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Autore: JEH1929    07/05/2017    5 recensioni
E così era stato deciso: avremmo abitato insieme.
Io mi ero gettata a capofitto nella novità senza pensare veramente cosa essa potesse veramente comportare, come mi succedeva sempre. Come al solito avevo riflettuto assai poco e così avevamo iniziato a visitare un appartamento dietro l’altro, quanto più vicini possibile all’università.
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“Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”
E mentre stringo fra le mani il libretto e non riesco a trattenere una piccola lacrima, che mi brucia gli occhi, penso a quanto la sorte possa essere ironica e a quanto sia facile che tutto ciò che pensavi avresti posseduto per sempre possa essere perduto in un millisecondo.
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Fanfiction su Sana e Akito e su quello che potrebbe essere loro successo dopo la fine del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo scroscio della pioggia mi sveglia bruscamente. È domenica, per cui non ho niente da fare. La mia intenzione era dormire fino all’ora di pranzo. Superare il pasto imbarazzante come ogni giorno e poi filarmela a casa di mia madre, dove posso trascorrere un po’ di tempo in santa pace. Ma la pioggia ha rovinato ogni mio piano.
Ormai l’estate è definitivamente finita e adesso è arrivato un freddo-umido penetrante, nutrito da ingenti acquazzoni, che durano poco, ma sono così bruschi che non si riesce quasi a vedere a un metro di distanza quando ci si cammina in mezzo.
Mi giro e mi rigiro nel letto. Guardando l’ora, mi accorgo che sono appena le 8 di mattina. Cerco disperatamente di riaddormentarmi, ma alla fine cedo e mi alzo, indossando una felpa larga sopra il pigiama. Quando apro la porta dello sgabuzzino mi accorgo di non essere sola. Tsuyoshi è seduto sul divano e ascolta qualcosa con le cuffie, anche se sono sicura che non sta dormendo. Ha preparato il caffè e ne sta lentamente sorbendo il contenuto. Quando mi avvicino per versarmene una tazza, apre gli occhi e mi vede.
- ‘Giorno. – bofonchio.
- Ciao, Sana-chan. Che ci fai sveglia a quest’ora? – chiede sorpreso.
- Mi ha svegliato la pioggia e non sono riuscita a riaddormentarmi.
Faccio segno verso la finestra del soggiorno. Il cielo è talmente coperto che entra pochissima luce. Non so perché, ma questo mi deprime. E pensare che io odio la troppa luce al mattino.
- E tu? – chiedo.
- Insonnia. Non riesco mai a dormire troppo. Per me arrivare alle 8 è già un grande traguardo.
Mi lascio andare ad una risatina, che però mi esce fiacca.
- Non so come tu possa resistere. – rispondo, avvicinandomi al divano.
Mi siedo e accoccolo le gambe, sorseggiando il caffè.
Il silenzio si prolunga. Appoggio la testa sul bordo del divano e chiudo gli occhi. Una grande stanchezza si impossessa di me. Sospiro.
- Sana-chan?
- Mmh? – mugolo, senza aprire gli occhi.
- Tu non stai bene.
Spalanco gli occhi. Non è una domanda, è semplicemente un’affermazione. Detta così semplicemente, così dolcemente, in modo così disinteressato. Tsuyoshi è sempre stato l’amico responsabile, il punto di riferimento per tutti. Una roccia sicura a cui aggrapparsi. E non solo per me. So che anche per Hayama è la stessa cosa. L’ho sempre visto quasi come un fratello maggiore.
Sospiro di nuovo.
- Perché lo dici?
- Non sei la stessa Sana di sempre. Quella che trascina gli altri nelle sue folli idee, che ride sempre, che balla, che danza. La Sana che riesce a trovare sempre la soluzione a tutto. Il punto di riferimento di tutti noi.
Ok, come non detto… Non riesco a comprendere le sue parole. Come posso essere io il punto di riferimento di tutti loro? E pensare che ho appena dedotto che è Tsuyoshi ad esserlo.
- So quello che stai pensando. – dice. – Tu pensi che il punto di riferimento possa essere io, così responsabile, così serio. Oppure Aya-chan, così dolce. Ma la verità è che tu sei il cardine della nostra amicizia. Dell’amicizia fra me, Aya, Akito, Hisae, Gomi e Fuka. È così raro che individui tanto diversi fra loro rimangano amici da quando sono bambini. Spesso si cambia, si cresce, non si riesce più a comprendere e a farsi comprendere da coloro che ti sembravano tutto l’universo fino a qualche anno prima. Lo so, succede. Le amicizie cambiano, quasi sempre.
Fa una pausa, io mi limito ad osservarlo, con gli occhi spalancati.
- In realtà, Sana-chan, è la tua energia, la tua vitalità, la tua forza, a tenerci tutti insieme. Dopo così tanti anni, dopo così tanti cambiamenti. È impossibile fare a meno di te per troppo tempo, fare a meno della tua gioia di vivere. Per questo alla fine non possiamo più fare a meno l’uno dell’altro, perché amiamo la sensazione di stare tutti insieme. Tu sei il cardine di tutta la nostra storia, tu sei senza alcun dubbio la protagonista.
- Tsu… ma che stai dicendo? E tu e Aya? Hisae e Gomi?
- Non sto dicendo che io stia insieme ad Aya grazie a te. Io amo Aya-chan più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma chissà come sarebbero andate le cose se non fossimo stati tutti amici. Lo stesso vale per Hisae e Gomi. Se non fossero stati nostri amici avrebbero realizzato alla fine che si amavano? Non lo so, probabilmente sì, ma probabilmente no. Non sto dicendo che sia tutto merito tuo. No… solo che sei tu a renderci tanto vicini gli uni agli altri. E non so spiegarti perché.
Si interrompe di nuovo.
- Per questo adesso tutti sentiamo che qualcosa non va, che l’atmosfera è tesa, che non stai bene. Tutti noi lo sentiamo e siamo come privati del nostro punto di riferimento. Per questo quando ti ho detto che non stai bene, non era una domanda, ma un’affermazione. Noi lo vediamo.
Non riesco a capire molto bene il punto del discorso di Tsuyoshi, anche se mi sembra una cosa totalmente campata in aria. Per cui rimango in silenzio, a riflettere sulle parole. Posso davvero essere così importante? Alla fine è di nuovo lui a rompere il silenzio.
- Si tratta di Akito-kun, non è vero?
Sobbalzo.
- Quando siamo venuti ad abitare qui, tutti quanti abbiamo sperato che finiste per capire la vostra idiozia e che alla fine sareste tornati insieme. Quando vi ho visti dormire nello stesso letto ho sperato che finalmente ci foste arrivati. Ma sfortunatamente non avevate capito proprio nulla. Poi è successa tutta la storia della discoteca. A quel punto pensavamo tutti che ormai il vostro fosse un caso perso. Abbiamo smesso di sperare perfino noi.
Lo ascolto in silenzio, stringendo la tazza con forza tale che le unghie ormai sono sbiancate.
- Poi di nuovo è successo qualcosa ed eravate più vicini di quanto non foste stati fino a quel punto. Non avete detto niente, ma noi lo abbiamo sentito. Cambia tutto, qui dentro, quando le cose vanno meglio fra voi. Piccoli dettagli, ma che noi percepiamo. Ad esempio Akito che canticchia mentre fa la doccia, tu che ricominci a svegliarti troppo tardi per andare in facoltà. Dormi molto, quando sei rilassata. E con questo torniamo a stamattina. Non stai bene.
Mi guarda dritto negli occhi, attraverso le lenti spesse dei suoi occhiali, come a sondarmi a fondo.
- Ed è questo che non riesco a capire. Che cosa è successo di nuovo? Questa volto non ci sono stati litigi, sfuriate, scenate di gelosia. Niente di niente.
Si interrompe, aspettando una mia risposta, ma la verità è che non sono in grado di fornirgliela, dal momento che non la conosco neanche io. La mattina tutto andava bene e la sera tutto andava peggio di prima, inspiegabilmente.
- Non lo so…
- Non ci credo. – la voce di Tsuyoshi è così severa che per un attimo sobbalzo.
Ho capito che Akito non mi ama più. Il suo sguardo, la sua durezza, la sua fuga, quella sera in cui Naozumi era venuto a cena da noi, mi avevano convinta più di qualsiasi parola.
- Akito non mi ama più. – sussurro alla fine.
Tsuyoshi sembra sul punto di arrabbiarsi, ma mantiene il controllo.
- E cosa te lo fa pensare? – dice.
- Quella sera… quando sono arrivata a casa con Naozumi e lui era lì con Sakura. Non mi ha rivolto la parola, mi ha ignorata, come quando ci siamo lasciati. Poi ha visto la foto con Nao, quella dei vestiti da sera, e tutto quello che mi ha detto è stato soltanto che dovevo scegliere fra Naozumi e qualcun altro, non riferendosi chiaramente a sé stesso. Con una tale freddezza, come se non gli importasse niente di me e di quello che facevo. E poi è fuggito… Avrei preferito una scenata, mi sarei arrabbiata, ma avrei saputo che gli importava ancora qualcosa di me. Invece, quella freddezza mi ha rigettata indietro a quando l’ho lasciato e lui non ha fatto nulla, non ha detto nulla. - ho sparato tutto fuori come una macchinetta, senza quasi riprendere fiato.
- Capisco. – si limita a dire Tsuyoshi.
- Che significa?
- Niente, solo che continui a non afferrare il nocciolo della questione. – dice, come se fosse una cosa ovvia.
Sento la rabbia montarmi dentro.
- Non affrontate mai la verità, non vi decidete mai ad affrontarla, a meno che non intervenga qualcuno di esterno alla situazione e vi sproni. Ma adesso siete adulti, e basta, non ho più alcuna intenzione di spronarvi. Potete continuare a rovinarvi la vita a vicenda se volete, ma noi non interverremo più.
Adesso è lui quello arrabbiato. Rimango un attimo interdetta, senza capire quello che sta dicendo. Lui si alza, diretto alla sua camera. Alla fine si volta.
- Sana-chan, ma quanto potrai essere idiota… basterebbe guardare l’aspetto fisico delle ragazze di Akito-kun per capirlo e tu invece continui a non vedere mai niente.
Scuote la testa e poi entra in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Eh? Le ragazze di Akito? E che c’entra il loro aspetto fisico? Le parole di Tsuyoshi sono assolutamente prive di senso per quel che mi riguarda. Mi alzo, arrabbiata, sbatto la tazza sul tavolo e poi mi sbatto la porta dello sgabuzzino alle spalle. Possibile che debbano sempre parlare tutti per enigmi?
 
La porta della stanza di Kurata sbatte, distogliendomi definitivamente dal mondo dei sogni. Ultimamente non riesco a dormire molto bene e passo gran parte della notte con gli occhi spalancati a fissare il soffitto, fino a quando riesco a prendere sonno, nelle prime ore del mattino. A volte vorrei alzarmi e andare a correre, ma adesso me ne manca la forza, non ho più neanche voglia di correre. E questo per me è strano. E poi non voglio che Tsuyoshi mi senta e poi mi faccia una ramanzina su quanto sia antisalutare la vita che faccio. Adesso sono sempre così irritato con il mondo che potrei rispondergli in un modo di cui poi potrei pentirmi.
So che non è molto tardi e sono stupito che Kurata sia già sveglia adesso. Non è da lei. Possibile che neanche lei riesca a dormire? Magari per il mio stesso motivo. Scaccio bruscamente il pensiero quando mi vedo davanti la scena di lei e Hiroto a pochi centimetri di distanza e poi il suo sguardo innamorato verso Kamura nella foto di Hisae. Alla fine mi alzo e decido di fare qualcosa, non ha alcun senso continuare a rimuginare così.
Apro l’ultimo scatolone, che non ho ancora sistemato. L’ho nascosto sotto il letto, in modo che nessuno si accorgesse di nulla. Come lo apro il mio cuore salta un battito. In bella vista la mia piccola collezione di dinosauri, quello regalatomi da mio padre quando ero piccolo e a fianco il dinosauro di Sana. La sciarpa avvolta intorno al collo. Mi rivedo davanti il momento in cui me l’ha dato, il suo sorriso spontaneo, quando mi ha detto che non importava che non le avessi fatto un regalo perché aveva saputo da Tsuyoshi che mi ero impegnato molto nel cercarlo. Poi quel minuscolo pupazzo di neve in giardino. E infine il bacio. Il nostro primo vero bacio. Quando lei non si era spostata. No, aveva deciso di rimanere lì e lasciarsi baciare da me. Nonostante poi non avesse capito quello che provavo e tantomeno quello che lei provava per me, per un secondo io avevo davvero visto tutto il mio futuro, davanti. Futuro che di certo non comprendeva me, intento a guardare un bizzarro ricordo con il cuore infranto. Allontano i due dinosauri dalla mia vista e continuo a esplorare l’interno della scatola.
Più sotto una copertina rosso scuro mi balza alla vista e sobbalzo. Non ricordavo di aver preso il libro di Neruda quando avevo preparato gli scatoloni da trasferire nell’appartamento e non ricordavo neanche di averlo visto mentre sistemavo la mia roba. Lo apro e lo sguardo mi cade sulla dedica scarabocchiata da Sana “Sarò la tua sabbia, la tua erba, il tuo cielo, la tua felicità. Ti amo. Tua per sempre, Sana”. Ricordo quando me l’aveva dato. Si vergognava leggermente. Non era da noi fare gesti tanti romantici. Io lì per lì non avevo capito, ma quando poi avevo aperto il libro, l’avevo trovata. La poesia del giorno felice.
Apro il libro e lo sfoglio, fino a raggiungere la pagina giusta.
“Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.”
Nel momento esatto in cui avevo sentito o letto quella poesia, non ricordo esattamente come era successo, avevo subito pensato a lei. Non perché fosse la poesia più romantica del mondo. Probabilmente Neruda stesso ne aveva scritte di molto più romantiche e sentimentali. Ma perché era semplicemente così che mi sentivo quando lei era con me. Felice.
Come potevo essere stato tanto idiota da perdere l’unica persona capace di farmi accettare me stesso, di mettermi in pace con me stesso, di rendermi, appunto, felice? Soltanto un idiota poteva riuscirci ed io effettivamente lo ero.
Così, privandomi di sé stessa, del suo amore, di lei, mi aveva privato di ogni felicità. Per sempre.
 
Il telefono suona insistentemente da qualche secondo, ma sono troppo affaticata per potermi alzare e rispondere, quindi rimango sprofondata nel letto, la schiena contro la parete dello sgabuzzino. Ma quello non sembra avere la minima intenzione di smettere. Le parole di Tsuyoshi continuano a rimbalzarmi in testa come particelle impazzite, ma io non riesco ancora a trovare loro un senso compiuto. Maledetto Tsuyoshi.
Alla fine, con un sospiro, mi alzo e afferro il cellulare. Quello smette di suonare nel preciso istante in cui sto per rispondere. Guardo il numero e leggo il nome di Natsumi sopra di esso. Sorpresa, premo il tasto di richiamata, preoccupata che possa essere successo qualcosa. Il mio cuore salta un battito quando penso che possa essere successo qualcosa ad Akito, ma sono quasi sicura che la porta della sua camera non si sia mai aperta, quindi probabilmente si trova ancora lì a dormire beato.
- Pronto?
- Ciao, Sana-chan! Spero di non averti svegliata. – esclama Natsumi, allegra.
- No, non preoccuparti. C’è qualche problema?
- Nient’affatto! Deve sempre esserci un problema per chiamarti? – scoppia a ridere, allora mi raddolcisco.
- Scusa, è che stamattina mi sono svegliata male.
- Capisco, allora mi dispiace averti disturbata…
- No, non preoccuparti, davvero!
- Volevo sapere se ti andava di uscire ad incontrare una vecchia amica. È così tanto che non usciamo insieme.
Sì, sono esattamente tredici mesi che non usciamo insieme. Evito di farglielo notare e rispondo affermativamente. In fondo uscire era tutto quello che volevo e adesso ho una scusa valida.
Indosso un paio di jeans, una camicia nera e mi copro con una giacca, visto che sta continuando a diluviare. Poi esco dalla stanza.
Aya e Hisae sono sedute al tavolo della cucina, intente a bisbigliare qualcosa, ma subito si zittiscono appena mi vedono. Il loro comportamento mi irrita. Gomi probabilmente è ancora a letto e non vedo traccia di Tsuyoshi.
- Esci? – chiede Aya.
Annuisco.
- Natsumi mi ha chiesto di vederci per pranzo, quindi non contatemi a tavola.
- Natsumi Hayama? – chiede sorpresa Hisae.
Annuisco di nuovo e mi avvio verso l’uscita.
- Prendi almeno un ombrello, Sana-chan! – mi urla dietro Aya.
Torno indietro e afferro un ombrello, prima di precipitarmi in strada.
Sono lo stesso completamente bagnata quando raggiungo il luogo dove Natsumi mi ha chiesto di incontrarla.
La saluto baciandola sulle guance. Sembra molto tranquilla e felice, per cui mi rilasso. Adesso sono sicura che non sia successo niente di che.
Per un po’ parliamo del più e del meno. Lei mi racconta di come vanno le cose a lavoro e io le parlo dell’università e di come tutti stiano cercando di farmi tornare a recitare, anche se io ho deciso che non è ancora il momento. Nessuna delle due accenna ad Hayama e quindi l’atmosfera si fa via via più rilassata. Alla fine mi sento come se ci fossimo viste solo un paio di giorni fa e non più di un anno fa. Inoltre mi sento piuttosto rinfrancata, avevo proprio bisogno di parlare del più e del meno con qualcuno che non facesse di tutto per analizzarmi, come mi sembra invece succeda ultimamente quando parlo con la mia famiglia e i miei amici, Naozumi compreso. Nel frattempo ordiniamo da mangiare e per la prima volta da settimane mi ritrovo a strafogarmi sul cibo come mio solito. Alla fine del pranzo ci alziamo e ci accorgiamo che ha smesso di piovere. Decidiamo quindi di fare una passeggiata. Lentamente ci incamminiamo nella direzione del mio appartamento, ma con molta calma e in silenzio. Alla fine è lei a rompere il silenzio.
- Ti chiederai perché ti ho chiesto di incontrarmi?
- Non era perché volevi rivedere una vecchia amica senza alcun fine secondario? – le chiedo, buttandola sul ridere, anche se ho la sensazione che non sarà così semplice.
- Si tratta di Akito…
Ovviamente. Rimango in silenzio aspettando che continui.
- Sai, mi dispiace di non essermi fatta molto sentire in questo ultimo anno, ma la situazione mi imbarazzava abbastanza. Specialmente i primi mesi, era così distrutto. Non usciva mai dalla sua stanza, se non per andare a scuola e per andare a karate.
Uno sbuffo inconsapevole mi sfugge dalle labbra, Natsumi alza gli occhi nella mia direzione, interrogativa.
- Quando ci siamo lasciati non provava più niente per me. – mi spiego.
- Sana-chan… Possibile che tu conosca tanto bene mio fratello eppure riesca così spesso a non capirlo?
- Io… - mi interrompe.
- Sai, prima Akito era diverso, era un bambino così problematico, così chiuso. Ovviamente gran parte della situazione era colpa mia. – un piccolo lampo di senso di colpa le attraversa il volto, sospetto che non si sia ancora del tutto perdonata per quello che è accaduto anni fa.
- Natsumi…
- No, lasciami finire. È stata colpa mia, in gran parte. Però anche io ero una bambina, che non aveva la forza di affrontare quello che era successo. E nostro padre era così assente, così distante… Ma poi sei arrivata tu. Un turbine di gioia di vivere e di vitalità e lo hai cambiato…ci hai cambiati. Tutti quanti. Non sai quanto ti sono grata per questo e quanto hai reso la vita di tutti noi migliore.
Mi sembra di risentire le parole di Tsuyoshi di questa mattina.
- Io non ho fatto niente. – rispondo.
- Invece sì. Hai salvato la vita di mio fratello e indirettamente hai salvato anche la mia. E adesso, a distanza di tutti questi anni, voglio ricambiarti il favore.
La guardo, confusa dalle sue parole. Cosa?
Ormai siamo davanti alla porta del mio appartamento e Natsumi non ha ancora spiegato le sue strane parole. Mi volto per salutarla e lei mi sorride.
- Quando Akito è tornato a casa, la sera che si è ammalato, ha chiamato un nome, che ha continuato a ripetere diverse volte mentre era incosciente per la febbre.
Fa una pausa, io sono impietrita, totalmente incapace di aprire bocca.
- Ha pronunciato il tuo nome, Sana. Come fa ogni volta che si trova in difficoltà, da quando aveva undici anni.
Detto questo Natsumi si volta e si allontana, rivolgendomi un ultimo sorriso.
Io rimango lì imbambolata. Perché mi ha detto questo parole? Cosa significano? Forse che è ancora innamorato di me? Improvvisamente le parole di Tsuyoshi mi balzano alla mente.
“Basterebbe guardare l’aspetto fisico delle ragazze di Akito-kun per capirlo e tu invece continui a non vedere mai niente”
E finalmente capisco a cosa si stava riferendo. Nori e Sakura e probabilmente tutte le ragazze con cui Hayama era uscito dalla nostra rottura avevano qualcosa in comune. E non era soltanto la bellezza mozzafiato. Avevano qualcos’altro in comune: i capelli rossi.
E questo cosa significa? Che Akito mi ama ancora? Che non ho capito niente? Sbuffo irritata. Dannato Hayama! Perché deve sempre essere tutto così complicato?
Inizio a salire le scale come una forsennata, diretta alla stanza di Hayama.

**
Ciao a tutti! Finalmente è successo qualcosa che ha smosso un po' la situazione.
Scusatemi se ho inserito di nuovo il testo della poesia "Ode al giorno felice" di Neruda, ma la trovo così bella che non ho saputo resistere.
Spero che il capitolo vi piaccia! A presto!
   
 
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