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Autore: Elphie94    04/05/2017    1 recensioni
[Modern!AU] Considerato il più grandioso genio del nuovo secolo, Erik Danton vive recluso, nascondendo al mondo la ragione della sua volontaria segregazione. La sua vita cambia quando vi entra a far parte Meg Giry, una ragazza spavalda e apparentemente senza regole, che diverrà la sua nuova (quanto involuta) allieva. Tra i due non scorre buon sangue, ma nessuno, neanche Erik, può prevedere il futuro...
[Edit 2020: lievi correzioni e modifiche al testo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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iv.


Il giorno dopo è Nadir che deve tirarlo fuori dal letto, praticamente di forza.
«Erik, svegliati!» Mormora qualche imprecazione in farsi, la sua lingua natia, e lo solleva di peso aiutandolo a infilarsi nella doccia. Vestito. Non è comunque un bello spettacolo, perché non ha indosso la maschera.
«La masch—» farfuglia con l'alito che sa di vino.
Nadir scuote il capo. «A quella pensiamo dopo, d'accordo? Prima ti riprendi dalla sbornia e ti concedi un aspetto vagamente umano, poi ne riparliamo.»
Il getto d'acqua sulla faccia gli rischiara la mente annebbiata dall'alcol. Con gesti lenti e maledizioni sussurrate, si sfila gli abiti ormai bagnati e, dopo qualche altro minuto di benessere sotto la doccia fredda, esce e si stringe nell'accappatoio. Poi corre in camera e si infila la maschera sul viso, come una prigione di cuoio dietro le cui sbarre lui si rinchiude volontariamente. Nadir lo ha già visto senza, e più di una volta, ma lui odia ricordare agli altri la dannazione della sua esistenza. È uno dei motivi per cui, dopo tanti tentativi, ha rinunciato ai cinquantamila interventi che sarebbero stati necessari per rendergli la faccia vagamente rassomigliante a quella di una persona normale. Non ci sarebbe stato altro da fare, comunque — ha studiato un po' di anatomia in gioventù, e lo sa anche lui. No, non c'è mai stata soluzione a quello.
Nadir gli concede sufficiente spazio per vestirsi da solo — in caso contrario sarebbe oltremodo imbarazzante — ed Erik è contento di aver dormito senza coltello sotto il cuscino, quella notte. Lo fa sempre, da quando in gioventù è andato in guerra come mercenario… per poi diventare molto peggio.
Non pensarci, non pensarci, si ribadisce con veemenza. Nadir è comunque lì per aiutarlo a reggersi in piedi mentre scende le scale — già se la immagina, l'intestazione sui giornali: “Deceduto genio musicale, caduto dalle scale di casa sua, vittima dell'ubriachezza” — e lo fa sedere in cucina, dove ha preparato una tazza di tè e disposto l'usuale mostra di pillole per il mal di testa.
«Dovrei pagarti per farmi da badante» ha la forza di dire Erik, strascicando le parole mentre si siede, massaggiandosi le tempie. Ha un'emicrania terribile, e se lo è meritato.
Nadir ignora il sarcasmo e incrocia le braccia al petto in un posa che dovrebbe risultare severa. Sì, è proprio come un fratello maggiore che rimprovera il più piccolo per una delle sue pessime (e usuali) marachelle, per la quale i genitori non daranno più loro caramelle per un mese intero.
«Quante bottiglie di vino ti sei scolato?»
«Una.»
«Non mentire.»
«D'accordo, due. Non un goccio di più.» Si ferma un attimo, pensoso. «Non sono costretto a dirti nulla. Non sei mia madre.» Sogghigna all'idea. Nadir sarebbe comunque una madre migliore di quella che la sorte gli ha destinato in realtà.
«Molto divertente. Erik, cos'è successo? Ti ho chiamato e non rispondevi, e tu di solito rispondi sempre, così sono venuto a dare un'occhiata alla casa, con le chiavi di riserva…»
«Come vedi, non vi ho appiccato fuoco. Le mie tendenze piromane non mi hanno soverchiato.»
Nadir emette un lungo sospiro. «Erik, tu non sei un alcolista. Beh, non tanto da preoccuparmi, se non anni fa, nel periodo in cui—» Arresta il flusso di parole, conscio che Erik sa a cosa si riferisce. Il periodo subito successivo alla partenza di Christine. Erik sogghigna ancora, compiendo un debole gesto con la mano, come per invitarlo a continuare. Nadir aggrotta le sopracciglia.
«Quando lei se n'è andata. Sì, lo so che non è più qui, Daroga. Non sono arrivato al punto da avere allucinazioni di lei che canta gironzolando per casa mia.»
Nadir sembra quasi sollevato.
«In ogni caso, spiegami perché ti sei ubriacato. Hai un'ottima resistenza all'alcol, dunque sospetto che tu l'abbia fatto di proposito…»
Erik scuote il capo. «Volevo solo dimenticare.»
«Cosa? Qualche altro incubo su… beh, uno dei tanti?»
«No, no. È che… sono stato un idiota, Daroga. Un perfetto idiota.»
Gli spiega del litigio con Meg, e Nadir deve farsi forza per non schiaffeggiarlo. «Sei un emerito… Ah, lascia perdere.» L'iraniano scuote la testa, forzandolo ad ingoiare un'aspirina e a trangugiare un po' di tè. 
«E così la tua nuova pupilla ha una figlia.»
«Non è la mia pupilla, per carità. E sì. Immagino che sia piccola… a differenza della mia testa di cazzo.» Erik sorbisce il tè mentre Nadir solleva un sopracciglio, perplesso. Di solito il genio noto a livello mondiale non si lascia andare a simili espressioni volgari. «Così direbbe Meg» precisa lui, con un gesto esemplare delle lunghe dita sottili. A Christine piacevano — diceva che somigliavano in tutto e per tutto a quelle di un pianista, ma Erik le vede diversamente: sono ossute e morte quanto il resto di lui, niente di più.
«Sono stato inutilmente duro con lei. Un vero stupido, a non trattarla da pari, come merita di essere trattata.»
«E allora scusati. Dille ciò che pensi davvero, invece di ubriacarti come un adolescente immaturo.»
«Tu non la conosci. Mi chiuderebbe il telefono in faccia.» Erik già riesce a immaginarlo.
«Provaci» insiste il Daroga con gentilezza e fermezza insieme. Non è suo amico, no — questo Erik lo ha capito da una vita. È il suo badante e baby sitter insieme. Altro che terapista. Questo grillo parlante è pure gratis.


Ci vogliono almeno dieci tentativi prima che Meg risponda al telefono — esattamente come Erik ha predetto. In fondo, ha spesso ragione, e su molte cose. Hai un ego più grosso di Parigi, gli sussurra una vocina malevola all'orecchio che suona tanto come quella di Meg. Erik si limita a sorridere e a ignorarla, per udire la voce della Meg in carne e ossa dall'altra parte della cornetta.
«Che vuoi, stronzo?»
Appunto.
Erik sospira. Deve prendere a calci il suo orgoglio per questo, ma ce la può fare. Se lo ripete mentalmente: ce la posso fare. «Dirti che sono un imbecille.»
«Ah, finalmente ti esce di bocca qualcosa di intelligente.»
«No, io — Intendevo dire, con te in particolare mi sono comportato da stupido. E l'heavy metal non è un'oscenità musicale.»
«Cosa ti importa?» sussurra Meg, e sembra seria, non furiosa, dalla prima volta che ha sollevato la cornetta per rispondergli (metaforicamente, visto che sta utilizzando un cellulare. Con ogni probabilità ha il suo numero registrato nella rubrica come Grande stronzo o qualcosa di simile).
«Mi importa. Penso che tu abbia talento, Marguerite. E non farmelo ripetere.»  
«No, aspetta, cosa? Non ho afferrato.»
«Hai afferrato benissimo. Penso anche che tu sia la persona più insopportabile, sfacciata, maleducata che io abbia mai avuto la sfortuna di incontrare—»
«Ehi, ora datti una calmata!»
«E anche intelligente, affascinante, brillante…»
«Ecco, bravo. Ora puoi continuare.»
Erik sorride. «Stavo parlando di me.»
«Sei proprio un cretino.» Meg ha capito che sta scherzando, e il suo tono divertito lo dimostra.
«Non sapevo avessi una figlia piccola.»
«Sì, lunga storia. Un giorno te la racconterò.»
«Deve essere un piccolo demonio, se ha i tuoi geni.»
«In realtà ha preso dal padre, quindi è un angelo, ma tu sta' ben attento a ciò che dici.»
Erik ridacchia con voce sommessa e — lo sa — suadente. Non sa corteggiare una donna, (non saprebbe nemmeno da dove iniziare), ma è in grado di farla liquefare sul pavimento con la sua voce da serafino. Sente Meg brontolare qualcosa come subdolo dall'altro lato della cornetta.
«Ascolta» abbozza lei, ed è chiaro da quest'unico, esitante appello che è a suo agio quanto lui nel mostrarsi più accomodante — ossia, per nulla. «Anch'io sono stata… crudele. Ero molto restia alle lezioni fin dal principio, e la tua accoglienza lasciava piuttosto a desiderare.» Emette un piccolo sbuffo, e per un attimo è di nuovo la Meg che ha imparato a conoscere in quelle settimane. «Ma… tu non sapevi nulla della mia vita, come io della tua, e le mie accuse—»
«Non avevi tutti i torti» concede Erik.
«Ero stressata, e arrabbiata, e… Suppongo che per te non fosse diverso.»
«Supponi bene.» Erik si ferma a ponderare le parole più adatte, reggendosi il mento con una mano in una posa piuttosto cliché, ma che lei non potrebbe comunque vedere. «Cerchiamo di far funzionare questa cosa. So perché tua madre ha avuto per prima l'idea di farti venire qui. Hai menzionato anche una terapista, l'altra volta.»
«Sì. Idea brillante. Perché proprio te, tra i tanti? Non era disponibile uno meno irritante?»
Erik decide di ignorare la frecciatina. «Perché non c'è confronto tra me e i tanti. Inoltre, dovevo un favore a tua madre, e anche uno di una certa portata. Non mi dispiace ripagare i debiti ad Antoinette, è un'ottima persona. E tiene a te.»
«Lo so.» Meg sospira. «A volte anche troppo, per il suo bene. Mi chiedo quante volte le abbia fatto alzare la pressione sanguigna negli anni.»
«Immagino, sì. Ma non sentirti in colpa per questo.»
«Grazie… ma rimani un po' stronzo, non si può negare.» Lo dice quasi con affetto. Erik sbuffa, ma stranamente non è offeso dall'ennesima volgarità.
«Allora possiamo ritentare.» Erik può quasi percepire il suo sorriso sghembo, seppure in lontananza. «Solo che la prossima volta mi offri una pizza.»
«Prego
«Porto un DVD, così non mi abbuffo mentre tu te ne stai lì a guardarmi senza volere — o potere — toglierti la maschera. Non so se l'hai notato, ma hai un fantastico schermo a cristalli liquidi nel tuo salotto. È un peccato lasciarlo impolverato.»
«In realtà mi ha convinto il Daroga a comprarlo. Io non lo volevo neanche, un televisore di quella qualità.»
«Chi sarebbe il Daroga?»
«Te ne parlerò sabato sera.»
E così è tutto accordato. Perfetto.


Il ragazzo della pizza lancia a Meg un'occhiata spiritata — quasi avesse avuto un'esperienza religiosa della portata dei tre pastorelli di Fatima — quando le consegna ben due cartoni di pizza fumante ai peperoni che la giovane donna ripaga con i soldi di Erik e un sorriso. Il ragazzo di certo non ha mai fatto consegne in una villa così splendida e isolata dal mondo civile.
Poi Meg si dirige nel salotto di casa Danton e poggia sul tavolino i cartoni con la birra che il geniale e deforme virtuoso ha fatto comprare da Giovanna, che gli fa la spesa, appositamente per lei. Dopodiché fa partire il lettore DVD e si siede a gambe incrociate sul costoso divano in pelle nera, scalciandosi via gli anfibi dai piedi minuscoli e delicati, da ballerina — ma Erik scommette che un loro calcio farebbe male sul serio. Ha gambe magre e ossute, ma muscoli nervosi e rifiniti. Non dovrebbe notarlo, ma lo nota, e questo lo turba.
«Cosa sarebbe questo… come si chiama?»
«Il trono di spade. È un telefilm.»
«E di cosa parla?»
«Sangue e tette, per la maggior parte. I libri sono migliori.»
Erik sbatte le palpebre, fingendo di non capire. «Cosa stai cercando di farmi guardare, stasera?»
Meg sogghigna, addentando una generosa porzione di pizza. «Roba interessante.»
Dopo qualche minuto del primo episodio, già compare la prima donna nuda. Erik emette un singulto e si copre gli occhi. «Ma è osceno!»
«Sei così pudico» scherza Meg, pizzicandogli un braccio. «Proprio un bravo ragazzo.»
«Ma smettila.» Lui scuote la testa. Se sapesse di cosa è stato capace negli anni passati, non lo definirebbe più tale, certamente.
Le scene di violenza non lo toccano affatto, ma quelle di nudo sì, pertanto chiude gli occhi ogni volta che compare un seno più o meno generoso sullo schermo. Si chiede come faccia Meg a non scandalizzarsi, soprattutto quando il primo episodio si conclude con una scena di incesto e un bambino che viene gettato giù da una torre.
«Ma che razza di fantasy è mai questo?»
«Molto diverso da Il signore degli anelli
Erik non è un esperto del genere, ma quella particolare opera la conosce, e gli va persino a genio. «Come si chiama la saga di libri da cui è tratto il telefilm?»
«Cronache del ghiaccio e del fuoco. Bella roba. Io ho cominciato a leggerla dopo aver divorato la prima stagione in TV, altrimenti non sarei mai arrivata a comprare dei libri così enormi.» Si ferma per un attimo, pensosa, la lingua tra i denti. «In realtà non leggo molto. Solo Harry Potter. Qualche horror, a volte.» Ride nervosamente. Sembra consapevole di star parlando di libri per ragazzi con un uomo adulto, colto e letterato, e questo la imbarazza un po', anche se non lo ammetterebbe mai. Erik se ne rende conto, perché le sorride gentilmente — per quanto il suo sorriso possa essere gentile, perlomeno — e dice: «La trama sembra interessante. Mi procurerò il primo volume.»
Al che Meg risponde con un'espressione radiosa che le illumina il viso, e per un attimo gli appare bellissima e deve sbattere le palpebre per non rimanerne accecato. Sì, è davvero graziosa quando è felice in quel modo. Vorrebbe essere capace di renderla tale per molto tempo, ma sa che non è possibile. Ogni cosa che lui attrae a sé si distrugge, quasi il suo tocco sia un'eco imprendibile di morte e decadimento. Così è stato per sua madre, così è stato per Christine, e così sarà anche per Meg, se sarà tanto stupido da cadere preda di quel sorriso e affezionarvisi troppo.
 

Le lezioni continuano per qualche settimana. Meg è testarda ma capace, ed Erik è autoritario ma più paziente di quanto pensasse di poter mai essere. Sembra quasi che sappia esattamente come operare sulle sue abilità arrugginite da anni di dolore e ricordi di polvere, e Meg si lascia guidare più facilmente, questa volta. Erik non pretende molto, se non l'attenzione necessaria durante le lezioni. Sa che ha una vita al di fuori del loro mondo di musica e note, e non la biasima per questo. Anzi: quando lei aumenta il numero delle lezioni a due volte a settimana, quasi si spaventa, e arretra. Questo vuol dire che le piacciono. E che piacciono anche a lui — non può negarlo. Quell'unica serata trascorsa insieme, sul divano di casa sua, è stata la migliore da… beh, da una vita intera. È così facile parlare con lei, per quanto possa essere grezza e poco sensibile; d'altronde neanche lui è un maestro di tatto. Si somigliano in modo pauroso, malgrado le apparenze. Erik lo nota dalle difficoltà che Meg ha nel parlare del suo passato, anche se gli racconta volentieri di sua figlia, Dany. All'inizio non riesce a credere che abbia soprannominato la piccola Danielle in quel modo per via di una saga fantasy, ma sarebbe così da lei — sono una nerd senza speranza, gli dice con un sorriso nella voce durante una delle loro lunghe chiacchierate al telefono. Trascorrono circa un paio d'ore a parlare in quel modo, dopo che Meg ha messo a letto la bambina ed è pronta lei stessa per andare a dormire. Poi sgattaiola nella sua stanza e gli augura la buonanotte via WhatsApp (glielo ha appena fatto installare sull'Iphone nuovo di zecca e mai davvero usato). E così cominciano interminabili discussioni sugli argomenti più disparati.
«Avevo diciott'anni quando ho avuto Dany» gli spiega durante una di queste telefonate. La sua voce roca è calda e… seducente, in un certo senso. Non come quella di Erik, capace di far piangere gli angeli — assolutamente no. Ma ha un suo perché. Lo si apprende solo dopo che la si conosce bene, con le intonazioni che Erik nota subito — gli alti e bassi della sua vita. («Frutto di un'adolescenza trascorsa a fumare come un turco, senza farsi beccare da Maman prima dei diciotto. Dopo, non ha potuto fare altro che accettare» gli spiega con le braccia incrociate al petto, dopo avergli chiesto il permesso di farsi una cicca, come dice lei, in veranda. Almeno questa volta ha chiesto il permesso.)
«Non eri minorenne, dunque» costata Erik.
«No, ma ero comunque fottuta. Non potevo avere una figlia se volevo sperare di entrare nella compagnia dell'Opera. Mia madre lavorava a tempo pieno, e non poteva prendersi cura di lei. Mio padre… beh, lo sai.» Grugnisce qualcosa di incomprensibile.
«Non credo avrei continuato la gravidanza se non fosse stato per la promessa di Luc.»
Luc era il suo… scopamico, come lo definisce Meg, sebbene Erik si senta sempre a disagio con quei termini ai quali è così poco abituato. Sa tutto di musica, architettura, letteratura e arte, è fluente in innumerevoli lingue e ha eseguito numerosi esperimenti scientifici, ma di sesso… neanche a parlarne. Al solo pensiero gli viene da piangere, il che è patetico.
«Conosco Luc da prima che mio padre morisse. La prima volta che l'ho incontrato ci siamo presi a pugni, ma stringemmo in fretta amicizia. Lui non mi rideva in faccia se volevo giocare a calcio o mi sporcavo il vestito di fango o mi sbucciavo le ginocchia o mi disfacevo le trecce. Ho avuto non poche avventure — e disavventure — prima e dopo di lui, ma Luc è sempre stato speciale. Solo che non ne sono mai stata innamorata.» Ride, ma qualcosa nella sua risata è freddo e lo paralizza. Non è mai stata innamorata e basta, comprende. «Sono contenta che Luc sia il padre di Dany, però. È un ottimo genitore, le sta accanto, le vuole bene. Dany passa il giorno con lui, dopo la scuola, e la sera da me, se non ho degli spettacoli. Qualche weekend la tengo con me, in altri è con lui. È molto presente e premuroso, e tiene a entrambe. Non potevo chiedere di meglio per mia figlia. Da quando è nata… l'ho amata istantaneamente. Se mai ho amato qualcosa, è la mia famiglia.»
E suo padre, il suo tragico padre suicida, a cui non accenna quasi mai, nemmeno per sbaglio. C'è qualcosa che non gli ha detto, al riguardo. Un segreto celato nell'anima come un peccato di chi si vergogna troppo per confessare.
Ma Erik non la pungola inutilmente. Gli piace sentirla parlare. Gli piace un po' troppo.
«Stai diventando sentimentale» lo redarguisce il Daroga, e ha ragione. L'ultima volta che si è affezionato a qualcuno è stato un disastro. Ma per ora va bene così. Le lezioni vanno alla grande, come direbbe Meg nel suo gergo giovanile, e anche le loro chiacchierate. Battibeccano in continuazione, ma è divertente per entrambi. Erik non ha mai avuto un'amica in vita sua — forse questa è la volta buona. Forse.



Note dell'Autrice: 1Dany: Il nomignolo di Daenerys Targaryen, uno dei personaggi principali de Il trono di spade.
Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Avevo promesso che i nuovi aggiornamenti sarebbero stati più lunghi. In realtà, questa storia è un racconto, non una long fic, ma essendo comunque piuttosto… sostanziosa, non potevo pubblicarla senza dividerla in capitoli. E così eccoci qua.
Per ora sembrare tutto filare liscio tra i due idioti protagonisti – che la tensione si sia placata? Vi avverto che presto ci sarà un po' di draMMMMa. Beh, perché in fondo si parla di Erik, e io adoro l'angst. Ma non sarà eccessivo, non temete.

debbythebest: Non preoccuparti per il ritardo, cara, anzi, è un piacere leggere le tue recensioni. Spero che questo nuovo sviluppo ti sia gradito.
Erik e Meg si scontrano perché hanno entrambi una terribile tempra – in questo senso sono simili – e sì, un passato tragico, soprattutto nel caso di Erik, è ovvio. Ma non voglio neanche sminuire i trascorsi di Meg. Nel prossimo capitolo vi sarà un chiarimento sul passato del nostro uomo mascherato, e la reazione di Meg sarà… Beh, non posso dirlo. Ti lascio sulle spine. :)
Ah, mi fa piacere che Meg ti faccia ridere con il suo sarcasmo becero. XD Un bacio <3
   
 
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