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Autore: Marra Superwholocked    28/04/2017    0 recensioni
Crossover tra P!ATD e Supernatural ("Il demone che voleva diventare cantante" e "Take a chance on me") nonché sequel delle mie ff citate in parentesi.
(Undicesima stagione)
Lucifero è alla ricerca di un nuovo tramite, presumibilmente per vendetta, ecco perché Crowley, il Re, deve temporaneamente lasciare il Trono. Chiederà dunque aiuto a due persone ...speciali, senza aspettarsi che dalla loro collaborazione possa nascere quel qualcosa che chiamiamo Amore.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Brendon Urie
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Annabeth, la saga'
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Chapter Ninth

Away

 

Ritornati all'Inferno, Annabeth e Brendon passarono intere giornate ad annoiarsi e a controllare che tutto filasse liscio. Se quella era la vita che l'attendeva, un giorno, alla morte del padre, Annabeth non la voleva assolutamente: non era tornata in vita per poi finire a fare la contabile a tempo pieno. Le mancava la caccia e l'adrenalina che si sentiva scorrere per tutto il corpo mentre uccideva i demoni troppo ribelli o fedeli a Lucifero; le mancava l'aria fresca sulle guance; le mancava la sua ascia.
All'improvviso un urlo. Esso proveniva da una porta a pochi passi da loro, chiusa a chiave e logora.
«Crowley!» si sentì ancora urlare. La voce era di un uomo. Ora rideva, ma sembrava irritato.
Annabeth e Brendon si scambiarono un'occhiata, preoccupati, e si precipitarono ai piedi di quella porta. Poco prima che Brendon potesse parlare, la Nephilim gli tappò la bocca facendogli anche segno di tacere.
«Credo di sapere chi sia» gli sussurrò Annabeth per poi fare retrofront verso il Trono.
Brendon la guardò insospettito: «È Lucifero?» le chiese sottovoce. La vide annuire e guardarsi attorno. «Cosa cerchi?»
«La mia ascia. Sta per tornare mio padre» rispose. «Il nostro lavoro è finito.»
Al che, Brendon si rattristò in un millesimo di secondo. «Cosa farai, ora?»
Annabeth alzò lo sguardo e gli sorrise. «Torno a fare la cacciatrice di taglie? Mhm, forse» disse sorridendogli di nuovo per poi tornare a cercare la sua amata ascia. «Ah, eccoti!» esclamò quando l'ebbe trovata. L'accarezzò un istante prima di poggiarla a terra, sorreggendola dalla lama affilata. «E tu che farai? L'anno sabbatico non è ancora finito se non sbaglio.»
«Già» rispose Brendon guardandosi i piedi. «Credo che...» Non sapeva cosa dire; avrebbe voluto chiederle se poteva andare a caccia con lei, avrebbe potuto aiutarla, magari fare coppia fissa, partners in crime, e invece no, gesticolava e basta, con le parole che non gli uscivano di bocca.
«Rimarrai qui?»
No, in verità volevo dire “Vado a farmi un giretto per il mondo”, ma se tu vuoi, possiamo spaccare il culo ai ribelli insieme e magari, dopo, farci una birra, non so, ti andrebbe? Brendon annuì. «Sì, tuo padre mi ha offerto una specie di lavoro: personal trainer per demoni alle prime armi specializzato in torture fantasiose.» Fanculo, pensò. Era spaventato da ciò che Annabeth avrebbe potuto rispondere, ecco tutto.
«Interessante!» esclamò Annabeth con poca gioia nel tono di voce.
Brendon si accigliò. Nel frattempo, l'uomo aldilà della porta continuava ad urlare le peggio parole, ma nessuno dei due ci faceva ormai più caso. «Non sembri molto entusiasta...»
Annabeth cercava di mascherare quella strana sensazione di paura mista a soffocamento con un sorriso; faceva fatica ad alzare gli occhi per il timore di incontrare quelli di Brendon. Le tremavano le mani, ma perché? Quel demone dalla faccia da sberle non lo aveva convinto la prima volta che lo aveva visto e ora sentiva le farfalle nello stomaco? Annabeth si avvicinò, barcollando, all'uscita, verso il lungo corridoio che l'avrebbe condotta in superficie; si voltò un istante per guardare il volto di lui. Egli sorrideva, ma Annabeth poté giurare di scorgere dell'altro. «Quindi... Addio?» sussurrò la Nephilim senza un velo d'emozione sul viso: ne provava fin troppe, in quel momento, per concentrarsi solo su una di esse.
A Brendon si congelò il cervello. Deglutì. «Addio» rispose. In realtà avrebbe voluto mollare tutto, prenderla di peso e trascinarla via, ma anche lui aveva paura. Aveva avuto molte relazioni, spesso storie che finivano dopo una nottata passata a sudare, ma fin da subito aveva capito che con lei sarebbe stato diverso. Addio, si ripeté mentalmente. Addio. La vide varcare la soglia, con in mano un'arma letale quanto lei stessa e si sorprese a boccheggiare.
Chiamala, gli urlò il suo cuore, Falla tornare indietro! Ma la sua mente non era d'accordo: continuava a ripetergli Crowley ti ha offerto un ottimo lavoro, razza di idiota!
L'ultima parola che si erano detti Brendon non riusciva a digerirla, ma doveva affrettarsi: il Re stava tornando e lui doveva prendere una decisione: restare o andarsene? Torturare o ...amare?


Annabeth uscì dalla porta principale dell'Inferno coprendosi gli occhi con una mano mentre con l'altra stringeva forte la sua ascia. Per prima cosa avrebbe nascosto l'arma, dopodiché avrebbe cercato un caso: vampiri, demoni casinisti, licantropi o altri mostri, la razza non era importante: se non erano in grado di rimanere nell'anonimato, non meritavano la terra.
L'aria frizzantina del primo mattino le spettinò i capelli mandandoglieli in tutte le direzioni fino ad accecarla. All'improvviso, dopo essersi sistemata i ricci alla buona, andò a sbattere contro una persona.
«Brendon? Che ci fai qui?» esclamò sorpresa e felice. «Pensavo non volessi rifiutare il lavoro che ti ha offerto mio pad-»
Annabeth non fece in tempo a completare la frase poiché Brendon le prese il viso tra le mani e stampò le sue labbra carnose su quelle più sottili di lei: sembrava volerla mangiare e non osava lasciarla andare per paura che non fosse vero.
Poi, ansimante, egli si staccò. «Andiamocene via.»
Annabeth navigò qualche istante nelle iridi profonde di Brendon. Non ci pensò su molto, difatti rispose d'istinto: «Portami il più lontano possibile» gli sussurrò all'orecchio, poi gli saltò al collo lasciando cadere la sua ascia a terra, da sola, a raffreddarsi sull'asfalto gelido.

   
 
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