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Autore: Tielyannawen    22/04/2017    1 recensioni
Caradoc Dearborn, scomparso sei mesi dopo, non abbiamo mai ritrovato il corpo…
Cosa è accaduto realmente a Caradoc Dearborn? Questa è la sua storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caradoc Dearborn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO 3: Crocevia


Faro di Capo Lizard, Cornovaglia - 17 luglio 1981

Faceva freddo e l’erba era sferzata dal vento proveniente dal mare.
Il ratto stava nascosto tra le rocce, con il pelo marrone arruffato e il muso sollevato ad annusare l’aria. I baffi vibranti ne tradivano la titubanza: era incerto se restare sotto gli sguardi diffidenti dei suoi simili o proseguire verso la cupa costruzione in lontananza. Ma in realtà aveva già scelto molto tempo prima.
Prese a correre sulle sue zampette incerte e, quando l’unica lanterna del faro ruotò, la sua luce illuminò un ragazzo grassottello dai capelli color topo che si affrettava a risalire la collina.
«Ecco il nostro prezioso infiltrato! Sembra che sia riuscito a intrufolarsi qui proprio sotto il tuo naso Rosier», sogghignò Voldemort battendo le mani in un gelido applauso quando lo vide avvicinarsi.
«Così sembrerebbe», assentì Evan Rosier, senza mai smettere di fissare il nuovo arrivato. C’era decisamente qualcosa di misterioso e subdolo in lui, un servilismo ossequioso che lo infastidiva. Per l’ennesima volta si chiese se il Cappello Parlante potesse commettere errori.
«Ottime notizie mio signore», balbettò Peter Minus lasciandosi cadere in ginocchio, «le ricerche di Caradoc Dearborn sono state sospese. È convinzione di tutti che sia morto durante la sua ultima missione».
«Molto bene, che lascino i fantasmi nell’ombra cui appartengono. Ed ora dimmi, hai le informazioni che ti ho chiesto?», domandò Voldemort con voce strisciante, mentre si accostava al giovane mago.
Peter tremò e si ritrasse, gli occhietti acquosi che saettavano verso le possibili vie di fuga. «Mi dispiace mio signore, i Potter si spostano in continuazione e sono difficili da raggiungere anche per me. Ma li troverò!», disse in fretta e nel tentativo di riscattarsi aggiunse, «Nel frattempo posso consegnarvi i Prewett!».
Un ghigno crudele attraversò il volto di Voldemort, mentre in cielo la luna si nascondeva, quasi non volesse assistere al tradimento.


Porto di New York, New York City - 30 luglio 1981

Entrarono nell’immensa baia all’alba e, nonostante il sole fosse sorto da poco più di un’ora, il tratto di mare era già affollato da una moltitudine di imbarcazioni dagli scafi lucenti.
Con un simile traffico le procedure d’attracco sarebbero durate come minimo mezza giornata, circostanza che garantiva un ampio margine di riuscita al suo piano.
Ezra Seemann aveva visto molte cose nel corso della sua vita, forse addirittura troppe. Da bambino si era innamorato perdutamente del mare, un amore sincero e tenace, e gli piaceva pensare che proprio per quel motivo il mare lo avesse salvato. Sì, perché il signor Seemann aveva attraversato gli anni della Seconda Guerra Mondiale, era stato vittima della crudeltà dei lager nazisti e infine si era risvegliato come superstite del tragico naufragio della Cap Arcona. Erano trascorsi decenni, ma ricordava ogni dettaglio alla perfezione. Le gelide acque della Baia di Lubecca lo avevano avvolto in un umido abbraccio, non per trascinarlo a fondo, ma per accompagnarlo fino alla spiaggia, alla libertà.
Una seconda possibilità che pochi avevano avuto.
Per questo sapeva riconoscere un sopravvissuto e quel giovane uomo malconcio che aveva scovato nella stiva lo era. Glielo leggeva negli occhi, senza bisogno di chiedere, perché alcuni tormenti non potevano essere cancellati. Perciò lo aveva aiutato. Perché erano simili e le stesse ombre dolorose velavano i loro sguardi.
Certo quel ragazzo era strano. Non parlava di politica e non si intendeva di automobili. Pareva non conoscere il cinema né le ultime oscillazioni in borsa. Diamine, nemmeno lo sport sembrava interessarlo, anche se era abbastanza sicuro di averlo sentito mugugnare che presto le Caerphilly Catapults avrebbero conquistato il loro diciannovesimo scudetto. In quale sport esistesse una squadra con un nome del genere il macchinista davvero non riusciva ad immaginarlo.
La campana del pranzo richiamò tutti sul ponte principale, così, con la scusa di controllare la pressione dei motori, il vecchio Ezra poté scendere indisturbato verso la stiva, sbocconcellando un pezzo di formaggio.
Giunto al punto prestabilito, colpì tre volte una paratia con le nocche e attese.
Dal buio e borbottante ventre della nave emerse una figura avvolta in un pesante mantello e il cuore del signor Seemann si strinse per la compassione. Aveva la netta impressione che qualcosa di terribilmente oscuro stesse risucchiando la vita del giovane, giorno dopo giorno, rendendolo simile ad uno spettro grigio e sconfitto.
Camminarono insieme, senza fiatare, fino ad un’area riservata alle merci pregiate, dove giaceva un grosso carico di cashmere scozzese. Tra le tante casse trovarono infine quella che faceva al caso loro, abbastanza ampia da contenere comodamente un uomo ed abbastanza piccola da finire in cima alle altre durante le operazioni di scarico. Una perfetta porta d’ingresso per il Nuovo Mondo.
Affaccendandosi con un piede di porco, il macchinista riuscì dopo diversi sforzi a far saltare i chiodi che trattenevano il coperchio. Si asciugò alcune gocce di sudore che gli imperlavano la fronte e si voltò verso il ragazzo, trattenendo un sospiro rassegnato. Difficilmente sarebbe potuto rimanere in vita a lungo, ma talvolta i miracoli accadevano e non spettava certo a lui disporre del fato. Perciò lo spinse tra le stoffe, mettendogli in mano un sacchetto pieno di carne secca e una manciata di banconote stropicciate.
Non era un sentimentale Ezra Seemann, non nei confronti degli estranei perlomeno, ma nascondeva una discreta dose di bontà nel suo animo malandato. Abbracciò quello sventurato giovane e mormorò una preghiera, la stessa che un tempo sua madre gli sussurrava la notte mentre si addormentava.
Solo quando ebbe finito di sigillare la cassa si accorse di non aver mai chiesto al clandestino quale fosse il suo nome.


Campo del Fiume Lucente, Montana - 30 luglio 1981

Il primo volo dei puledri era sempre un evento memorabile.
Prevedere quando sarebbe accaduto era impossibile, eppure, in un giorno apparentemente uguale a tanti altri, uno di loro sollevava all’improvviso il muso verso il cielo, attratto dall’immensità celeste, e spiegava le ali al vento. E così, uno dopo l’altro, si libravano verso l’alto, sotto lo sguardo attento e orgoglioso delle giumente, volteggiando allegri mentre la calda brezza estiva accarezzava le loro piume. Scoprivano finalmente quella libertà per la quale erano nati.
All’ombra del fienile, Macawi li osservava sorridendo incantata. Nonostante gli anni trascorsi, quello spettacolo aveva ancora il potere di emozionarla profondamente, perché non conosceva nulla di più simile ad un inno alla bellezza della vita.
«Vedo che malgrado le diciassette candeline sei ancora la solita sentimentale», esclamò una voce ruvida ma familiare dietro di lei.
La ragazza sbuffò e si voltò verso la figura che stava in piedi alle sue spalle, tranquillamente appoggiata ad un forcone. «E sfortunatamente il viaggio in Groenlandia non ha raffreddato il tuo umorismo», ribatté lei e subito il suo interlocutore fu scosso da una briosa risata.
Paytah Atwater era un giovane dal fisico ben piantato, pelle ambrata, corti capelli neri e un paio di occhi scurissimi. Brillante promessa del Quidditch, aveva ricevuto offerte dalle maggiori squadre americane una volta terminati gli studi, ma non ne aveva accettata nessuna. Per lui giocare era un divertimento, non gli interessava farne un’occupazione, così era tornato a lavorare nell’allevamento di famiglia. Ciononostante ogni anno partiva per alcuni mesi e girava il mondo come reporter per Il Corriere del Gufo, il giornale più letto dai maghi del Nuovo Mondo. La sua rubrica mensile “Fenomeni bizzarri e dove avvistarli” era un vero successo editoriale.
Per Macawi invece sarebbe sempre rimasto il bambino avventuroso che se la caricava sulle spalle e correva nel bosco in cerca di lamponi.
Sorrise a quel ricordo e si avvicinò al fratello, che la circondò con un braccio stringendola a sé per poterle scompigliare i capelli. «Allora Pay, quale stranezza hai scovato stavolta?», chiese cercando di non lasciar trasparire la sua curiosità.
«Non provarci sorellina, sai che non faccio eccezioni. Dovrai aspettare il prossimo inserto, come tutti gli altri lettori», le rispose quello, sogghignando compiaciuto.
Macawi gli rivolse una smorfia e tornò ad osservare i puledri in volo. Parevano così felicemente privi di incertezze e una parte di lei li invidiava.
«Ho parlato con nostro padre stamattina», disse ad un certo punto Paytah facendosi serio.
«Perciò sai che mi ha chiesto di non tornare a Ilvermorny in autunno», mormorò la ragazza. «Non so davvero cosa fare».
Suo fratello scosse la testa rabbuiandosi. «Non posso decidere per te sorellina. Ma se può esserti d’aiuto, mamma ti avrebbe detto di vivere la vita che desideri, qualunque essa sia».


Riva del Fiume Hudson, New York City - 30 luglio 1981

Le prime stelle iniziarono a specchiarsi nelle placide acque del fiume, incuranti dei tanti passanti che ancora passeggiavano lungo le sponde godendosi il tiepido crepuscolo.
Su una panchina solitaria sedeva Caradoc, il viso bagnato da lacrime silenziose. La terraferma e la brezza leggera gli avevano portato sollievo per qualche ora, ma all’imbrunire i brividi erano tornati, segno che la febbre non lo aveva abbandonato. Non che ci avesse sperato.
Un oceano intero non poteva bastare a metterlo in salvo dal suo destino. Doveva solo decidere come compierlo. Sarebbe stato sufficiente afferrare la bacchetta, quella bacchetta che si era dimostrata una fedele compagna sin dal suo primo giorno di scuola, e tutto sarebbe finito in poco tempo. Oppure poteva continuare a camminare, ancora e ancora. Era così stanco.
Voci gioiose lo spinsero a guardare oltre la nebbia del dolore. Una famigliola giocava spensierata poco lontano da lui, rincorrendo una palla colorata che rotolava a terra. Sembravano felici. Nessuna guerra li minacciava. Lui invece era così stanco.
All’improvviso la sua mente lo trascinò via, indietro nel tempo. Vide un uomo e un bambino su un sentiero in riva a un ruscello; il bambino piangeva, cercando di sfuggire alla mano del padre. Rammentava quel giorno. Aveva quattro o cinque anni e nel pomeriggio era stato per la prima volta a Diagon Alley: si erano gustati un gelato gironzolando tra le bancarelle, ma poi suo padre non aveva voluto comprargli una Pluffa nuova e lui aveva iniziato a piangere disperato, senza più smettere, nemmeno quando Londra era scomparsa per lasciare spazio alle brughiere del Galles. Poi era accaduto. Le acque del ruscello si erano gonfiate, creando un’onda che si era riversata su suo padre, inzuppandolo da capo a piedi. L’uomo era rimasto immobile a fissarlo, ma invece di sgridarlo lo aveva preso in braccio ed era corso verso casa ridendo come un matto. Aveva spalancato la porta d’ingresso, scagliando scintille dorate con la bacchetta e mostrando pieno d’orgoglio i vestiti fradici alla moglie frastornata. Non aveva smesso di gridare e festeggiare fino all’alba. Quella era stata la sua prima magia.
Seguendo quel ricordo luminoso, Caradoc si alzò e si strinse nel mantello. Forse avrebbe potuto camminare ancora un po’, un passo dietro l’altro.
Era così stanco.


Godric’s Hollow, Inghilterra - 31 luglio 1981

Un bambino si librava nel soggiorno, stringendo con le manine paffute il suo piccolo manico di scopa. Dietro di lui si intravedeva una scia di cocci e piante rovesciate, ma non pareva granché preoccupato.
I suoi ridenti occhi verdi erano pieni di allegria, mentre zigzagava a mezz’aria tentando di afferrare la coda di uno sventurato gatto bianco. Alla fine il felino si rintanò sotto la poltrona, soffiando indispettito.
Quello doveva essere un giorno speciale, perché erano comparsi pacchetti infiocchettati, nuovi giocattoli e persino una torta color del cielo.
Il bambino scese verso terra, diede una spinta coi piedini scalzi e subito tornò ad alzarsi in volo. Sentiva i passi veloci di suo padre e la risata argentina di sua madre, accompagnati da un piccolo lampo di luce e uno sbuffo di fumo.
Quello doveva essere un giorno speciale ed il suo unico desiderio era vivere mille giorni ugualmente felici.





 


NOTE:
* Date. Il 3 maggio 1945 il piroscafo Cap Arcona fu affondato in seguito ad un attacco aereo; all’interno si trovavano migliaia di prigionieri provenienti dai lager nazisti. Il 31 luglio 1981 Harry compie un anno e sappiamo che riceve in dono un manico di scopa giocattolo dal suo padrino, Sirius Black.
* Da quanto viene detto nel terzo libro della saga, sappiamo che Peter Minus passava informazioni a Voldemort da oltre un anno prima che arrivasse a tradire i Potter, perciò ho immaginato che alcuni attacchi ai danni di membri dell’Ordine della Fenice fossero dovuti alle sue indicazioni; il fatto che Peter sia un Animagus invece è ancora un segreto per il Signore Oscuro.
* Le Caerphilly Catapults sono una famosa squadra gallese di Quidditch.
* Il Corriere del Gufo è un giornale magico americano di mia invenzione, simile alla Gazzetta del Profeta.
* Il nome Macawi in dialetto Lakota significa “generosa”. Il cognome Atwater significa “coloro che vivono accanto all’acqua”.
* La tribù degli indiani Lakota è originaria delle pianure del Nord e Sud Dakota. Il termine Lakota significa “gli amichevoli”, sono infatti un popolo estremamente legato alla famiglia, dedito per lo più alla caccia e alla vita nomade nelle vaste praterie. I Lakota sono conosciuti come orgogliosi guerrieri e furono tra i primi a comprendere l’importanza del cavallo, tanto da renderlo parte integrante della propria cultura. Per questo ho ritenuto realistico che maghi e streghe provenienti da tale nazione potessero essere allevatori di cavalli alati.

   
 
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