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Autore: meiousetsuna    18/04/2017    3 recensioni
Benvenuti su questa minilong, movieverse del romantico film: “Vi presento Joe Black”.
Un anticipo del testo?
A John piaceva l’imprevisto, esserci nel momento cruciale per salvare una vita umana. Le barelle che trasportavano i feriti in qualche incidente, o i sopravvissuti ad una sparatoria lo portavano direttamente sul campo di battaglia. Bloccava emorragie, estraeva pallottole, tentava soluzioni audaci e rapide, pressoché sempre con successo.
A pochi metri dall’ospedale c’era una deliziosa tavola calda italiana, “Da Angelo”. John aprì la porta salutando con la mano, come ogni giorno. C’era un ragazzo, di spalle, accanto a lui, che parlava al telefono ad una velocità quasi disumana, come se bombardare l’interlocutore di istruzioni dovesse convincerlo a fare quello che chiedeva. Il dottore non era pettegolo, ma non poteva smettere di ascoltare o staccare gli occhi da quella figura alta, elegante, sovrastata da una chioma bruna di notevole bellezza. Per un attimo sperò che non si girasse, perché la cosa più incredibile del personaggio in questione era la voce. Profonda, vellutata, avvolgente. Che gli scivolava addosso come se fosse nudo, e potesse sentirla sulla pelle. E meno male che gli piacevano le donne, ripeté a se stesso.
love, Setsuna
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Lime, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Grazie infinite ad Emerenziano, CreepyDoll, Sora_ale, Iryland, af_Eleven_ ,baileyzabini90, clelia91, Saeros25, Phoenix369, Harryet, Maheibellagenteh, Betely , Pixforever, Nina98, aleprincy, Derveni, Trailunwinki, per aver recensito, preferito e/o seguito…
Mi scuso nuovamente di aver scelto il rating arancione, senza tornare sui miei passi… credo che questo abbia fatto fuggire molti lettori!

Capitolo 4: I will lie for You, I’ll die for You

Sherlock gli dedicò uno sguardo che da solo avrebbe fugato qualunque dubbio sulla concretezza delle sue intenzioni.
“Ma io desidero soltanto te, perché sei speciale, così pieno di luce. John? C’è qualcosa che non va in quello che faccio?”
“No! Perché lo chiedi? Sono io che ti do questa impressione?”
“Hai un’espressione triste, forse vorresti che la avessi anch’io, anche se non capisco il motivo”.
“Non è così, è che… ecco, fare l’amore con qualcuno è una cosa seria, se la persona ti piace davvero”. John inghiottì a fatica dopo quella frase. Si sentiva più esposto negli ultimi minuti di quanto lo fosse stato nel resto della sua vita.
“Quindi non dovrei sorridere o divertirmi, o essere felice. È sbagliato?”
“Sarebbe bellissimo! Io, intendevo… si preferisce mostrare altre emozioni, è un codice, si può dire”.
Sherlock liberò una sottile risata cristallina che risuonò direttamente nel cervello del dottore come un tintinnio di campanellini.
“I codici degli altri non valgono nulla, per me. Io mi aspetto che stia per succedere qualcosa di bellissimo, e ho scelto di farti capire quanto mi starà piacendo. Tu puoi fare come vuoi”.
La creatura risollevò John facendolo appoggiare sull’orlo della sdraio, poi ebbe un ripensamento.
“Vorresti alzarti e spogliarti per me?”
Solo il giorno prima questa richiesta farebbe stata accolta da una colorita bestemmia, ma niente fu più naturale per il dottore che improvvisare un impacciato spogliarello, quasi in uno stato ipnotico, per poi correre a sedersi vicino a Sherlock.
“Ora, ecco…” Un secondo dopo le dita del bruno erano tra i suoi capelli corti del colore del sole, afferrandoli per avvicinare le sue labbra alle proprie.
“Riprendiamo da oggi pomeriggio, vuoi?”
Oh sì, John era decisamente d’accordo, pensò mentre si baciavano assaporando il gusto delle loro bocche, le mani che scorrevano a scoprire i contorni delle forme, la consistenza della pelle, tocchi lievi e terribilmente inebrianti.
D’improvviso Sherlock lanciò via il telo, provocando una serie di scosse elettriche nel corpo del suo innamorato che lo tagliarono a metà, lasciandolo senza fiato.
Soddisfatto dell’effetto ottenuto, l’essere sovrannaturale si lasciò andare facendo pendere un braccio verso il pavimento, l’altro sotto il viso, facendo segno con gli occhi che era pronto per lui.
“No, non così” John lo risollevò con una mano sotto il petto, facendolo stendere sulla schiena “abbiamo detto dolcemente. E devo andare a cercare qualcosa nella mia borsa da medico”.
“Cosa?” Non c’era malizia nella domanda, solo pura curiosità, il che mise John doppiamente in imbarazzo, facendolo avvampare fino alle orecchie.
“Uhm… per non rischiare di provocarti dolore, non potrei perdonarmelo. Serve per qualche visita, sai. La vaselina”.
Sherlock restò interdetto per un secondo, poi liberò una risata trattenendola tra le labbra socchiuse, che risuonò bassa e così seducente da far temere a John di avere un orgasmo solo ascoltandola.
“Vuoi giocare al dottore e l’ammalato, vero? Molti tuoi colleghi lo fanno”.
“Cosa?”
“In ospedale, mentre ti aspettavo ho ascoltato; quando si trattava di una donna giovane o un ragazzo grazioso molti medici speravano che toccasse a loro. Ho capito cosa vorresti usare”.
“Questo è orribile, sono persone malate! Noi dobbiamo pensare solo al loro benessere!”
“Ecco perché ho scelto te. Sei un’anima innocente, John, così tanto… è quello che ho sempre cercato. Ora però devi pensare solo a me. Visitami, se ti piace d’idea. Senza prendere nulla, non serve, fidati; basti tu”.
Se da una parte John si sentiva una specie di mostro profittatore del ragazzo più naïve che avesse incontrato in una città come Londra, dall’altra una strana consapevolezza lo calmava, anzi gli suggeriva di essere lui quello dominato; ma questo andava molto più che bene.
Percorse timidamente con le labbra il torace glabro di Sherlock, con la sua consistenza di seta, e un profumo naturale che non credeva che qualcuno potesse avere, come di petali di fiori appena caduti, che liberano la loro fragranza più preziosa.
Si fermò, alzando lo sguardo in quello azzurro, che adesso pareva acceso di fiammelle blu scuro, quasi diaboliche, invitanti come niente altro al mondo.
Spaventato di fargli male iniziò ad accarezzarlo dentro, pianissimo, guidato dai sospiri lascivi di Sherlock, che non erano certo quelli di qualcuno che soffrisse.
Quando poi, muovendosi senza interrompere mai il contatto visivo con quelle iridi splendide, John si perse in lui, credette di morire per il piacere.
Questo pensiero doveva essersi propagato nel corpo e nella mente del suo amante, perché Sherlock sorrise mentre si inarcava sotto di lui, bisbigliando: “Forse è possibile, John. Ma vuoi continuare, dimmi di sì. È più meraviglioso di quanto potessi mai immaginare. Perché sei tu”.
Non serviva altro perché John smettesse finalmente di tormentarsi, trovando un ritmo leggero che contrastava col suo cuore impazzito, sapendo che era tutto vero. Non stava sognando, eppure fare l'amore col ragazzo più bello, brillante e misterioso come un cielo a mezzanotte era qualcosa che avrebbe escluso dal range delle sue possibilità.
Invece era lì con lui, che gli scivolava dentro, ed era la cosa più naturale e giusta del mondo; non avrebbe voluto smettere mai, e sentiva dai gemiti rochi che il suo amante lo invitava a muoversi in modo più deciso.
Si lasciò andare sempre di più, finché senti le dita sottili di Sherlock prendergli il viso per avvicinarlo al suo, quelle labbra fresche che sigillavano le sue, versandogli il respiro spezzato dal culmine del piacere nella bocca perché se ne impadronisse. Pochi secondi dopo la stessa estasi prese il sopravvento, e John lo raggiunse nel loro spazio fuori dal mondo.

Quella mattina anche uno stupido avrebbe notato qualcosa di diverso in Sherlock, e Gregory certamente non lo era.
Se possibile, la creatura sovrannaturale che si aggirava nel suo soggiorno con un sorriso morbido e gli occhi di un celeste insolitamente caldo era ancora più strabiliante di quanto lo fosse normalmente.
Se fosse stato un ragazzo qualsiasi l’avrebbe considerato innamorato perso, ma quella circostanza era ben diversa.
“Ti sei sbattuto mio figlio”.
Sherlock si girò verso l’uomo, mimando un’espressione scandalizzata.
“Che linguaggio volgare, Lestrade”.
“Immagino che tutti ti rivolgano complimenti, di solito! Sei piombato qui a rovinare la mia vita, anzi a terminarla, mi tieni sospeso ai tuoi capricci e non chiedi il mio permesso per avvicinare John, e farlo soffrire per causa tua?”
“Attento, Gregory, mi stai sfidando. Io non chiedo permessi e tu non costituisci eccezione: perché dovresti? Hai parlato tanto dell’eccitazione di un vero amore, e sto violando le mie stesse leggi per concederti del tempo. Ricordati cosa posso fare”.
Una lieve torsione della mano della Morte provocò una piccola fitta pungente al cuore di Greg, quel tanto da non permettergli di dimenticare.
“Ti prego. Ho solo paura per il mio ragazzo”. La voce di Lestrade era ferma, non chiedeva per sé, era davvero terrorizzato per John, la sua sincerità era palese per la creatura.
“È tardi per pensarci adesso. Sto meditando di portarvi via entrambi, lui mi piace immensamente. E se deciderò così non potrai farci niente”.
A Gregory non restò che inghiottire veleno e pregare che esistesse un dio che avesse compassione di loro.

John era sempre molto coscienzioso quando lavorava: era una vera vocazione la sua; non aveva scelto la medicina come carriera, ma come missione. Eppure, quella mattina, più di una volta aveva ceduto a un attimo di distrazione, mentre il suono monotono del campanello annunciava che l’ascensore dei visitatori stava salendo al piano. Ogni volta aveva sperato che la porta automatica si aprisse e una visione di ricci scuri e occhi trasparenti illuminasse il corridoio, per poi camminare verso di lui e… baciarlo in pubblico?
Non sarebbe fuggito, di sicuro. Guardassero pure, sarebbero solo stati invidiosi, anzi potevano anche fotografarli col telefono per quello che gli importava, ormai!
Quando più tardi lo scoprì nella stanza della signora Hudson non riuscì ad essere veramente sorpreso. Non l’aveva visto passare, ma c’era un dedalo di corridoi e scale dalle quali evidentemente era salito a piedi; trovarlo con Martha gli toccò il cuore più ancora di quanto aveva fatto con ogni bacio o carezza e decise di lasciarli parlare, lei era una donna fantastica, meritava ogni attenzione.
“Sei tornato… ma non ancora per portarmi via, vero? Stai sbagliando, lo sai? Stiamo soffrendo in molti, e tu non fai il tuo lavoro come dovresti”.
Sherlock fissò le pupille scure in quelle piene di dolore dell’anziana, cercando un coinvolgimento emotivo che non aveva mai provato da quando aveva memoria.
“Ti senti solo…” la voce di Martha era appena udibile “ma anche noi lo siamo quando moriamo. Abbiamo dei ricordi e li porteremo con noi. Anche tu puoi farlo, lasciami morire, ti prego”.
“Presto”. Sherlock si curvò su di lei, posandole sulla fronte il primo bacio di pietà che aveva mai dato nei millenni della sua esistenza.
Al suo rientro Sherlock si sentiva strano, ma scacciò via quel turbamento come un insetto fastidioso, convinto di essere entrato nella grande villa dei Lestrade prima del ritorno dei proprietari, ma si sbagliava.
Sprofondato in una comoda poltrona, con un bicchiere di cognac in mano ― e l’aria di averne già riempiti e vuotati molti ― Stamford lo stava aspettando, con la disperazione sul volto.
“Hey, Sherl! Disturbo? Posso parlare con te?”
“Certo, Mike. Tu sei sempre gentile”.
“Oh, credo che tu sia rimasto l’ultimo a pensarlo! Ho combinato il disastro più colossale che un uomo solo potesse fare, amico mio. La mia firma ha messo in ginocchio Greg: Molly non è interessata alla compagnia e ho potere anche per le sue quote, così ho fatto traboccare il vaso. Non so chi tu sia realmente, ma devi essere una persona di potere, Sherlock, è evidente. Fa’ qualcosa, se puoi, qualunque cosa”. L’uomo si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto tutto stropicciato. “Mia moglie mi deve odiare, in questo momento, anche se è così buona che cerca di non farmelo pesare”.
“A proposito, mi piacerebbe rivolgerti una domanda personale, se non ti disturba… come sai che ami Molly?”
“Come… è facile. Conosciamo i nostri difetti e li accettiamo senza riserve. Questo porta avanti un matrimonio. In più lei è talmente dolce. Hai visto, Greg preferisce John, è chiaro; non fare quella faccia, hum? Che lo preferisca tu va bene!” Mike strizzò l’occhio in direzione di un basito Sherlock “lei lo ha accettato, adora il fratello. Lui attira il sorriso, non so come dire”.
Il viso del bruno si illuminò dall’interno.
“Non potevi descriverlo meglio. Se sarà possibile ti aiuterò”.
Mike l’avrebbe abbracciato e baciato in quel momento, ma qualcosa che si poteva chiamare ‘senso di sopravvivenza’ lo tenne a debita distanza, seppure profondendosi in ringraziamenti anche solo per un possibile minimo tentativo. Il giorno seguente sarebbe stato il compleanno di Gregory e in quelle ventiquattro ore l’ultima speranza sarebbe scorsa via come sabbia in una clessidra. Sabbia troppo fine per poterla fermare, pensò. Ma forse Sherlock prescindeva ogni limite che conosceva fino  a quel momento.
Gregory era decisamente di diverso avviso, almeno sulla qualità di quei mancati limiti.
La festa del suo compleanno si sarebbe tenuta la sera successiva, ma egli era già col pensiero al suo termine. Si trattava di un conto alla rovescia che l’avrebbe visto finire i suoi giorni lasciando un tracollo dietro di sé.
“Sei pronto, Gregory? Aspetterò che tagli la torta e faccia il brindisi con i tuoi amici, voglio lasciarti un ricordo felice… mi è stato suggerito”.
“Hai riflettuto su John, come ti ho chiesto? Io sono pronto, era il nostro patto”.
“Sono innamorato di lui, lo porterò con noi, anzi per l’esattezza con me, e questo non è negoziabile”.
Lestrade capì che c’erano molti modi di morire, e quello fisico non era il peggiore. Non poteva lottare con la creatura, ma poteva parlarle esponendo il suo cuore.
“Non è amore, è una folle infatuazione. Tu puoi solo ferirlo, spezzare le sue speranze, infrangere la fiducia che ti ha dimostrata, sapendo che sarà solo per tua responsabilità. È davvero quello che desideri?”
“Voglio John e lo avrò!” Sherlock aveva gridato. Il suono della sua stessa voce alterata lo colpì con forza: lui non aveva motivi per arrabbiarsi in quel modo umano e inutile, non aveva mai avuto nemici che lo potessero preoccupare. E non fu il solo ad accorgersene.
“Stai litigando con me perché hai un dubbio, vero? In fondo sai che quello che ho detto è giusto. Hai bisogno di convincerti perché qualcosa sta cambiando in te. Stare vicino a mio figlio ti sta facendo apprezzare i sentimenti degli altri, ti fa sentire più buono, e hai paura”.
Per tutta risposta la Morte indirizzò un sorriso storto al suo opponente che poteva significare qualsiasi cosa: disprezzo, derisione, disgusto. O una morsa fastidiosa nel centro del petto alla quale non sapeva dare un nome.


Ringrazio chi è arrivato fin qui, e annuncio che il prossimo dovrebbe essere l’ultimo capitolo, più lungo degli altri. Proprio per questo potrei portare un leggero ritardo, visto che tra il 25 aprile e l’1 maggio non avrò neppure l’adsl quindi non starò al pc. Mi dispiace per la poca precisione della pubblicazione…
Per chi l’ha chiesto ^-^: il titolo del capitolo 2 era quello di uno dei film di James Bond, quello del capitolo 3 era ovviamente “Killing me softly”, questo è dalla canzone di Bryan Adams: Everything I Do


















  
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