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Autore: Lady_Sticklethwait    27/04/2017    4 recensioni
Per Colin Bekwell quella non era una bella giornata, ma quando era venuto a sapere che la festa organizzata da sua madre non prevedeva che fossero servite bevande alcoliche, aveva trovato un buon motivo per continuare a covare il disappunto.
E così, Colin Bekwell si era defilato come il peggiore dei mascalzoni dalle avances delle sue corteggiatrici per prendere una boccata d’aria all'aperto e calcolare a mente il profitto annuale della sua tenuta quando, con sua immensa sorpresa, un ragazzino cadde dal cielo per atterrare su di lui.
Un ulteriore esame chiarì che il fanciullo in questione non era caduto dal cielo, ma da un grande pino.
«Stramaledizione» fu il suo elegante commento ritrovandosi spiaccicato come un uovo sbattuto.
Il suo grido di dolore si unì all’urlo di sorpresa del ragazzo.
Elisabeth non avrebbe saputo dire quale fosse la sensazione principale in quel frangente:
se il dolore della sua povera schiena o il fatto che fosse caduta su di un uomo o che si trovasse con il sedere in bella vista sul collo dello sconosciuto.
La sua mente, comunque, si rifiutò di trovare altri motivi disdicevoli per i quali flagellarsi una volta ritornata a casa.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                                                     Capitolo 3



«Suppongo di dovermi presentare» Colin si mise a sedere con una smorfia di dolore e borbottò «ad ogni modo, sarei lord machisietevoi»
Elisabeth si inginocchiò ai piedi dell’uomo «oh… questo cambia molte cose» commentò sardonica tastando la caviglia dell’uomo «vi fa molto male?»
Dalla smorfia che fece l’uomo Elisabeth intuì che sì, doveva fare molto male.
«Signore» alzò il viso e cercò di risultare il più educata possibile «dovrò rimuovere lo stivale»
E a quello, Colin, ci era anche arrivato, ma quando ella gli domandò «avete un coltello?» parve diventare tutt’uno con la camicia bianca.
«Se pensate che sia disposto a mettervi in mano un’arma…»
«D’accordo» Elisabeth si mise a sedere scrutando dentro la sua giacca «lo prenderò per un no» la lama lucente del coltello con il quale aveva tentato di issarsi sull’albero abbagliò, per un frangente, il suo viso.
Quando Elisabeth si chinò per tagliare lo stivale, Colin indietreggiò molto poco virilmente «quello… quello dove lo avete preso?» fece indicandolo con orrore.
Elisabeth fece spallucce. Possibile che quell’uomo fosse così diffidente nei suoi confronti?
E pensare che voleva solo aiutarlo!
Sbuffò, aggiustandosi meglio una ciocca dietro i capelli «volete smetterla di dimenarvi?» disse, appoggiando le mani sui propri fianchi «sembrate proprio una femminuccia»
Colin fu infastidito da quel commento «E’ un bene che la mia vanità sia già ben sviluppata, dolcezza, o a quest’ora voi l’avreste già demolita»
Dal tono con cui pronunciò quelle parole, l’accento, l’ottimo profumo maschile che la sorprendeva ad ondate, ed il taglio pregiato della giacca poté intuire che sì, doveva essere un uomo che aveva un gran successo con le donne e  che sì, era consigliato stargli alla larga.
Elisabeth decise di rivolgere la sua attenzione alla brutta ferita di lui: come minimo, per scusarsi, si sarebbe assicurata che avrebbe potuto camminare.
Impugnando il coltello con decisione, fece per avvicinarsi.
L’uomo, come previsto, si ribellò «Temo di non aver bevuto abbastanza per sopportare quello…»
«Ed io, milord» sorrise, perdendo la pazienza «temo che se non mi lascerà procedere, la vostra caviglia si gonfierà al tal punto da rendervi invalido per almeno due settimane. Forse tre»
Colin rimase sconvolto dalla franchezza con cui parlava quella donna. Immersa com’era nell’oscurità, riusciva soltanto a percepire che aveva una chioma riccia, probabilmente rossa, che le copriva parzialmente il volto.
Elisabeth, brancolando inizialmente nel buio, riuscì a trovare il piede di lui e palpò con gesti esperti la caviglia; il coltello non era molto affilato, e presto si ritrovò a segare lo stivale stringendo i denti per lo sforzo.
Alzò il capo un momento «Siete un conte?» gli domandò all’improvviso, per allentare la tensione. L’uomo, infatti, respirava profondamente, e lei riusciva quasi a percepire i muscoli della gamba irrigidirsi, pronti a scappare nel caso lo avesse ferito.
Colin adottò un tono sarcastico «vi sembro strabico o con le gambe storte?»
Elisabeth trattenne una risatina.
«Dannazione, donna. Ridete pure liberamente. Dio solo sa quanto sia ridicola la mia posizione»
Elisabeth lo guardò di sottecchi, riprendendo a segare la pelle pregiata del suo stivale.
«Mi dispiace» mormorò, tastando la morbida pelle del suo capo.
«Per il piede?» chiese lui dubbioso.
«Per lo stivale» smettendo per un momento di affaccendarsi sullo stivale, gli sgranò in faccia i suoi occhi, che brillavano di arguta intelligenza «voi siete un duca, non è così?»
Colin rimase spiazzato da quella domanda e, soprattutto, dalla sua intuizione. Lentamente, annuì con il capo «come avete…»
Elisabeth lo interruppe, riprendendo a segare lo stivale «avete il monocolo. Perché non lo indossate?»
Egli rise apertamente, una risata che le scaldò letteralmente il cuore «non è necessario. E’ un accessorio e serve per guardare le dame, attività interessante ma non fondamentale in questo particolare momento»
Con movimenti delicati roteò il piede per tagliare l’ultimo lembo «non sembrate un duca»
Quel commento colpì Colin come una pugnalata «come, prego?»
«Bhè» iniziò Elisabeth «non camminate con il bastone, non grugnite, non respirate facendo rumore e, onestamente» abbassò il tono di voce di un’ottava, come se stesse condividendo un segreto «dubito che soffriate di gotta»
Con movimenti delicati fece scivolare il piede ferito fuori dalla calzatura. Colin guardò lo stivale maciullato con espressione dolente
«avete una fervida fantasia, signorina…» si fermò, conscio del fatto che ancora non si fossero presentati.
«Richterson» mentì quella, toccando con delicatezza la caviglia gonfia del duca.
Colin sorrise, ma il suo volto rimase immerso nell’oscurità, e lei non poté percepirlo «immagino che un vero duca non si addentrerebbe mai solo in un giardino, dopo la mezzanotte, nel bel mezzo di un ballo»
«Sarebbe in ogni caso troppo grasso, per farlo» fece lei, assecondando la sua ironia.
Colin inclinò il capo: quella fanciulla possedeva una linguaccia davvero arguta. Fin troppo, a pensarci bene. Ad una signorina rispettabile un linguaggio così colorito e, soprattutto, un comportamento così schietto non poteva essere tollerato, ma, a pensarci bene, stava facendo congetture mentali su una donna che gli era piombata addosso da un albero…
«Cosa stavate facendo lì sopra?» le domandò sinceramente incuriosito.
Elisabeth, grata che l’oscurità le impedisse di essere vista, arrossì. Sarebbe risultata ridicola se gli avesse rivelato che il suo desiderio più grande era vedere l’orchestra suonare?
«Nulla che abbia a che fare col prendere alla sprovvista gli uomini e cascare loro addosso» rispose brusca, prendendo a tastare il livido con i polpastrelli «ditemi se vi faccio…»
«Ahi»
«…Male» concluse, ed aggrottò le sopracciglia «non penso di essere così malvagia, milord»
Colin rise apertamente, ed Elisabeth si guardò intorno allarmata, nel caso qualcuno li avesse sentiti «dolcezza, siete la cosa meno malvagia che mi sia capitata negli ultimi venti anni»
Elisabeth, nuovamente, arrossì. Scosse il capo, e si concentrò sulla caviglia del duca
«Ce la fate ad alzarvi? Suppongo che vi siano cercando…»
Colin sospirò al pensiero di dover ritornare al ballo «Sono sicuro che mia madre starà facendo di tutto pur di intrattenere gli ospiti»
Elisabeth si alzò, pulendosi le mani sui propri pantaloni «Perché ho l’impressione che il vostro entusiasmo sia paragonabile a quello di un condannato a morte?» prima che Colin potesse rispondere scorse un ramo adatto a poca distanza e glielo porse, stando sempre ben attenta a non lasciare che i raggi di luna illuminassero il suo vestito.
Cosa che, contro tutte le previsioni, accadde.
«Cielo, voi… Siete un dannato maschio!»
Colta in fallo, Elisabeth si girò e si accorse che la stava guardando come se fosse una selvaggia. Per un attimo,  pensò di alzare le mani a mo’ di artiglio ed emettere qualche verso animalesco per il gusto di spaventarlo ancora di più.
Rimanendo ferma dov’era, si asciugò la fronte con il dorso della mano «Non avete idea di quanto sia difficile salire su di un albero con indosso un corsetto»
Elisabeth si ritrovò a fissare due immensità azzurre, che le ricordarono il colore del cielo a mezzogiorno. I capelli del duca erano scomposti, e delle ciocche castane ribelli gli si arricciavano morbidamente sulle tempie, sulle orecchie e sulla nuca, conferendogli un aria fanciullesca e dissoluta che le donne dovevano trovare scandalosa.
Colin, sconvolto, rimase ancora un po’ a studiare il vestiario della ragazza: non che ci fosse abbastanza luce per farlo, ma strizzando gli occhi poté notare che indossava una camicia bianca slabbrata ed una giacca dismessa bruciacchiata ai bordi.
«Su, vi aiuterò ad alzarvi, ma non contate che vi accompagni al ballo»
Colin non fece caso a quello che lei stava dicendo, ancora scosso dal suo abbigliamento «siete una domestica?» le chiese grattandosi il mento, ignorando la sua asserzione.
Elisabeth fece il giro per trovarsi alle sue spalle e gli infilò le mani sotto le braccia «al mio tre cercate di far perno sul piede sano. Vi avverto, sarà doloroso»
Il duca apparve infastidito del fatto che quella fanciulla non accennasse a rispondere a nessuna delle domande che le poneva. «Com’è che non mi stupisce affatto?»
Elisabeth si morse un labbro, preoccupata che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto dell’assenza del duca e sarebbe andato a cercarlo e lei… Dio, lei non poteva presentarsi alla società in quello stato. Non che a lei importasse di ciò che pensava la società di lei, rifletté cercando di non inalare per l'ennesima volta il profumo del duca. Cielo, aveva immerso il suo intero corpo in acqua di colonia?
«Andiamo, al mio tre» ripeté Elisabeth con impazienza nella voce.
«Non potremmo magari…» cercò di temporeggiare quello
Elisabeth lo ignorò. «Uno, due…»
«evitare i movimenti bruschi e…»
«Tre!»
 
 
 
 
Note d’autrice.
Questo capitolo non era in programma, ma sono riuscita a ritagliarmi un po’ di tempo libero per cui.. voilà.
Non vi assicuro nulla sul prossimo capitolo, solo che dovete portare pazienza e che la speranza è l’ultima a morire. Fatemi sapere cosa ne pensate di questi due, io personalmente ho riso molto immaginandomi la scena – surreale, lo ammetto, ma se non libero la fantasia almeno su una storia, dove farlo? –.
Un abbracio!



 
 
Lady sticklethwait.



 
   
 
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