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Autore: Montana    20/04/2017    1 recensioni
Inghilterra, 1914.
La Grande Guerra sta cominciando a scuotere l'Europa, e i suoi venti di distruzione e paura arrivano fino alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Newt Scamander vorrebbe solo occuparsi di bestie magiche.
Leta Lestrange ha progetti bizzarri e nessuno scrupolo.
Amelia Prewett farebbe qualunque cosa per non vedere i suoi amici soffrire.
Esperimenti contro natura, una storia d'amore, l'emblematica lealtà degli Hufflepuff.
E una sola, grande domanda: cos'è successo a Newt Scamander?
Genere: Azione, Generale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Lestrange, Newt Scamandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Newt Scamander's Saga'
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XIX
 
21 Marzo 1915
Infermeria
Mattina
 
Amy era furibonda. Le sembrava letteralmente di poter esplodere da un momento all’altro: con tutto quello che gli aveva fatto, Newt aveva deciso di sacrificarsi per Leta? Dopo che aveva provato ad ucciderla?!
«Non ci posso credere!» gridò, facendo sobbalzare il mite Ravenclaw al suo fianco «Cosa diamine gli è successo? Tu eri con lui, dimmi che gli ha fatto qualcosa, dimmi che non l’ha difesa di sua spontanea volontà!»
«Io sono riuscito a parlargli solo dopo che il Preside aveva già deciso per l’espulsione, ma era perfettamente in sé. Mi ha detto che non avrei capito e di lasciar perdere. Mi dispiace Amy, non so davvero cosa dire.»
«Oh, lo so benissimo io cosa dire! Dov’è? Voglio che tu lo vada a prendere e me lo porti qui!»
«Dopo ieri pomeriggio non penso gli sia permesso di venirti a trovare…»
«Ieri pomeriggio?»
«Sì, quando hai rischiato di morire. Graham ha perso la testa, gli ha spaccato il naso e gli ha intimato di non tornare mai più a trovarti. Ha detto che la colpa di quel che era successo era solo sua, e le infermiere sono state d’accordo a quanto pare perché gli hanno vietato di tornare.»
«Ah è così? Fantastico! Vorrà dire che andrò io da lui, allora!» rispose l’agguerrita Amy scostando bruscamente le coperte e alzandosi a sedere.
«Oh, non ci pensare neanche! Sei convalescente, e non da una semplice influenza. Non so se te lo ricordi, ma un unicorno impazzito ha infilato il suo stramaledetto corno direttamente nelle tue viscere!» le gridò l’amico in risposta, mettendole le mani sulle spalle per tenerla giù.
«Già, per colpa di una pazza omicida che ne uscirà incolume perché il mio migliore amico si è costituito al suo posto!»
«Non penso che se tu uscissi di qui e ti sentissi male miglioreresti la posizione di Newt!»
«Non voglio migliorare la sua posizione, voglio capire perché l’ha fatto!»
«Cosa sta succedendo qui?»
La gara di urla fra i due amici aveva richiamato l’attenzione della capo infermiera.
«Signor Boot, vuole che il permesso di visita venga revocato anche a lei? E lei, signorina Prewett, cosa ci fa per metà fuori dal letto?»
«Vuole andarsene!» «E sta’ zitto una buona volta!»
«Signorina Prewett, questo è fuori discussione! Le ricordo che ha appena ripreso conoscenza in maniera stabile dopo un intervento molto pericoloso, deve stare a riposo per qualche giorno.»
«E io le ricordo che sono maggiorenne quindi decido io cosa posso o non posso fare!»
«Non funziona così, signorina Prewett per ferite come la sua, il protocollo è diverso e non si tiene conto dell’eventuale maggiore età del paziente.»
«Ma io sono maggiorenne! Non potete sequestrarmi qui!»
«Signorina Prewett, la smetta o sarò costretta a darle del Distillato della Pace per sedarla!»
Amy chiuse immediatamente la bocca, lanciò un’occhiata di fuoco all’infermiera e tornò a sprofondare nel cuscino.
«Bene, signorina Prewett. La lascio a lei, signor Boot. Non esiti a chiamarmi se dovessero esserci altri problemi.» disse l’infermiera congedandosi.
«Sai, a volte penso che tuo fratello abbia ragione, sei una Gryffindor mancata.» le disse Doug rimboccandole le coperte.
«Sparisci. Dov’è la mia bacchetta?»
«Lì sul comodino, non credo si sia danneggiata nell’incidente. La vuoi provare?»
«No, al momento voglio riposarmi un po’. Forse tutte quelle urla mi hanno davvero spossata.»
«Sei sicura? Ora che ti sei finalmente svegliata non so quanto sia sano riaddormentarsi…»
«Per Merlino, non posso più fare nulla? Nemmeno dormire? Dai, vai a lezione e cerca di trovare Newt. Io dormo un po’, così magari l’infermiera sarà più bendisposta nei miei confronti.»
«Va bene, ma resto finché non ti addormenti.»
Amy sorrise e chiuse gli occhi. Com’era fragile, così pallida e abbandonata sul cuscino.
Quando fu certo che l’amica si fosse addormentata, uscì dall’Infermeria per andare nella sua Sala Comune, in quanto non aveva lezioni prima di pranzo.
Sulla via della Torre si ritrovò a pensare a quello che aveva detto ad Amy: qualcosa dei geni Gryffindor che giravano nella sua famiglia doveva essere passato anche a lei, perché era capace di unire alla pazienza e alla lealtà della sua Casa un tratto fondamentale dei grifoni: la testardaggine.
Un pensiero gli attraversò la mente, bloccandolo sul posto. E in quel momento si disse che con lui il Cappello Parlante aveva sbagliato in pieno, perché nessun Ravenclaw degno di essere tale si sarebbe fatto fregare in quella maniera.
Tornò correndo in infermeria, sperando di essersi sbagliato, ma ad aspettarlo trovò solo un letto vuoto.
 
Paul Sharps era un piccolo undicenne nato babbano, Hufflepuff, che già nella sua prima sera ad Hogwarts era stato spaventato a morte dai fantasmi che si aggiravano fra le mura della scuola. La cosa lo sveva leggermente traumatizzato, riusciva a sopportare giusto il fantasma di Hufflepuff perché era bonario e gentile, ma gli altri proprio non li poteva vedere.
Quella mattina era uscito dalla classe di Trasfigurazione in anticipo con una zampa di leone al posto di una mano a causa di un incantesimo sbagliato, e stava andando in Infermeria a farsi sistemare, quando una figura vestita di bianco apparve in fondo al corridoio, gelandolo sul posto. La figura non si muoveva velocemente e silenziosamente come un fantasma, ma il povero ragazzino ne fu comunque terrorizzato, e la sua paura non fece che aumentare quando finalmente la figura lo raggiunse e lui riconobbe la Caposcuola Prewett, avvolta in una camicia da notte da ospedale, che avanzava trascinando leggermente una gamba e con un’espressione sul viso che indicava morte. La Caposcuola gli passò accanto senza considerarlo e lui si convinse di aver appena visto il fantasma di una persona appena morta. Inutile dire che il suo conseguente svenimento rallentò Doug, che si era lanciato all’inseguimento dell’amica e si vide costretto a portare il bambino in Infermeria.
 
Amy sapeva che non era stata l’idea più geniale della sua vita, ogni passo era una stilettata nella ferita, con le scarpe slacciate infilate in fretta e furia rischiava continuamente di inciampare e la camicia da notte che le avevano infilato non era adatta all’umidità delle pietre dei sotterranei. Ma quella che aveva avuto Newt era ancora peggio, e a lei importava solo questo.
Arrivò alla pila di barili, batté a stento il tempo giusto e si trascinò nella Sala Comune deserta. Arrivata alla porta del dormitorio maschile del settimo anno, la trovò chiusa a chiave.
«Oh no caro mio, adesso non mi scappi. Reducto!» gridò, facendo saltare la serratura. Poi entrò nella stanza a passo di carica e al grido di «Scamander!»
Newt, spaventato dal botto, era fermo davanti al suo letto, il baule semipieno ai suoi piedi. Aveva un occhio nero, e quando riconobbe Amy sul suo viso si dipinse un’espressione mista fra tristezza, senso di colpa e sollievo.
«Come ti sei permesso?» continuò ad urlare lei, avvicinandosi lentamente «Come ti è venuto in mente di fare una cosa simile? Come ti sei permesso di trattarmi in questo modo? Come ti sei permesso?»
La vista le si annebbiò per qualche secondo e vacillò pericolosamente. Newt, spaventato, le corse incontro e la sorresse.
«Non mi toccare» sussurrò lei, stringendo gli occhi perché il mondo attorno a lei smettesse di girare.
«Scusami» rispose lui, senza smettere di tenerla su.
Quando la visione tornò nitida e il mondo si fermò, Amy si scostò bruscamente dal ragazzo «Ora mi dici che diavolo di problemi hai prima che ti spedisca nell’oblio con un incantesimo»
«Che problemi hai tu! Cosa ci fai fuori dall’Infermeria? Mi hai fatto prendere un colpo, pensavo ti saresti sentita male»
«Oh, non pensavo che ti importasse così tanto. Dopotutto ti sei costituito al posto della persona che mi ha ridotta in questo stato.»
Lui abbassò la testa «È complicato, non capiresti. Lascia perdere»
«Questa frase potrà aver funzionato con Doug, e visto quanto appena successo non me ne stupisco, ma con me non attacca.»
Newt rimase zitto.
«L’hai vista la mia ferita? Lo sai che male ha fatto il corno che si infilava nella carne, puoi anche solo immaginare com’è stato aspettare la morte al chiaro di luna, da sola in una radura in mezzo alla Foresta Proibita?»
«Lo so!» esplose a quel punto Newt «Ti ho trovata io! Ho vagato per la Foresta pregando che tu fossi ancora viva, di poterti salvare, e quando ti ho trovata ho temuto che non saresti mai riuscita ad arrivare viva al Castello. Credi che non mi ricordi il sangue, le lacrime, il tuo braccio spezzato? Credevo mi fossi morta fra le braccia! Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia»
«E allora perché l’hai fatto?» gridò lei, sempre più forte.
«Per Leta. La sua famiglia non avrebbe mai accettato una cosa simile»
«Per Leta? Per la sua famiglia?»
«Amy, tu conosci bene Lucrezia Black, sai come sono fatte le famiglie di Purosangue come le loro: un’espulsione non sarebbe mai stata accettata. Men che meno per esperimenti sugli animali e tentato omicidio. Io sono già la pecora nera della mia famiglia, la mia condizione non poteva peggiorare»
Amy lo fissava con occhi carichi di rabbia «Non m’interessa se ritieni il futuro di Leta Lestrange più importante del tuo. Quello che non riesco ad accettare è che tu ritenga il futuro di Leta Lestrange più importante della mia vita»
«L’hai detto tu, siamo Hufflepuff, leali alla causa, anche se è una causa persa»
Lei annuì, improvvisamente fredda «Non posso certo obbligarti ad essere fedele ad una causa che non ritieni tua, ma dopo tutto questo posso dirti che mi pento di aver fatto di te la mia. Ciao Newton, grazie di avermi salvato la vita. Buona fortuna con la tua, che hai rovinato tu stesso.» disse, e girò sui tacchi per andarsene.
«Amy, ti prego, aspetta!»
«Mi pare di aver già aspettato abbastanza.»
«Per favore, lo so che sei arrabbiata ma ti prego di perdonarmi. Non farmi passare la mia ultima giornata ad Hogwarts da solo e distrutto dai sensi di colpa.»
Lei si voltò di scatto «La tua ultima giornata ad Hogwarts? Ma Doug ha detto che avevi tre giorni a tua disposizione.»
Lui fece un sorriso triste «Tre giorni dalla decisione del Preside. Theseus mi verrà a prendere dall’ufficio del Preside domani mattina. Credevo di dovermene andare senza rivederti mai più.»
Amy sentì gli occhi riempirsi di lacrime «Non capisco davvero perché tu l’abbia fatto.»
«Lo so. È difficile da spiegare persino per me. Forse perché è un po’ colpa anche mia, siete sempre state una contro l’altra perché c’ero io. Forse perché non volevo che nessuno di noi fosse vittima delle certe ripercussioni degli Slytherin.»
«Forse perché sei troppo buono e ti fai manipolare.»
«Forse per quello, sì. Ma per favore, sii troppo buona anche tu e perdonami.»
Amy lo guardò, gli occhi pieni di lacrime, e annuì.
«Ti posso abbracciare?»
«Sì, ma piano, la ferita mi fa ancora male.»
Si strinsero forte, Amy piangeva e Newt si tratteneva a stento, gli pareva impossibile che fosse davvero lì viva tra le sue bracca, dopo aver rischiato così tante volte di perderla negli ultimi giorni.
A quel pensiero gli venne in mente una cosa «Ora che ci penso, non dovresti essere ancora in Infermeria?»
«Mi hanno già dimessa.»
«E perché sei ancora in camicia da notte?»
Amy ridacchiò «Diciamo che mi sono dimessa da sola… oh Merlino, sono nel dormitorio maschile con te in camicia da notte!» esclamò, separandosi dall’amico. Con un colpo di bacchetta trasformò la veste in un’uniforme, poi tornò a guardare l’amico.
«Amelia Prewett. Torna immediatamente in Infermeria! Hai subito delle lesioni molto gravi e sei rimasta incosciente per due giorni!» la rimproverò lui.
«Oh, sentilo. Dici le stesse cose di Doug, vi hanno dato un copione per caso?»
«Hai visto Doug? E ti ha lasciata scappare dall’Infermeria?»
«Non è andata esattamente così, ma non importa. Non ci torno in Infermeria, è il tuo ultimo giorno ad Hogwarts, dobbiamo fare qualcosa di speciale! Come avevamo progettato, ricordi?»
L’anno precedente, l’ultimo giorno avevano deciso che avrebbero trascorso la notte del loro ultimissimo giorno ad Howgarts a girare per il castello, ripercorrendo i corridoi per un’ultima volta e con essi le storie e le avventure che avevano passato in quella scuola negli ultimi sette anni.
«Sì, mi ricordo, ma quello lo possiamo fare solo di notte. Non puoi tornare in Infermeria e farti dimettere stasera?»
«Non credo che le infermiere mi permetterebbero di andarmene di nuovo, se mai dovessi ricapitare tra le loro grinfie. Dunque, hai qualche idea su cosa potremmo fare?»
Lui rimuginò qualche secondo, poi il suo viso si illuminò «Oh, eccome! È giunto il momento di farti vedere una cosa davvero speciale.»
Corse al suo letto, ancora ingombro degli ultimi vestiti da mettere nel baule, e si inginocchiò per prendere qualcosa nascosto sotto al letto, una strana valigia marrone che Amy non ricordava di aver mai visto.
«Una valigia? È questa la cosa tanto speciale?»
«Non partire prevenuta, dai! Guarda, si fa così. È una valigia vuota, no? Ora la appoggio sul pavimento, tu vienimi dietro.» le disse, e ci infilò i piedi dentro. Quando cominciò a scendere una scala invisibile, Amy emise un verso di stupore.
«Non aver paura, dai! Non ti succederà niente, te lo prometto.»
Con un sospiro, Amy seguì l’amico all’interno della valigia.
 
Newt aspettò che Amy fosse sana e salva all’interno del suo magico nascondiglio poi accese la luce. La ragazza si guardò attorno, stupita di trovarsi in una specie di piccolo studio «Da dove salta fuori questa cosa? È forte!»
«Oh, aspetta di vedere la parte migliore! Di qua, vieni.»
Newt aprì la porta del piccolo studio e fece uscire l’amica. Amy ebbe quasi un tuffo al cuore, quando vide dov’era.
Attorno a lei, per metri e metri, si spandeva una radura piena di creature fantastiche. Riconobbe uno Snaso, una famiglia di Asticelli, qualche Gumbumble e altre creature che non aveva mai visto.
«Allora, cosa ne pensi?» le chiese Newt, sorridendo all’espressione estasiata dell’amica.
«Newt, è meraviglioso! Ma come hai fatto?»
«E non è finita qui! Guarda, sono riuscito a dividerla in più ambienti, così tutti gli animali avranno il loro habitat naturale in cui stare. Su quelle rocce là al chiaro di luna ci sono dei Mooncalf, da qualche parte tra quegli alberi c’è un Jobberknoll, e quei buchi là in fondo li ha scavati un Jarvey.»
«Sono senza parole. Come ti è venuta un’idea simile? E dove hai trovato tutte queste creature?»
«L’idea, se devo essere sincero, non so ancora se sia venuta a me oppure no. Vedi, avevo trovato lo Snaso da poco e continuava a uscire dalla sacca dove lo tenevo, disturbando i miei compagni di stanza. Mi hanno chiesto di farlo sparire, ma non sapevo dove metterlo! Così un pomeriggio passavo per il corridoio del settimo piano pensando che dovevo assolutamente trovare un modo per contenerlo, e improvvisamente nel muro si è aperta una porta. Dentro una stanza che non avevo mai visto c’era questa valigia, vuota. Si può persino mettere in modalità babbanabile per sembrare una semplicissima valigia! Le creature le ho trovate sempre lì, facevano parte del serraglio di Leta, me le sono fatte consegnare.»
«Leta aveva un serraglio magico?»
«Dove provava i suoi esperimenti. Sei sicura di volerne parlare?»
Amy scosse la testa, ancora un po’ spaventata al pensiero della Lestrange «No, meglio di no. Dai, fammi fare un bel giro turistico, voglio conoscere tutti questi begli esserini!»

 
  
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