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Autore: marziaaadm    08/06/2009    2 recensioni
Benchè fossi sempre stata ispirata dalla mitologia e dai suoi racconti fantastici, quello che stava accadendo rasentava l'impossibile.
Accettarlo, significava ammettere di star impazzendo...o peggio essere già impazzita.
Ma cos'era che mi frenava tanto? Paura? Insicurezza? No! Chiunque, leggendo una storia così potrebbe benissimo affermare che avebbe accettato tutto senza troppi problemi, ma non siamo in un mondo fantastico, questa è la realtà e nella realtà non succede nulla del genere. Non esiste il principe azzurro, non esiste la fata turchina e non dovrebbero esistere nemmeno i licantropi e i vampiri...non dovrebberò,già.
Ma invece...esistono!
«E così cappuccetto rosso si innamorò del lupo cattivo.»
«No...non esiste...nessun lupo cattivo.»
Questa non è la solita storiella da innamorati.
Qui non troverete nessun lieto fine.
Che si alzi il sipario e le marionette inizino a danzare
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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cap 11

¬ I soli possono tramontare e poi risorgere;

noi,

una volta finita la breve luce,

dobbiamo dormire un'unica eterna notte.

[ Catullo ]

 

Capitolo 11 – Sabba.

Marzia. POWA

 

Dall’ altra parte della stanza, il predatore mi scrutava silenzioso.

I suoi occhi scuri, erano gli unici punti luminosi che scintillavano nella stanza buia.

Mi scrutava, sì, come per pregustarsi il mio ultimo momento di vita.

Sobbalzai.

Subito accorse al mio fianco, accennando  sollievo nel vedermi ancora in forze.

‹ Non è nulla. ›mi affrettai ad aggiungere, tra un’ affanno e l’altro.

Tornò al suo punto di osservazione, mutando nuovamente espressione e parando i tremolanti raggi di luce che filtravano dalla mal ridotta finestrella alle sue spalle.

Mi portai una mano sul ventre, accarezzando il boia al suo interno.

Improvvisamente, il predatore parlò:

‹ Continua…›

Il suo tono gelido e duro, per un istante, mi parve cupo e straziato, ma probabilmente, mi stavo sbagliando.

 

***

Quella notte, dormii tra le braccia di Jacob, protetta dal suo corpo e dal suo calore. Quelli che sembravano piccoli sprezzi di amore, riuscirono solo a medicare le ferite causatemi da quella parte di me che, sadica, provava gusto nel vedermi soffrire.

La parte più dura fu il risveglio. Ero completamente intorpidita. Dormire nuda, sotto la grossa mole di Jacob, non era stata una così tanto brillante idea, ma, in quei momenti di passione, mi fu difficile persino rimanere lucida.

Il dolore più acuto, proveniva dal mio basso ventre, messo a dura prova per l’intera nottata. Mi fu difficile, infatti, mettermi in piedi e cercarmi da mangiare.

Però, non era il sorriso a mancarmi.

Mi infilai la prima cosa che trovai, senza badare a ciò che avrebbe capito Billy, vedendomi con indosso una delle enormi magliette di Jake.

Sarebbe stato normale, infondo, ma il pensiero mi apparve più vergognoso che mai. E, ancora più vergognoso, mi sembrò il pensiero che di lì a poco, tutto il suo branco lo avrebbe saputo.

Ora potevano tirare un respiro di sollievo, tutto era nella norma, ma, la prova più grande l’avrei avuta quella sera; la sera di Sabba.

Non ero più così spaventata. Il grosso era passato, però, la probabilità che qualcosa andasse storto rimaneva.

Accesi il telefono. Jake dormiva ancora, calmo e beato. Sembrava un bambino, il mio bambino.

Gli accarezzai i capelli cercando di non svegliarlo. Era così strano credere che ora era il mio ragazzo.

Tutta la grinta messa per respingere una sicura sofferenza, era svanita insieme all’odio. Dovevo arrendermi all’idea che fossi una debole.

Presi il telefono e mi trascinai in cucina.

La casa era silenziosa e ancora assorta tra le braccia di Morfeo.

Mi preparai del latte, non avendo lo stesso fame e mentre facevo bollire il liquido, il telefono squillò.

- Pulcino!- l’urlo stridulo di mia madre fu inconfondibile.

Dovetti allontanare l’aggeggio dal mio apparato uditivo per riprendermi un attimo.

- Come stai tesoro?- riprese la voce squillate.

- Stavo meglio prima.- insinuai perfida.

Sentii mia madre mugolare. Era una donna come dire…lamentosamente gioiosa.

- Dina, che cazzo ti urli!?- eccolo l’uomo della mia vita.

Papà, richiamò mia madre. Lui era il macho che non doveva mostrare emozioni.

- Chicco, vuoi parlare con la bambina?- chiese mia madre euforica.

Il latte gorgoglieggiò, sbottando dal pentolino.

- Non chiamarmi Chicco!- sentii baccagliare dall’altra parte della cornetta.

Specifico, a 15 anni mia madre mi chiama ancora “bambina” e soprattutto: Pulcino!

- Come stai?- fece duro lui.

- Meglio ora!- affermai gioiosa nel sentirlo. Io sono sempre stata innamorata del mio vecchio.

- Suvvia Alvaro, sii più dolce con la pupa!- eccola che si rilamentava.

Sì, sono sempre io  la “ pupa”.

- Stai zitta te!- rispose lui.

Sentii mia madre insinuare qualcosa.

- Se n’è andata.- aggiunse lui.

- Meno male!-

E poi ecco il papone che tanto adoravo venire fuori.

- Mi maaaaanchi piccola di papiiiiii!- fece lui  melodrammatico.

- Su, su papi. ‘Sta settimana e torno.- lo rincuorai.

- Io lo dicevo di non farti partire. Mi sente tua madre, oh si!- continuò tra sé e sé.

- Chicco, è prontoooo.- tuonò mamma.

- Devo staccare. Ti chiamo dopo. Stai attenta ai ragazzi. Ti manca il tuo papi verooo? Baci piccola. Chissi, chissi.- e agganciò.

Si lo so, vivo circondata da squilibrati mentali. E che posso farci io?

Oramai dovevo buttare pure il latte.

Sbuffai, trascinandomi nuovamente a letto.

Trovai Jake in piedi, intento a vestirsi. Mi lanciò un sorriso beffardo, per poi strapparmi un bacio.

Era come vivere un incubo, dai colori sgargianti.

 

***

 

‹ Perciò il figlio che aspetti…è di Jacob? › chiese il predatore  speranzoso.

Sarebbe piaciuto anche a me fosse stato così.

‹ No! ›

Si bloccò, per poi riprendere contegno e tornare a studiarmi.

Sarà perché ora sono madre o  perché mi è difficile scappare da qui.

Sono molte le ragioni per cui non posso andare subito a cercare Jacob.

Ma, in realtà, penso che la mia sia solo paura.

Paura di rivelargli che il figlio che ho in grembo non sia suo e che la mia mano protesa…venga respinta.

‹ E allora…› lo sentii timoroso nel domandarmelo ‹...allora…di chi è? › deglutii rumorosamente.

Sorrisi beffarda, alzando il volto e fissando negli occhi la morte.

 

***

Era la mattina del 12 Febbraio e in America si festeggiava il compleanno di Lincoln, così Jake poté passare la giornata con me.

Tutto passò molto velocemente.

La passeggiata sulla spiaggia, il pranzo rigorosamente pagato da lui…si susseguì tutto così velocemente, da essere vuoto. Mi sembro di rivivere le stesse cose…di continuo.

Sarà che i posti da veder erano sempre quelli.

Billy era dal Charlie a vedere una partita.

Di Bella neanche l’ombra. Poco me ne importava, sinceramente, però era uno dei miei pensieri fissi.

Mi sentivo colpevole della sua tristezza.

- Che hai?- mi chiese Jake mentre lo facevamo.

Avevamo casa tutta per noi, eppure, anche in quei momenti, non ero soddisfatta.

La colpa non era né mia, né delle doti amatorie di Jacob. La colpa, era di quelle immagini che si proiettavano nella mia mente.

Le vedevo, definite, momenti di passione tra due amanti.

Due persone nascoste da un baldacchino che si muoveva rapido. Dalla tenda usci una mano.

Marmorea, forte, fredda.

- Oi?- mi richiamò Jake.

Lo guadai stralunata, ma il volto che vidi  non era quello del mio desiderato lupo, bensì un volto più bello, dai tratti simili a quelli di Emmett. I capelli neri, fini. Gli occhi rossi e la pelli bianca. Lo accarezzai rapita. Lui mi sorrise e riprese quella danza vellutata.

Ma di sottofondo, non sentivo più il sussurro del mio nome, ma un altro, stranamente familiare.

Didyme…

 

***

‹ Vuoi farmi credere rivivevi i suoi ricordi? ›

Era confuso.

‹ Si. ›

 Tornò impassibile.

‹ Non farmi ridere. ›

 

***

E calò silenziosa, come una pantera pronta in posizione di caccia.

Io ero la sua preda.

Jacob era sicuro di avermi avuta a sufficienza per quel giorno e che dovevo tranquillizzarmi.

Più facile a dirsi che a farsi.

Cenammo da soli. Tutto al lume di candela, felici della nostra intimità.

Poco prima Jake era andato alla ronda col branco.

Tornò tutto incazzato.

- Paul dice che hai un bel culo, Quill una botta te la darebbe…- iniziò a sfogarsi

Lo guadai allibita e orgogliosa di me.

 - Di positivo c’è che stasera non dovrebbe succedere nulla….almeno così dice Sam.- mi prese per i fianchi da dietro mentre cucinavo.

- Lo sa pure Sam?- mi voltai ironica.

- Lo sanno tutti.- rispose mordendomi l’orecchio.

 Tutto sembrava perfetto, immutabile.

Purtroppo, durante la notte qualcosa cambiò.

Stavamo parlando. Era tardi, ma non riuscivo a dormire e lui mi faceva compagnia.

Improvvisamente fu percosso da brividi.

- Jake?- domandi allarmata.

Ringhiò.

- JACOB!- urlai iniziando a piangere.

Fu tutto velocissimo. La sua trasformazione, la corsa…

…tutto inutile.

Gli unici ricordi che ho furono i raggi della luna…e due figure: una enorme, l’altra brillate e poi…sangue.

 

***

‹ Fu l’ultima volta che lo vidi…›

‹ Ti manca molto? ›

‹ Come l’aria. › esclamai al pensiero.

Qualche attimo di silenzio, mentre la preda guardava negli occhi il suo predatore.

‹ …ora sai come mi sento. › sussurrò.

 

***

 

 

 

 

Note dell’[‘affaticata] autrice

Ho la tastiera rotta ç__ç

Scusate il ritardo.

Appena potrò posterò.

Spero il cap vi piaccia.

Colpi di scena…

chi avrà salvato Maya? °-°

Vi saluto mie anime pie…

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Kissi <3

  
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