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Autore: syila    02/05/2017    7 recensioni
“Io pensavo che voi sapeste sempre qual è la cosa giusta da fare”
“Siamo Immortali, non divini! Tu poi hai messo in crisi anche quelle poche certezze accumulate negli anni, perciò, se ti chiedi il motivo per cui evito di usare i miei doni su di te è perché...”
“Perché?” Yuuri sgranò gli occhi e trattenne il fiato, il suo tono accusatorio non lasciava presagire niente di buono.
“Perché ti amo Glupyy, ti amo troppo”
“Oh, Victor” da quel momento Yuuri decise d'infischiarsene delle regole di Sergej, socchiuse le palpebre e lo fissò a lungo prima di afferrarlo per il bavero del giaccone attirandolo a sé per baciarlo.
“Avrei dovuto farlo mesi fa quando mi hai offerto quel passaggio” e approfittando dello stupore suscitato dalla sua dichiarazione cominciò a liberarlo dalla sciarpa e dai primi bottoni.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Sole a Mezzanotte'
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Capitolo V°

Nonostante le sue rassicurazioni Yuuri seguì i momenti successivi col cuore stretto dall'apprensione.
In sé l'uomo non fece nulla di eccezionale, limitandosi a posare una mano sulla fronte del ragazzino, come se volesse misurargli la febbre.
Lo vide socchiudere le palpebre e stirare le labbra in una piega sottile, assorto, concentrato, finché ritenne di aver trovato qualcosa di interessante.
“Gli vai a genio” riferì al suo compagno “Però non lo ammetterebbe mai, nemmeno sotto tortura”
L'altro nascose un sorriso dietro la mano.
“Io purtroppo no... Ah, che brutto colpo per la mia autostima... Davvero ho l'aria di qualcuno cresciuto col culo sul burro?”
“Victor, per favore... Puoi sistemare il loro rapporto?”
“Per i miracoli devi rivolgerti a un santo o al dio degli innamorati” fu la risposta “Io posso provare a sbloccare qualche piccolo ingranaggio, in modo che al momento opportuno questa testa calda tiri fuori i discorsi giusti”
“E quando si sveglierà sarà... Diverso?”
“Lo vorresti diverso? Magari più gentile, più sorridente, più affettuoso? Uhm, si può fare...”
“No! No-no! Non fraintendermi, sarebbe magnifico trattare con un angioletto piuttosto che con una tigre inferocita, ma... Va bene così, lui è Yuri Plisetsky, nel bene e nel male”
“Scelta giudiziosa mio adorato, stasera ti ho già detto che ti amo?” chiese il russo e gli scoccò un'occhiata divertita vedendolo arrossire.

C'era molto altro dentro quell'adolescente ribelle, chi aveva sviluppato un dono come il suo purtroppo aveva accesso ai luoghi più bui dell'animo umano, in cui andavano a nascondersi idee malvagie, perverse, territori infiniti fatti di solitudine e rimpianti, dove dietro facciate rispettabili si nascondevano abissi di disperazione in cui era pericoloso addentrarsi e frammenti di ricordi talmente affilati e dolorosi da ferirlo ogni volta che provava a prenderli in mano.
Qualcosa di altrettanto tagliente tormentava anche il ragazzino ed era conficcato nella più tenera infanzia, troppo in profondità per poterci arrivare e comunque non spettava a lui farlo.
Evitò di informare Yuuri.
Un giorno, forse, sarebbe stato proprio il piccoletto a volerne parlare; ma al momento era prematuro forzare troppo la Trama del Destino.

“Adesso si sveglierà, vieni” gli circondò le spalle col braccio e arretrarono di alcuni passi.
Nell'attimo in cui il Tigrotto tornò presente a sé stesso, vide per prima cosa la coppietta intenta ad osservarlo con tenera premura, sembravano in attesa di una risposta da lui e invece lui non ricordava nemmeno perché erano in piedi vicino alla porta!
Sentiva la testa stranamente vuota, come se qualcuno l'avesse presa, svitata e usata a mo' di sonaglino per neonati.
“Tutto bene Yuratchka?”
“Smettila di usare quel nomignolo da poppanti spilungone ! Ah... La testa... Mi gira... Che cazzo ci facciamo qui in corridoio?”
Victor scambiò un'occhiata col suo compagno e sogghignò; se temeva di trovarlo cambiato dopo quell'esperienza la consueta sboccata malagrazia del ragazzino lo avrebbe rassicurato.
“Stavamo decidendo come andare all'aeroporto!”
“Ancora questa stupida idea?” i pensieri di Yuri, a parte il leggero intontimento da cui si riprese quasi subito, sembravano essersi interrotti all'iniziale discussione col padrone di casa.
“Vuoi chiarirti con Otabek si o no?” gli chiese il giapponese senza mezzi termini.
“Hah, va bene, basta che la piantiate con le vostre moine! Andiamo!”
“C'è un solo un... Piccolo problema!” esclamò Victor attirandosi un'occhiata preoccupata e una stizzita.
“Sarebbe?”
“Oggi non avevamo in programma di uscire e ho dato il giorno libero a Roman...”
“Quindi non abbiamo un autista?” il livello d'ansia di Yuuri schizzò alle stelle “Io... Non ho la patente”
“Ah non guardate me” chiosò il Tigrotto infilandosi le mani nelle tasche.
“Io l'avrei, ma...”
“Victor quando hai guidato l'ultima volta?”
“Era il 2004.. No forse il 2005...”
“Quindi di tre non facciamo un autista completo? Razza d'imbranati! Chiamiamo un taxi!” gridò il più piccolo, che da persona pratica e risoluta detestava qualsiasi forma d'indecisione.
“Il Taxi!!!” L'espressione di Victor s'illuminò “Ho chi fa al caso nostro, voi avviatevi al garage, io faccio una telefonata intanto...”



“Sul serio... è imbarazzante, sembro un tacchino ripieno!”
“Poche storie , tu non esci con questo freddo senza dei vestiti adatti”
“Si mammina!” lo canzonò il Tigrotto guardando di nuovo come lo aveva combinato quell'infame di un giapponese con la scusa del malessere di poco prima: il giaccone che gli aveva prestato era caldo e morbido, ma ci stava dentro due volte, e la sciarpa assomigliava ad una coperta da cavalli.
Victor li raggiunse al posto auto nel garage sotterraneo e subito dopo videro un taxi imboccare a tutta velocità la rampa elicoidale, planando davanti a loro in uno stridio di gomme.
Yuuri aveva una brutta sensazione riguardo a quella macchina ammaccata e arrugginita, gli sembrava stranamente familiare.
La premonizione si rivelò tragicamente corretta nel momento in cui l'uomo al volante scese e si presentò.
“Sergej quanto tempo!” trillò Victor alla montagna di muscoli che lo avanzava di tutta la testa “davvero non è un problema per te accompagnarci all'aeroporto?”
“Niet, compagno Nikiforov, con tutti i favori che devo a te e a Yakov!” l'energumeno allungò un'occhiata alle spalle dell'uomo e finalmente sembrò notare gli altri due passeggeri.
Il biondino non aveva cartucce verbali da sparare addosso a un bersaglio di quel calibro e si limitava ad osservarlo con due occhi enormi, quanto a Yuuri, beh, gli si era seccata la voce in gola ed era talmente pallido da far sospettare una dipartita imminente.
Victor, bellamente ignaro dei suoi travagli interiori, esclamò “Vi presento la soluzione ai nostri problemi, con Sergej arriveremo al Pulkovo in meno di un'ora”
“Posso farcela anche in mezzora” dichiarò tranquillo, finché dopo un attento esame della faccia terrorizzata del soggetto occhialuto la sua espressione accigliata non si aprì alla sorpresa “Io mi ricordo di te!”
“Ma anche no...”
“Certo tu sei il piccolo mindalevidnyye glaza!”
“Vi conoscete?” s'informò Victor incuriosito.
“Vi conoscete?!” gli fece eco Plisetsky allibito.
“Da, da, io ricordo tutti i passeggeri di taxi!” annuì serio l'omone “Anche se di solito non tornano più, lui è stato molto generoso con mancia!”
“Heh-heh” fu la flebile risposta “è stato così gentile...”
“Io allora vi porta là in venti minuti! Possa la Beata Vergine Teotòkos levarmi la vista se arriviamo tardi!”
“Magari la vista la conserviamo per guidare eh...” disse Yuuri in un filo di fiato a malapena udibile.
“Eccoti le chiavi, ragazzi andiamo, si sta facendo tardi!” Victor gli lanciò le chiavi della berlina e la montagna di muscoli le afferrò al volo grugnendo un colorito apprezzamento sulla vettura di lusso che fece impallidire perfino la villania del Tigrotto.
Yuuri sperò fino all'ultimo che Victor cogliesse il suo sguardo da condannato già avviato alle scale del patibolo o almeno usasse quei dannati poteri sull'autista persuadendolo ad una guida prudente, invece il russo si era lanciato in una vivace discussione sul tempo e sulla politica col “caro Sergej” lasciandolo alle sue ambasce.
“Allacciati la cintura...” bisbigliò al più piccolo seduto accanto a lui sul sedile posteriore.
“Guarda che sono cresciuto per il seggiolone di sicurezza!” gli rispose acido l'altro.
“Fidati, fallo e basta...”
Non fu il potere persuasivo di Yuuri a convincerlo, ma lo sguardo assassino dell'energumeno dallo specchietto retrovisore quando disse “Ora noi si va! E si vola!”



Quando aveva detto “Volare” lo aveva inteso in senso letterale; la macchina partì sgommando e affrontò in controsterzo tutta la salita, poi si catapultò in strada con un sobbalzo che mise a dura prova l'affidabilità della meccanica tedesca.
Già al primo diritto di precedenza ignorato Plisetsky aveva abbandonato i modi bellicosi e si rammaricava di non aver pensato a cose importanti tipo le sue ultime volontà o una telefonata d'addio al nonno.
Avrebbe voluto dar sfogo alla peggiore rassegna d'insulti mai concepita dall'alba dei tempi verso quei due che se la ridevano sui sedili anteriori, però dalla bocca gli usciva solo una specie di ululato strozzato, che del resto, faceva il paio con gli strilli del suo omonimo.
“Piccoli si divertono là dietro, forse vogliono un po' di musica!”
Mettere del Power Metal russo a tutto volume nella parte posteriore dell'abitacolo non migliorò molto le cose, però servì a coprire le grida dei due passeggeri a cui la breve vita scorse davanti agli occhi almeno una decina di volte prima che approdassero sani e salvi sotto la modernissima struttura in vetro e cemento dell'aeroporto internazionale di San Pietroburgo.
“Loro grandi amici, si?”
“Sai, penso che lo ignorassero fino a cinque minuti fa!” cinguettò Victor quando nel girarsi li trovò stretti in un abbraccio disperato, l'aria spiritata e le lacrime agli occhi “Siamo arrivati!”
“Ohhh tuuu! Tuu! Specie di brutto coso, io ti...!” il Tigrotto gli sarebbe saltato alla gola se Yuuri non lo avesse afferrato per la vita e Sergej, un po' dispiaciuto, indicando l'orologio avesse detto “Ventuno e venticinque, noi abbiamo impiegato cinque minuti più del previsto, ma davvero non potevo mettere sotto anziana babuska sulle strisce!”
“Avranno già cominciato le procedure d'imbarco!”
“Andate avanti, noi cerchiamo un parcheggio intanto”
I due Yuri si precipitarono fuori di corsa e infilarono le porte d'ingresso guardandosi attorno.
“Da quale parte?” il giapponese era pratico di voli, ma Plisetsky giocava in casa, infatti, dopo un attimo d'indecisione, ricominciò a correre a rotta di collo.
“Terminal 1, è da lì che partono i voli di Air Astana!”
Il biondino era un fulmine e l'altro faticava a tenergli dietro nel dedalo di corridoi poco affollati a causa del giorno festivo, poi, quando finalmente riuscì a raggiungerlo, per poco non lo travolse.
Si era fermato di colpo dietro un enorme pilastro e fissava la grande sala d'attesa semi deserta senza decidersi a proseguire.
“Allora? È già andato?” chiese Yuuri e sistemò gli occhiali sul naso aguzzando lo sguardo “Oh, eccolo là, sta andando ai cancelli d'imbarco, forza raggiungilo!”
“No!”
“Come... No!”
“Ho detto no! I-io non me la sento di affrontarlo... M-magari ci chiariremo tra qualche giorno via internet... ”
Era la prima volta che vedeva la terribile Tigre russa in quelle condizioni: lo sguardo smarrito, le labbra tremanti, l'aria ritrosa e spaventata di un cucciolo abbandonato.
Niente a che vedere con le emozioni che era solito esternare nel pattinaggio; in pista e sul podio coabitavano rabbia e gioia, si piangeva e si rideva, si sperava e poi ci si disperava, ed era normale, era giusto.
Forse aveva intuito qual'era la sua vera paura: provare sentimenti altrettanto forti senza riuscire a ricondurli a qualcosa di familiare.
Era un salto nel vuoto, come lo era stato per lui.
Quindi rimaneva una sola cosa da fare...
“Altin non mi sembra il tipo da chiarimenti a distanza, perciò o vai adesso o tanti saluti!” il giapponese giocò sporco e approfittando della sua forza diede un vigoroso spintone al biondino, che caracollò in avanti facendo il suo ingresso nell'ampio locale con una sonora imprecazione.
Il trambusto finì per attirare l'attenzione del Kazako già avviato al gate e a giudicare dalla sua espressione stupita Yuri era l'ultima persona che si aspettava d'incontrare lì in quel momento.
Il suo omonimo nel frattempo si era acquattato dietro il pilastro e stava pregando tutte le divinità disponibili affinché i poteri di Victor andassero a buon fine.


Fine Quinta Parte



† La voce della coscienza †

Che cosa avrà instillato Victor nella testa del piccolo feroce Felide? Magari un po' di buon senso?
Una cosa è certa, anzi due: Yurio non è cambiato di una virgola dopo il trattamento, è l'adorabile adolescente sboccato e ribelle di sempre; inoltre pare che il nostro vampiro abbia individuato qualcosa di più profondo in lui: l'affetto che prova per Yuuri (che non ammetterebbe mai nemmeno sotto tortura!) e l'eco di un trauma infantile, che forse salterà fuori più avanti.
Ma per arrivare in tempo all'aeroporto serviva un autista di eccezione e non potevo non tirare fuori Sergej dalla naftalina!
Lui e Victor si conoscono bene a quanto pare, in quali circostanze sarà avvenuto questo incontro? Lo scopriremo nelle prossime puntate!

Intanto amanti della Otayuri non perdetevi il nuovo aggiornamento, sarà tutto dedicato ai nostri adorabili pulcini *-* -cuore di mamma- *-*
Vogliatemi bene e sappiate che sto lavorando per voi! *o*

Postilla linguistica:
mindalevidnyye glaza (occhi a mandorla) è il simpatico soprannone affibbiato a Yuuri da Sergej ^^
   
 
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