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Autore: Ivrine    08/06/2009    6 recensioni
Ho scritto questa storia un pò di tempo fa, prima che uscisse l'ultimo volume della saga della Meyer, stravolgendo un pò le cose, in un modo che potrà essere inaspettato o forse estremamente banale..chissà!
Immaginate che la storia tra Bella ed Edward fosse finita, immaginate che Bella si sia rifatta una vita, magari con un insospettabile Jacob…. Pensate che Bella possa dimenticare Edward per sempre?
- Caro Edward.. ti amo e ti amerò per sempre….
Aspetto i vostri commenti, le vostre recensioni o che semplicemente qualcuno la legga! Buona lettura!
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

Agire.

 

I will never let you fall
I'll stand up with you forever
I'll be there for you through it all
Even if saving you sends me to heaven

 

(Your Guardian Angel - Red Jumpsuit Apparatus)

 

 

 

 

Fra I pensieri di Daphne.

 

 

Non mi piacciono proprio questi due.

Odio quel sorriso finto di lei e lo sguardo cinico di lui.

Mi fanno paura, troppa.

Sento che qualcosa non va, qualcosa sta andando storto.

Ma cosa?

La mamma mi sorride, sembra tranquilla.

Perché non capisce?

La macchina cammina veloce, sembra quasi di volare sopra la strada.

Il rumore del motore è come un ruggito di un leone che scuote la terra, percuotendola come niente.

Il leone.

Mi sembra un leone cattivo, inferocito, tutt’altro che il fiero re della foresta delle favole che mi racconta sempre la mamma prima di addormentarmi.

Sto silenzio.

Sembra quasi che non si respiri, che l’aria si stia sparendo soffocandomi.

Lei ci guarda in continuazione dallo specchietto come se avesse paura di perderci di vista.

Perché lo fa?

Tanto non potremmo mai scappare da lì dentro, siamo in trappola, come quando il gatto della nostra vicina afferrò quel topolino tra le sue grinfie.

Non aveva scampo.

Mi sento come uno di loro, piccoli ed indifesi che non possono opporsi a ciò che li spetta.

La mamma mi dice sempre che ognuno è artefice del proprio destino, ma io non capisco.

Sono stata sempre buona, ho lavato sempre i denti prima di andare a dormire e non ho mai fatto arrabbiare il babbo e la mamma… oh bhe, forse qualche volta… ma non possono punirmi in questo modo!

Perché continua a guardarmi male accidenti!

Il mio angelo.. lui potrebbe salvarmi.

Chissà se mi sta guardando in questo momento…

Avrei bisogno del suo abbraccio, delle sue coccole, della sua presenza costante.

E’ il mio eroe, mi fido di lui.

Credo voglia bene anche la mamma… sembra quasi che la conosca.

Non so perché, ma ogni volta quando ne parliamo sembra sempre provare una forte emozione.

La mamma ha sussurrato qualcosa alla donna elegante sul sedile anteriore di pelle chiara.

Ancora, ancora una volta.

La donna ride, ride con cattiveria.

Non mi piace la luce che negli occhi…sembra un esplosione di odio.

L’uomo al volante accelera nuovamente e io continuo ad avere paura.

Non avevano detto che non era molto lontano?

Perché ci stavano mettendo tanto?

La mamma parla ancora con la donna.

Adesso riesco a sentirla

- Credo che stiate sbagliando strada-

Stanno ridendo entrambi come se la mamma avesse appena raccontato una barzelletta.

Perché riescono ad essere così maledettamente fastidiosi?

Mi nascondo sul sedile, cercando di sembrare più piccola di quanto fossi.

La donna elegante cerca qualcosa nella borsetta, la borsetta che ho trovato nascosta tra i grembiuli in quel posto così puzzolente dove eravamo state prima.

E’ un fazzoletto.

Lo guardo spaventata mentre lo scaraventa contro il viso della mia mamma.

Vorrei urlare, ma non mi esce più nessuna vibrazione di voce.

La donna mi guarda mentre la mamma perde completamente i sensi cadendo sul sedile.

Cerco di darle degli scossoni per farla risvegliare, ma niente.

Che cosa le ha fatto quella donna?

Ho paura, troppa paura.

Ho bisogno di te, angelo bianco.

Ne ho troppo bisogno.

Salvami.

 

 

--------------

“ Vengono da quella casa Carlisle..”

Esclamò Edward, indicando il villino che si erigeva monumentale, sovrastando il paesaggio.

Lo scrutò, burbero, guardandolo con diffidenza.

Era da lì che proveniva la fonte dei loro problemi, quindi era da lì che bisognava partire per un attacco.

Attacco si, attacco verso cosa?

Non era riuscito a studiare bene quelle due, ma una cosa era certa.

Rose, non era un umana o anche se lo fosse stata non era sicuramente una normale ragazzina timida ed impaurita dalle situazioni.

Il suo potere, la sua energia l’avevano sovrastato come mai nessuno aveva fatto prima di allora.

Anche Alice probabilmente aveva provato la stessa cosa, incrociando il suo sguardo così languido ma al contempo profondo.

Non poteva rimanere con le mani in mano, rimuginando su un pericolo che non aveva ancora volto.

Doveva proteggere la sua famiglia così come allo stesso modo Bella.

Dove si trovava?

A Forks? A Phoenix?

Qualsiasi luogo, purché fosse al sicuro.

Aveva imparato a mettere da parte i suoi sentimenti, era stato difficile certo, ma sapeva che in cuor suo non avrebbe mai potuto rinnegare tutto.

Lei avrebbe avuto sempre un posto nel suo cuore, che fermo da anni, aveva cominciato a battere di nuova vita con Bella accanto.

Era come risvegliarsi da un lungo sonno e vedere che la vita è meravigliosa e degna di essere vissuta.

Strana sensazione per un vampiro non vi pare?

Eppure quella scossa, quell’alchimia che aveva con Bella era ancora indissolubile, mai nessun’altra avrebbe potuto prendere il suo posto.

Follia.

Al contrario, iniziava a sopportare l’idea che Bella si fosse rifatta una vita.

Il suo diritto era quello di vivere, nessuno poteva negarlo.

Ogni volta che toccava quell’argomento era inevitabile ricordare ciò che aveva fatto quella notte.

Una notte in cui si spezzarono gli equilibri, in cui ogni certezza non pareva essere più la stessa, dove tutto era cambiato, per sempre.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Lui non avrebbe mai potuto perdere la sua impulsività e il suo essere ferino.

Aveva creduto di poterlo fare, di riuscire a restare accanto a Bella senza che i suoi impeti la mettessero in pericolo.

Non era stato così.

Bella l’aveva tentato, aveva stordito ed inebriato i suoi sensi, rendendolo schiavo di ogni suo gesto, di ogni suo sguardo.

Avevano superato il limite che lui stesso si era sempre prefissato di non oltrepassare…e quando l’aveva fatto..aveva pagato le conseguenze.

“ Che cosa pensi di fare?”

Esclamò l’altro avvicinandosi, osservando tra le tende chiare la casa da cui erano giunte le due poco prima.

Edward scosse la testa, senza riuscire a trovare una soluzione.

Avrebbe voluto agire subito, proteggere Bella, ma c’erano ancora troppi punti interrogativi, troppi ma e se, troppi dubbi e supposizioni.

Non poteva fare altro che restare a guardare, sperando che lasciar correre il tempo non fosse un male o che non portasse a conseguenze e rischi a Bella.

Non avrebbe potuto sopportare l’idea che Bella fosse stata esposta a pericoli proprio mentre lui si crogiolava nei suoi dubbi.

“ Aspettiamo.”

Fu l’ultima sentenza di Edward.

In quel momento sentì qualcosa, qualcosa che non avrebbe mai immaginato di sentire.

Un pianto, un pianto disperato,un eco profondo e sibilino che lo percosse.

Si portò le mani alle tempie, come se potesse sentire meglio quel suono così definitivo che si espandeva nella sua mente, aumentando l’intensità.

Che stava succedendo?

I singhiozzi divennero più flebili ma pur sempre udibili, relegati ad un leggero sottofondo dai toni agghiaccianti.

Era come una richiesta d’attenzione, un pianto disperato come richiesta d’aiuto… voleva dire troppe cose, ma nessuna probabile.

- Ho bisogno di te angelo bianco--

Una voce flebile si insinuò nella sua mente, come un fulmine a ciel sereno che scombussola i normali equilibri.

Angelo bianco.

Fu quella parola, dal tono altisonante, a richiamare la sua attenzione.

Era come impresa nella sua mente a caratteri indelebili, permanenti.

L’ultima richiesta d’aiuto.

Salvami.

La voce cominciava ad essere definita, più reale e melodiosa ma comunque flebile, come se fosse l’ultimo sussurro prima di perdere ogni forza.

Era familiare, troppo familiare per dimenticarne il suono dolce e sottile che si espandeva come musica per le sue orecchie.

Daphne.

----------------

“ Vieni con me tesoro.. non ti farò del male!”

Sophia si chinò verso il sedile posteriore della sportiva di Caleb, osservando la bambina che cercava malamente di nascondersi.

Sophia odiava i bambini, come tutti gli umani del resto.

Erano insolenti, logorroici e per di più il loro sangue aveva un odore troppo pungenti alle sue narici.

Daphne cominciava a farle perdere la pazienza e tutta la buona volontà che ci metteva per non ucciderla senza pietà, solo per il gusto di darle una lezione.

La piccola tremava vistosamente, rannicchiata alla meglio sui sedili posteriori, era immobile, non fiatava.

La paura l’aveva inibita.

“ Dai piccola… la mamma adesso sta bene! Mi ha detto che vuole vederti…”

Si avvicinò cautamente alla bambina, cercando un approccio volutamente morbido che non pareva però persuaderla.

“ Io non ti credo..sei cattiva!”

Rispose prendendo coraggio, cercando di sembrare forte e di poter affrontare il pericolo che Sophia rappresentava.

La vampira aveva perso la pazienza ormai da tempo.

I suoi occhi, carichi di odio, erano puntati sulla bambina in modo inquisitore e il suo sguardo increspato pareva maligno.

“ Ora sei tu che mi farai diventare cattiva!”

Esclamò rabbiosa, cercando di afferrarla per un braccio e tirarla fuori dalla macchina il prima possibile.

Daphne si divincolò vistosamente, cercando di sfuggire alla sua prese soffocante, ma con pochi risultati.

“ Dove cerchi di scappare eh?”

Fece rabbiosa, urlando con tutta la forza che aveva in corpo.

Nella colluttazione, le unghie ben curate e decorate da uno smalto rosso accesso, graffiarono profondamente la pelle delicata della bimba, provocandole una piccola ferita da cui grondarono alcune minuscole gocce di sangue.

Sophia si bloccò, come immobilizzata da un entità superiore al suo volere.

Allargò le narici, come se stesse buttando l’aria fuori dai polmoni, cercando di carpire ogni piccola sfumatura di quell’odore così dolce e contagioso.

Osservò la pelle diafana della bimba macchiarsi di un vistoso sfregio che continuava a grondare di sangue, adesso più velocemente, rigandole il braccio.

Chi l’avrebbe mai detto che quel cotanto soave nettare provenisse da un insignificante bambina che cercava di opporsi al suo comando?

Si mosse sinuosamente verso la bambina, mentre i suoi occhi cominciavano a diventare sempre scuri e minacciosi.

Daphne urlò con tutta la forza che aveva in cuore ma non servì a nulla.

La vampira si avventò su di lei, cercando di bloccarla una volta per tutte.

Aveva sete del suo sangue, di quell’ambrosia così pura come non mai.

La sua pelle chiara e vellutata era uno stimolo in più per i suoi canini che non aspettavano altro che affondare su di essa per appagare quel desiderio insostenibile.

Tante piccole lacrime bagnarono le guancie della bambina, rendendo i suoi occhi tristi, ma come rassegnati all’idea che era ormai spacciata sotto le grinfie della donna.

Le ritornarono in mente le parole del padre sui “succhiasangue”, i famosi mostri che a quanto pareva erano attratti dal sangue umano.

Rabbrividì all’idea, chiudendo gli occhi, lasciando crollare ogni sua resistenza.

Il suo angelo non l’aveva salvata.

Eppure lui l’avrebbe dovuta proteggere, avrebbe dovuto essere per sempre con lei!

Ognuno è artefice del proprio destino?

Erano davvero attendibili le parole della madre?

Daphne non riusciva più a muoversi, era rigida, come se ogni fibra del suo corpo avesse smesso di compiere le sue  normali funzioni vitali.

“ Fermati”

Fece una voce altisonante, da fuori l’abitacolo dell’auto sportiva.

Sophia non diede ascolto a quel comando, avvicinandosi al limite al collo della bambina, grondante di sudore.

Una mano l’afferrò via, scaraventandola fuori dall’auto prima che l’atto si fosse compiuto.

Il suo angelo bianco?

Questo aveva forse un'altra connotazione ai suoi occhi.

Era l’uomo alla guida dell’auto che le aveva portate in quel luogo così scuro, silenzioso e spaventoso al contempo.

Daphne lo guardò circospetta, strabuzzando gli occhi.

“ Tu sei un succhiasangue vero?”

Fece timidamente, rimanendo saldamente aggrappata al sedile di pelle chiara, macchiato da piccole macchiette scure di sangue.

“ Così dicono.”

Fece beffardo, ridendo divertito.

Daphne annuì convinta, guardandolo spaventata.

“ Stai tranquilla, non ti torcerò un capello..”

Esclamò, porgendole la mano per tirarla fuori dalla macchina.

Daphne lo guardò esitante, senza sapere che cosa fare… fidarsi o non fidarsi?

“ Non mi farai male… vero?”

Fece, avvicinandosi, stringendo la sua mano fredda e levigata.

Lui scosse la testa, deciso.

“ Non ho intenzione di fare nulla..”

Rispose,prendendola dalla vita per poi portarla finalmente verso terra, dove fu finalmente libera di camminare.

“ Io sono Caleb..”

Esclamò, presentandosi dopo poco alla piccola, in modo che potesse trovarsi a suo agio.

Aveva scostato Sophia dal mordere la bambina per un semplice fatto umano.

Strano per un vampiro?

Forse dentro di se batteva, seppur metaforicamente, un cuore, qualcosa che non lo facesse sembrare solamente ad un mostro cinico che non si fa nessuno scrupolo nell’avventare la sua preda.

“ Daphne.”

Rispose, presentandosi con un sorriso debole, ancora spaventata.

Si sentiva Sophia addosso, i suoi canini pronti ad affondare nella sua pelle e la sua impulsività che aveva preso il sopravvento sulla ragione.

“ Rose, copri la ferita della bambina e cerca di sterilizzarla per piacere. Riportala in casa, fa freddo per lei..”

Rose annuì prendendo per mano la bambina ancora tremante, avvolgendola in una coperta calda che rilassò di poco i suoi muscoli contratti e ancora rigidi per la paura.

Caleb guardò Sophia sdegnato, porgendole una mano per rialzarsi, mentre quella ancora era furente di rabbia.

“ Che ti è saltato in mente Caleb? Istinto paterno?”

Fece, rifiutando il suo aiuto, con uno sguardo gelido ma allo stesso tempo insolente, cercando delle spiegazioni sul gesto che aveva appena fatto, salvando la bambina.

Caleb la guardò ridendo sarcastico come sempre.

Perché l’aveva salvata? Quella si che era una bella domanda.

“ Forse si… chi lo sa..”

Asserì facendo spallucce, voltandole le spalle verso casa, osservando Rose che correva tenendo stretta la bimba ancora impaurita.

“ Lei non è Emily… non potrà tornare Caleb, lo sai.”

Emily.

Al pronunciare quel nome Caleb strinse i pugni come a controllare la rabbia che l’insolenza di Sophia gli provocava.

Si voltò nuovamente, guardandola con disprezzo, come forse mai aveva fatto prima.

L’aveva sempre accontenta, ogni suo capriccio, ogni suo desiderio ed ordine, amandola sempre, incondizionatamente, ma la sopportazione aveva un limite per tutti.

Il suo limite era appena stato solcato, in un tasto delicato, fin troppo.

Emily era sempre stato un  argomento tabù per Sophia che non era riuscita ad estorcere molto al compagno su ciò che  la riguardava.

Era sua figlia, una figlia non di sicuro cercata e attesa, frutto di una delle relazioni di Caleb con belle donne d’affari che riusciva a corrompere facilmente con il suo innato fascino e carisma.

La madre di Emily era una segretaria di un potente uomo d’affari inglese, una donna stupenda, bionda, dai glaciali occhi azzurri e dalla bellezza eterea e perfetta.

La notizia della paternità lascio spiazzato Caleb e con lui suo padre che mise tutti i mezzi possibili per far sparire la donna, in nome della famiglia che non poteva essere infangata certo da un notizia così scandalosa, pane per i denti degli acerrimi rivali dell’azienda del padre, che l’avrebbero sicuramente usata come arma contro di loro.

Caleb non poté opporsi, il potere del padre era più forte e riuscì a persuaderlo, facendolo tornare su suoi passi.

Il futuro, diceva, era più importante, lo era sempre, davanti a tutto.

Era per questo che i suoi genitori avevano divorziato quando lui era ancora piccolo?

Jennifer, la madre di Emily, aveva dovuto abbandonare il lavoro da tempo per occuparsi della bambina, un lavoro prestigioso che aveva raggiunto con grandi sforzi e difficoltà, con il sudore e il coraggio di farsi valere.

Caleb la rivide per caso, in una mattina uggiosa di Londra.

Il suo cuore si fermò nel vedere Emily sorridergli timidamente, come se sapesse già tutto del perché non avesse un padre accanto.

Era bella, incredibilmente bella come sua madre e tenace come il padre, un padre assente, che si era perso ogni momento della sua crescita.

“ E’ tua figlia Caleb”

Quelle parole le raggelarono il cuore irrimediabilmente.

Passò molto tempo con lei nei mesi che seguirono, imparando a conoscerla e a comprendere la psiche dei bambini che gli era sempre parsa  sicuramente non degna di attenzione.

Emily lo adorava ed ogni volta vederlo partire per chissà quale continente le faceva male, temendo che potesse non tornare più, dimenticando ancora una volta di avere una figlia.

Il suo ultimo viaggio da “umano” fu in Tunisia, un importante incontro con un azienda ancora in fase di sviluppo a cui la società di Caleb era interessata.

“ Posso andare mamma? Ti prego!!”

Emily aveva pregato ore la madre per permetterle di andare in viaggio con lui.

Aveva otto anni, una ragazzina sempre più bella ed intelligente, che amava conoscere e scoprire ed adorava ascoltare i racconti di Caleb sui luoghi meravigliosi che visitava ogni volta per lavoro.

Era arrivato il momento di vederli di persona.

“ Ci vediamo presto mamma!”

Non sarebbe più tornata.

Un infezione mortale li colpì entrambi, per cause mai accertate.

Erano ancora i primi anni 50, il paese non aveva certo i mezzi adeguati per poter diagnosticare e produrre una cura adatta.

La vide esalare l’ultimo respiro con il sorriso sulle labbra, mentre lui la guardava sofferente.

Avrebbe voluto uccidersi, finire una volta per tutte una vita inutile che l’aveva reso schiavo del lavoro, delle donne e del successo, senza dedicarsi a ciò che veramente era importante… ma non fu così.

Sembrò quasi una punizione, un  voler vederlo ancora sulla terra , ma sofferente per sempre.

Il padre di Caleb lo portò nei migliori specialisti di tutto il continente ma nessuno aveva una cura adeguata..era come se il corpo di Caleb si rifiutasse di assorbire qualsiasi farmaco, qualsiasi cura.

Una sorte di rassegnazione, di consapevolezza che la vita fosse ormai finita.

Era finita.

Almeno quella terrena.

In un lettino d’ospedale gli venne data la vita eterna, non come un dono prezioso che l’avrebbe reso felice.. no, come punizione divina che l’avrebbe portato a vivere senza uno scopo, flagellato dai sensi di colpa, dalla disperazione.

Il ricordo di Emily era rimasto sempre vivo, dentro di se, quell’ultimo sorriso flebile che si era spento per sempre in quell’ospedale.

Sotto la sua scorza da duro e cinico vampiro si nascondeva tutto il dolore e la sofferenza che non l’aveva mai abbandonato e mai avrebbe potuto farlo.

“ Non parlare di lei..”

Fece a bassa voce Caleb, continuando a camminare verso il villino, disprezzando il cinismo di Sophia.

“ No? Perché? La cosa ti porta dolore? Sei un vampiro Caleb, i vampiri non possono soffrire come gli umani..”

Sophia senza il benché minimo sforzo superò il vampiro, bloccandogli il passaggio, quasi lo stesse sfidando.

“ Non sono cose che ti riguardano Sophia… non lo sono mai state.”

La voce di Caleb si fece cupa, profonda e il suo sguardo gelido parve incenerirla.

Sophia non l’aveva mai visto in quello stato, mai con quell’espressione così corrucciata e rabbiosa.

Rimase immobile, senza riuscire a controbattere.

“ Forse ti sei dimenticata quella che eri Sophia…”

-----------------------------------

“ Io la sento Carlisle, la sento nei mie pensieri!”

Edward parlò finalmente davanti all’intera famiglia, finalmente unita verso un unico scopo, un pericolo che iniziava a mostrare le sue forme.

“ Ho sempre avuto un contatto con lei, da sempre. Non so come potesse essere possibile,ma io riuscivo a parlarle, come se entrassi nei suoi sogni, nel suo inconscio! Lei si ricordava di me, nonostante la sua vita fosse legata a quella di un licantropo anche Alice riusciva a vederla!”

Alice annuì, rimanendo in silenzio, ricordando la bambina bionda che aveva visto con Bella nelle sue ultime visioni.

“ La sento talmente vicina adesso… ed ha chiesto il nostro aiuto, il mio aiuto.”

Rosalie spavalda lo guardò interrogativa.

“ Chiede il tuo aiuto… ma come puoi aiutarla se non sappiamo dov’è? O forse questo sarà il suo prossimo messaggio subliminale?”

Fece accigliata, in un ghigno divertito.

Edward la guardò in cagnesco, tornando con lo sguardo verso Carlisle meditando sul da farsi.

“ Questa bambina ha qualcosa di speciale… non riesco ancora a capire come sia stato possibile riuscire a vederla così nitidamente se è la figlia legittima di un licantropo! Non riesco a spiegarlo in nessun modo..”

Fece ancora incredula Alice, tenendo stretta la mano di Jasper che osservava la scena in silenzio.

Il silenzio prese il sopravvento.

Nessuno sapeva come agire, nessuno da dove cominciare.

Quello strano stato di impotenza lo faceva impazzire.

Riusciva ancora a ricordare la sua vocina flebile, nitida e melodiosa allo stesso tempo, come un leggero suonare del pianoforte.

Aveva bisogno del suo aiuto.

Ogni secondo che passava imperterrito poteva essere l’ultimo, poteva essere troppo tardi.

Non poteva permetterselo.

Alice si portò una mano alle tempie, muovendosi quasi in modo incontrollato.

Jasper cercò di bloccarla ma ogni opposizione fu inutile, sembrava che Alice non avesse più il controllo delle sue azioni.

Anche Edward ed Emmett, guardinghi, cercarono di intervenire ma Carlisle li intimò di rimanere fermi.

Poco dopo Alice si fermò, tenendo ancora strette le mani alla tempia.

Abbassò lo sguardo e il silenzio ricadde nella stanza, tra il terrore di tutti i componenti della famiglia, meno che Carlisle.

“ Che cosa hai visto?”

Domandò il capofamiglia, avendo già capito che le visioni di Alice si erano finalmente stabilizzate.

Sul viso delicato di Alice si colorò un ghigno di soddisfazione, alzando lo sguardo fiera rispose alla domanda.

“ Ho visto quella casa Edward… ho visto quelle due donne in compagnia di una perfida rossa e un altrettanto cinico uomo dal sorriso sghembo. Sono vampiri o almeno, lo diventeranno. Si muoveranno presto, forse stasera stessa.”

Il pericolo.

Adesso più che mai aveva un volto, un nome.

“ Hanno Bella con loro.”

Sentire quel nome fu come una scossa.

Di energia? Di rabbia? Di forza?

Forse tutte, forse nessuna.

“ Jasper, Emmett, voglio che perlustriate i confini della casa, cercando di non farvi sentire. Saranno impegnati a preparare la fuga e potrebbe essere più facile eludere il loro fiuto..”

Il loro piano cominciava a prendere forma.

Quel pericolo aveva un volto.

Un nome.

 

 

 

Note dell’autore

Eccoci qui, con l’undicesimo capitolo XD

Come sempre spero che sia di vostro gradimento J

Mi sono voluta soffermare un po’ su Caleb, perché mi piacciono i personaggi cattivi che hanno però un “cuore”, diciamo metaforicamente in questo caso XD.

Sperò che l’idea dell’ iniziare con i pensieri della piccola Daphne via piaccia… anche se mi sono trovata un po’ in difficoltà con il linguaggio, perché è si intelligente e perspicace ma pur sempre bambina.

Bhe, che dire….al prossimo capitolo!!

 

Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite e seguite e chi continua a recensirmi.

Grazie grazie grazie, davvero di cuore. Xd

 

X noe_princi89: Eh si, Daphne è fin troppo perspicace xdd Però adesso arrivano i Cullen a salvarle ahahah XD Grazie come sempre per le recensioni ^^

 

X anna cullen: Edward arriverà si xd con tutta la famigliola al seguito XD

 

X Confusina_94,: Grazieeee come sempre : ) Eh si, Bella si è fatta prendere la mano ed è andata nella tana del nemico XD

 

X Nessie93,; *_________* Grazieee, le tue recensioni sono sempre bellissime XDD Edward versione superman? Oddio, non starebbe male in effetti XD

Rose dalla parte dei Cullen… mmmhhh… non ci ho pensato XD

 

X frufru123: Oh grazie per i complimenti, sono contenta che ti piaccia la fic ^^

Si gli avvenimenti si sono svolti più o meno nello stesso periodo, non vicinissimi l’uno con l’altro ma nello stesso periodo.

 

 

 

Baciiiii

XD

Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

  
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