il deserto sconfinato. Si voltò però dopo qualche metro, rendendosi conto che nessuno lo stava seguendo.
“Mbè? Vi pesa il culo?” ragionò, intrecciando le braccia al petto, sentendo il nitrito dei cavalli che la ciurma aveva radunato.
Le Chad si accigliò ma non diede a vedere di aver compreso il clamoroso errore che aveva fatto.
Tornò sui suoi passi borbottando.
 
**
 
La festa era stata allestita con estremo successo.
Nemmeno un paio d’ore e tutto era pronto come se vi si fossero impiegati giorni interi.
La “piazza” del villaggio era piena di gente e luci colorate. Un grande falò veniva acceso al centro, mentre la notte scendeva inesorabile sul deserto.
“Ebbene che la festa abbia inizio!” ciarlò festivo il capo tribù, ributtandosi seduto sul suo trespolo accanto a una giovane quieta e fiera.
Mare Forza Nove se ne stava in disparte circondato da alcuni scagnozzi della sua banda, ad osservare, accigliato, gli ospiti d’onore di quella assurda festa.
“Teneteli d’occhio” fece con voce lugubre e lo sguardo ferino “Non mi fido di loro, né delle capacità di giudizio di mio padre”
Gli scagnozzi annuirono a tempo, seguendo il ritmo sincopato dei tamburi della festa, braccia intrecciate sul petto.
“Ommioddio!” la voce di Sanji superò persino quella del capitano che per primo aveva manifestato enorme entusiasmo per il menù carnivoro della serata “Ma quelle ragazze indossano solo un gonnellino e un reggiseno di pelle!” e cuori volanti a profusione per gentile concessione.
La ragazza che sedeva accanto al capo tribù si rimise in piedi, osservando con estremo interesse quel ragazzo tanto carino con i capelli del grano maturo.
Si unì a sorpresa alle danze al centro della piazza, prendendo a seguire la coinvolgente coreografia.
Il capo tribù batteva le mani entusiasta e fumava un lungo calumet dal singolare fumo verdastro.
“Sanji, credo tu abbia fatto di nuovo colpo” gli fece presente Nami, quando scorse le occhiate eloquenti che la ragazza dirigeva al giovane cuoco.
“Naaaaaaa, tu dici?” esclamò Sanji affatto capace di mantenere un contegno, in netto contrasto con quello che asseriva.
“Chissà se anche fra gli indiani esistono aspirazioni da travestitismo” esalò lugubremente Zoro, sorseggiando quello che sembrava un ottimo nettare alcolico.
“Taci Marimo!” rispose Sanji, punto sul vivo. Questa volta era sicuro di non sbagliare. Il suo girl detector puntava nella direzione giusta. Quella era indubbiamente una ragazza.
Quando la vide avanzare verso di lui, continuando a mantenere il ritmo delle danze, si rimise in piedi.
“Guarda e impara, pivello!” fece a Zoro che per tutta risposta guardò altrove e fissò lo sguardo sulla ghenga di Mare Forza Nove. Di certo non dimostravano un atteggiamento amichevole.
La giovane aveva coinvolto un incredulo Sanji ed ora ballava con lui attorno al grande falò.
“Wow, stasera Sanji va alla grande” ciarlò Nami, senza riuscire a trattenersi dal battere le mani a ritmo.
“La figlia del Capo Tribù” aggiunse Zoro, posando cautamente a terra il suo boccale di nettare ormai vuoto.
“Sul serio?” domandò sorpresa la ragazza, collegando solo dopo il fatto che la giovane sedeva nel posto esclusivo accanto a Vento Sedici Nodi (ecc ecc). Fece per dire altro, ma Zoro si era levato in piedi, diretto verso mete sconosciute.
Nami non disse altro e tornò a guardare lo spettacolo, riprendendo a ballare da seduta.
 
Rufy nel frattempo si era avvicinato al Capo Tribù.
“Questa è la festa più meravigliosa che mi sia capitato di essere invitato!” lo lusingò inghiottendo la grossa coscia di un animale sconosciuto.
Vento Sedici Nodi (ecc ecc) rise della sua affermazione.
“Ed da parte mia sono anni che non riesco a organizzare una festa degna di questo nome per degli stranieri!” esclamò l’uomo, che si afflosciava viepiù sul suo tappetino, fumando con vigore.
“Sul serio?” domandò Rufy, continuando a smozzicare carne e lanciare sputacchi a destra e a manca, senza preoccuparsi di risultare maleducato “Eppure sembrate un villaggio proprio festaiolo”
“Lo siamo” confermò Vento Sedici Nodi (ecc ecc) “Il problema è che, in genere teniamo per noi i festeggiamenti”
“E perché mai?” domandò perplesso Rufy con la bocca gonfia di cibo.
Il Capo tribù si strinse nelle spalle.
“Ho un figlio molto ligio al dovere. Troppo ligio al dovere. Scaccia gli stranieri prima che possano raggiungere i confini delle nostre terre. L’esperienza lo ha reso diffidente.”
“Quale esperienza?”
Vento Sedici Nodi (ecc ecc) si incupì leggermente, rilasciando una lunga scia di fumo verde nell’aria.
“La mia compagna, sua madre, fu uccisa da un cavaliere solitario”
Rufy inghiottì rumorosamente e rimase a fissarlo per un lungo attimo.
“Mi dispiace”
“Oh, è storia vecchia ormai” lo rassicurò l’uomo, dandogli una poderosa pacca sulla spalla “Ma sono felice che non sia riuscito a scacciare voi!” e così dicendo porse a Rufy il suo calumet.
“E’ una tradizione” disse solo, notando l’esitazione di cappello di paglia “La prenderei sul personale se rifiutassi almeno un tiro”
“Non sia mai!” esclamò allora il ragazzo.
Qualche attimo dopo si sentirono solo poderosi colpi di tosse e le fragorose risate del capo tribù.
 
“Fermo” la voce di Zoro nell’oscurità e una lama alla schiena di un indiano che teneva fra le mani un arco puntato in direzione della piazza dove si svolgevano le danze.
“Posa l’arma straniero, questi non sono affari che ti riguardano” sussurrò l’indiano. La sua voce tradiva però una certa agitazione.
“Lo sono eccome se si punta un’arma in direzione di un mio compagno.”
Sanji, ignaro di tutto, ancora danzava con la giovane, in un misto di entusiasmo ed estasi pura.
“Sto eseguendo un ordine” fu tutto quello che ebbe da dirgli l’indiano.
“A-ah” fece Zoro, puntando meglio la lama “E immagino che il figlio del Capo Tribù sappia esattamente di cosa stai parlando, vero?”
“Esattamente” una terza voce si unì al coro. Dalla boscaglia, fece capolino Mare Forza Nove, accompagnato da un paio di corpulenti omoni a petto nudo.
“Libera il mio uomo” ordinò con voce ferma.
Zoro si limitò a scuotere la testa.
“Se ordini ai tuoi di lasciare in pace me e i miei compagni di viaggio. Siamo qui solo di passaggio. E non vogliamo far altro che rilassarci e divertirci.”
“Divertirvi?” disse Mare Forza Nove, arrivando accanto ai due. L’indiano di fronte a Zoro rigido come un pezzo di marmo. Solo le braccia tremavano e gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
“Il tuo cosiddetto compagno di viaggio, sta flirtando con quella che si dia il caso essere mia sorella!”
Zoro piegò le labbra in un sorriso storto.
“Se il capo Tribù non ha niente da dire a riguardo, mi chiedo perché te ne debba occupare tu.” Rispose strafottente.
“Tu!” esclamò Mare Forza Nove, spintonando l’indiano preso di mira, fino a farlo cadere a terra, così da poter fronteggiare liberamente Zoro. Posò volontariamente lo stomaco alla lama della katana che lo spadaccino ancora teneva fra le mani.
“Mia sorella ha quattordici anni” sibilò “E a quattordici anni, si dà il caso che qui, le donne, siano in età da marito! E gli Spiriti solo sanno quanto io impedirò che mia sorella scelga per marito lo straniero Cecato Danocchio!”
Cecato da che?” chiese Zoro, improvvisamente solo molto perplesso.
Danocchio” rispose serafico  Mare Forza Nove, come avesse momentaneamente dimenticato la diatriba in corso “E’ il nickname indiano che mio padre vuole donare allo straniero col ciuffo. Così come a tutti voi stranieri. Ma è una sorpresa di fine serata…” si interruppe e abbassò la voce “Tienilo per te, mh?”
Zoro si ritrovò ad annuire con espressione assolutamente impagabile.
“Comunque!” gracchiò il figlio del capo tribù, di nuovo ostile “Impedirò questo matrimonio con tutte le mie forze. A costo di finire nel sangue!”
“Ehi, frena, amico” lo interruppe Zoro, abbassando leggermente l’arma “Cerchiamo di essere ragionevoli, ah?”
Rinfoderò definitivamente la katana, suscitando un certo smarrimento.
“Sanji non allungherà un dito su tua sorella. Questo posso assicurartelo”
“E credi che possa fidarmi della parola di uno straniero?” indagò Mare Forza Nove, sfoggiando la stessa identica espressione corrucciata di Zoro.
“Non di uno straniero” specificò lo spadaccino, ergendosi maestoso contro il cielo scuro “Di un samurai”
E la magnificenza del momento suscitò sgomento e rispetto generale.
Mare Forza Nove non riuscì a riprendersi abbastanza velocemente da quel solenne attimo che Zoro si era già dileguato.
 
“Ha quattordici anni” sibilò lo spadaccino al cuoco, passando casualmente sulla pista da ballo.
Sanji raggelò internamente e arretrò inorridito dall’adolescente in evidente subbuglio ormonale.
 
“Ehi, guarda! Anche Zoro balla!” esclamò Chopper, vedendo lo spadaccino che tentava di schivare gli inspiegabili calci di Sanji.
 
“Il samurai ha mantenuto la promessa” sentenziò riconoscente Mare Forza Nove “Forse possiamo fidarci degli stranieri” I suoi scagnozzi annuirono a ritmo di musica in posa da rapper.
 
“Guarda Robin, ho trovato una moneta” ciarlò Nami, balzando sul posto. Un ometto bicentenario e tremebondo le si avvicinò ringhiante “E’ uno dei miei denti, ragazzina!”
“M-mi scusi, non avevo intenzione di…”
“Oh, ragazzina dai capelli a carota, prevedo disastri e morte per il proseguimento del vostro viaggio” disse, afferrando prontamente il suo presunto dente, alitandole in faccia il rigurgito di una cena andata a male.
Nami si fece aria e lo guardò perplessa.
“Che vuol dire, mi scusi?”
“Quello che ho detto.”
“Sì, ma disastri e morte non è esattamente quando di più preciso esista come previsione” si intromise Robin, aiutando Nami a farsi aria con un altro paio di mani, sbucate da chissà dove.
L’ometto la fissò con tanto d’occhi al prodigio.
“Lo Spirito dalle mille mani” esalò con aria mistica “Disastro e morteeeeeeeeeee. Moooorteeeeee”
Usop che aveva sentito tutto si portò una mano al cavallo dei pantaloni, per una strizzatina di testicoli.
“Moooooooooooooooorteeeeeeeeeeeeeeeee” la tribù tutta seguì Usop nel gesto scaramantico.
“Mooooooooo-”
“Oh basta, vecchio!” lo interruppe Vento Sedici Nodi (ecc ecc) rimettendosi in piedi non con poca fatica “Potresti evitare di nominare la morte in una serata tanto piacevole?”
Il vecchio fece una smorfia e si corrucciò notevolmente.
“Nessuno più dà credito a Libeccio Mistico” borbottò, raccogliendo il bastone che gli era caduto dall’enfasi mortuaria “Lo stregone della tribù, e nessuno gli dà ascolto. Sprofonderete in disastri e..”
“Mooooooooooooorteeeeeeeeeeeeeeeeeee!” gli fece eco l’intera tribù, facendolo sobbalzare e inconsciamente emulare strizzate pallistiche.

Rufy proruppe in una fragorosa risata e la festa riprese.
 
… e durò per tutta la notte.





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