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Autore: FrancescaPotter    26/04/2017    1 recensioni
RosexScorpius
Dal secondo capitolo:
"Infatti, gli adulti di casa Weasley-Potter -e anche di casa Malfoy, suppongo- non erano a conoscenza delle nostre ultime divergenze, per loro eravamo ancora i quattordicenni spensierati che passavano tutte le loro giornate ad Hogwarts insieme. Pensavano fossimo ancora migliori amici. Non erano a conoscenza della sofferenza, della solitudine e disperazione che, almeno io, avevo provato nell'ultimo anno e mezzo. Ho sempre dato a lui la colpa delle mie disgrazie, ma in realtà sono stata io. Io, è tutta colpa mia."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo Trentuno

 
 This is a state of grace
This is the worthwhile fight
Love is a ruthless game

Unless you play it good and right
State of Grace, Taylor Swift


La mattina seguente quando mi svegliai, a darmi il buongiorno trovai dei pesanti drappi verde scuro invece delle tende rosse del mio baldacchino alle quali ero tanto abituata. Sbattei un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco l’ambiente circostante, un po’ confusa. Ma lo sgomento durò una manciata di secondi, fino a quando i ricordi di quella notte si fecero vivi. Riuscivo ancora a sentire Scorpius pronunciare il mio nome come se fosse l’unico che contava e mi ritrovai a sorridere come una deficiente; quando si trattava di Scorpius mi comportavo come una tredicenne alla prima cotta. Anche se, pensandoci bene, Scorpius era la mia prima cotta e sì, me l’ero presa probabilmente attorno ai tredici anni. Mi sembrava di vivere all’interno di un film, dove tutto alla fine si risolveva per il meglio; ma quella era la vita reale e il vissero felici e contenti era tutto tranne che garantito. Io e Scorpius stavamo finalmente insieme, ma non era abbastanza. L’amore, avevo imparato, non basta per essere felici, non quando là fuori ci sono persone malvagie che ti vogliono uccidere almeno.
Non pensarci ora, Rose, mi dissi risoluta. Scorpius stava dormendo con la testa poggiata nell’incavo del mio collo, le braccia attorno alla mia vita; era lì con me, il resto non contava. Gli passai piano una mano tra i capelli e gli diedi un bacio sulla fronte, come per assicurarmi che fosse reale, come per accertarmi che non si trattasse di un semplice sogno.
Appena mi mossi però, Scorpius aprì gli occhi. Era buio nella stanza, rischiarata debolmente solo da alcuni raggi di luce che erano riusciti a oltrepassare le tende, ma i miei occhi si erano abituati all’oscurità così che riuscissi comunque a distinguere i tratti del suo volto. Gli zigomi alti, un po’ arrossati per il sonno, l’arco delle sopracciglia, il naso sottile, la curva delle labbra che solo qualche ora prima avevo baciato; il suo corpo era caldo contro il mio, nonostante i vestiti che avevamo rindossato, e i suoi capelli mi solleticarono il viso quando si mosse.
«Ehi» dissi piano. «Sei riuscito a dormire?»
Scorpius si appoggiò su un gomito e sbatté le palpebre un paio di volte, come se stesse cercando di mettermi a fuoco, poi sorrise. «Solo grazie a te»
Sorrisi anche io, automaticamente, mossa da un moto di affetto così grande per lui che quasi mi faceva male al cuore. Poi mi diedi della deficiente, di nuovo.
Rose, ti devi seriamente rimettere assieme, non puoi andare avanti in questo modo.
«Non essere così…» iniziai, pensandoci un attimo «…drammatico»
E il premio alla persona meno romantica dell’intero mondo magico va a me, Rose Weasley. Non ero proprio capace di esprimere a parole quello che provavo per lui. Speravo lo sapesse.
Scorpius corrugò la fronte e mi guardò male, inclinando il capo di lato come se stessi parlando un'altra lingua. «Non sono drammatico»
«Un po’ sì» dissi io, stampandogli un leggero bacio a fior di labbra, cercando di fargli capire in questo modo che ciò che in realtà intendevo era che mi sarei strappata il cuore dal petto per renderlo felice e che ero stata sveglia finché non si era addormentato tra le mie braccia. E che sarei stata sveglia anche tutta la notte se fosse stato necessario.
Scorpius fece un verso di protesta quando mi allontanai da lui per dare un’occhiata alla sveglia sul comodino. Lessi l’ora, e il mio stomaco sprofondò. Erano le dieci passate.
«Sarà meglio salire a fare colazione» dissi controvoglia. «È piuttosto tardi e se…»
Stavo per alzarmi, ma Scorpius mi prese per il braccio e mi attirò a sé così che mi ritrovai addosso a lui.
«Perché tanta fretta» disse, poggiando delicatamente le labbra sulle mie.
«Perché è tardi…» risposi io con un sospiro.
«È sabato» replicò lui, dandomi un bacio sulla mandibola, poi un altro sul collo, sulla clavicola…
«E pensa alla faccia di Albus se ci trovasse qui» conclusi io la frase per lui, facendo appello a tutta la mia forza di buona volontà.
Scorpius si immobilizzò, come colpito da un pietrificus totalus, le pupille leggermente dilatate mentre la consapevolezza di cosa avrebbe comportato essere beccati da Albus Potter pian piano si faceva spazio nella sua mente.
«Merda» imprecò a bassa voce spintonandomi di lato poco gentilmente e precipitandosi giù dal letto.
La stanza si riversò di luce, segno che aveva aperto le tende, e dovetti alzare un braccio per proteggere gli occhi, ormai abituati al buio.
«Che stai facendo?» gli chiesi. A volte quel ragazzo cambiava umore più facilmente di mio cugino.
«Che sto facendo?» rispose lui, una leggera nota di panico nella voce mentre si sfilava la casacca del pigiama e afferrava una camicia per poi iniziare ad abbottonarla velocemente.
Eppure, nonostante la fretta, non potei fare a meno di notare che ogni suo movimento risultasse aggraziato e delicato. Lo odiai un po’, perché io non avrei mai avuto quella leggerezza e pacatezza.
«Che stai facendo tu ancora a letto!» Continuò, passandosi una mano tra i capelli per cercare di appiattirli un po’. Aveva finito di allacciare la camicia e mi stava guardando. Stando in piedi davanti alla finestra, illuminato dalla luce spettrale del lago nero, pareva uscito da un dipinto. «Se Albus ci becca qua, ci prende in giro fino alla morte. Già lo vedo a ogni mio futuro compleanno. Ah, quella volta che ho beccato Scorpius a letto con…»
«Okay, okay» lo bloccai io scostando le coperte di lato e poggiando i piedi sul pavimento freddo. «Hai reso bene il concetto»
 
---
 
Alla fine non avevamo incrociato Albus; in compenso però avevamo incontrato metà casata Serpeverde nella sala comune. Lo ammetto, avevo paura di essere sottoposta nuovamente a occhiate e borbottii curiosi, invece la maggior parte degli studenti neppure ci degnò di uno sguardo. Continuarono tutti a parlare tra di loro o a studiare come se niente fosse.
Vedete perché adoravo i Serpeverde? Perché erano la casa meno pettegola di tutta Hogwarts, o forse semplicemente si ritenevano superiori al gossip. In ogni caso, a me stava bene così e non avevo intenzione di lamentarmene. Ovviamente questo discorso non si applicava a mio cugino Al, che era l’eccezione a conferma della regola. Se avesse trovato me e Scorpius nel loro dormitorio, avrebbe continuato a parlarne per giorni senza darci un attimo di tregua. Ma che dico giorni, settimane! Anzi, sarebbe probabilmente andato avanti per tutta la vita.
Ringraziai nuovamente Salazar Serpeverde per aver evitato una tale catastrofe.
«Saranno ancora in infermeria?» chiese Scorpius mentre attraversavamo i sotterranei diretti alla sala grande. «Albus e Jerome, intendo»
«Non ne ho idea, sei tu l’esperto di Quidditch qui…» poi mi bloccai. Gli misi una mano sul braccio per fermarlo, lo sguardo fisso davanti a me.
«Scorpius» dissi. «E se sono tornati in dormitorio ma non li abbiamo sentiti?»
Scorpius si mise a ridere. «Sembrava che avessi appena visto un dissennatore»
«Peggio» dissi io seria, alzando il capo per incrociare il suo sguardo. «Albus sarebbe peggio di un dissennatore»
«Fidati, se Albus fosse davvero tornato in dormitorio questa mattina, lo avremmo saputo» Mi sorrise, gli occhi che gli brillavano al ricordo di quello che era successo la notte prima. Poi il suo sguardo si fissò su qualcosa alle mie spalle, e il sorriso gli scomparve dal viso come sabbia al vento.
Mi voltai e capii cos’aveva causato il suo cambio di umore. Giorgina Nott, a qualche metro di distanza, stava venendo verso di noi. Si muoveva lenta e aggraziata come un felino che si avvicina alla propria preda, i capelli chiari che le incorniciavano il viso come una corona di stelle.
Sperai che ci oltrepassasse, invece si fermò proprio davanti a noi.
«No» la precedette Scorpius, gli occhi puntati su di lei come se potesse ridurla in cenere con la sola forza dello sguardo. «Qualunque cosa tu voglia, la risposta è no»
Giorgina lo osservò con sufficienza per qualche secondo, poi lo ignorò e si rivolse a me, come se Scorpius non esistesse. «Posso scambiare due parole con te in privato?»
Eh?
«No» rispose Scorpius, prima che potessi dire alcunché, prima ancora che il mio cervello potesse processare la richiesta.
Giorgina si rivolse al Biondaccio. «Sto parlando con Rose, se non ti dispiace»
«Scorpius…» iniziai io, cercando di far funzionare gli ingranaggi del mio cervello per elaborare una risposta di senso compiuto.
«No» disse lui, continuando a fissare Giorgina. «Chissà che cosa potrebbe inventarsi questa volta»
«Scorpius» dissi di nuovo, cercando di attirare la sua attenzione.
Quando posò il suo sguardo su di me, i suoi occhi erano grandi, più verdi del solito e pieni di preoccupazione.
«No, Rose» ripeté scuotendo la testa. «So che non posso obbligarti a fare qualcosa che non vuoi, ma… Per favore, no»
«Oh, andiamo, Scorpius» gli disse Giorgina stizzita. «Penso di aver imparato la lezione, smetti di essere melodrammatico»
Scorpius fece per estrarre la bacchetta ma lo bloccai. Gli misi una mano sul petto, sopra al cuore, e l’altra sulla sua guancia.
«Va tutto bene» dissi con voce ferma. «È okay. Non succederà niente. Te lo prometto»
Scorpius chiuse gli occhi e respirò profondamente, per poi annuire piano. «È umanamente impossibile convincerti a fare qualcosa che non vuoi» disse rassegnato. «Ti aspetto in cima alle scale»
Senza prestare più alcuna attenzione a Giorgina, si voltò e si incamminò lentamente verso la Sala Grande, le spalle un po’ incurvate e il capo chino, come se stesse trascinando un enorme peso dietro di sé.
«Non preoccuparti» disse Giorgina con voce fredda. «Non ho intenzione di fare niente di male questa volta»
Io annuii piano ma non aggiunsi nulla. Volevo sentire che cos’aveva da dire lei prima.
Indossava un lungo vestito verde scuro che le arrivava poco sopra le caviglie e che la faceva sembrare ancora più alta, nonostante portasse degli stivali senza il tacco. Era bella, Giorgina; bella e letale come un serpente velenoso. 
Se solo sorridesse di più, pensai mentre attendevo che continuasse. Sarebbe davvero perfetta.
«Non funzionavamo da un pezzo» sospirò amaramente, osservando il punto in cui Scorpius era scomparso. Poi mi guardò con aria assente. «Scorpius ed io, intendo. Avrei dovuto mollarlo mesi fa… Ma non l'ho fatto, e lo sai perché?»
Scossi piano il capo, troppo confusa per formulare una frase di senso compiuto.
«Perché avevo paura, suppongo» Giorgina focalizzò lo sguardo su di me, come se mi vedesse davvero per la prima volta. «Di rimanere da sola, di quello che avrebbe detto la gente, di accettare il fatto che Scorpius non fosse innamorato di me. La verità è che nemmeno riesco a odiarti, Rose. Lui ha sempre voluto te, e io non lo vedevo. Pensavo che gli sarebbe passata, ecco perché ho tentato in tutti i modi di separarvi. Quando mi sono accorta di quanto in realtà lo avessi ferito era ormai tropo tardi. Che cosa avrei dovuto fare?»
«Oh non lo so, dire la verità magari?» Ero consapevole della fatica che le costava ammettere tutto questo, ma non riuscivo a provare empatia per lei.  
Giorgina sbuffò e incrociò le braccia al petto, ogni traccia di simpatia nei miei confronti sparita dal suo viso. «La verità è sopravvalutata, spesso non porta da nessuna parte»
Alzai un sopracciglio e mi morsicai la lingua per non mandarla a quel paese.
Se va avanti così, mi giro e me ne vado, pensai iniziando a perdere la pazienza.
«Tipico dei Grifondoro» continuò lei scuotendo il capo e guardandomi dall’alto verso il basso con quei suoi occhi grigi che avrebbero fatto rabbrividire persino un ghiacciolo. «Pensate che la verità sia la soluzione ai vostri problemi, ma non lo è. Non sempre, almeno»
Mi sanguinavano le orecchie e, se fosse andata avanti così, probabilmente anche il suo naso avrebbe iniziato a sanguinare. Non ero una persona violenta, ma Giorgina Nott metteva davvero alla prova i miei nervi.
«E mentire dove ti avrebbe portato?» chiesi, non riuscendo proprio a seguire il suo discorso. «Ti rendi conto che Scorpius probabilmente non ti rivolgerà più la parola? Non è il tipo che perdona tanto facilmente. Io l’ho provato sulla mia pelle, grazie a te»
Giorgina ora sembrava infastidita.
«E pensi che non lo sappia?» Chiese. Poi, a voce più bassa, aggiunse: «Che tu ci creda o no, io voglio davvero bene a Scorpius e mi dispiace per tutto quello che è successo. Non per te, ma per lui. Mi dispiace che abbia sofferto così tanto e, anche se sono consapevole che sia stata colpa mia, so anche di non poter fare nulla per cambiare le cose. Non ho detto la verità perché speravo che non lo scoprisse. Se non lo avesse scoperto, prima o poi se ne sarebbe fatto una ragione e sarebbe andato avanti con la sua vita»
Non potevo credere che una persona potesse essere tanto egoista. Ma la cosa che più mi meravigliava era che lei era davvero convinta di aver agito negli interessi di Scorpius. Mi faceva quasi pena.
«Lasciami parafrasare: non gli hai detto niente così se ne sarebbe fatto una ragione e sarebbe andato avanti con te. Gli hai mentito per anni così che continuasse a essere il tuo ragazzo, perché sapevi che non appena avesse scoperto quello che avevi fatto ti avrebbe completamente eliminato dalla sua vita. Non lo hai fatto per lui, Giorgina, hai tenuto la bocca chiusa per te. Per puro egoismo»
Giorgina ora sembrava divertita. «Proprio non ci arrivi, eh?» Rise, e la sua risata rimbombò per tutto il corridoio. «Cavolo, e poi dicono che sei intelligente. Certamente, in parte sono stata egoista, ma ho preferito esserlo piuttosto che dirgli la verità così che scoprisse di averti trattato da schifo per niente. Adesso come sta Scorpius, eh? Probabilmente è divorato dai sensi di colpa. Mi sorprende che riesca a guardarti in faccia»
Abbassai il capo, consapevole di quanto vera fosse la sua ultima affermazione. Continuavo a pensare che non le importasse di niente se non di sé, nemmeno di Scorpius. Però su una cosa aveva ragione: Scorpius continuava a incolparsi.
«Non ha nulla da rimproverarsi» dissi.
«Io lo so» rispose lei fredda. «Ma lui no»
Ora ero davvero arrabbiata. Se non fosse stato per lei, niente di tutto questo sarebbe successo: Scorpius non avrebbe smesso di parlarmi e non si sarebbe sentito una persona orribile per avermi trattata male.
Quando Giorgina vide che non aggiungevo altro, continuò con fare pratico «Sarà meglio che vada. Non siamo mai state amiche e mai lo saremo, Weasley. Volevo solo farti sapere che sono consapevole di essermi comportata male e che…» si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e per la prima volta da quando la conoscevo mi parve a disagio. «E che sei fortunata. Avere una persona come Scorpius che ti ama è una benedizione. Non capisco cosa ci trovi in te, ma lo rendi felice. Di questo almeno sono sicura» Raddrizzò la schiena e mi guardò composta. «Ci si vede in giro»
 
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Scorpius mi stava aspettando dove aveva promesso, in cima alle scale, appoggiato contro il muro con le braccia conserte. Davanti a lui, lungo il lato opposto dell’atrio, si aprivano le grandi porte della Sala Grande, dalla quale proveniva il mormorio assonnato degli studenti che stavano facendo colazione. Guardava dritto davanti a sé, assorto nei suoi pensieri. Una ruga di espressione gli attraversava la fronte, ma quando mi vide il suo viso si distese.
«Allora?» mi chiese apprensivo, allontanandosi dalla parete e venendomi incontro. I suoi occhi verde chiaro parevano fatti di vetro. «Mi odi?»
Inarcai un sopracciglio e mi misi a ridere. «No, certo che no. Perché dovrei odiarti?»
«Non lo so» Scorpius si passò una mano tra i capelli. «Magari Giorgina… aspetta. Sei Rose, vero?»
Mi prese per le spalle e mi osservò attentamente in viso, come se potesse capire solo in questo modo se fossi davvero io.
«Scorpius» gli dissi spalancando gli occhi e fissandolo con aria inquietante. «Sono io!»
Mi rivolse un sorriso sghembo e raddrizzò la schiena, anche se non pareva totalmente convinto. «Sì, immagino di sì» 
Non potevo biasimarlo per essere preoccupato, dopo tutto quello che era successo per colpa di Giorgina. Ma non era da Scorpius mostrarsi spaventato, in nessuna circostanza. In realtà, non era da Scorpius mostrare ciò che provava, punto.
«Non è stato poi così terribile» dissi a bassa voce, come se gli stessi confidando un segreto. «Mi ha quasi chiesto scusa. Quasi»
Che persona contorta, Giorgina Nott, pensai.
Scorpius non disse niente e distolse lo sguardo, la bocca ridotta a una linea sottile, come se si stesse sforzando per non aggiungere altro. Se avesse parlato, probabilmente se ne sarebbe uscito solo con insulti.
Era turbato, lo percepivo. Ciò che Giorgina mi aveva detto su Scorpius e i suoi sensi di colpa continuava a ronzare nella periferia della mia mente come una mosca che sbatte ostinatamente contro a un vetro.
Mi sorprende che riesca a guardarti in faccia.
Non volevo che Scorpius continuasse a rodersi il fegato per quella faccenda; volevo che andasse avanti. Volevo che fosse felice.
«Lo sai che non sono in nessun modo arrabbiata con te, vero?» dissi lentamente, scandendo ogni parola così che non se ne perdesse alcuna.
La sua espressione si ammorbidì. «Lo so» mi sorrise e riacquistò un po’ del suo solito splendore. «A volte penso che dovresti esserlo, ma so che non lo sei. Come mai me lo chiedi?»
«Giorgina…» iniziai, ma Scorpius imprecò sotto voce e mi bloccò.
«Qualsiasi cosa abbia detto, non è vera. È ciò che fa, entra nella tua testa e ti porta a credere a quello che vuole lei finché non impazzisci»
«In realtà penso che un po’ avesse ragione» dissi con calma. «Ha detto che ancora ti incolpi per quanto successo e si domanda come fai a guardarmi in faccia»
«Non è difficile guardarti, hai un viso davvero carino»
Mi misi a ridere e alzai gli occhi al cielo. «Sono seria»
«Be’, anche io»
Lo guardai male e lui sbuffò. «D’accordo. A volte c’è una piccola parte di me che continua a domandarsi e se? E se me ne fossi accorto, che non eri davvero tu? E se ti avessi dato la possibilità di spiegarti? Forse le cose sarebbero andate diversamente. Però non posso cambiare quello che è successo. Se a volte ci penso? Dio, certo che ci penso! Ma non ha senso continuare a guardarsi indietro» si avvicinò e posò la fronte sulla mia «Si è tutto risolto ora. Okay? Basta Giorgina, basta tutto. Siamo solo io e te, il resto del mondo non conta»
Annuii e mi alzai sulla punta dei piedi per dargli un bacio, perché io non sapevo fare i discorsi e ogni volta che ci provavo il risultato era insipido e ridicolo alle mie stesse orecchie. Ma non feci in tempo neanche a toccarlo che mi sentii chiamare.
«Rose! Ecco dov’eri finita!»
Julia ci corse incontro e si fermò davanti a noi con il fiatone. Indossava la sua collana arcobaleno e si era fatta le treccine, dalle quali scappavano alcune ciocche di capelli rosso scuro.
Si sistemò meglio gli occhiali sul naso piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. «È da stamattina presto che sto girando il castello perché non ti trovavo. Non ti ho detto la parola d’ordine, si può sapere dove hai passato la… oh» Julia si bloccò, passando lo sguardo da me a Malfoy, e poi da Malfoy a me. Raddrizzò la schiena e ci scrutò attentamente da capo a piedi.
«Julia…?» Iniziai preoccupata io, allungando una mano per toccarle il braccio. «Stai bene?»
Lei però si scostò. Fece un passò indietro, portandosi le mani alla bocca.
«Voi due siete andati a letto insieme!» Ci puntò un dito contro come se ci stesse accusando di un terribile crimine.
Perché, di grazia, le mie amiche dovevano essere tutte… così?
Non dissi niente, mi limitai a fissarla sbigottita con gli occhi spalancati; davvero, che cos’avrei dovuto dire?
«E cosa te lo fa pensare, Julia?» Chiese Scorpius con un ghigno.
Beato lui che si divertiva.
«Oh ti prego» Julia si mise le mani sui fianchi in una posa che la faceva somigliare spaventosamente a nonna Molly e lo guardò divertita. «È scritto su tutte le vostre facce. In particolare sulla tua, Malfoy»
Scorpius alzò un sopracciglio. «Ah sì?»
Pregai che il terreno sotto ai miei piedi si aprisse e mi inghiottisse perché io non volevo più prendere parte a quella conversazione.
«Voglio dire» continuò a spiegare Julia con fare pratico. «Rose ha sempre quella faccia ogni volta che ti vede, nonostante oggi sia peggio del solito»
Come non detto.
«Quale faccia?» chiesi incrociando le braccia al petto. «È la mia faccia questa»
«Ma tu, Malfoy» continuò la mia amica ignorandomi «mantieni sempre quell’aria contenuta che tutti trovano affascinante ma che secondo me ti fa solo sembrare uno snob»
Scorpius si mise una mano sul petto. «Grazie, sei sempre così gentile»
«Shhh, lasciami finire» Julia gli sorrise sincera e abbassò un po’ la voce. «Sto cercando di dire che oggi sembri proprio felice, e sei molto più bello così»
Poi mi prese per la manica e iniziò a trascinarmi verso la Sala Grande. «Ci si vede in giro, Malfoy» gli urlò dietro, sventolando una mano per aria e fregandosene della gente che la guardava come se fosse impazzita. «Io e Rose dobbiamo avere una conversazione molto lunga e tu non sei invitato!»
 
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Scossi il capo divertito mentre osservavo Rose e Julia scomparire oltre le porte della sala grande. Julia trascinava Rose come se fosse una bambola di pezza, mentre questa scuoteva il capo, esasperata dall’esuberanza della sua amica. A volte mi chiedevo come due persone tanto diverse potessero andare così d’accordo; Julia era chiassosa, talvolta sfacciata, mentre Rose era tranquilla e riservata. Ma d’altronde anche io e Albus eravamo caratterialmente agli antipodi, eppure perdere la sua amicizia sarebbe stato peggio che perdere un braccio.
Mi avviai anche io verso la Sala Grande, ma se Julia e Rose erano sparite tra i Grifondoro sulla destra, io mi diressi a sinistra, dove si trovava la lunga tavolata dei Serpeverde.
Cercai con lo sguardo Ablus e Jerome, ma di loro neanche l’ombra; individuai invece Kyle, che stava stringendo una tazza tra le mani osservando il suo contenuto con occhi socchiusi, come se fosse sul punto di addormentarsi.
Mi lasciai cadere sulla panca di fronte a lui e mi schiarii la voce per segnalare la mia presenza, ma questo non parve sentirmi.
«Kyle» dissi allora. «Kyle!»
Kyle si destò e si rovesciò del caffè sulla mano. Imprecò sottovoce e sbatté le palpebre un paio di volte per mettermi a fuoco. «Oh, ciao Scorp»
Io sorrisi, velocemente, per poi tornare immediatamente serio. «Kyle. Dov’è la mia scopa?»
Non era nella nostra camera, di quello ero sicuro perché non solo Kyle indossava ancora i vestiti di ieri sera, ma anche perché Rose ed io non lo avevamo sentito rientrare, e Kyle era una persona rumorosa, fidatevi. Perciò potete immaginare cosa passò nella mia testa quando vidi che non aveva la mia scopa lì con lui in quel momento: inizia per A e finisce con vada Kedavra.
«Oh, sì!» disse quello grattandosi il capo. «Credo di averla dimenticata da Susan»
«Tu credi… che cosa significa che credi di averla dimenticata da Susan?» Esclamai orripilato. «Non lasci una Nimbus 2020 incustodita! E se lo fai, ti assicuri di sapere dove l’hai messa!»
Scorpius, mantieni la calma, mi dissi. Sei una persona adulta. Puoi stare mezza giornata senza scopa. Adesso vai da Susan Lee e le chiedi gentilmente di riportartela.
Cercai di comportarmi razionalmente, ma la mia scopa era dispersa chissà dove nel castello: come avrei fatto ad allenarmi? E a giocare le due partite restanti?
Mi versai una tazza di tè e ne bevvi una lunga sorsata; e giuro che non stavo cercando di affogarmi per la disperazione…
«Non preoccuparti, amico» fece Kyle, chiaramente non capendo la mia angoscia. «Susan è proprio lì, assieme alle sue compagne di stanza. Ora vado e le chiedo di andare a recuperare la tua…»
Ma io non lo stavo ascoltando. Avevo trovato Susan tra i Corvonero che stavano facendo colazione, e capii di essere spacciato.
«Kyle» deglutii, ormai pronto al peggio. «Susan è al sesto anno, vero?»
«Sì» Kyle mi guardò. Aggrottò le sopracciglia e inclinò il capo di lato. «Scorpius, sicuro di stare bene? Senti mi dispiace, ma non è la fine del mondo…»
«È per caso in dormitorio con Victoria?» Lo interruppi io.
«Victoria?»
«La ragazza che cambia colore di capelli ogni settimana. Ora li ha» la cercai tra i Corvonero e, indovinate un po’? Era proprio seduta di fianco a Susan! «Sembrerebbero… biondo chiaro…?»
«Ohhh» fece Kyle. «Intendi Viky! Sì, sono assieme, perché?»
Mi presi la testa tra le mani, per evitare di iniziare a sbatterla contro al tavolo. Se Susan era una delle compagne di stanza di Victoria, allora lo era anche di Felicity, il che significava che io potevo anche dire addio alla mia scopa e al campionato di Quidditch.
Felicity Killegan era battitrice della squadra di Quidditch di Corvonero, contro la quale avremmo dovuto giocare tra un paio di settimane, e non mi avrebbe ridato la scopa tanto facilmente. Avrei dovuto pregare. Sputare sangue. Strisciare. Supplicare. E io ero Scorpius Malfoy. Io non imploravo nessuno. Anche se per la mia scopa…
No, mi dissi risoluto. Non esisteva.
Mi alzai, soffocando un’imprecazione e ignorando le proteste di Kyle che mi stava chiamando. Mi diressi a passo di marcia verso il tavolo dei Corvonero, come un soldato che si avvia verso una battaglia che sa essere già persa in partenza. Perché Felicity Killegan era quasi più cocciuta di me.
Mi fermai davanti a lei, dal lato opposto del tavolo rispetto a quello dove era seduta. Portava i lunghi capelli castano raccolti in una treccia e indossava la divisa da Quidditch, segno che dopo colazione sarebbe andata ad allenarsi.
Pensai che anche io mi sarei allenato volentieri quel pomeriggio… se solo avessi avuto la mia dannata –amata!- scopa.
«Guarda un po’ chi è venuto a trovarci, Scorpius Malfoy» Mi sorrise angelicamente appoggiando il mento sulle mani intrecciate. «Ti stavamo aspettando»
E in quel momento ebbi la conferma che sì, la avevano loro.
Merda.
Victoria, che stava seduta di fronte a lei e mi dava le spalle, si voltò. Quando mi vide il suo viso si aprì in un grande sorriso che andò a creare un netto contrasto con il suo abbigliamento. Quel giorno infatti portava il rossetto nero, rigorosamente in tinta con un vestito che le arrivava sopra al ginocchio abbinato a degli stivali dello stesso colore, così che i suoi capelli sembrassero ancora più biondi.
«Malfoy!» Esclamò contenta. «È sempre un vero piacere vederti. Letteralmente»
Scrollai le spalle e la ignorai. Non persi neppure tempo a chiedere a Felicity della mia scopa, perché tanto sapevo che sapeva che io sapevo che la aveva lei. Insomma, avete capito.
«Come possiamo aiutarti?» Mi chiese, come se non avesse idea del perché mi trovassi lì.
«Io non parlo con i criminali» le dissi sprezzante, per poi rivolgermi a Susan, che proprio in quel momento si stava alzando. Le sorrisi e cercai di mantenere un tono di voce rilassato. «Ciao, Susan»
«No no» disse lei, mettendo le mani avanti. «Io non voglio sapere niente di quella maledetta scopa. Abbiamo litigato tutta la mattina, alla fine gliel’ho lasciata perché non le sopportavo più. Mi dispiace, Scorpius»
Si mise a tracolla la borsa e si allontanò velocemente, prima che potessi ribattere e tentare di convincerla a stare dalla mia parte.
«Ma…»
«Non sprecare le tue forze, Malfoy» mi interruppe Felicity scuotendo il capo e ridacchiando. «La tua cara scopa è sotto la mia custodia ormai, e il fascino Malfoy con me non funziona»
Victoria fece un verso e Felicity le tirò un calcio da sotto al tavolo, per poi fulminarla con lo sguardo. Io dovetti trattenermi per non mettermi a ridere, dopotutto ero furioso, no?
«Okay, facciamola finita in fretta» decretai allora. «Ridatemi la mia scopa e nessuno si farà male»
«E che cosa otteniamo in cambio?» Chiese con voce cantilenante Victoria muovendo il capo da destra a sinistra come una bambina.
«Il mio primo figlio maschio…?» Tentai io, aprendo un po’ le braccia e sperando seriamente che accettassero.
«Non credo che Rose sarebbe d’accordo» fece notare Felicity con un luccichio maligno negli occhi.
«Beh, possiamo chiederglielo se vuoi…» dissi, voltandomi verso il suo tavolo.
Trovare Rose fu facile come respirare, era come se sapessi esattamente dove guardare ancor prima di voltarmi. Stava ridendo per qualcosa che Julia aveva detto; i suoi capelli catturavano la luce del sole che li faceva risplendere e sembrare ancora più rossi e riuscivo a distinguere chiaramente le lentiggini sul suo viso nonostante la distanza che ci separava.
Alzò il capo improvvisamente, come se avesse percepito il mio sguardo su di sé, e i nostri occhi si incontrarono. Mi osservò con aria interrogativa, aveva notato che qualcosa non andava con le Corvonero, ma io scossi il capo e le feci segno che le avrei spiegato tutto più tardi.
«Io vorrei andare a cena con tuo padre» disse Victoria con aria sognante.
Felicity la guardò male, e io anche.
«Sto scherzando» fece lei sulla difensiva. «Forse…»
Ew, pensai orripilato, arricciando il naso. Quale persona sana di mente avrebbe voluto uscire con mio padre? Ma lo sapeva che avrebbe passato i tre quarti del tempo a parlare di sé, del suo lavoro, di sé, di quanto fosse intelligente e in gamba?
«Fidati» dissi, cercando di cancellare dalla mente quell’immagine. «Non ci vuoi davvero passare assieme un’intera serata»
«Questo lo pensi tu» mi rispose lei offesa, incrociando le braccia al petto.
«Be’» mi passai una mano tra i capelli, ormai disperato. «Se mi ridate la mia Nimbus, ci vengo io a cena con te»
«Mmm» Victoria sbuffò sventolando una mano per aria come se stesse scacciando un moscerino fastidioso. «Tu sei off limits. Cioè, molto bello, ma off limits. E poi non mi importa un fico secco della scopa, per me te la puoi anche riprendere»
«Non se ne parla!» Esclamò Felicity sbattendo un pugno sul tavolo. «L’ha lasciata in territorio nemico e ora ne paga le conseguenze»
«Tecnicamente, io non ho lasciato proprio un bel niente da nessuna parte» feci notare infastidito. «È tutta colpa di Kyle, che è un imbecille che non capisce nulla di Quidditch e strategia»
«Non è un mio problema» Felicity si guardò le unghie della mano destra e poi alzò lo sguardo su di me. Io non ero una persona che si spaventava facilmente, ma quella ragazza mi faceva vagamente paura. «Ho deciso cosa voglio da te» disse. «Voglio che ti inginocchi, proprio qui davanti a me, e che tu dica: Oh Felicity, miglior giocatrice di Quidditch della storia di Hogwarts -e quindi anche di me medesimo, Scorpius Malfoy- ti prego, ti imploro, di illuminarmi con la tua benevolenza e di restituirmi la mia scopa. Ad alta voce, così che tutti ti sentano»
La guardai serio, senza fare una piega. Emma, che era seduta di fianco a Victoria e che aveva seguito la discussione con attenzione, scoppiò a ridere così forte che per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Victoria le diede delle pacche sulla schiena paziente.
Mi domandai per l’ennesima volta come diavolo avessero fatto a diventare Caposcuola e Prefette. Secondo me la McGranitt aveva sbattuto la testa, non c’era altra spiegazione.
Misi le mani sul tavolo e mi sporsi verso Felicity così da poterla guardare dritto negli occhi.
«Stammi bene a sentire, Killegan, perché non lo ripeterò un’altra volta» scandii ogni parola lentamente e con precisione. «Te lo puoi sognare. Piuttosto che fare una cosa del genere, gioco la partita con una delle scope della scuola, così la vostra sconfitta sarà ancora più umiliante»
Raddrizzai la schiena, e questa volta fu il mio turno di sorridere diabolicamente. Poggiai poi una mano sulla spalla di Victoria e le dissi, fingendomi dispiaciuto: «Ah, e ritiro ufficialmente l’invito a cena»
 
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Ovviamente stavo bluffando. Non avrei mai giocato una partita contro Corvonero senza la mia Nimbus 2020, ma soprattutto non l’avrei mai e poi mai lasciata nelle grinfie di Felicity Killegan. Chissà che cosa le avrebbe fatto... a quali torture l’avrebbe sottoposta… okay, forse stavo esagerando. Dopotutto Felicity era un’amante di Quidditch, e in quanto tale era consapevole del valore di una Nimbus 2020. Probabilmente si sarebbe limitata ad usarla per un allenamento o due, ma quella rimaneva la mia scopa e la rivolevo. Subito.
Perciò andai diritto da Rose, sperando che potesse in qualche modo aiutarmi.
Mi sedetti di fianco a lei al tavolo di Grifondoro, ignorando i suoi compagni di casa che mi rifilarono occhiate curiose. Al contrario di lei, a me non importava. Che guardassero pure.
«Che carino» disse Julia con sarcasmo pungente. «Non sa starle lontano neanche per dieci minuti»
Rose sbuffò e le fece segno di tacere, per poi rivolgersi a me con aria dispiaciuta. «Che cos’hanno combinato le Corvonero ‘sta volta?»
Mi guardò preoccupata, e mi resi conto che credeva seriamente che, se io e lei non fossimo stati insieme, non mi avrebbero dato del filo da torcere. Ma quelle tre mi tormentavano da anni, Rose o non Rose, e io ci avevo fatto l’abitudine.
Tuttavia dovevo ammettere che da quando eravamo tornati dalle vacanze di Natale avevano alzato il tiro. Il primo giorno del nuovo semestre mi avevano teso un’imboscata per estorcermi informazioni sulla nostra relazione, e Emma stava ancora tramando vendetta per quella volta che le avevo tolto dei punti dopo averla sorpresa fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco con Matt.
Ma le loro domande impertinenti non mi toccavano. Anzi, se dovevo essere sincero, una parte di me si divertiva a discuterci e a rispondere in modo ambiguo con il solo obiettivo di mandarle in confusione; e poi era obiettivamente esilarante vederle mettere in imbarazzo Rose. Forse aveva ragione quando diceva che un po’ ero stronzo… oh beh, ognuno le sue.
«Non è colpa tua» le dissi con un’alzata di spalle. «È nella loro natura essere… impertinenti»
«Oh no. Ti hanno fatto un altro discorso?» mi chiese lei con una smorfia. «Ti prego, dimmi che non ti hanno fatto un altro discorso»
Io mi misi a ridere al ricordo di quando mi avevano minacciavano di non far soffrire Rose, pena torture indicibili. Anche se, ripensandoci, forse non c’era niente da ridere, perché non si scherzava con le Corvonero. «No, nessun discorso»
Rose sospirò per il sollievo e mi sorrise, gli occhi dello stesso colore del cielo in primavera e le lentiggini che le decoravano il volto come un prato fiorito. Forse non rispettava i canoni di bellezza tradizionali, ma per me era bellissima, e mentre la guardavo pensai che volevo davvero baciarla, nonostante lo avessi fatto per tutta la notte precedente.
Avevo passato anni a ripetermi che non avrei mai potuto averla, a nascondere tutto ciò che provavo per lei, a ripetermi che ormai l’avevo persa per sempre, e ora avevo paura di svegliarmi per scoprire che si era trattato di un meschino scherzo della mia immaginazione. Invece era tutto vero e potevo toccarla, potevo baciarla… anche solo sedermi vicino a lei al tavolo dei Grifondoro per raccontarle quello che mi passava per la mente era un’esperienza surreale per me.
Sbattei le palpebre un paio di volte, realizzando forse per la prima volta che finalmente, finalmente, le cose tra di noi erano tornate ad essere come un tempo; anzi, erano migliorate, perché avevamo avuto il coraggio di aprire i nostri cuori e non dovevamo più nascondere quello che provavamo l’uno per l’altra.
E allora baciala, idiota! Sbottò nella mia testa quella voce fastidiosamente simile a quella di Albus che si faceva sentire nei momenti meno opportuni.
Rose stava per dire qualcosa, ma io mi ero già chinato verso di lei. La baciai con delicatezza, senza alcuna fretta, assaporando ogni istante. La sentii trattenere il fiato per la sorpresa mentre scivolavo sulla panca per farmi più vicino; poi, passato lo sgomento iniziale, mi mise una mano sul viso e mi attirò a sé. Era come una droga, ne avevo avuto un assaggio e ora ne volevo sempre di più, perché lei era tutto quello che avevo sempre desiderato, e la amavo così tanto che mi faceva male al cuore.
«Julia ha ragione» sussurrai con voce roca sulle sue labbra.
«Mmm?»
«Non so starti lontano neanche dieci minuti» e stavo scherzando solo per metà.
Rose si allontanò scuotendo il capo. Non rispose, ma i suoi occhi brillavano e le sue guance si erano colorate di rosso. Non aveva bisogno di dirmi quello che provava, perché era scritto su tutta la sua faccia. Io invece dovevo. Sentivo la necessità di esternarle tutti i miei sentimenti, terrorizzato dall’idea che pensasse che non l’amassi quanto lei amava me. Perciò qualsiasi cosa mi passasse per la testa, per quanto melensa e sdolcinata fosse, io gliela dicevo senza vergognarmi neanche un po’, senza filtri.
«Ohw» fece Julia mettendosi una mano sul cuore. «Sareste quasi carini se non foste così disgustosamente innamorati»
Rose tenne gli occhi fissi su di me, ignorando Julia. «Quindi, stavi dicendo… le Corvonero?»
La scopa, Felicity, e tutto il resto erano completamente spariti dalla mia mente, tanto che ci misi qualche secondo a capire di che cosa stesse parlando.
Una volta che mi fui ripreso, le raccontai di come Kyle avesse commesso l’errore di abbandonare la mia Nimbus 2020 nel dormitorio della sua ragazza, che guarda caso era lo stesso di Felicity, così che ora i Corvonero avessero in ostaggio la mia scopa.
«Non sono il tipo che implora» le dissi, una volta terminato il mio racconto. «Ma ti prego, aiutami»
Rose alzò il capo per guardarmi, chiaramente combattuta sul da farsi. «Non lo so, Scorpius. Sai com’è fatta Felicity… posso provare a parlarci»
«Se lei non ti ascolta, puoi andare da Emma! Lei ti adora e loro le danno retta»
Rose rise e scosse il capo. «D’accordo. Ti prometto che ci proverò, però non posso assicurarti nulla. Sono imprevedibili, le Corvonero»
Sospirai e posai la fronte sulla sua spalla per il sollievo. Sapevo che stavo esagerando, e non era da me, sul serio, ma… era la mia scopa, porco Salazar!
«Grazie, Rosie» le diedi un bacio sulla guancia e trovai Julia che mi fissava.
«Una cosa non mi è chiara» disse quest’ultima «Felicity ha solo preso la tua scopa e non vuole niente in cambio?»
Deglutii ed esitai una frazione di secondo, ma fu abbastanza perché lei lo notò.
«O forse» continuò mentre girava con cura il cucchiaino nella sua tazza di caffè. «C’è qualcosa che vuole, ma che tu non vuoi darle…»
«Okay, d’accordo» non mi andava di giocare con Julia quella mattina. Ne avevo avuto abbastanza con la Killegan. «Voleva che mi inginocchiassi davanti a tutti per implorarla di restituirmi la scopa. Contenta?»
Julia e Rose mi fissarono entrambe per qualche secondo, poi si guardarono a vicenda e scoppiarono a ridere.
Ah ma tanto sono io lo stronzo, pensai, ormai depresso. O forse questa è solo la mia punizione.
«Rose, ti prego, non parlare con le Corvonero e faglielo fare» Julia stava quasi piangendo dal ridere. «Ti prego»
Rose si ricompose ma non disse niente, come se ci stesse seriamente pensando…
«Questo non cambia le cose, vero?» le lanciai un’occhiata di traverso. «Mi aiuterai comunque?»
«Non lo so…» fece lei con un’alzata di spalle. «Vederti implorare potrebbe essere divertente»
Che cos’avevano le ragazze quel giorno? Si erano forse coalizzate tutte contro di me? Anche Rose, seriamente?
Basta, decisi che io avevo chiuso con il sesso femminile. Dov’era Albus quando avevo bisogno di lui?
«Tranquillo, Malfoy. Lo sai che per te Rose farebbe di tutto» disse Julia quando ebbe deciso che mi aveva torturato abbastanza. «Avrai la tua scopa entro stasera, ci scommetto cinque cioccorane»
«Io scommetto che la riavrà entro mezzogiorno» fece invece Rose mentre si alzava dalla panca. «Ci vediamo più tardi»
«Dove vai?» Le chiesi, prima che si voltasse.
«A cambiarmi» mi rispose, indicando la divisa che stava ancora indossando dal giorno precedente. «E poi ho delle Corvonero con cui parlare e una scommessa da vincere, no?»
La guardai come se fosse un miracolo, probabilmente con una faccia da ebete, ma per una volta non mi importava.
 
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Decisi che ormai non aveva più senso continuare a fare colazione. Dopo aver concordato con Rose che ci saremmo trovati più tardi in infermeria, lei se n’era andata a passo veloce, diretta alla torre di Grifondoro. Io avevo afferrato un pezzo di pane imburrato e mi ero avviato verso la suddetta infermeria, nella speranza di trovare oltre a Jerome anche Albus.
Le mie preghiere furono esaudite, perché lo trovai affondato in una poltrona accanto al letto di Jerome, i capelli che sparavano in tutte le direzioni e gli occhiali un po’ storti sul naso. Nonostante si vedesse che non aveva dormito bene, o forse non aveva proprio chiuso occhio, era più sereno rispetto al giorno precedente.
Solitamente quando un giocatore cade dalla scopa, c’è sempre qualcuno che arresta la sua caduta. Quella volta però non c’era stato nessuno per Jerome e ci eravamo presi tutti, me compreso, un bello spavento. Albus aveva rischiato di avere un esaurimento nervoso, e solo quando Madama Chips ci disse che si sarebbe ripreso nel giro di un giorno, ma soprattutto che era vivo e che non aveva battuto la testa, potemmo tirare un sospiro di sollievo.
Ed effettivamente l’infermiera aveva avuto ragione. Jerome sembrava essersi quasi del tutto rimesso in sesto, il suo viso aveva acquistato un po’ di colore, e benché fosse evidente che stesse soffrendo, mi sorrise quando mi vide entrare nell’infermeria.
«Ciao, Scorpius» mi salutò con la sua voce delicata.
Era adagiato su un lettino verso il fondo della stanza con la schiena appoggiata a un paio di cuscini e le gambe stese davanti a sé.
«Ehi» ricambiai io il saluto, sedendomi accanto a lui sul letto e battendogli piano una mano sulla spalla. «Come sta il mio battitore preferito?»
«Attento» fece Albus dalla sua poltrona con la voce impastata dal sonno. «Potresti fargli male»
«Sto bene, Al» disse Jerome, poi si rivolse a me. «Madama Chips dice che questa sera mi dimette. Il mio femore è andato a posto, mancano solo un paio di costole e poi sarò come nuovo. Domani possiamo allenarci…»
«Ancora con questa storia!» Albus alzò gli occhi al cielo e si raddrizzò un po’. «Dovresti prenderti almeno una settimana. Diglielo, Scorp!»
«E tu dovresti andare a dormire» Jerome incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo da Albus, come se avessero già avuto quella discussione parecchie volte e non ne potesse più. «Sembri uno zombie»
Normalmente avrei chiesto un consulto medico a Madama Chips per vedere cosa sarebbe stato meglio per Jerome. Con la magia, una volta che l’osso era stato aggiustato, non era necessaria la fisioterapia, l’osso tornava come nuovo, come se niente fosse successo. Perciò, se dovessi essere totalmente sincero, avrei fatto giocare Jerome sin da subito perché la sua salute non sarebbe stata messa a rischio, ma Albus si era preso un bello spavento e non volevo dargli un ulteriore motivo per stare in pensiero.
«Credo che Albus abbia ragione» dissi piano. «Prenditi tutto il weekend per riposare, puoi rientrare in campo a metà settimana»
Albus spalancò gli occhi. «Chi sei e che cos’hai fatto a Scorpius Malfoy?»
«Penso che sia giusto che Jerome riposi così da rimettersi al cento per cento»
Non potevo biasimarlo per il suo stupore, perché nella squadra di Quidditch quello più ossessionato… be’, ero io. Ammetto che a volte potevo risultare ossessivo quando si trattava di allenamenti e di partite, ma quella mattina ero particolarmente contento e in pace con il mondo: neanche Giorgina e la mia scopa mancante erano riuscite a scalfire il mio buon umore.
Albus continuava a fissarmi, come se stesse cercando un pezzo mancante, qualcosa in me che non andava. «C’è qualcosa di diverso» decise ad un tratto toccandosi il mento con fare meditabondo. «Brilli»
Inarcai un sopracciglio e gli rifilai un’occhiataccia. Possibile che avesse capito che… oh, insomma, Scorpius! Mi dissi scocciato. Non sei mica in uno di quei film babbani che piacciono a Rose. Nella realtà le persone non possono leggerti per davvero nella mente… a meno che non fossero legilimens, ma sapevo per certo che Albus non lo era. E poi io non mostravo mai le mie emozioni, quindi come poteva Albus essere in grado di decifrarmi così bene? Julia lo aveva capito perché Rose non era ritornata nella sua camera quella notte, ma Albus non ne aveva la più pallida idea. Era come se avesse un manuale intitolato Come decriptare Scorpius Malfoy.
«Ma Madama Chips ha detto che posso giocare sin da subito!» Jerome sembrava non essersi neppure accorto di quell’ultimo scambio di battute tra me e Albus e continuò a perorare la sua causa. «Dovrò già perdere l’allenamento di questo pomeriggio, non voglio saltarne altri»
«Già, uhm… a proposito dell’allenamento» iniziai io grattandomi il capo.
Non sapevo bene come dir loro della scomparsa della mia scopa, perché avrebbero capito la gravità della situazione e sarebbero andati nel panico come me, altro che Rose e Julia!
«Credo di doverlo cancellare… a meno che Rose non faccia un miracolo e riesca a recuperare la mia scopa»
Vidi Albus tendersi come una corda di violino e i suoi occhi accendersi, improvvisamente sveglio.
«Cosa vuol dire che Rose deve recuperare la tua scopa?» chiese Jerome, anche lui sulle spine.
«Scorpius» mi chiamò Albus con la voce di un’ottava più alta del normale. «Cos’è successo alla Nimbus 2020?»
Raccontai per l’ennesima volta la storia, partendo da quando io e Rose avevamo incontrato Kyle nei sotterranei per concludere con la promessa fatta da Rose di provare a farsela ridare dalle Corvonero.
«Io lo uccido» decretò Albus, battendo un pugno sul bracciolo della poltrona. «Quell’idiota che neanche sa cos’è il Quidditch!»
«Albus...» lo riprese piano Jerome, nonostante fosse evidente che anche lui era scosso dalla presa in ostaggio della Nimbus. «Non essere così duro»
«Non essere così duro?» esclamò l’altro alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro come un maniaco. «Quella scopa è ciò che ci fa vincere le partite! E come facciamo ad allenarci senza cercatore?»
«Ehi!» esclamai offeso. «Io vi faccio vincere le partite!»
«Sì, tu su quella dannata scopa!»
«Okay, okay, state calmi» ci interruppe Jerome. «Sono sicuro che possiamo parlare con Felicity e farla ragionare»
Io e Albus scoppiammo in un’amara risata davanti all’ingenuità di Jerome.
«Fidati, se solo ci dovessi provare, ti ritroveresti appeso per le mutande alla torre di astronomia» Albus rabbrividì al solo pensiero. «Mi sorprende che tu sia ancora tutto intero, Scorp»
Anche io, Albus, pensai. Anche io.
«Be’, allora andiamo a riprendercela» Jerome alzò le spalle come se quella fosse la conclusione più logica, e pensandoci lo era. «La tengono nel dormitorio, vero? Basta volare fino alla loro finestra mentre sono a lezione e il gioco è fatto»
Meditai qualche istante sulla proposta, non riuscendo a capire come diavolo avessi fatto a non pensarci io. A volte mi chiedevo come mai Jerome fosse stato smistato a Serpeverde, dal momento che sapeva essere davvero compassionevole ed era sempre pronto a dare il beneficio del dubbio a tutti, qualità non molto popolari tra le Serpi; poi però proponeva certi piani per ottenere ciò che voleva e mi rendevo conto che sì, era stato assegnato alla giusta casata.
Stai perdendo colpi, Scorpius. Mi sgridai infastidito. Avrei dovuto analizzare la situazione dall’esterno senza dare di matto sin dall’inizio.
«Vedi perché ti amo?» esclamò Albus commosso stampandogli un bacio in fronte. «Sei geniale. Diabolicamente geniale, certo, ma pur sempre geniale»
Jerome scosse piano il capo, le guance arrossate e gli occhi se possibile ancora più scuri.
«Non credo ci sarà bisogno di fare irruzione nel dormitorio di Corvonero per due motivi» disse una voce alle spalle di Albus. «Primo, perché se pensate davvero che sia così facile entrare nella stanza di Felicity e Victoria, be’… siete degli idioti; secondo, perché la vostra tanto amata scopa è proprio qua»
Eravamo così immersi nella discussione che non avevamo visto arrivare Rose. Si era cambiata e ora indossava una gonna nera e un maglione verde scuro, e se non avessi saputo che apparteneva a Grifondoro, avrei pensato senz’ombra di dubbio che si trattasse di una Serpeverde.
Appoggiò la scopa contro la poltrona e fece un piccolo inchino, per poi guardare l’orologio che portava al polso. «Le undici e cinquantaquattro. Direi che ho vinto la scommessa» decretò compiaciuta. Poi si rivolse a me. «E da te ne voglio dieci, di cioccorane»
«Ti compro anche tutta Mielandia se vuoi» fu l’unica cosa che riuscii a dire, perché ancora dovevo metabolizzare quanto successo, dato che non era possibile che gliel’avessero ridata così facilmente. Se non fossi stato Scorpius Malfoy, mi sarei messo a piangere.
Siccome era evidente che nessuno di noi riuscisse a proferir parola, Rose sbuffò e si rivolse a Jerome, sperando di ottenere un qualche tipo di reazione almeno da lui. «Come ti senti, Jerome?»
Quelli tossicchiò un po’ e si sistemò meglio tra i cuscini. «Ora che hai recuperato la scopa, sto una favola»
La voce di Jerome innescò qualcosa in Albus, che riprese possesso delle sue facoltà cognitive. «Io l’ho sempre detto che tu sei la mia cugina preferita!» Urlò battendo una volta le mani. Poi prese Rose in braccio e le fece fare una giravolta per aria, stampandole un bacio appiccicoso sulla guancia.
«Ew, Albus» disse lei una volta che l’ebbe rimessa a terra. Si pulì la guancia con la manica e fece una smorfia. «Hai reso bene il concetto. Per Merlino, ragazzi! È solo una scopa!»
«Solo una scopa?» Albus si mise una mano sul petto. «Tu non capisci»
Nel frattempo mi ero ripreso anche io. Mi alzai e inciampai nei miei stessi passi, come se fossi ubriaco. Io, che non barcollavo mai, davanti a Rose Weasley incespicavo più di uno zoppo. Mi inginocchiai davanti a lei e l’abbracciai per la vita seppellendo il viso nel suo maglione.
Mi passò le dita tra i capelli e sentii la sua pancia alzarsi ed abbassarsi regolarmente mentre respirava.
«Grazie, Rose» dissi. Poi le presi le mani tra le mie e ci stampai un leggero bacio sopra, consapevole che probabilmente la stavo mettendo in imbarazzo, ma non c’erano molte persone nell’infermeria e io mi divertivo con poco.
Rose impallidì per un istante per poi diventare della stessa tonalità dei suoi capelli. «Se hai intenzione di chiedermi di sposarti per una stupida scopa, Malfoy, la risposta è no»
Le rivolsi un ghigno divertito e cercai di sorvolare sul fatto che avesse definito la mia Nimbus stupida. «No, niente proposta di matrimonio. Però tu sei l’unica persona per la quale mi inginocchierò nella mia vita, adesso e quando ti chiederò di sposarmi… tra qualche anno»
Rose deglutì e mi guardò con occhi spalancati.
«Okay, va bene» sbottai io alzandomi in piedi, ma senza lasciarle le mani. «Tra tanti anni» Le diedi un bacio a stampo e le sussurrai piano all’orecchio: «Seriamente però, grazie»
«Non è stato poi così difficile» alzò il capo per guardarmi negli occhi. Brillavano di una strana luce, quasi diabolica. «So cose sulle Corvonero che preferirebbero che non sapessi»
«Quando tiri fuori il tuo lato Serpeverde, ti amo ancora di più»
Albus si schiarì la gola, rompendo la bolla di vetro nella quale entravo ogni volta che stavo con Rose. Ci allontanammo velocemente, e sentii il sangue inondarmi le guance. Già, ero umano anche io e anche a me veniva da arrossire delle volte. Non ne andavo fiero, no.
Presi un respiro e mi calmai subito, riacquistando una tonalità normale.
«Voi due…» iniziò Albus, mettendosi le mani sui fianchi e scuotendo il capo. Poi decise che non aveva niente di intelligente da dire e si limitò ad alzare le braccia al cielo. «Bah, eterosessuali!» Sbottò, andandosi a sedere vicino a Jerome, come a sottolineare che non volesse più avere niente a che fare con noi.
Io esaminai la mia Nimbus per vedere se tutto fosse al suo posto e, come avevo immaginato, era in ottimo stato.
«Spero non ci sia nessun Grifondoro qui» mugugnò Rose, guardandosi attorno. «Se scoprono che Corvonero aveva la tua scopa e che io sono andata a riprenderla mi uccidono. Sono finita. Basta, spacciata. Mi radiano dalla mia stessa casa e non mi permettono più di entrare in Sala Comune»
«Se dovesse succedere, sei ufficialmente la benvenuta tra i Serpeverde» disse Albus con un’alzata di spalle.
«No, seriamente. Jason e gli altri mi uccidono se lo scoprono, o meglio…» ci pensò un attimo e poi continuò. «Mi uccidono per non averla portata a loro e per averla ridata a voi. Sono una traditrice della mia stessa Casa!»
Stavo per dirle che se Cameron osava anche solo avvicinarsi a lei, era un uomo morto, ma Albus mi precedette.
«Mettiamo in chiaro una cosa» disse. «Se Cameron ha qualcosa di cui lamentarsi, può venire direttamente da me»
«O da me» aggiunsi io.
«Anche da me se vuole» si intromise Jerome.
«Jerome, senza offesa…» Albus gli mise una mano sul braccio e gli sorrise. «Ma non fai tanta paura»
«Ah perché, tu sì?» gli chiese questo alzando un sopracciglio.
«Ehi!» Albus parve oltraggiato. «Io l’ho preso a pugni!»
«Non ti azzardare» iniziò Rose, alzando una mano per fermarlo. La sua voce era fredda, dura, una voce che raramente usava con Albus, e assieme al maglione verde la faceva sembrare ancora più Serpeverde. «Non ti azzardare, Albus Severus Potter, a tirare in ballo quella faccenda. Non ne parlare più. Dimenticati di averlo fatto, perché io sono ancora arrabbiata con te!»
«Jason Cameron è un dannato imbecille!»
«Okay, okay, basta così» mi intromisi io. Cercai di placare le acque nonostante mi trovassi d’accordo con Albus, perché sapevo che non sarebbe andata a finire bene se avessero iniziato a litigare. E come ho già detto: niente quel giorno avrebbe potuto scalfire il mio buon umore. «Che ne dite di festeggiare la dimissione di Jerome questa sera in Sala Comune? E domani niente allenamenti, andiamo tutti a Hogsmeade. Ci state?»
Albus mi guardò di nuovo, un’espressione interrogativa sul suo volto. «Ma si può sapere che hai?»
Io alzai gli occhi al cielo. «Quando ti ci metti, Al, sai essere incredibilmente fastidioso. Lo sai, vero?»
«Va bene, Scorpius» disse Jerome. «Mi farebbe piacere»
Passai un braccio attorno alle spalle di Rose e l’attirai a me. «Ovviamente anche tu sei invitata»
Lei sospirò, dandomi piano una pacca sul petto. «Voi tre mi farete davvero odiare da tutti i Grifondoro»
«Non possono odiarti per qualcosa che non sanno essere successo» fece notare Jerome ragionevolmente.
Albus continuava a fissarmi con insistenza, e se non l’avesse piantata nel giro di due secondi, lo avrei affatturato.
«Ho una teoria» disse, e io capii che era il momento di andarsene per evitare conversazioni che né io né Rose volevamo avere.
«Uhm, bene» presi Rose per mano e iniziai a trascinarla verso l’uscita dell’infermeria. «Tienitela per te, perché non la vogliamo sentire»
«Ho una teoria!» Urlò di nuovo Albus. «Devo solo trovare le prove!»
«Be’ buona fortuna» gli disse Rose salutandolo con la mano. «Lo sa, vero?» mi chiese poi abbassando la voce.
«Oh, sì. Lo sa eccome»
 
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Rose e io avevamo passato tutto il pomeriggio a scrivere un saggio di Pozioni sulle proprietà della radice di valeriana, e dopo cena eravamo tornati in biblioteca per studiare un po’ di Trasfigurazione nell’attesa che Jerome venisse dimesso dall’infermeria.
Rose era migliorata molto rispetto a settembre, tuttavia continuava a odiare la materia e ad avere qualche difficoltà. Inoltre la McGranitt ci aveva già riempito di lavoro e di compiti nonostante il nuovo semestre fosse appena iniziato.
La biblioteca era deserta, fatta eccezione per noi, Madam Pince e un paio di ragazzi del quinto anno di Tassorosso che stavano studiando Erbologia qualche tavolo più in là. Dopotutto era sabato sera, e solo i disperati o i maniaci dello studio andavano in biblioteca il sabato sera.
Potete dunque immaginare il mio stupore quando alzai il capo e vidi Jason Cameron avvicinarsi con aria compiaciuta.
Ricordati, Scorpius, che niente può rovinare il tuo buon umore quest’oggi.
Rose, che era seduta di fronte a me e dava le spalle all’entrata della biblioteca, non lo aveva visto arrivare e non aveva notato il mio cambio di espressione perché era china su una pergamena intenta a sistemare i suoi appunti di trasfigurazione.
Non mi stupii quando Cameron si fermò davanti al nostro tavolo, perché lo scopo della sua vita era infastidirmi. Anche quello delle Corvonero era darmi il tormento, ma con loro era tutta un’altra cosa, un altro tipo di battute. Io e le Corvonero ci volevamo bene –negherò fino alla morte di averlo anche solo pensato- ed era divertente discutere con loro, io e Cameron ci odiavamo.
«Rose, è sempre un piacere vederti» disse. Quando spostò lo sguardo su di me, il suo sorriso mellifluo si congelò. «Ahimè, non posso dire lo stesso per te, Malfoy»
Rose alzò gli occhi su di lui e gli fece un cenno di saluto con la mano, senza però dire niente, chiaramente non volendo essere coinvolta in quella discussione.
«Che cosa vuoi, Cameron?» gli chiesi allora, pensando che prima diceva quello che aveva da dire, e prima l’avremmo fatta finita.
«Ho saputo che i Corvonero hanno la tua scopa»
Rose abbassò piano il capo, tornando a scrivere sulla sua pergamena, cercando di coprirsi il viso con i capelli.
«Be’, dovresti controllare meglio le tue fonti, perché la mia scopa è al suo posto nella mia camera»
La faccia di bronzo di Jason parve incrinarsi leggermente, ma mantenne comunque quel ghigno che mi faceva venire voglia di prenderlo a calci. «Stai mentendo»
Sventolai una mano nella sua direzione. Era arrivato da due minuti, e già mi dava sui nervi; volevo solo che se ne andasse presto, perché sapevo, sapevo, che non appena avesse finito di attaccarmi sulla mia Nimbus, avrebbe iniziato a tirare in ballo Rose. E questa volta lo avrei preso a pugni io, perché non c’era Albus a farlo per me.
«Credi ciò che ti pare, Cameron, sai che mi importa» gli dissi tornando a leggere da dove ero stato interrotto, segno che quella conversazione, per me, era finita.
«Com’è che riesci a ottenere sempre quello che vuoi, Malfoy?»
«So essere incredibilmente persuasivo» gli risposi con un sorriso freddo, senza alzare gli occhi dal tomo impolverato e sperando che se ne andasse.
Ma lui si chinò verso di me, poggiando una mano sulla pagina del libro e una sullo schienale della mia sedia. «O magari sai usare bene la maledizione imperius» sussurrò piano nel mio orecchio, eco di tutte le voci maligne che rimbombavano già nella mia mente e mi facevano visita ogni notte. Che mi accusavano di servirmi di magia nera, di rimpiangere Voldemort, di odiare i mezzosangue e i nati babbani…
Non lasciare che veda quanto ti sta facendo male, Scorpius.
Deglutii, restando però impassibile. «Sapevo che eri stupido, Cameron. Ma non pensavo fossi così tanto stupido. Credi davvero che se facessi uso di imperius quotidianamente, tu ora saresti qua ad infastidirmi?»
Aveva parlato a bassa voce così che Rose non riuscisse a cogliere le sue parole, ma lei aveva sentito comunque. «Jason!» sbatté la piuma sul tavolo con un po’ troppa forza, tanto che dell’inchiostro si rovesciò fuori dal calamaio. La sua mano tremava, ma quando parlò la sua voce era ferma. «Chiedigli scusa» disse, e onestamente Cameron non era l’unico a essere sorpreso.
Raddrizzò la schiena e le sorrise affabile. Mi faceva veniva da vomitare. «Mi dispiace, Rose, ma sai che non posso farlo»
Lei alzò un sopracciglio. Era chiaro che non si aspettasse una risposta del genere. Rose era buona, sempre pronta a dare una seconda possibilità a chiunque, ma se non eri disposto ad accettarla e a redimerti, per lei eri morto. «Allora meno dieci punti a Grifondoro»
Mi portai una mano alla bocca e la guardai con occhi spalancati. Per una volta non mi impegnai per nascondere quello che provavo: completo ed inesorabile stupore.
Scossi il capo perché non doveva farlo. Non doveva. Non doveva e basta, sapevo gestire Cameron e i suoi amici, andavano avanti così dal primo anno. Ci ero abituato.
Ma lei era ferma nella sua decisione e fissava Cameron con aria di sfida e con un tale orgoglio che mi sentii uno stupido per aver pensato anche solo per un istante che quella ragazza potesse essere Serpeverde.
Cameron rise, non prendendola davvero sul serio. «Non puoi farlo»
«L’ho appena fatto, invece. E vuoi sapere una cosa?» A quel punto capii che dovevo fermarla prima dicesse qualcosa del quale si sarebbe pentita più tardi.
«Rose» scossi il capo. «Non devi…»
Ma lei mi ignorò e proseguì. «È vero che le Corvonero avevano la sua scopa, ma ora l’ha di nuovo lui, e lo sai perché? Perché sono andata da Felicity e me la sono fatta ridare. E se potessi tornare indietro, lo rifarei. Quindi i casi sono due: o te ne vai, o gli chiedi scusa, altrimenti ti tolgo altri dieci punti»
L’ostentata tranquillità di Cameron vacillò. La guardò e per la prima volta lessi qualcosa di diverso nel suo sguardo solitamente viscido e mellifluo, un’innaturale durezza che non gli associavo quando era con Rose. Sembrava che lo avesse appena preso a schiaffi, e forse era così. Se non fosse stato Jason Cameron e non fosse stata una delle persone che meno sopportavo sulla faccia della terra, mi sarei quasi sentito male per lui.
«Certe cose non cambieranno mai, suppongo» disse a bassa voce. Distolse lo sguardo da Rose e si guardò intorno, come se volesse assicurarsi che nessuno avesse assistito alla sua umiliazione. «Sempre dalla sua parte, anche quando si tratta della tua stessa Casa. Non posso credere che tu gliel’abbia ridata»
«Be’» rispose Rose con voce pungente. «È sua. È la sua scopa. L’avrei ridata a qualsiasi Serpeverde perché era la cosa giusta da fare»
«La cosa giusta…» rise sprezzante lui. «Certo. Sarà meglio che vada. Ah, e Malfoy, non abbiamo bisogno della tua scopa da mille galeoni per vincere il campionato; ci avrete anche battuto, ma ci sono altre due partite e la vedo dura per Serpeverde avere la meglio contro Corvonero con un battitore infortunato»
Io ero ancora scosso, per nulla in grado di sostenere una discussione con lui in quelle condizioni.
«Jerome sta bene. Sarà fuori dall’infermeria questa sera» mi limitai a dire, sintetico ed essenziale.
«In ogni caso, non cantate vittoria troppo presto»
Vattene, Cameron. Ti prego, vattene.
E forse Merlino mi ascoltò, perché Cameron mi diede una pacca sulla spalla, come se fossimo amici di vecchia data che si rincontrano dopo tanto tempo, e se ne andò, non senza aver prima lanciato un’occhiata ferita a Rose, che però non sembrava toccata dalla sua faccia da cucciolo bastonato. Lo guardò con freddezza mentre si allontanava e quando sparì oltre le grandi porte di legno sbottò.
«Perché non me lo hai detto?» mi chiese. «Perché non mi hai mai detto che anche Jason ti dice tutte quelle cose orribili? È per questo che lo odi, vero?»
Per questo e perché è un lurido vermicolo che vuole solo venire a letto con te dal quarto anno, pensai, ma non lo dissi.
Non la guardavo, non riuscivo a guardarla. Fissavo la piuma sul tavolo, le labbra serrate per evitare che tremassero. Cercai di ringraziarla, di dirle quanto fosse importante quello che aveva fatto per me, ma sentivo gli occhi bruciare e non ero sicuro di essere in grado di formulare un discorso di senso compiuto. Perché non erano state le accuse di Cameron ad avermi scosso in quel modo, era stata Rose.
Vedere come mi aveva difeso, a spada tratta, profondamente convinta che fossi buono e che meritassi qualcuno che stesse dalla mia parte, mi aveva toccato in luoghi che erano difficili da raggiungere.
Jason Cameron era forse l’origine dei miei incubi e di tutte le mie insicurezze: erano stati lui e alcuni suoi amici, al primo anno, a iniziare quelle voci secondo le quali io fossi invischiato con le arti oscure. Poi con il passare del tempo erano scemate e la gente aveva capito che erano prive di fondamento, però certi sguardi, certe parole, non si dimenticano, perché hanno il potere di ridurti in mille pezzi. Come avrebbe detto Rose, ero riuscito a rimettermi assieme, sapevo come affrontare Jason ormai, ma le cicatrici restavano, come dimostravano i miei incubi ricorrenti e la mia insonnia perenne.
«Non dovevi sentirti in dovere di farlo» riuscii a dire. La mia voce era bassa, sottile come carta velina, al punto che suonava estranea alle mie stesse orecchie.
Rose sospirò. Non mi accorsi che stavo tremando finché lei non posò la sua mano sulla mia. «Non mi sono sentita in dovere di fare niente. L’ho fatto perché era la cosa giusta da fare e perché io non lo sopporto. Non lo sopporto quando ti associano al passato di tuo padre. Gliene avrei tolti anche cinquanta, di punti»
Poco prima le avevo detto con leggerezza che lei era l’unica persona per la quale mi sarei mai inginocchiato, ma la verità era che per lei mi sarei anche messo a strisciare come un verme davanti a tutta Hogwarts.
Alzai lo sguardo e la trovai che mi fissava con occhi grandi, le pupille dilatate che li facevano sembrare più scuri del normale.
«Andiamo in Sala Comune» decretò infine. Si alzò e iniziò a sistemare le pergamene e i libri nella borsa. «È tardi, abbiamo studiato abbastanza e scommetto che Jerome sarà già uscito dall’infermeria»
Annuii piano e la imitai. Andai a sistemare il libro dal quale stavo studiando al suo posto nello scaffale dietro di me, mosso da inerzia perché ormai conoscevo quelle mensole a memoria.
«Pronto?» chiese Rose, la borsa a tracolla che le pendeva dalla spalla destra e un libro tra le mani.
Le passai un braccio attorno alle spalle e, mentre ci dirigevamo fuori dalla biblioteca, le stampai un leggero bacio tra i capelli, per poi sussurrare: «Grazie»
 
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«Quando hai detto che mi avresti comprato tutta Mielandia, non pensavo facessi sul serio» disse Rose, reggendo tra le braccia due sacchetti di Zuccotti, quattro di Cioccorane, tre di Api Frizzole, e uno di Piperille. Volevo prenderle anche un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti+1 per concludere in bellezza e fare un lavoro fatto bene, ma lei me lo aveva impedito perché le detestava. Allora le avevo comprato una manciata di Gomme Bolle Bollenti, ignorando le sue proteste.
Ero un uomo di parola io, e se mi fosse stato possibile, le avrei comprato per davvero tutto il negozio.
Era ormai da una settimana che c’era bel tempo, sole ma con un velo di nuvole che non lo rendevano troppo potente, l’ideale per giocare a Quidditch. Pensai che quel pomeriggio avremmo potuto allenarci, ma non mi pentivo di aver cancellato l’allenamento, perché una giornata in compagnia dei miei amici era ciò che mi serviva.
Jerome rise e rubò una cioccorana a Rose. Si era rimesso completamente, per il sollievo di Albus, e si era impuntato per rientrare in campo l’indomani.
«Ehi, non le Cioccorane! Prendi uno zuccotto piuttosto» lo sgridò Rose. Non avrei mai capito la sua ossessione per il cioccolato. Non era poi così buono.
«Ne avrai un centinaio lì» Albus gliene rubò un’altra e le fece un occhiolino. «Non hai paura di ingrassare se le mangi tutte?»
Rose si bloccò in mezzo a High Street e per poco una strega con un cappello a punta non le finì addosso. Guardò i dolci che reggeva tra le braccia e si imbronciò. «Il cioccolato non fa ingrassare»
«Stavo scherzando, Rose» disse Albus.
Io gli tirai uno spintone perché delle volte non pensava prima di parlare. Non si dicevano a una ragazza certe cose, soprattutto se la ragazza in questione era Rose che si faceva paranoie per tutto.
Le posai una mano sulla schiena mentre riprendevamo a camminare. «Non ascoltarlo, è un idiota»
«Lo so» disse Rose con una scrollata di spalle. «Però se mangio davvero tutti questi dolci rischio di morire di indigestione. Quindi sarà meglio che vi portiate qualcosa in dormitorio da voi. Tranne le cioccorane. Quelle le tengo io»
«Sono tutte tue» le dissi arricciando il naso.
«Devo ancora capire come sia umanamente possibile che non ti piaccia il cioccolato» Rose alzò il capo e mi guardò storto. «Cosa sei, un alieno?»
Ci fermammo alla fine della via principale di Hogsmeade, indecisi sul da farsi. Il sole stava per tramontare e il crepuscolo era vicino. Non c’erano molti studenti in giro per il vecchio borgo a causa del freddo pungente; molti avevano preferito restare al caldo nella propria Sala Comune.
«Ci riavviamo verso il castello?» chiese Albus, sfregando le mani per riscaldarle. Indossava un cappello rosso un po’ sgualcito e pensai che c’era qualcosa che non andava in noi e nelle nostre scelte di colori. Perché il mio colore preferito era il rosso, quello di Rose era il verde, e Albus stava indossando un cappello che era probabilmente appartenuto a suo fratello James, Grifondoro fino al midollo.
Rose starnutì. «Sì, se non vogliamo morire ibernati»
Per Rose c’era sempre il rischio di morire ibernati, quindi non era molto affidabile. Però dovevo ammettere che quello era uno dei giorni più freddi dell’anno.
Rose si mise a trafficare con la tasca del mantello, probabilmente alla ricerca di un fazzoletto, e per poco non fece finire per terra tutti i pacchetti di dolciumi che stava reggendo.
«Aspetta, ti aiuto» mi offrii andandole incontro e prendendole dalle mani un sacchetto di Cioccorane.
«Oh, ti è caduto uno zuccotto» Jerome si chinò per raccoglierlo, e poi il mondo esplose.
Non sapevo che cosa fosse successo, non vidi né chi scagliò l’incantesimo, né l’incantesimo stesso. Tutto ciò che vedevo era Albus. A terra. Che urlava di dolore.
Per un istante non provai niente. Non riuscivo a muovermi, ero come paralizzato. Mi limitai a guardarlo, mentre il sangue si riversava per terra. La mia testa era come svuotata, non riuscivo a pensare, ero lì ma non ero lì.
Poi sentii una mano sul braccio, e qualcosa dentro di me si sbloccò. Rose aveva lasciato cadere i pacchetti di caramelle e si era aggrappata a me, ma non mi stava guardando. Stava fissando Albus con occhi spalancati e una mano premuta sulla bocca, se per non scoppiare a piangere o se per non urlare, non lo sapevo. Probabilmente entrambe le cose.
«Non guardare» le dissi, passandole un braccio attorno alle spalle e attirandola a me. «Per l’amor del cielo, Rose, non guardare»
Sapevo che Rose non si impressionava alla vista del sangue, ma quello era il sangue di Albus. Era diverso. Lo era anche per me.
Jerome non stava messo meglio di lei. Era così bianco da sembrare un fantasma. «Jerome» lo chiamai e spinsi Rose verso di lui. «State indietro»
«Deve essere portato al San Mungo» stava dicendo qualcuno, probabilmente un passante che si era avvicinato per vedere che cosa stava succedendo.
Ma io ero tornato in me, e sapevo che Albus non sarebbe arrivato vivo in ospedale se non avessi fatto qualcosa prima.
«Non gli stia addosso» dissi a quell’uomo che si era chinato su Albus per aiutarlo, e la mia voce suonò così ferma che me ne meravigliai persino io. «Ho bisogno di spazio»
Questa volta sapevo che cosa fare. Mi inginocchiai di fianco a lui, e gli scostai il mantello, per poi alzargli la maglietta. Riconoscevo le ferite sull’addome e sul petto, le stesse che avevano ucciso Chloe. Ma ero pronto, non sarebbe successo di nuovo. Non ad Albus.
Estrassi la bacchetta e iniziai a mormorare il contro incantesimo del Sectumsempra che avevo letto anni fa su quel libro di pozioni sgualcito. Non ricordavo esattamente la teoria, ma speravo di riuscire a bloccare l’emorragia quanto bastava per farlo arrivare vivo da Madama Chips.
Cercai di ignorare gli spasmi di dolore di Albus e di concentrarmi. Avrei voluto digli che sarebbe andato tutto bene, ma non potevo distrarmi, non quando la posta in gioco era così alta.
Terminata la formula tenni gli occhi chiusi per un paio di secondi.
Ti prego, funziona.
Quando li riaprii Albus non stava sanguinando più. Provai una scarica di sollievo così forte che mi diede le vertigini.
«Sta bene?» Jerome era inginocchiato davanti a me e teneva stretta la mano di Albus. Non mi ero accorto che si fosse avvicinato, ma ero felice che lo avesse fatto.
Avevo iniziato a tremare. «Dobbiamo portarlo in infermeria»
Non feci in tempo a terminare la frase che Albus emise un verso di dolore, si girò di lato e sputò sangue. 
«Subito» gli misi una mano sulla fronte e dovetti reprimere l’impulso di urlare perché scottava in modo innaturale. Come temevo, il mio contro incantesimo aveva rimarginato le ferite superficiali, ma il Sectumsempra creava anche lesioni interne. Quelle, non ero stato in grado di sistemarle.
«Ha delle emorragie interne» spiegai a Jerome. Vidi il mio riflesso nei suoi grandi occhi neri e mi riconobbi a stento. Come potevo anche solo sperare di riuscire a tranquillizzarlo quando io per primo ero terrorizzato? «Ma starà bene. Starà bene, dobbiamo solo portarlo da Madama Chips»
Mi guardai intorno in cerca di Rose, ma di lei neppure l’ombra.
Imprecai, e giurai che se non si fosse fatta ammazzare, l’avrei uccisa io prima o poi.
«Dov’è Rose?» chiesi, la voce più alta del mio solito. Stavo quasi urlando. «Jerome, dov’è andata Rose?»
Jerome pareva confuso. «Era lì giusto poco fa»
Spostai lo sguardo da lui ad Albus, non sapendo che cosa fare.
«Vai» mi disse Jerome. «Vai a cercarla. Porto io Albus in infermeria»
Il pensiero di lasciare il fianco di Albus mi faceva venire il voltastomaco, ma sapevo che era in buone mani e che sarebbe stato affidato alle cure di Madama Chips al più presto. Invece non avevo idea di che cosa fosse capitato a Rose.
Mi alzai e mi misi a correre nella direzione che mi aveva indicato Jerome. Girai l’angolo, il cuore in gola e la bacchetta stretta nella mano sinistra, ma non andai molto lontano perché mi scontrai proprio con Rose, che se ne stava immobile al centro della strada, gli occhi fissi sul muro davanti a sé.
«Rose, per Salazar!» Urlai, afferrandola per un braccio per evitare che cadesse. «Ti ho fatto male?»
Quando avevo voltato l’angolo le ero andato addosso e per poco non l’avevo fatta finire per terra. La raddrizzai e le posai le mani sulle spalle, cercando di catturare il suo sguardo assente. Era come se non fosse davvero lì con me, come se il suo corpo e la sua anima fossero stati momentaneamente scollegati. Mi vedeva, ma senza vedermi davvero.
«Rose» la chiamai di nuovo scuotendola appena. «Rose!»
Sbatté un paio di volte le palpebre ed emise un verso strozzato, come se fosse appena riemersa da una lunga apnea. Il pallore innaturale del suo viso metteva in risalto l’azzurro dei suoi occhi e il rosso dei suoi capelli che le arrivavano quasi alle spalle. Se avessi saputo come disegnare, avrei passato le mie giornate a ritrarla.
«Scorpius» disse con voce strozzata, voltandosi verso il muro che stava osservando prima. Me lo indicò senza aggiungere una parola, e non ne aveva bisogno.
Una scritta rosso scarlatto risplendeva sulla parete:
 
 
Questa volta la Camera dei Segreti non vi proteggerà,
sostenitori dell’Erede… temete.
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Non posso credere di essere riuscita a pubblicare ad aprile (in piena sessione di esami) un capitolo così lungo! Però sono orgogliosa di me perché sto davvero mantenendo la parola e sto facendo di tutto per pubblicare una volta al mese. <3
Questo capitolo è lunghissimo e spero solo che non vi annoi.
Volevo solo dire che io non ho colpa se quei due salami (aka Rose e Scorpius) perdono l’uso delle funzioni cognitive ogni volta che sono in presenza l’uno dell’altra, perché fanno tutto da soli. Nel senso che non c’è niente di più vero del “i personaggi hanno vita propria”. Vi giuro che io inizio a scrivere pensando di andare in una direzione, e poi loro mi mandano quasi in quella opposta. Parto con un’idea, e nel mentre Scorpius deve guardare Rose con la faccia da pesce lesso, altrimenti non è contento. Quindi scusate se sono due trote innamorate, ma fanno tutto da soli! Io c’entro fino a un certo punto, ahaha.
Comunque, tornando seri per un momento: quando Jason insulta di nuovo Scorpius e Rose lo difende è un momento molto importante secondo me, perché Rose capisce che Jason è uno stronzo e che Scorpius non lo odia solo perché è geloso. Ma soprattutto Rose si rende conto che Jason alimenta il fuoco delle insicurezze di Scorpius, e che è anche colpa sua se Scorpius ha gli incubi e si fa le paranoie sul fatto di essere cattivo perché “è nel suo sangue” etc. E questo non glielo può perdonare, quindi non lo guarderà più nello stesso modo. Sarà già tanto se gli rivolgerà ancora la parola.
Per quanto riguarda la scritta, sì, è la stessa della Camera dei Segreti, ma al posto di “Nemici dell’erede” dice “Sostenitori dell’erede”. Se ve lo state chiedendo, no, nessuno ha aperto la camera dei segreti e non c’è nessun basilisco in giro per il castello, per carità ahahah.
Ah, già, ultima cosa e poi giuro che me ne vado: io nello scorso capitolo non l’ho sottolineato perché già ho fatto fatica a scrivere la scena, quindi figuratevi, ma Rose e Scorpius sono due persone responsabili che hanno preso tutte le precauzioni che dovevano prendere quindi ecco nessuno è incinta e nessuno si sposa. Basta, l’ho detto.
Me ne vado.
 
A presto e grazie mille a tutti se continuate a leggere con tanta pazienza, ma in particolare a Giada che mi ha letto il capitolo prima che lo pubblicassi segnalandomi errori di battitura. E’ solo grazie a lei che per la prima volta non mi sono lamentata per non aver avuto tempo di rileggerlo, perché lo ha fatto lei. Facciamola santa <3
 
Francesca
 
P.S. Albus che sbotta “Bah, eterosessuali” è il degno sostenitore di Alec Lightwood comunque, non so se avete notato la citazione. xD E ora me ne vado sul serio… Giuro!
  
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