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Autore: Ace Sanchez    14/04/2005    6 recensioni
Una storia situata in un universo alternativo. I protagonisti di Pokemon come non li avete mai immaginati nella più bella fanfiction mai scritta su questa serie.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brock | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pokemon Master

Autore: Ace Sanchez
Tradotto dall'inglese da Erika per il sito Erika's Fanfiction Page
Tutte le parti di questa storia possono essere trovate in lingua originale al seguente indirizzo: http://www.users.bigpond.net.au/acey/pokemon.htm

Avvertenza: Questa non è una fanfiction sui Pokemon standard. Contiene scene di violenza e linguaggio improprio.
Nota:Pokemon e i personaggi ad esso associati sono proprietà della Nintendo,Game Freak, Creatures Inc, e 4Kids Productions.

Parte 13 - Risoluzioni

Una luce bianca accecante. Era sembrato quasi che stesse per bagnare la città con ondate di lucentezza. Anche se il suo punto più intenso era più diretto verso il settore ovest dell'Indigo Plateau, era riuscita lo stesso a dare tanta luce da rendere la notte innaturale simile ad un innaturale giorno. E anche quando era sparita con la velocità con cui era apparsa, fu lo stesso abbastanza per scioccare le orde di persone che aspettavano giù per le strade in un panico silenzioso ma terrorizzato.

Ma l'oscurità aveva ancora una volta rapidamente ingoiato il sole e l'unica luce rimasta ora era quella dei diversi edifici crollati e in fiamme che, senza alcuna coincidenza, proveniva dall'aera in cui era capitata la rottura.

Dopo aver osservato l'accecante luce bianca sparire lentamente all'orizzonte della città, Gary aveva chiuso gli occhi piano all'interno del profondo cappuccio del suo lungo e grigio mantello.

Passarono minuti di silenzio nel balcone superiore freddo del palazzo.Il vento che spazzava i suoi vestiti possedeva al confronto un contrastante calore, bruciato com'era dai raggi caldi della luce improvvisa.

Quando apì di nuovo gli occhi, fu con improvvisa decisione che si girò all'improvviso per tornare dritto a palazzo. I suoi occhi bruciavano, anche se lui non sapeva di quale emozione. I servi in piedi all'entrata del balcone scostarono lo sguardo da lui. E fecero bene.

Si sentiva triste e felice allo stesso tempo.

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Per qualche attimo, il vento fece risuonare in sottofondo il suono della speranza frantumata, facendo volare le foglie secche sui tetti dell'alta città. Foglie che erano state chissà come portate fino a lassù dalle alte correnti. Il suolo di cemento freddo le dava i brividi alle dita mentre sedeva lì ... sconfitta.

Era troppo tardi ora. Anche se naturalmente questo non aveva importanza. Non avrebbe potuto fare niente lo stesso. I fatti erano fatti, e non sarebbero cambiati per quanto qualcuno lo potesse desiderare. Proprio come se si fosse desiderato di vedere il sole freddo o gli alberi volare.

"Non sono patetica, sorella?" Valdera aprì finalmente gli occhi e alzò lo sguardo con lentezza infinita. "Cosa dicono degli uomini e le donne? Mostra a una donna un uomo che le piace, e preparati a vedere una sciocca. Ma in fondo, ora sai che non siamo davvero sorelle in ogni caso."

Mistaria posò lo sguardo su di lei, senza alcuna espressione tranne quella della stanchezza che si mostrava su un viso identico. "Se tu sei una sciocca, allora credo che io ... noi ... siamo una sciocca." Si sedette di nuovo con aria esausta, senza però smettere di guardarla negli occhi. Occhi che erano così identici ai suoi.

Si dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima.

Senza che lo volesse, un sorriso amareggiato fece curvare le labbra di Valdera.
"Sai, pensavo fosse tutta una stronzata. Quello che avevo scoperto sul vero affare del Professor Oak con noi sedici anni fa quando venne a farci visita. Credo che quella fu l'ultima goccia e per questo lasciai Cerulean."

"Quale affare? Io non ricordo che il Professor Oak sia mai venuto a trovarci. Non lo conoscevo nemmeno allora."

"Questo perchè non ti ha visto. Era più interessato a me." Si fermò, sentendo ancora una volta la rabbia ormai familiare risvegliarsele nel petto. "Avevo una mezza idea della cosa a cui era così interessato, ma non sapevo davvero quello che stava accadendo. Nessuna conoscenza se non dopo anni e anni quando finalmente acquisì maggiori informazioni. Ma lui ci studiava da parecchio tempo. Sai da quanto?"

Poteva percepire la confusione di Mistaria attraverso il loro legame mentre la ragazza poteva solo scuotere la testa.

"Da prima della nostra nascita," buttò lì Valdera. "Oh, eravamo molto importanti per lui. Molto importanti."

"A causa della ... profezia."

"La profezia," affermò lei, e sulla sua lingua era forte l'odio per il fato. "Per tutta la sua vita, ha lavorato molto per vederla diventare realtà. Forse voleva salvare il mondo dalla miserabile fine che gli era stata riservata. Forse voleva solo la gloria. Ma alla fine, senza che lui lo sapesse, ora è la sua creazione che minaccia il mondo. Ironico non è vero?"

Mistaria chiuse gli occhi. "E noi? Che c'entriamo in questa storia?"

"Noi dovremmo essere l'altra parte del tutto." Allungò la mano verso la schiena e trasse fuori dal vestito un vecchio diario impolverato. "Leggi questo." Lo gettò a Mistaria che lo afferrò senza guardarlo. "Comincia dalla pagina con l'angolo strappato."

"Un diario?" Mistaria si fermò mentre osservava la copertina logora. "Diario del Professoar Oak." Cominciò a leggerlo a leggere ad alta voce mentre andava alla pagina indicata. "Il ritorno della luce e dell'ombra. Misty e Vally Waterflower ... cominciò a confermare il mio sospetto che queste due bambine siano l'altra parte del tutto. Anche se il fatto che siano in due è ancora da decifrare."

Valdera rise senza gusto. "L'ha decifrato bene."

Mistaria la ignorò e proseguì. "In particolare, la sorella di nome Vally è piuttosto interessante. Ho testato l'intera famiglia in segreto con gli EDS che ho inventato e il suo risultato si differenzia significativamente da quello degli altri membri della famiglia. Anche la gemella è diversa, ma anche il suo risultato è ugualmente confuso. Anche se è più in sincronia con gli altri familiari, c'è lo stesso una notevole differenza. Entrambe le curve EDS sono instabili quando allontanate ma quando le due sono vicine, i grafici si sovrappongono ..." Alzò lo sguardo all'improvviso, con gli occhi socchiusi. "Dove l'hai preso questo?"

"Lord Garick ha un intero tempio dedicato al suo caro nonno. Interessante davvero, visto che tutto quello che provo per quell'uomo è solo odio. Comunque il diario è una delle cose che sono riuscita a rubare da quel posto ... magari non l'avessi mai letto."

Mistaria si coprì il viso con le mani. "Tu ... hai detto che ... la Mamma ... non era la nostra vera madre. Se non era lei, allora chi?"

Valdera vide che un foglio stava per cadere dal diario che Mistaria stava tenendo. "Quella foto."

Mistaria trattenne il fiato quando la vide. Valdera sapeva quello che stava vedendo. Una foto di loro padre che si teneva per mano con una bellissima
donna, alta, dai capelli biondi e dagli eterei occhi blu.

Il cui viso somigliava così tanto al loro.

Dopo una lunga pausa, Mistaria chiese debolmente. "Chi è questa?"

"Penso che tu lo sappia."

Cominciò a tremare violentemente, così come i fogli fra le sue mani. "M-ma .... che le è successo? Da quando comincio a ricordare, siamo sempre state con Mamma ... voglio dire-" la sua voce si interruppe, non sapendo ovviamente quale parola usare dopo.

Valdera però rispose lo stesso. "Nessuno lo sa. Pare nemmeno il Professor Oak. Tutto quello che tutti sanno è che se n'è andata via un giorno e non è mai più tornata. Papà la prese male. Anche se non sarebbe mai dovuto stare con lei visto che era già sposato e il resto ... quel bastardo traditore."

"M-ma Daisy e le altre lo sanno?"

"Loro pensano che siamo adottate. Ma sono sicura che hanno dei sospetti ... dopo tutto, assomigliamo un po' a nostro padre," aggiunse con disgusto.

Mistaria stava guardando un'altra volta la fotografia, col labbro inferiore tremante. "E' solo che non sembra possibile ... che questo sia vero. E poi guardo questa donna e vedo ... ma chi è?"

"Penso che una domanda più accurata sia, 'cosa' è. Oak pensava che non fosse del tutto umana.""

Uno sguardo completamente confuso fu tutto ciò che le servì di risposta.

"Uno ... spirito elementale di un qualche genere, credeva lui," offrì Valdera.
"L'elemento della luce nella sua forma più pura." Poi si fermò, assaporando la reazione a quello che si preparava a dire. "Proprio come l'elemento dell'ombra nella sua forma più pura ... ha fatto da padre al nostro caro Ashura. Quel bastardo che ricorda non era suo padre dopo tutto."

Misty riuscì solo ad ascoltare in orribile silenzio mentre Valdera rivelava tutto quello che sapeva. E si trattava di parecchie cose.


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Il Generale Yas si svegliò. Fu L'odore di acqua fumante a compiere il lavoro insieme ai brontolii degli uomini e ai deboli gridi delle sirene che cominciavano solo allora a inondare la città. Sgranò gli occhi, con la testa ancora dolente.
Sembrava che stesse sdraiato su un lato su una pozzanghera di acqua fumante a sua volta distesa sopra il cemento. Le fiamme crepitanti di un po' di spazzatura che aveva preso fuoco sparsa intorno a lui gli fornivano una debole luce nella notte
oscura. Poi tutto gli tornò in mente.

Si appoggiò con forza su un ginocchio, ancora indebolito dall'attacco precedente, che faceva da contrasto alla sua incredibile rabbia. Si guardò intorno sul tetto dove molti dei suoi uomini giacevano ancora incoscienti in mezzo ad acque fumanti o a detriti che bruciavano a fuoco lento. Pokemon svenuti erano sparsi a dozzine.
Persino i due Maestri di Pokemon che aveva portato con lui erano stati messi a terra e rimanevano immobili. Addocchiando la sua katana per terra, si sporse e ne afferrò la lunga lancia per riportarla alla sua cintura. Gli ci vollero due tentativi, con polsi tremanti, ma ci riuscì.

Le sirene continuavano a suonare in lontananza. Il Generale Kas sarebbe stato lì in pochi minuti. Il suo viso arrossì di rabbia. Kas sarebbe stato duro con lui come un muro di granito. E la cosa peggiore era che se lo meritava. Avrebbe dovuto aspettare prima di intercettarli. Avrebbe dovuto prevederlo. Era diventato arrogante. Arrogante come quei giorni di tanto tempo prima a Dark City quando aveva gareggiato per mettere il suo gym sulla mappa.

Forse talune cose non cambiavano mai.

Qualcosa brillò accanto al suo stivale e lui vide che si trattava di un pezzo bruciante dell'armatura che indossava sotto il suo lungo mantello. Piccole scariche elettriche facevano ancora brillare il metallo di blu e nero.

Anche se la rabbia montava dentro di lui calda come l'inferno, non poteva fare a meno di sentirsi a disagio davanti al potere del ragazzo. Se non altro, era cresciuto con gli anni.

E quella ragazza che era con lui ... una Maestra di Mutazione. Interessante.

Una voce femminile parlò dietro di lui. "Generale, tutto bene?"

Girò la testa per vedere la telepate dai capelli blu con occhi marroni che aveva rapidamente reclutato mentre veniva lì. Stava davanti a lui, col vento che le faceva svolazzare i vestiti neri e faceva tintinnare i ciondoli argentei che adornavano la sua persona. Com'era che sia chiamava? Cassandra. La telepate Cassandra. Aveva fatto bene il suo lavoro, mascherando la loro presenza sull'edificio. Una delle studenti migliori di Lady Agatha. E un'altra persona che conosceva quel traditore di Ashura. L'aveva persino salvata dall'attacco di un suo amico. Il che l'aveva sorpreso. "Sto bene," replicò brontolante mentre si rimetteva in piedi e si stirava il mantello. Osservò i soldati e gli allenatori che erano ora per la maggior parte coscienti e si stavano rimettendo in piedi, producendo suoni di armature e fruscii di vestiti. "In riga!" urlò, e la sua forte voce si espanse in aria dal tetto dell'edificio. "Richiamate i vostri Pokemon e aspettate istruzioni."

Luci rosse brillarono mentre eseguivano gli ordini.

Lui si girò e trovò i due Maestri che aveva riguadagnato conoscenza e che ora erano prostrati ai suoi piedi. "Scusate Signore ... i-io sono stato colto di sorpresa," disse uno di loro. "L'acqua ... ha permesso all'elettricità di avere effetto su me e Sandslash."

Yas si girò per guardarlo negli occhi. Il Maestro di Terra era senza cappuccio, coi capelli sporchi liberi di vibrare al vento. Notò le guance lisce, gli occhi arrabbiati eppur privi di esperienza. Talvolta era difficile ricordare che molti di loro erano così giovani. Dopo le guerre e in seguito anche dopo quelle, con le battaglie, non solo per i Ribelli ma anche per molti cacciatori a caso, i giovani erano i soli rimasti. Scostò lo sguardo. "Non ci sono scuse. Se c0'è qualcuno da incolpare per questo ... questo insuccesso ... quello sono io."

Alzò lo sguardo e stava per stimare dalla posizione delle stelle quanto tempo era passato da quando erano rimasti paralizzati, quando si ricordò che il cielo era ancora coperto dalla cupola. E anche se non ci fosse stata cupola, le nuvole ombrose le avrebbero rese lo stesso invisibili.

Che importava. Sapeva che erano diretti verso ovest in direzione del quartiere diroccato della città. Doveva solo raccogliere più gente prima di poterli seguire.
Potevano sconfiggere Ashura. Correzione - lo avrebbero sconfitto di sicuro. Aveva una debolezza. I suoi cosiddetti amici. Avrebbe fatto cercare per tutta la città quei Maestri Ribelli.

"Li seguiamo, signore?" chiese il Maestro di Terra.

"Questa volta aspetteremo il Generale Kas. Non voglio errori questa volta e soprattutto più potere di quello di cui disponiamo. Non possiamo impedire a quel traditore di rovinare la profezia."

C'è qualcosa che non capisco," si intromise all'improvviso Cassandra, mentre i suoi occhi fissavano gravi l'oscurità in alto. "Se quello che stiamo facendo è così importante perchè non è venuto anche il Maestro Lance con noi?"

Quel dubbio apparve ancora nella mente di Yas. Non avevano ricevuto ordini, nessun precedente avvertimento dall'Elite dei Quattro. Loro sicuramente sapevano quello che stava accadendo, e se non era così, lo sapevano sicuramente ora. Infatti, il Maestro Lance doveva essere a capo di questa missione. Sapeva di essere un uomo potente per quel che lo riguardava, ma era cosciente che Maestri come Ashura non erano alla sua portata. Ma il Maestro Lance era proprio ... come la Maestra Valdera, di cui sapeva cosa pensava. Era pazza quando il Maestro Brock, se non di più.

Stava ancora pensando ad un piano d'azione quando un oscuro presentimento.

Un improvviso folata di vento spense le deboli fiamme del tetto che fornivano la maggior parte della luce.

Oscurità. Il suono di un ramoscello bagnato spezzato.

"AARGAHHHHHHHHHHH!"

"La luce caccia via le ombre!" sentì urlare a Cassandra e un globo di luce si materializzò sul suo palmo illuminando il tetto. Rivelò una nebbia rossa che riempiva l'aria mentre diversi allenatori davanti a lui avanzavano incerti, cercando di coprire i buchi nei loro petti dove prima non c'era niente.

"Cosa?" Urlò il Generale Yas incredulo mentre cominciava all'istante a guardarsi intorno per capire chi era stato. "Siamo attaccati!" La sua mano afferrò il manico della sua spada, ancora nella fodera.

Un'ombra passò all'interno del suo campo visivo e lui schivò a sinistra giusto in tempo prima che qualcosa gli passasse accanto all'orecchio. Un altro soldato davanti a lui vomitò sangue mentre qualcosa lo trapassava allo stomaco e lo mandava giù dal tetto in volo. Il suo grido fu orribilementre spariva giù nel precipizio sotto l'edificio.

"Sono Pokemon Proibiti!" gridò un soldato dolorante, scioccato.

Si sentirono ulteriori urla e grida dai soldati e dagli allenatori ormai radunatisi, mentre entravano in panico. Si girarono tutti di gran fretta verso la scala antincendio situata sulla porta opposta del tetto e dalla quale erano entrati per tendere l'agguato ad Ashura. Qualcosa cominciò ad agitarsi alle loro spalle con il rumore delle ossa spezzate e del sangue sparso.

Mentre il Generale faceva un passo avanti, i due Maestri di Pokemon liberavano le loro braccia dal mantello e gli coprivano fianchi. Cassandra si portava in silenzio sulle sue spalle in difesa. No ... non i Pokemon Proibiti ...

Il numero dei soldati e degli allenatori stava diminuendo. Per proteggerli i Pokemon venivano gettati fuori dalle loro sfere, ma anche se si erano ormai ripresi dallo scontro subito prima, venivano uccisi con la stessa facilità dei loro allenatori. Gli attacchi elementali lanciati sembravano venire completamente ignorati dalle ombre nere che non sembravano minimamente risentirne.

E poi non ci fu più un grido. Oltre alle deboli sirene e il vento freddo della città, silenzio.

La pozzanghera che sostava sul tetto dell'edificio era diventata color rosso scuro.

Il Generale Yas aveva chiuso gli occhi, poi li aprì. "Chiunque tu sia, pagherai caro per questo omicidio."

Le due figure in nero incappucciate si girarono verso di lui, senza dare una risposta, mentre buttavano giù dal tetto vari corpi massacrati. I loro visi erano nascosti dalle ombre dei loro cappucci non diversi da quelli che doveva avere un Maestro di Pokemon.

Uno di loro avanzò e alzò la mano in posizione da combattimento. Yas notò che stava indossando i guanti da battaglia privi di dita, dello stesso tipo che aveva sempre
utilizzato Ashura.

"Ribelle bastardo." urlò il Maestro di Fuoco mentre incrociava le palme delle mani davanti a lui. "Muori! Fire Blast!"

Il grosso raggio di fuoco a forma di croce lasciò le sue mani come una cometa diretta verso le due figure oscure.

Yas socchiuse gli occhi. Il suo cattivo presentimento stava peggiorando. "Questi non sono ribelli."

La figura nera che gli era più vicina entrò nella traiettoria del raggio e alzò le mani. Incredibilmente prese l'attacco di fuoco dentro le sue palme, ci lottò brevemente, poi aprì di scatto le braccia. Fulmini rossi e gialli, che erano tutto quello che era rimasto dell'attacco elementale, volarono nell'aria con luminosa accondiscendenza.

"I-impossibile ..."

Il Maestro di Terra fece un passo avanti, e il suo mantello marrone volò al vento. "E' il mio turno." Portò le mani dentro il mantello e ne tirò fuori la sua sfera poke, che ingrandì con le mani. "Sandslash, Slash!" ordinò mentre la buttava.

Energia di terra uscì come un fulmine dalla sfera che si materializzò in un grosso pokemon roditore dalla schiena acuminata, con zanne lunghe quanto
l'avambraccio di un uomo. Andò avanti usando la spinta datagli dal lancio della sfera e si diresse verso le due figure ringhiando.

Questa vola fu l'altra figura a venire avanti. Guardarono increduli mentre afferrava i polsi di ciascuna delle zampe del Sandlash e saltava sopra la sua testa usando la stessa temporanea inerzia del Pokemon contro di lui. Sopra quello, in una posa a mezz'aria, la figura si rigirò ancora, facendo incrociare violentemente con un rumore sordo le braccia del Pokemon, poi venne giù col corpo rovesciato facendo conficcare le fauci acuminate del pokemon nel suo stesso collo. Ci fu un suono nauseante e poi uno spruzzo di sangue. Il torso senza testa del Sandlash rimase in piedi per diversi secondi prima di cadere a terra con un tonfo nell'acqua.

La figura lo osservò brevemente prima buttare via la testa del Sandlash giù dal tetto senza alcun riguardo. Rise.

Il Maestro di Terra rimase a fissare impietrito il corpo morto del suo pokemon. Poi urlò di dolore per la perdita e cadde a terra in ginocchio.

Il Generale Yas fece un passo indietro. Ora aveva una qualche idea di chi erano queste persone, ma non voleva crederci. Non poteva. Farlo avrebbe significato minare tutte le sue profonde convinzioni e rendere l'intera esistenza che aveva vissuto dopo Dark City una farsa.

Qualcuno si mise di fronte a lui. La telepate Cassandra.

"Generale ... ci occupiamo noi di loro."

Lui guardò oltre a lei nuovamente verso le due figure scure. Avevano rilassato la loro posizione come se fossero pronti a colpire. Ovviamente ne avevano abbastanza di giocare con loro. Con il suono debole del metallo strusciante, estrasse la sua katana dal suo fodero e con quella fendette una volta l'aria. La sua bocca si contrasse, piena di determinazione. "Noi tutti ci occuperemo di loro." Anche se sapeva che era solo un sogno.

Ora una cosa era diversa. Ora non vedeva l'ora che arrivasse il Generale Kas.
Ma in quale ombra dell'Inferno si era nascosto?


<><><>


I cavalli stavano sbuffando nervosamente, con folate di nebbia che scappavano dalle loro narici nell'aria fredda.

Il Generale Kas osservò l'orizzonte nero come la pece con minacciosa cura, con la mano stretta sulle redini della sua apprensiva montatura. Lui e una compagnia di soldati avevano ricevuto un allarme dalle guardie che avevano indicato qualche problema sulla cima della cupola, così, dopo aver lasciato il gruppo del Generale Buthc e del Generale Cassidy indietro, avevano cavalcato velocemente verso le lande a sud della città per investigare. Era stato piuttosto difficile passare attraverso la grande folla di gente, ma con gli efficaci metodi di dispersione utilizzati dai soldati erano riusciti a continuare per la loro strada senza ulteriori ritardi per i vicoli e le strade.

Quando arrivarono, non aveva notato niente fuori dall'ordinario. La cupola protettiva di Lord Garick teneva ancora bene. Lì fuori, oltre le aree residenziali, lo sviluppo urbano era scarso, e c'erano più piante e alberi di quante strade ed edifici costruiti dall'uomo. Il lungo prato bagnato sopra cui stavano i loro cavalli soffiava nella fredda brezza notturna, colorata di uno scuro grigio nell'aria ombreggiata, almeno fino a quando non si univa alla cupola chissà dove in lontananza e diventava solo nera.

Ma quando erano stati sul punto di ritornare in città per riprendere le ricerche dei Maestri Ribelli, una luce elementale di spettacolare potenza aveva fermato ogni cosa.

Dopo quell'evento, non ci sarebbe stato niente che avrebbe potuto trattenerlo dal tornare in città al galoppo il più in fretta possibile.

Tranne forse, qualcosa che aveva fatto volare via all'improvviso dal suo cavallo l'uomo che si trovava davanti a lui, scaraventandolo in aria urlante mentre veniva risucchiato dall'abisso nero della cupola. Le sue grida erano state brutalmente interrotte quando il suo corpo era sparito nell'ombra.

Il Generale Kas era rimasto immobile mentre continuava a guardare l'orizzonte. I suoi uomini guardavano davanti a loro in apprensione. Anche se loro e i loro cavalli erano ancora parecchio distanti, e la cupola protettiva era stata nera e opaca sin dal giorno in cui si era formata, ora pensava di riuscire a vederci attraverso, come se stesse guadagnando trasparenza di minuto in minuto.

Il grido soffocato di una ragazza venne da dietro. Il Generale Kas si girò per fissare malamente il soldata che stava tenendo la ragazza che avevanopreso in ostaggio prima sopra il suo cavallo e davanti a lui. "Stringi di più la benda di quella strega," ringhiò mentre spostava lo sguardo sulla ragazza stessa. Sembrava avere quattordici o quindici anni e aveva lunghi capelli marrone scuro e occhi castani. Quello che la rendeva sospettosa era il mantello verde foresta che indossava, il tipo di abiti che indossava un ribelle allenatore d'Erba.

Questa volta venne una protesta soffocata dal loro altro prigioniero, mentre il soldato stringeva di più la benda intorno alla bocca della ragazza, obbligandola a emettere un gemito di dolore. Il Generale Kas si limitò ad un cenno del capo e al ragazzo dai capelli neri, con le mani legate e attaccate allo stesso cavallo da cui veniva trasportato, fu dato un pugno nello stomaco da un altro soldato. Il sangue cadde da fuori le bende del ragazzo, ma quello non urlò, limitandosi a respirare più forte mentre riceveva il colpo.

I due erano stati trovai poco fuori i confini della città mentre passavano di lì. Una rapida ricerca dell'area rivelava che erano arrivati dalle fogne. Le fogne erano a un certo punto connesse ai tunnel della Victory Road. Quindi questi due dovevano far parte del gruppo di ribelli invasori. Li avrebbe interrogati più tardi - dolorosamente.

In quel momento però, era più preoccupato per lo stato della barriera nera che proteggeva Indigo City dal pericolo. Contorni di terrificanti figure nere si stagliavano nell'orizzonte dietro la barriera.

Un leggero beep proveniente dalla tasca del suo mantello lo fece quasi trasalire. Arrabbiato per la sorpresa, tirò fuori con rabbia il suo comunicatore tascabile e lo attivò. "Parla Kas. " disse furente. "E' meglio che sia importante."

Per un attimo, tutto quello che riuscì a sentire fu un suono statico ... e qualcos'altro in sottofondo ... un suono straziante. Urla? Poi una voce più familiare parlò, anche se ciò che non era familiare era il tono esausto pieno di ansietà.

"Kas? Kas? Dove diavolo sei?" urlò la voce. "Sei già tornato in città?"

"Yas?"

Nessuna risposta, solo quel suono statico.

Urlò più forte, "Che diavolo sta succedendo lì?"

Statico, poi, "S-sono stato tradito! Penso ... Sentinel ..." Altre urla filtrarono nel comunicatore. "Non sei ancora in città? Torna qui *ora*-"
Il comunitore si spense prima che potesse dire altro.

Kas socchiuse gli occhi mentre rimetteva il comunicatore nella tasca. "Uomini, preparatevi a muovervi!" urlò, mentre controllava che la sua arma fosse posta sulla sua cintura. "Ci sono guai a casa!"

I fulmini risuonarono mentre centinaia di zoccoli come una tempesta si dirigevano di nuovo in città, verso nord.

Quando tutto quello che rimase nei campi oltre agli alberi, all'erba e alle strade sporche fu il silenzio, una figura muscolosa si alzò dalla posizione accovacciata in cui si trovava per terra.

Gli occhi color mogano brillarono di rabbia nell'oscurità. "Generale Kas," rimuginò Bruno mentre faceva scricchiolare le nocche delle mani. "Credo ci sia ancora un altro favore che ti devo."

Partì di corsa seguendo il piccolo esercito, e il mantello marrone prese a sventolare dietro di lui, mentre la terra tremava sotto il peso dei suoi
pesanti stivali.


<><><>


Da un'altra parte, a nord est della periferia della città, nel retro di una casa, Erika si appoggiò contro il recinto mezzo crollato del giardino verso il quale lei e Giselle erano corse per trovare riparo. La Maestra d'Erba si era appena strappata il cappuccio verde, sputando fuori i fili verdi della sua omonima così facendo. "Che era quello?" bofonchiò retoricamente, alzando lo sguardo verso il cielo nero. Le nuvole intrappolate all'interno della cupola soprastante stavano ancora lentamente riprendendosi dall'enorme squarcio che si era aperto nella cupola, quando era quasi sembrato che fosse il cielo stesso a rompersi. Tutto questo le ricordava in modo ridicolo di quella vecchia filastrocca per bambini ... che parlava di uno stupido pokemon che credeva di vedere il cielo cadere.

Dietro di lei Giselle stava fissando lo sguardo in lontananza verso il centro della città, con una mano disordinata tenuta sopra gli occhi. "Wow," fu tutto quello che disse. Deglutendo nervosamente, continuò ancora priva di fiato. "Non sono poi così brava a riconoscere il lavoro di un Maestro quando lo vedo, ma quella luce ... la festa deve essere già cominciata."

Erika si rimise in piedi con una spinta e si ripulì il mantello verde dalla sporcizia e dai pezzetti sparsi di fogliame che si erano riversati su di loro come una tempesta di sabbia al suo apice. "Dev'essere stata la sorella di Misty ..."

"Non sapevo che Daisy, Violet e Lily fossero così potenti."

"Non loro, sciocca. La sua gemella ... Valdera. La conosci, ha cercato di ucciderci un po' di tempo fa in una delle nostre missioni."

Giselle rise. "Lo so. Ti stavo solo prendendo in giro. E non sarei sorpresa se una donna tentasse di uccidermi - per gelosia."

Erika tossì in modo discreto a quell'affermazione.

Ma uno sguardo preoccupato deformò all'improvviso la fronte perfetta di Giselle mentre metteva la mano nella tasca del suo camice da laboratorio tirarne fuori l'EDS. Ci si gingillò un attimo. "Devo ammetterlo però ... quella tempesta ... non ho visto onde di questo genere sin da quando il caro Ash spazzò via la nostra casa ... se l'avessi saputo quella volta che Val ci sorpresa vicino a Fuchsia, forse mi sarei spaventata di più."

Mentre Giselle era occupata, Erika si guardò intorno per vedere se la strada era libera. La notte si era ancora una volta calmata, e non c'era nessuno in giro per la stradina di periferia di fronte alla casa fatta eccezione per un po' di foglie svolazzanti. Dopo essersi rimessa il cappuccio sulla testa e aver infilato dentro il mantello ciuffi di capelli blu-neri ribelli, riprese a camminare, questa volta più velocemente. "Puoi analizzarlo dopo quello, ma come hai detto, la festa è iniziata," disse, osservando a ovest in direzione della città, da dove era venuta la luce. "Faremo meglio a muoverci." Giselle le offrì uno sguardo irritato, mise via nel camice il congegno e la seguì.

Per un po' Erika fece strada, stando attenta a tenersi accanto alle ombreche incontrava per strada, fra cespugli erbosi e giardini e alberi sporgenti. L'area sembrava deserta, ma si ricordava della pattuglia che era passata prima e stava sempre all'erta. E chissà perchè aveva l'impressione che qualcuno le stesse osservando. Ma in fondo, sin da quando avevano iniziato questo viaggio con Misty ed Ash, quella sensazione non era fuori dall'ordinario. Era ora che ci si abituasse ormai.

Quello che invece non era normale, era il silenzio oppressivo presente, che non includeva il suono dei loro respiri regolari, il battere dei loro stivali e quello dei tacchi. Era come se fossero le uniche persone rimaste al mondo. Prima almeno si sentiva il debole suono della gente che festeggiava in città, ma ora niente, come se la tempesta di luce avesse fatto ammutolire tutti. Anche l'aria adesso era diversa, riusciva a sentirlo, era densa ... il che diceva tempesta ... che tipo di tempesta però non lo sapeva. E d'altronde non aveva senso visto che una tempesta si era

Mentre pensava a queste cose poco rassicuranti, la voce di Giselle la fece quasi trasalire quando la ragazza parlò da dietro di lei con un nervosismo strano. Forse si era accorta anche lei dello strano silenzio. "Mi chiedo se tutti siano riusciti ad entrare in città sani e salvi. Beh, sappiamo che
Misty deve avercela fatta a giudicare dallo show di luce - quelle due se la intendono sempre nel modo sbagliato - ma mi chiedo se ce l'abbiano fatta anche gli altri ... quel bel ragazzo di Ash, Bruno, suo figlio ... la mia sorellina."

Erika scosse la testa all'interno del cappuccio, anche se le era grata per quella conversazione di distrazione. "Non ci posso credere, Giselle," disse con una nota di esasperazione. "Ti piace davvero Ash, o è solo una tua fissa andare dietro ad ogni maschio che vedi? Ha già avuto abbastanza problemi con la sua vita amorosa senza bisogna che ti ci metta anche *tu*."

Dopo un sospettoso attimo, fu una risata a pieni polmoni a risponderle. Erika si girò brevemente per vedere gli occhi marroni di Giselle che brillavano, e un sorriso malizioso sulle sue labbra rosse. "Credevi davvero che potessi provare del teneri per il caro Ash?" Rise di nuovo con genuino divertimento. "Ma certo che no! L'ho saputo fin dalla prima volta che l'ho visto, tanti anni fa al Pokemon Tech, che non sarebbero potuti venire fuori che problemi da un ragazzo come lui. E anche allora, la cara Misty sembrava rivendicare il possesso di quei problemi."

"Ma allora perchè flirti sempre?" Erika si sentiva un poco offesa.

"Oh, sai quanto amo prendere in giro! La gelosia è un emozione così divertente. Oltre a far storcere il naso a Misty, serve anche ad abbattere le speranze della mia sorellina ... adulare il proprio idolo va bene, fino a che non diventa una cosa disgustosa." Poi aggrottò la fronte al pensiero. "Adesso che ricordo, Ash non era divertente. E' troppo ottuso per sapere persino cos'è flirtare."

"Forse semplicemente non è interessato." Al conseguente sbuffo indignato, Erika sorrise sapendo che Giselle non poteva vederla da dietro. Anche se ormai aveva scoperto molto dei pensieri più profondi di Giselle e ora sapeva che non era poi quella donna frivola che aveva incontrato la prima volta,era confortante sapere che c'erano alcuni sprazzi di normalità che ritornavano con l'arroganza di Giselle.

Rimasero di nuovo in silenzio. Almeno finchè Giselle non tirò fuori di nuovo quello che Erika aveva sperato che si fosse da tempo dimenticata. "Okay, tu sai parecchio della storia della mia vita ... penso sia giusto che tu parli di te stessa ora."

Erika rimase testardamente in silenzio, non lasciandosi nemmeno sfuggire il fiato anche se ora stava ormai correndo.

"Odi gli uomini, vero?" osservò Giselle.

"Io ... non ... odio ... gli uomini," disse a denti stretti, usando la rabbia come scudo per il dolore procurato dagli improvvisi ricordi che l'argomento aveva riportato.

La voce di Giselle divenne all'improvviso seria. "Forse dovresti parlarne. Se te lo porti dentro ...sarebbe come una scheggia che si infila sempre più a fondo nel
tuo dito. Sta là ... e ti fa sempre più male ... fino a che finalmente non la togli. Io non avevo capito che era così, fino a che non ho parlato dei miei problemi ... dopo essermi tenuta tutto dentro.

Erika sospirò.

Sentendola, Giselle si sentì incoraggiata. "Si tratta di qualcosa di fronte alla quale il problema del mio potere emergente è niente a confronto?" disse prontamente.

Erika sospirò di nuovo e rallentò il passo di scatto fino a camminare, e mentre faceva così si tolse di nuovo il cappuccio. Giselle riuscì appena a fermarsi prima di scontrarsi con lei e stavolta fece un passo avanti per camminare al suo fianco. "Non l'ho mai detto a nessuno prima ... nemmeno a Misty."

Giselle annuì attenta.

Pensieri scuri e melanconici le riempirono la mente. I sentimenti tipici di cinque anni prima si rivelarono nella loro presenza. Sembrava come se una morsa le stesse stringendo i polmoni. "Sai quell'anno che siamo tornare ..." L'oscurità le appanno la vista. "E' iniziato tutto quell'anno ... quando Giovanni -
possa la sua anima mai riposare - distrusse l'equilibrio." Le lanciò un'occhiata dalla coda dell'occhio. "Suppongo avessi quindici anni circa allora."

"Quindici e mezzo," disse Giselle, come se quel mezzo fosse di grande importanza.

"Sai che dopo il ritorno ... il nostro potenziale come umani era stato rilasciato. Rilasciato anche se non ne avevamo alcun diritto. Gli Dei, o quel che sia, ce ne avevano privato tempo addietro e dubito che avessero mai avuto intenzione di restituircelo. Usavamo i Pokemon, creature degli elementi. Quello che non sapevamo era che anche noi eravamo creature degli elementi ... solo che sigillate per sempre.

Giselle era pensierosa. "Sfortunatamente è la ragione per cui li abbiamo scoperti diversi anni fa. Siamo solo fortunati che solo quelli con poteri abbastanza forti siano riusciti ad 'evolversi'. Se tutti gli umani avessero avuto il comando di un elemento, dubito che il mondo sarebbe ancora qui ora. "Si lasciò sfuggire una risata triste.

"Comunque," la interruppe Erika, "tu avevi quindici anni e mezzo. Quando hai iniziato a cambiare?"

"Intorno ai sedici. Come tutti gli altri. Abbiamo scoperto che si trattava quasi di una seconda pubertà."

"Esattamente. Almeno tu hai avuto un po' di tempo. Indovina quanti anni avevo io quando siamo tornati."

Giselle non sgranò nemmeno gli occhi. "La tua scheda dice che ora hai ventisei anni, allora dovevi averne circa ventuno - la mia età." Si morse il labbro inferiore pensierosa. "Il tuo ... potere ... deve essere emerso immediatamente."

Erika chiuse gli occhi. "Esattamente. Avevo un fidanzato allora ... mi aveva appena chiesto di sposarlo."

"Davvero?" disse Giselle del tutto sorpresa. "Allora come mai non ho mai sentito parlare di lui? Che gli è successo?" Poi una nuvola le attraversò il viso mentre un cattivo presentimento la pervadeva. "Ripensandosi non credo di volerlo sapere."

"Eri tu quella curiosa di saperne di più su di me," disse Erika senza pietà, tanto per se stessa quando per Giselle. Si girò per guadarla di nuovo. La pelle pallida di Giselle sembrava anche più pallida, come se qualcuno avesse aggiunto dell'acqua alla sua pelle color latte. Era ovvio persino sotto la sporcizia che le copriva le guance. "Tu l'hai nascosto, ma hai affinità per la terra ... con la tua Maestria sulla Roccia ... devi essere capace di manipolare il terreno su cui camminiamo ... magari persino la tua stessa natura per riuscire a somigliare al tuo elemento. Ho visto più di un Maestro di Roccia riuscire a proteggersi cambiando la loro pelle in pietra. Dimmi, cosa pensi che mi consenta di fare il mio dono?"

"Manipolare l'erba ... la flora, tutto quello che ha a che fare con le piante, i giardini ..."

"E la mia natura?"

"Beh, per prima cosa, indossi sempre quei profumi, anche quando non ne hai bisogno." Giselle sorrise un poco. "Profumi naturalmente dei fiori con cui lavori."

L'umorismo non riuscì a spezzare la sua oscura malinconia. Il risentimento che provava verso se stessa poteva essere sommerso, anche se brevemente, ma mai dimenticato. "Più di tre quarti di tutti i Pokemon d'Erba possiedono una duplice natura. E' un tratto distintivo dell'elemento dell'Erba. Dimmi, qual è questa natura che molti di questi pokemon hanno?"

Giselle sgranò gli occhi. Poi spalancò la bocca, muovendola, ma non riuscendo a pronunciare alcunchè.

Erika smise di camminare del tutto, mentre l'oscurità sembra alzarsi intorno a lei a causa della sua nascosta ira. Ira verso se stessa, verso il fato, verso
un mondo che spingeva i suoi abitanti ad una vita fatta di amore, poi puniva perversamente una persona, negandole quel tipo di vita. Sicuramente i suoi occhi verdi stavano brillando, lo sapeva, era la sua natura elementale che si stava incontrollabilmente scatenando dentro di lei; poteva sentire il dolce potere dentro di lei crescere fino a solleticarle la pelle. Non notò che Giselle aveva inconsciamente fatto un passo all'indietro in apprensione.
"Proprio così. Sono veleno. E non posso controllarmi come magari potrebbe fare un Maestro di Veleno. Come può uno controllare la propria natura? Come dire che un fiore può un giorno decidere di mettersi a volare. Come se le foglie velenose dell'hermlock potessero all'improvviso rendersi mangiabili." Chiuse brevemente
gli occhi, ricordandosi il senso di colpa, lasciando che le scorresse addosso con potenti ondate.
"Ho ucciso il mio fidanzato. Non c'è un modo carino per dirlo. Naturalmente non volevo ucciderlo, come potevo voler uccidere l'uomo che amavo?" La sua voce debole si spezzò. "Ma l'ho ucciso."

Si zittì. Le ombre delle nuvole notturne passarono sopra di loro. Gli alti lampioni allineati ai lati della strada che stavano percorrendo davano un aspetto inquietante alle cose e agli alberi che le circondavano.

Giselle esitò. "Erika ... non so che dire-"

Alzò finalmente lo sguardo verso la dottoressa. C'era una strana nota di compassione nei suoi occhi. Si sforzò di sorridere. "Non devi dire niente. Mi sono rassegnata molto tempo fa. In fondo cos'è la sofferenza per una donna?" Raccolse il suo lungo mantello verde intorno a sè e si preparò per riprendere ancora una volta la marcia quando colse con la coda dell'occhio un ombra nera in alto e dietro di loro. Non l'avrebbe notata se non fosse stata così nervosa da continuare a guardare tutto e niente in giro. Era accucciata sopra uno dei molti lampioni che facevano luce in strada. Il fatto che si fosse portata all'indietro e che quelle gambe piegate fossero tese la avvertiva che stava per saltare addosso a loro.

"Giselle, spostati!" urlò, spingendo una stupita Giselle di lato. Anche se non riusciva a vedere chiaramente la figura scura sopra di loro, infatti era solo un'ombra ai suoi occhi, chissà perchè sapeva che aveva intenti ostili. Allo stesso modo, sapeva che la situazione era estremamente pericolosa. Era stata un'occasione fortuita che la sua infelicità nel ricordare spiacevoli ricordi l'avesse lasciata con un eccesso di potere elementale racchiuso dentro di lei. "Razor Leaf!" gridò, fendendo con furia l'aria davanti a lei con la mano destra e le dita spiegate. Il suo mantello si alzò dietro di lei spinto da una potente folata di vento mentre le energie verdi si riunivano in un microsecondo intorno alle sue dita e venivano poi sparate diagonalmente verso l'alto in un largo fascio di fogliame lucente e verde, simile a detriti.

L'oscurità si fece viva. La cima dell'enorme lampione fu all'improvviso spaccata in numerosi pezzi come se fosse stata fatta di carta e non d'acciaio. I frammenti di metallo fuso sibilarono in aria mentre iniziavano a cadere verso la strada.

"Che diavolo ti è preso, Erika, perchè cavolo ti sei messa a usare il potere elementale-" si interruppe con un gemito di sorpresa quando vide con la coda dell'occhio la persona che si trovava dietro di loro quando si erano girate. Indossava una veste leggera, con la testa coperta da un profondo cappuccio, il viso nascosto dalla sua ombra, come fosse un Maestro.

Erika si girò di scatto, facendo svolazzare il mantello. Proprio mentre stava per lanciare un altro attacco, la figura si accucciò all'improvviso e si diresse con spaventosa velocità verso di lei, facendo fumare gli stivali per la scivolata, con il braccio destro piegato all'indietro, quello sinistro spiegato in avanti, e un palmo spalancato nella sua direzione.

Di riflesso, invece di rilasciare il suo attacco, Erika avvicinò le mani e producendo un lampo verde diede forma al suo bastone di legno e si mosse disperatamente in posizione di bloccaggio. Però il rilassante pensiero che si fosse mossa in tempo per difendersi fu distrutto allo stesso modo in cui fu spezzato il centro del suo bastone quando il palmo, ora racchiuso, lo trapasso con incredibile forza e andò a colpirla allo stomaco. Non ebbe nemmeno il tempo di provare l'immenso dolore prima di essere ulteriormente colpita in rapida successione da una manata destra al lato del viso e da un calcio girato che l'alzò in aria.

Ma prima che la figura potesse darle il colpo finale, Erika fu sorpresa di vederle all'improvviso Giselle dietro, che le stringeva i polsi con le braccia in una stretta mortale. Invece Erika si inarcò all'indietro, rimbalzò ancora una volta sulla pista, poi scivolò di diversi passi all'indietro sulla schiena prima che la spinta si esaurisse. L'incredibile danno procuratole quasi la costrinse a svenire, ma si sforzò di rimanere cosciente, mentre i motivi blu e neri disegnati dal cielo sopra di lei si confondevano nella sua vista non più lucida.

In quel momento sentì Giselle che lottava col suo assalitore, poi udì il suono di qualcuno che atterrava accanto a lei e poi fuggiva via. Erika brontolò e si mise sdraiata sul fianco per vedere Giselle accucciata dietro di lei, con gli occhi marroni pieni di confusione. "Il suo ... stile di combattimento," disse Giselle a bocca aperta, mentre un rivolo di sangue le scorreva giù dal labbro, "l'hai visto?"

Sentì una fitta al fianco e si lasciò sfuggire un debole grido, coprendosi la bocca con la mano. Si era di certo rotta una costola. "P-penso che l'ho più sentito," disse debolmente Erika mentre seguiva lo sguardo di Giselle rivolto al loro aggressore.

La figura dalla veste nera si abbassò di nuovo mettendosi nella posizione che aveva assunto prima di attaccarla, col palmo sinistro teso in avanti, il braccio destro lasciato dietro, e i gomiti piegati. Ancora una volta, si spinse in avanti, scivolando sugli stivali, e sollevando piccole nuvole di polvere nella sua scia.

Questa volta stava attaccando Giselle.

Ignorando il dolore al fianco, Erika raccolse quanto energia elementale poteva in un così breve lasso di tempo, poi balzò in piedi, portando verso di sè l'aria di fronte a lei. "Razor Leaf!" gridò di nuovo, questa volta sicura che avrebbe colpito.

Incredibilmente la figura dalla veste nera ignorò l'attacco, continuando a scivolare in avanti in direzione di Giselle. Erika emise un gemito di sorpresa quando vide le foglie estremamente acuminate scivolare praticamente accanto alla figura come se vi fosse qualche forza repellente che le respingeva.

Giselle sgranò gli occhi vedendo l'inefficacia del colpo, poi si ritrovò all'improvviso a difendersi freneticamente dall'uomo quando questi la raggiunse e cominciò a combinare attacchi di mani e gambe. Riusciva a bloccare solo ogni secondo o terzo colpo e ansimava ogni volta che il primo colpo, diretto a un preciso obiettivo, rompeva le sue difese.

Erika si scostò una ciocca di capelli corta dal viso e subito dopo era già in piedi e di corsa mentre Giselle riusciva a parare qualche colpo con l'avambraccio e a rendere vano una manata che le passò invece accanto. Un'improvvisa giravolta del suo corpo, le permise di vedere una breve apertura nella difesa del suo nemico e di cui si avvantaggiò immediatamente con un improvviso calcio laterale con la punta del suo tacco alto che andò a colpire l'altro nelle parti basse.

Però le si formò uno sguardo confuso sul viso quando l'uomo dalla veste nera si fermò brevemente prima di darle un calcio dal basso che la colpì alla mascella e la mandò in volo contro un albero al lato della strada. Scivolò contro il tronco duro, completamente stupita. "Ma è ... è impossibile!" bofonchiò debolmente.

Erika smise di correre in avanti. Aggrottò la fronte e studiò di nuovo la figura. Era magra - la vesta con cappuccio incluso che l'uomo indossava era in un qualche modo larga - ma a ogni movimento che faceva mostrava le linee di un corpo snello ma muscoloso. Era anche più alto di lei o Giselle, probabilmente qualche centimetro sotto il metro e novanta. D'un tratto emise un gemito di stupore quando lo guardò un po' meglio. Cos'era quella sporgenza sul petto dell'uomo, visibile da un buco nella veste?

Una risatina provenne da sotto il cappuccio scuro.

Ma che diavolo?

Il cappuccio venne strappato via con una mano ricoperta da un guanto.

Rivelò il viso di una donna, coi capelli rossicci ora liberi di ricaderle sulle spalle e intorno al collo. Anche se era un sorriso infatile a dare forma alle sue labbra rosso scuro, c'era un luccichio malvagio nei suoi occhi marroni, quasi neri mentre le fissava con sprezzante divertimento.

"Santo cielo ..." disse d'un fiato Erika riconoscendola.

Il suono di un bastone dietro di loro la fece girare di scatto.

Sopra la strada stava un'altra figura dalla veste nera e incappucciata. Anche qui il cappuccio fu buttato all'indietro per rivelare un'altra donna, questa con capelli biondi e diabolici occhi verdi.

Giselle le stava guardando entrambe, girando la testa da una parte e dall'altra. "Mi ero sempre chiesta che ne era stato delle ragazze pon-pon di Gary."

Erika si strappò di dosso una sfera poke verde e la lanciò più veloce che poteva. "Scyther, vola adesso!"

"Saiii!" urlò il suo pokemon verde, simile a una mantide mentre spiegava le ali per prendere il volo. Saltando per afferrare la sua zampa posteriore con entrambe le mani, mentre le volava sopra la testa, si alzarono in volo entrambi.

"Giselle! Afferra la mia gamba!" gridò. "Ce ne andiamo di qui!"

"Non vuoi combattere?"

"Il loro stile di lotta! Sai di chi è! Perciò al diavolo ce ne andiamo di qui!"

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Due figure in lunghi mantelli grigi e armature leggere correvano lungo le vie cirradine, schivando folle di cittadini presi dal panico, molti dei quali stavano correndo a rifugiarsi dentro gli edifici. Una delle figure aveva capelli corti color acqua, l'altra aveva capelli biondi legati da una coda.

"Da quella parte!" ansimò Butch, con la voce anche più roca del solito mentre puntava col dito a un uomo col mantello nero che si era infilato in un vicolo fra due edifici piuttosto alti a circa quaranta piedi di distanza.

Cassidy lo vide e rise ferocemente. "Dev'essere lui!" controllò le sfere poke attaccate alla cintura e la sua larga spada, nascosta nella sua fodera, poi si mise a correre più velocemente dietro all'ultimo punto in cui avevano avvistato la figura.

Butch la seguiva da dietro mentre lei passava con forza spingendo via una donna spaventata che bloccava il marciapiede, poi si infilava in un altro gruppo stretto di uomini e donne, facendo a terra più di uno di loro.

Butch si girò per guardare per un attimo la gente in strada. "Che strano, eh, che nonostante tutta sta gente nel panico che scappa dalla tempesta di prima, siano tutti più tranquilli del solito? Mi sarei aspettato urla assordanti per adesso per lo meno."

"Vuoi grida assordanti? Basta che dici a una donna che ti piace," rispose Cassidy facendo una battuta mentre finalmente raggiungevano l'entrata del vicolo e vi entravano dentro, saltando sopra alcuni ammassi di lattine e spaventando un gruppo di rattata che si nutrivano della maleodorante spazzatura.

"Perchè dovrei farlo?" rispose la sua voce graffiante dietro di lei, "quando posso sentirle da te violentandoti più forte del solito?"

"Ti piacerebbe fosse stupro," brontolò lei mentre raggiungevano la fine del vicolo e si guardavano velocemente da entrambi le parti. "Là! E' andato a sinistra di quegli appartamenti rovinati verso la Quarta strada, la zona abbandonata!" Riusciva giusto a vedere la figura incappucciata che sfrecciava fra alcuni lampioni caduti e diverse strade ridotte in macerie.

"Come fai a sapere che quello è Ashura?" chiese Butch mentre ricominciavano la caccia.

"Ho visto gli occhi sotto il cappuccio," disse lei, ansimando più forte ora. Era parecchio che lo inseguivano ormai. "Solo una paersona ha occhi luccicanti d'oro come quelli."

"E che mi dici della Maestra Sabrina?"

"Spiacente, non gli ho visto un paio di tette sul petto," rispose secca Cassidy.

"Che peccato."

Raggiunsero finalmente la zona di costruzioni abbandonate e si fermarono di scivolata, alzando la polvere sulla vecchia strada, mentre cercavano un qualunque segno di lui. Tutto era minacciosamente silenzioso, se non per il suono dei loro respiri stanchi e il debole suono delle sirene dietro di loro provenienti dal centro della città.
Mentre Cassidy si guardava intorno, e il vento freddo le faceva venire la pelle d'oca sulle guance, fu leggermente colpita dalla natura sinistra del luogo. C'erano diverse carcasse di vecchie macchine da costruzione, blocchi di cemento spaccati dappertutto, edifici finiti a metà, spazi scuri e vuoti dietro ogni fessura e tele grigie annodate a tutti gli angoli. Le sue narici reagirono all'odore di muffa e sporcizia portato dall'aria. Si ricordò che quest'area era stata quella in cui la Lega aveva voluto costruire una nuovo stadio fino a che i lavori non si erano fermati per l'inizio delle Guerre Oscuri. Ora era solo un posto dove probabilmente ci bazzicavano gli assassini.

Le piaceva.

"Eccolo lì," gracchiò Butch, e lei si girò in tempo per vedere la figura
entrare in uno degli unici edifici terminati fra i tanti; un parcheggio
multi-livello di cemento.

"Andiamo. Abbiamo sprecato abbastanza tempo," disse, poi si diresse di corsa verso il pian terreno dell'edificio, seguendo il sentiero fatto per metà di terra e per metà di granito che portava all'entrata.

Quando giunsero lì, trovarono un cancello bianco a rosso a sbarrare loro la strada. Era attaccato a un piccolo compartimento che era probabilmente destinato ad ospitare una guardia, ma che ospitava in quel momento nient'altro che ragnatele e polvere. Invece di passarci intorno, Cassidy
sfoderò la sua spada e lo colpì una volta, poi gli diede un potente calcio prima che il cancello cadesse finalmente a terra.

Mentre camminavano in mezzo al piano terra del parcheggio, con la spada di Cassidy ancora sguainata, e i suoni dei loro passi riecheggiavano nello spazio vuoto intorno a loro, riuscirono all'improvviso a sentire un debole scalpettiò al piano di sopra.

"Di là," disse Cassidy, vedendo la rampa che portava al livello superiore
situata dall'altra parte del piano, mezza nascosta da vari blocchi di
cemento sparsi nell'area.

Corsero rapidamente verso, su e intorno alla scala, ma quando raggiunsero il piano successivo, non c'era nessuno. Solo un altro piano abbandonato del parcheggio. Anche se ora potevano sentire lo scalpettio sopra le loro teste ancora una volta.

"Al diavolo le ombre," ansimò piano Butch.

"Sta zitto," lo interruppe lei. "Da quella parte." indicò la rampa che portava all'altro livello, di nuovo sistemata dall'altra parte del piano.

La storia si ripetè anche quando arrivarono al piano sovrastante, non c'era nessuno ma dei suoni venivano da sopra, e poi ancora e ancora. Cassidy stava cominciando a sentirsi incredibilmente frustata quando all'improvviso erano sull'ultima rampa e non c'erano più tetti sopra di loro. Avevano percorso tutti i piani del parcheggio, arrivando fino in cima. Le spalle di Cassidy si alzarono mentre lei emetteva respiri affannosi dopo la corsa.

Ma furono finalmente ricompensati. La figura dal mantello e dal cappuccio nero che avevano inseguito per tutto quel tempo stava lì, con la schiena
loro rivolta, a fissare il centro della città dall'alto. A guardare nel luogo in cui stava la torre del Palazzo di marmo bianco dell'Elite dei
Quattro, in mezzo a diversi grattacieli oscuri, davanti ad un orizzonte coperto di nuvole nere ombrose.

Cassidy mise la mano dentro la sua mantella e afferrò l'oggetto che Sabrina le aveva dato prima. Strinse la sfera nero notte nella mano libera, mentre l'altra ancora teneva la spada sguainata. Era troppo facile ...

"Preparatevi ad un guaio," disse la figura, ancora con la schiena girata.

Cassidy provò immediatamente un orribile sensazione. Butch brontolò.

Una sinistra voce femminile proveniente dalla scala dietro di loro disse malvagiamente. "E fanne un paio."

Un Persian bianco, simile ad una pantera, si stirò, togliendosi dall'ombra alla loro sinistra e ringhiò nella loro direzione, mentre il gioiello rosso sulla sua fronte brillava riflettendo le luci della città.

La figura dal mantello nero si girò, strappandosi di dosso il cappuccio, rivelando capelli blu sopra sfavillanti occhi di smeraldo verde. Un paio di coltelli sai apparirono all'improvviso fra i suoi pugni. "Non posso ancora credere che ci siate davvero cascati!" rise James a squarciagola.
"Beh, in fondo noi stessi ci saremmo cascati se qualcuno l'avesse fatto a noi." Ridendo, premette un pulsante su una cintura con un giro del gomito e due piccoli bulbi, simili a decorazioni natalizie, che erano attaccati alle sue sopracciglia cominciarono ad accendersi e a spegnersi, emettendo una luce gialla.

Una furia cieca stava infiammando il viso di Cassidy, e lei sentiva che le sue guance stavano diventando rosse. "VOI!" buttò con disgusto la sfera poke nera per terra e afferrò il manico della sua spada con le due mani. "E' stato uno spreco totale del nostro tempo!"

Butch sguainò anche lui la sua spada dalla fodera attaccata alla sua cintura, producendo un lungo tintinnio riecheggiante e fendette l'aria per prova qualche volta prima di girarsi per affrontare Jessie che era dietro di loro. "Sapevo che c'era qualcosa di strano, Cas, ma come al solito tu eri troppo di fretta," disse infastidito, con gli occhi marroni stretti. "Ma non sarà stata una totale perdita di tempo una volta che ci saremmo sbarazzati una volta per tutte di questi tre."

Jessie si lasciò sfuggire una risata cristallina e scostò la coda di lato, con occhi blu-neri brillanti. "Voi due siete così divertenti. Penso chepotremmo persino lasciarvi vivere prima di scoprire se Fuchsia sta ancora in piedi così che possiamo raccogliere la taglia sulle vostre teste ... il cartello diceva 'vivi o morti' dopo tutto. Sono disposta a essere indulgente."

"Non avete nemmeno un pokemon!" aggiunse James buttando via il mantello nero dietro di lui perchè fosse catturato dai venti edi alta quota e volasse via con la corrente. Sotto indossava la sua solita tuta nera da ninja proprio come la sua compagna. "Scommetto che persino Persian potrebbe battervi!"

"Perr ... che intendi con 'persino'?" sibilò Persian con rabbia.

"Proprio così," contemplò Jessie, battendo un dito sul mento. "Non avete alcun pokemon ora? Vi abbiamo ucciso l'ultimo ... o forse è a causa di quella stupida regola della Lega che dice che i civili e gli incompetenti non possono usarli?"

Cassidy lanciò un'occhiata al loro Persian bianco. Aveva abbassato il suo centro di gravità, preparandosi a saltare, con occhi neri verticalmente socchiusi, mentre la lunga lingua si leccava i baffi. Si scostò di lato i capelli biondi e rise forte e con ironia. Lasciò che una mano lasciasse la spada e la portò dietro la schiena. "Oh, ma ce l'abbiamo un pokemon," disse diabolicamente, con gli occhi fissi sul Persian. "Magari lo conosci pure ... o dovrei dire ..." Staccò velocemente la sfera rossa e bianca e l'allargò prima di buttarla di lato per coprire loro il fianco, direttamente di fronte al Persiand i Jessie e James. "O dovrei dire che la conosci!"

Ci fu un lampo di luce bianca quando il loro pokemon emerse. Un altro Persian bianco, anche se leggermente più piccolo e agile, ma con artigli
e zanne più lunghe. I suoi occhi sottili in verticale brillarono in una verde minaccia e un debole ma minaccioso ringhio risuonò dalla sua gola.

Il Persian di Jessie e James si sollevò alla sua normale statura, del tutto sorpreso, con gli occhi felini il più spalancati possibile.
"M-M-Meowsy???"

Jessie and James non erano meno sorpresi del loro pokemon. "Persian? Intendi quella meowth femmina di tanti anni fa?" dissero all'unisono.

Ma quella non fu l'unica sorpresa. Cassidy sorrise quando Persian smise di ringhiare a iniziò a fissare il loro rivale maschio con disprezzo. Tirò fuori gli artigli acuminati, soffiando con bassa voce femminile, "Perrr ... sporco meowth di strada ... sorpreso di vedermi?"

"Per ... P-puoi parlare!"

I suoi occhi verdi brillarono. "Posso anche uccidere." E detto questo emise uno spaventoso ruggito, preparandosi all'attacco.


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"Hai ottenuto il potere dell'ombra," Valdera esclamò di botto, interrompendo quello che stava dicendo all'inizio.

Misty si sentì più che confusa davanti all'improvvisa accusa, quando già era stata stupita per quello che la sua ... gemella ... stava spiegando qualche attimo prima. "Cosa?"

Mentre il vento le faceva volare i capelli biondi, gli occhi acqua di Valdera brillarono appena, mentre sembrava che volesse darle una spiegazione. "Ne vedo le tracce sulle tue mani."

Misty abbassò lo sguardo per guardarsi le mani, ancora coperte dai guanti privi di dita che preferiva, rivoltandole verso l'alto. "Ombra?" rise senza esserne davvero divertita. "Non potrei usare il potere dell'ombra nemmeno se vi dipendesse la mia stessa vita."

Valdera le stava ancora fissando le mani, mentre uno sguardo pensieroso cominciava a formarsi sul suo viso. "Quel ... dolore ... l'ho sentito qualche ora fa," disse piano, come parlasse solo con se stessa. "Eri tu che lo usavi." Lasciò che i suoi occhi incontrassero quelli di lei.

Un ricordo confuso tornò alla mente di Misty. Uomini dai mantelli gialli
dal potere elettrico, che diventavano neri e morivano.

Gli occhi di Valdera, fissi su quelli di lei, si assottigliarono. "sì ..."

Misty fece un passo indietro per lo shock. La sporgenza su cui era appoggiato il suo stivale si ruppe e lei, girandosi, vide che era quasi caduta dal bordo dell'edificio. Si girò di nuovo. "E' impossibile."

"Dovrebbe essere impossibile, è vero. Dopo tutto quello che ti ho detto, so che sei Proibita. Io sono Proibita. E Ashura è Proibito. Ma tu ed io - noi siamo diverse da Ashura." Le sue ciglia sottili si alzarono. "Ma che significa 'Proibito' davvero? E' solo una parola. Una parola che gli umnani usavano per descrivere gli elementi della Luce e dell'Ombra ... ma la parola che dovrebbe essere davvero usato è 'Dimenticato'. Questi elementi erano in realtà persi fino all'avvento nostro e di Ashura. Il mondo esiste su un equilibrio ... e gli elementi della natura sono parti di questo equilibrio ... e così a sua volta, ogni essere vivente su questo mondo è in equilibrio con gli elementi. E' stato uno squilibrio negli elementi che ha creato questa stupida profezia."

Mentre Misty la ascoltava, già sapendo qualcosa di quello che Valdera le stava dicendo, mentre altre erano cose nuove, tutto quadrò all'improvviso.

"Ogni essere vivente è di per sè in equilibrio. Ma in taluni, certi elementi sono più forti di altri. Sai che è vero perchè hai visto quanti tipi diversi di Pokemon ci sono." Poi Valdera sorrise appena. "Ma non c'erano Pokemon di Luce od Ombra fino a poco fa, vero?"

Misty scosse la testa.

"No ... ed è quello il problema." La guardò negli occhi, quell'identico sguardo così inquietante. "E che tu stia usando l'Ombra è un problema. Io ... sono Luce. Con tutti i bei discorsi che mi hai fatto prima, di come vuoi salvare il mondo, e ora ..." All'improvviso uno sguardo fugace di spaventata determinazione, fin troppo familiare, le attraversò il viso.

Valdera cominciò ad avvicinarsi, e Misty sentì i primi sintomi di un terrore come mai ne aveva sperimentato in tutta la sua vita. Non sapeva se venisse da se stessa o da Valdera, i due casi erano troppo vicini. Si guardò oltre le spalle di nuovo, osservando le profondità lontane e oscure della strada sottostante.

"Sin da quanto ho incominciato ad avere i primi sospetti, sono scappata da questo momento per tutta la mia vita," disse piano Valdera mentre continuava ad avvicinarsi, facendo svolazzare le lunghe pieghe della veste bianca al ritmo dei suoi passi. "Ma come mi ha detto una volta Sabrina, non puoi fuggire dal destino." Le sue mani iniziarono a sollevarsi lentamente, prime le palme, mentre i suoi occhi acqua iniziavano a bruciare di un fuoco freddo.

Prima che anche solo capisse quello che stava succedendo, Misty si ritrovò ad alzare anche lei le mani, prima le palme come Valdera. Sentì che i suoi stessi occhi avevano iniziato a brillare dello stesso colore. Dentro, riusciva a sentire il potere crescere dentro di lei, come se stesso chiamando il suo
elemento all'attacco, anche se era ormai riuscita a padroneggiarlo sin da quando si era manifestato dopo il giorno del Ritorno, tanto tempo prima. E allo stesso tempo, sentì la stessa sensazione, come se qualcos'altro bruciasse dentro di lei, qualcosa che aveva perso prima ancora di nascere.

"Era destino che accadesse, non importa quanto mi fossi opposta," diceva Valdera. Le cadde una lacrime, lasciando una lunga striscia bagnat lungo la sua guancia destra. Appena qualche centimetro le separava adesso, con i palmi spalancati davanti a loro, che quasi si toccavano. "Tu sei me, e io sono te ..." ripetè lei, le parole inquietanti di prima.
"E cosa significa esattamente questo hai chiesto? Anche se sono sicura che lo sai dentro di te da parecchio ormai, dalla fine del nostro ultimo scontro."

Misty sentì appena le parole formarsi nella sua bocca. Per quanto strabiliante potesse sembrare, sapeva che era vero. "Siamo una sola persona ... divisa in due."

Annuì una volta. "Gli elementi Proibiti, la Luce e l'Ombra, sono risultati troppo potenti per essere riuniti in una sola persona ... il che spiega Ashura se ci pensi." Fece un altro piccolo passo avanti. Solo un centimetro separava ora le loro mani. "E spiega noi."

Entrambi i loro sguardi caddero sulle loro mani, in procinto di toccarsi.

"Infine, tutte le dualità diventeranno una sola."

Nella mente di Misty, il mondo sembrò divedersi in due, e le due metà cominciarono a girarle intorno.

All'improvviso Valdera si allontanò con forza, con lele lacrime cadevano dai suoi occhi blu, e coi capelli spazzati via violentemente insieme alle
pieghe del suo mantello e della veste che indossava sotto. "N-non posso!" urlò, quasi senza senso, prima di saltare giù dal tetto.

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Erano passate ore, ma era stato tutto così confuso. Un attimo stava inseguendo Duplica da un tetto all'altro dopo il loro disastroso incontro con uno dei generali della Lega ... e quello dopo, il mondo era impazzito.

Il tempo sembrava si fosse fermato, ed aveva appena iniziato a sentire una grossa concentrazione di energia a nord-ovest quando il cielo scuro sopra di lui sembrò spezzarsi in mille pezzi luccicanti. La luce improvvisa lo aveva momentaneamente accecato e la scossa seguente lo fece cadere di lato e scivolare incontrollabilmente.

Il piccolo muretto di protezione davanti a lui non era stato sufficiente a fermare la sua caduto, e ci era passato attraverso, creando una fitta nube di rocce e cemento. Dopo di che, era tutto sfocato nella sua testa. Ricordava solo di aver interrotto la sua lunga caduta sbattendo contro altri massi, che cadevano come lui, e diversi muri.

In quel momento, Ash aveva appena aperto gli occhi, sgranandoli, mentre stava appoggiato contro la base di un edificio tremolante. Quello che non sapeva era quanto a lungo avesse perso conoscenza e quanto era passato dal momento in cui quel fenomeno era sparito. La mente era ancora annebbiata mentre cercava nella sua memoria i fatti che avevano appena avuto luogo.

Ripensando a cosa aveva causato una tale tempesta, non era allarmato tanto al pensiero del suo tremendamente ovvio potere, quanto dal fatto che tutto ciò gli era parso fin troppo familiare. Sembrava quasi lo stesso chiamando, come una sirena.

Piano piano, i suoi pensieri vennero interrotti dai deboli suoni di gente che correva dappertutto. Il fumo e la polvere presenti nell'aria lo fecero tossire, mentre si metteva con fatica in piedi, e si toglieva i capelli da davanti gli occhi. Fu quasi buttato a terra di nuovo da una scossa improvvisa, mentre tutto intorno a lui il cemento crollava e le ciò che era ancora in piedi si rompeva, ma riuscì a mantenersi in equilibrio e a guardarsi intorno, nella stradina oscura. Non era poi così abbandonata come gli era sembrata dall'alto, dato che tutto intorno a lui la gente correva disperata.

"Pikachu," bisbigliò, aprendo lo zaino appoggiato sulle spalle, sopra la mantella. "Tutto bene lì?"

"Chu."

"Buono a sentirsi. Stai lì per ora. Sono tutti pazzi qua fuori."

E proprio in quel momento si sentì un frastruono sopra di loro e lui alzò lo sguardo in tempo per vedere un grosso pezzo di edificio stacarsi ed iniziare a cadere. Con lo sguardo andò alla disperata ricerca di qualcuno in pericolo e notò una donna che correva proprio nella direzione dell'impatto. Sembrava fuori di sè dalla paura e totalmente ignara di cosa le stava per cadere addosso.

Senza pensarci, si buttò la mantella dietro una spalla e fece uno scatto in avanti, nella direzione di lei, con gli stivali che affondavano nel terreno. Arrivò quasi a pensare che non avrebbe fatto in tempo prima di tuffarsi in avanti, disegnando un lungo arco, e di riuscire a prenderla. La strinse a sè, portandola in salva mentre una tonnellata di detriti e macerie cadevano proprio nel punto in cui si era appena trovata poco prima. Rotolarono per diversi metri prima di fermarsi. Lui continuò a proteggerla col proprio corpo mentre venivano innaffiati di pezzetti di roccia, risultati dell'impatto. Lui chiuse gli occhi mentre una nuvola di polvere copriva i loro corpi.

"Ancora impegnato a salvare le damigelle in pericolo, Ash? Certe cose non cambiano mai."

"Misty?" esclamò Ash, e mentre si sollevava su entrambe le braccia, poste ai lati di lei, e apriva gli occhi per vederla, lo schock e il sollievo inondarono il suo cuore allo stesso tempo.

Ma a invadergli la visuale furono biondi capelli.

"C'eri quasi," disse Valdera con un umorismo amore mentre si alzava, spingendolo piano all'indietro, per sederglisi sulle ginocchia.

Sentendosi profondamente a disagio non riusciva a far altro che a fissarla, mentre lei lo guardava come gli occhi di un ... predatore.
"Valdera ... io ..." Confuso, si dimenticò di quello che voleva dire. Pensò in fretta, sentendosi sciocco. Io ... beh, è parecchio che non ci si vede, suppongo."

"Ti faccio sentire a disagio, vero? ... Ash."

Si sentii rimescolare, e balzò all'indietro togliendosi da sotto di lei, atterrando sullo sporco.

"Non ti ricordo una ragazza che un tempo conoscevi ... ?" I suoi occhi blu brillavano, consci di quello che sapevano, mentre incrociava le hambe e si sistemava il mantello, in modo da stare più comoda. "Dimmi .. qual è la vera ragione per cui mi hai lasciato tre anni fa?"

Un'improvviso scatto di rabbia gli tolse ogni timidezza. "Sai perché!" Deglutì, mentre si preparava a fare un discorso già detto molte altre volte in passato. "Non potevo più farne parte ... la Lega ... non ce la facevo più."

Le rise amaramente. "Dopo tutto questo tempo, ancora menti a te stesso. Ma non posso biasimarti. Se c'è una che rimane delusa per professione, beh, ce l'hai davanti ... o almeno, hai davanti metà di lei." Si pettinò una lunga ciocca vicino alla guancia in un gesto che gli risultò così familiare da essere doloroso. "Eri un uno stato così catatonico, che non ti importava di cosa faceva la Lega ... non ce la facevi più, d'accordo ... " Si portò all'improvviso in avanti, facendosi vicina a lui. "Non ce la facevi più a vedere me che somigliava tanto alla ragazza che ti aveva fatto male."

Ma invece di allontanarla, Ash riuscì solo a guardarla negli occhi. Mentre fissava quelle profondità azzurre, percepì qualcosa che non aveva mai sentito in modo così forte prima. Un calore. La comprensione di ... che cosa? Cosa c'èera di così diverso in lei, eppure tanto uguale? Era così confuso.

Gli occhi di Valdera si spalancarono, non essendosi lei ovviamente aspettata quella reazione. E nemmeno lui l'aveva prevista. "Io .." iniziò, "Io ... non posso crederci." Incredibilmente, un velo bagnato le si stese sugli occhi. Si mise in piedi bruscamente, facendo svolazzare il mantello bianco intorno alla vita.

Poi sparì. Il suono dei suoi stivali si andò perdendo in lontananza e venne inghiottito dai continui vagiti delle sirene e dal frastuono di edifici che crollavano e dalle urla della gente.

Senza essersi mosso, in silenzio, Ash rimase semplicemente a guardare l'angolo che aveva appena svoltato. Sentiva di dover provare qualcosa ... senso di colpa? Ma per una qualche ragione pareva la cosa giusta.

"Vally!" chiamò una voce, all'improvviso, interrompendo il lavoro della sua mente. "Vally, dove stai andando?" Una grossa macchia di colore blu, con lunghi capelli rossi venne correndo da dietro l'angolo vicino a lui, poi fermò di botto la sua corsa, quasi scontrandosi con lui.

Ed eccola lì.

"Misty ..."

"A-Ash," balbettò lei..

Ogni cosa intorno a lui sembrò sparire. C'erano all'improvviso milioni di cose che voleva dirle. Voleva scusarsi. Voleva sgridarla. Voleva gridsare per il sollievo di vederla sana e salva. Ma più di ogni altra cosa, voleva dirle che - no, aveva già preso prima la sua decisione, non poteva di nuovo sottoporla a tutto questo. Ma anche se si era giurato che non sarebbe mai più stato così egoista da rischiare di volerla ancora, all'improvviso quel giuramento non sembrava più così importante. In ogni modo, non poteva dire niente, perché si era come bloccata, e sentiva come se la sua stessa anima fosse nuda davanti a lei.

E per una qualche ragione, nella testa, un'immagine di Valdera continuava a giustapporsi a quella di Misty. Cosa provava per lei? Pper entrambe loro?

Passarono gli attimi. Lui guardava lei. Lei guardava lui.

Poi il suono di detriti che si spaccavano sotto il passo di una persona interruppe il loro silenzio e entrambi si girarono in tempo per vedere qualcuno che non si sarebbero mai aspettati fosse lì.

"Allora siamo di nuovo tutti insieme," bisbigliò Brock piano, e stava così fermo sulla strada di fronte a loro, che si intravedeva solo il movimento dei suoi capelli marroni ritti e del mantello dello stesso colore, scompigliati dal vento. Gli occhi socchiusi brillavano piano, appoggiati su tratti del viso duri come pietra. "Credo sia giusto che finisca così, come al tempo in cui tutto questo è cominciato."

"Brock," disse MIsty con rabbia. Sorprendendo completamente Ash, avanzò con fare protettivo, bloccando la sua vista col suo corpo. "In nome della nostra vecchia amicizia, per favore, smettila.".

Ma Ash non riuscì più a stare fermo. Girò intorno a Misty per guardare in faccia il suo vecchio amico. "Che ti è preso, Brock?" chiese con veemenza. "Che è successo all'amico che conoscevo, che era per me quasi più un fratello maggiore che altro ... non eri così prima."

Nel vederlo, Brock strinse ancora di più le labbra. "Sei ancora così ingenuo, Ash. Sembra che tutti siano cambiati, eccetto te. " Scosse la testa piano, e i capelli dritti vibrarono appena alla fredda aria cittadina. "Mi chiedo cosa mi sia successo? La vita, ecco cosa, Ash. Avevo dei sogni anche io, ma a differenza tua, sono stati tutti distrutti. Allevatore di Pokemon, ricordi? Non dopo che quella stronza, Ivy, si è assicurata che non fossi più accettabile in quel ruolo. Mi sono divertito a tornare da lei e a farla soffrire prima che morisse. Sicuramente se lo meritava dopo quello che aveva fatto. Riunirmi con la mia famiglia un giorno? Improbabile, visto che la guerra sei è presa tutti i mie fratelli. E mio padre? Solo un codardo. E il sogno di costruire una famiglia con la ragazza che mi piaceva nella mia città?" Disse questo fissando Misty. "Non dopo che ha fatto finta che le piacessi, e poi è scappata col mio migliore amico, lasciandomi a fissare una nuvola di polvere."

Fu Misty, questa volta, a scuotere il capo. "Non credo fosse come dici tu. Eri innamorato dell'idea di essere innamorato."

Un aura potete, di color marrone, circondò il suo corpo massiccio. "Come puoi tu, miserabile donna, sapere cosa provo?" ringhiò, con gli occhi che gli lampeggiavano. "Una volta pensavo che mi piacessi, ma ora è diverso. Non provo altro che odio immenso nei confronti tuoi e di tutte le altre donne, e la voglia matta di usarvi e buttarvi come spazzatura. Tutte voi non siete niente per me." Si girò verso Ash. "Ma per te ... continuamo da dove l'abbiamo lasciata a Sud Lavendere ... anche se impazzisci come è successo allora, non ti servirà ... non accetterò più sorprese."

"Ti sbagli su una cosa," disse una nuova voce, interrompendoli dall'alto.

Ash riconobbe quel timbro ed alzò lo sguardo. Era in piedi sul tetto di un vicino edificio, ormai caduto, coi capelli blu che svolazzavano al vento. "Duplica!"

Lei fece un balzo e si unì a loro, il viso rivolto verso Brock, mentre Ash e Misty le stavano di fianco. "Ora sì che siamo tutti insieme." Indossava un'espressione seria ma determinata sul viso.

L'angolo della bocca di Brock si mosse appena. "Hai ragione. Tutto questo non può finire senza la ragazza che ha reso possibile la rottura tra te e Misty."

"Cosa?" gridò Ash sopreso. Fissò malamente Brock, che stava cominciando a sorridere in maniera poco piacevole. "Non coinvolgere Duplica in questa faccenda. Lei è l'unica innocente."

"Ash," disse Duplica, con fare esitante, riguadagnando la sua attenzione. Gli occhi marroni erano tristi. "Mi dispiace."

"Ma-"

"Le donne sono tutte uguali," si intromise Brock. Fissò a lungo Misty e tirò fuori qualcosa dal mantello marrone. "Ricordi questo?"

Ash fissò quello che teneva in mano. Era pieno di polvero e logorato dagli anni, ma riuscì ugualmente a riconoscerlo immediatamente. Rosso e bianco e col logo della Lega impresso sopra. Un tempo era stato uno degli oggetti per lui più preziosi. L'aveva perso, nella confusione seguita alla sua rottura con Misty.

Era il suo berretto..

"Dove l'hai-"

Misty spalancò la bocca al solo vederlo. Gli occhi azzurri iniziarono a velarsi di lacrime e non potè fare a meno di allontanarsi di un passo. Mentre inciampava, i capelli rossi le coprirono un lato del viso.

Brock scoppiò a ridere. "Mi chiedevo come avrebbe reagito nel vederti, dopo quello che le avevi fatto."

"Che le avevo fatto?" Ash andò a stringere Misty per le spalle. Ma lei si liberò dalla sua stretta con forza e si allontanò ancora, singhiozzando, e gli occhi pieni di larime ora lo guardavano, ricordando quel duro tradimento. "Misty!"

Ma lei si limitò a scuotere la testa in silenzio e cadde a terra in ginocchio. Una luce debole cominciò a circondarla.

La temperatura dell'aria scese rapidamente.

Ash si girò di nuovo verso Brock, e nonostante si ricordasse che quello era stato il suo miglior amico, la rabbia cominciò a fargli bollire il sangue. "Che le hai fatto?"

"Non è divertente come il più semplice degli oggetti possa far ricordare così tanto alla gente?"

"Ricordare cosa?" Gli occhi tornarono di corsa su Misty. Sembrava in stato catatonico mentre sedeva lì, gli occhi pieni di un ricordo di chissà quale crudeltà, che solo lei poteva vedere. Ora le lacrime le macchiavano le guancie, e le braccia giacevano ai lati del corpo, dimenticate. Il vento severo che spazzava nella città sembrò diventare più freddo di secondo in secondo e il cielo percorso dai fulmini sopra di lore iniziò a esprimere il suo rumoroso disappunto, con la promessa di una nuova tempesta.

Il sorriso di Brock sembrò allargarsi ancora di più mentre li fissava. Il cappello di Ash si disintegrò nelle sue mani, diventando polvere nera e volando via col vento. "Sei stato tu."

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