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Autore: nocciolinanna    09/06/2009    1 recensioni
la storia è ambientata nella Francia del 1700 prima della rivoluzione. Il popolo oppresso inizia a manifestare il suo malcontento, intrighi, inganni,feste , amori saranno gli ingredienti necessari per tessere la trama della storia
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Riferimenti a persone ed episodi sono da considerare frutto della mia fantasia

prime avvisaglie di una trasformazione

Versaille era  incantevole, potevi osservare la meravigliosa villa sdraiato nella penombra del boschetto a destra dell’entrata mentre gli usignoli  ti deliziavano con il loro dolce canto, potevi passeggiare per lunghi tratti e  rinfrescarti nelle fontane che formavano arcobaleni con il loro zampillare, potevi intrattenerti nella caccia o in uno dei vari spettacoli che venivano offerti da buffoni di corte e saltimbanchi pronti a soddisfare ogni tuo capriccio, potevi fare qualunque cosa, bastava semplicemente essere al di là di quell’enorme cancello e purtroppo io, Etienne de La Croix , stavo nella parte sbagliata.
Purtroppo io appartenevo alla parte opposta, sia nel senso fisico del termine, sia nello stile di vita. Qui le persone avevano il viso rigato da lacrime di fatica, dove non esisteva nè la calma nè  la serenità ma solo irrequietezza e frenesia, appartenevo a quella parte dove i sogni erano sogni e la  realtà era la realtà.
Io ero un giovane medico alle dipendenze di una nobile famiglia che ancora non era stata invitata a risiedere nella corte, ma ormai era solo una questione di tempo e anche loro avrebbero raggiunto i loro simili nel “nuovo mondo”.
La famiglia Gutier, della quale ero alle dipendenze, era formata da soli tre persone:
la sig.ra Charlotte, una donna austera dal volto segnato da una sfiorita  bellezza.
Il sig. Gaspard, il capofamiglia severo e altezzoso con un espressivo sguardo fiero.
La sig.na Gwendoline, la figlia da poco entrata in società, silenziosa e di incantevole bellezza, misteriosa e intrigante, di indubbia intelligenza.
La famiglia era stata segnata dalla disgrazia di un'unica figlia e l’impossibilità di averne un altro, la loro bimba era la loro unica possibilità  per un posto in società ed era solo questione di tempo perché si sposasse con un nobile anziano che si era conquistato i favori del re. Io ero solito osservare quella ragazza che guardava  sempre la stessa porzione di mondo dalla piccola finestra della sala lettura e quando non lo faceva era come se in realtà fosse lontana, i suoi occhi esprimevano pensieri che nessun altro poteva comprendere.
Un giorno la signorina cadde malata e io fui chiamato per fare il mio lavoro, restai solo con lei nella stanza e la guardai respirare affannata per circa un minuto, le contai i battiti e le misurai la temperatura. Le palpai la gola in cerca di anomalie e osservai i suoi occhi così stranamente limpidi privi di qualsiasi segno di malessere.  Ero curioso, il suo sguardo mi intrigava, volevo sapere cosa pensava e così per la prima volta le rivolsi la parola.
“Cosa provate?”
“Dolore”
“E sentimentalmente cosa pensi?”
“Ha rilevanza dottore per capire cosa mai io abbia?”
“Avete solo bisogno di riposo e di un impacco freddo, la mia domanda serviva solo per capire le vostre preoccupazioni vista che avete accumulato un enorme quantità di stress, può anche non rispondere se non le aggrada”
Mi allontanai dal suo letto per ritirare i miei strumenti e per andarmene, certo di aver irritato la signorina con una domanda che potesse sembrare invadente.

 “Io agli occhi del popolo ho tutto ciò che posso desiderare per via del mio titolo, hai miei occhi il popolo ha ciò che io non potrò mai avere: la libertà e il potere di scegliere. Ho sempre voluto conoscere il mondo stare in mezzo alla gente, condividere pensieri e opinioni che nonostante nascano da mondi diversi possono trovare lo stesso un accordo. Mi è dato conoscere, ma non posso esprimermi. Mi è stata data la bellezza per incantare gli uomini, ma la devo sprecare per un uomo che disprezzerò. Sono come un uccello a cui vengono tolte le ali, l’unica cosa che posso fare e sognare, creare un mondo tutto mio dove nessuno potrà interferire.”
Espresse questi sentimenti come se non fossero realmente i suoi, come se potesse scacciare i cattivi pensieri rendendoli estranei a se stessa.
Mi faceva tenerezza e stavo per consolarla come si consola una sorella; fortunatamente mi accorsi del mio gesto impudente e tentai di camuffarlo al meglio
“Deve scacciare i cattivi pensieri, voi siete una nobile e non potete lasciarvi influenzare da queste piccole inezie”
“La penso nello stesso modo, ma ora la prego di lasciare la stanza, ho bisogno di riposare.”
Mi congedai quindi dalla sua presenza e aggiornai i genitori delle sue condizioni e prescrivendole numerose passeggiate in calesse.
 La settimana seguente venni convocato dal mio signore e così mi recai nel suo studio.
Lo trovai intento nei conti di bilancio, immobile e silenzioso, con una candela che offriva un pallido lume.
Mi osservò attentamente quasi stesse verificando se fossi realmente io, poi improvvisamente mi disse: “Gwendoline vuole che voi siate a sua completa disposizione, la seguirai a Versailles ed esaudirete i suoi capricci, questa è stata una sua esplicita richiesta”
Fu così che mi ritrovai a corte come servitore della famiglia Gutier.
Al termine di una giornata che da tempo ormai trascorrevano monotone tra balli e feste mi ritrovai faccia a faccia con la signorina, prima che potessi andarmene lei mi fermò e mi prego di rimanere.
La guardai appoggiandomi al muro con le braccia conserte in attesa che proferisse parola, era lei che aveva insistito per portarmi con se a Versailles e tanto valeva saperne il motivo.
“ Caro dottore, sarete certo curioso della motivazione che ha portato al mio insistente capriccio”
“ Signorina, il mio compito è sempre stato soddisfare ogni vostra richiesta”
“ il motivo è che in vostra compagnia mi sento a mio agio, con voi posso parlare ed esprimermi con ad un mio pari”
Era agitata, stranamente arrossata, le parole le costavano fatica, il suo vestito era di una semplicità voluta che evidenziava la sua figura … era complicato seguire il suo discorso se nella mia mente scorrevano certi oltraggiosi pensieri
“Vi state sbagliando signorina, io non sono un suo pari e di certo non lo sarò in futuro. Lei è nobile e io un suo sottoposto.”
“Lei è scontento della propria vita?”
“Mi dispiace, ma non posso rispondervi”
“Teme forse che mi possiate arrecare offesa?”
La conversazione era irritante, volevo andarmene e allo stesso tempo non potevo disobbedire ad un ordine diretto, accennavo piccoli passi con le gambe quasi il mio corpo si volesse ribellare al mio buonsenso.
 “ Ritengo che la conversazione stia andando oltre al semplice rapporto padrone- servo“
“ siete il mio dottore abbiamo vissuto insieme per molto tempo come potrei considerarvi un semplice servo, vi conosco meglio di altri”
“ cosa sapete voi della mia vita? Voi avete sempre vissuto all’interno di quattro mura che siate a Versailles o che siate nella vostra villa in periferia. Io ho sofferto la fame, ho visto mia madre perdere la vista per cucire i vestiti che voi e tutti gli altri nobili indossate, ho visto mio padre ucciso da un colpo di pistola perché un messere aveva bevuto troppo. Lavoro presso la vostra famiglia  ora ma per molto tempo sono stato un vagabondo che mendicava per le strade. Signorina avete ancora la presunzione di conoscermi e ritenete ancora che il vostro discorso non  sia infantile e impertinente?”
“Mi avete fatto notare che ho intavolato una discussione troppo personale ma non vi fate scrupoli ad offendermi.”
Era arrabbiata, si era alzata di scatto, rossa in viso, completamente incurante dell’ espressione poco elegante che mostrava per l’indignazione.
Non riuscii a fermarmi, le parole mi uscirono a fiumi, quasi non aspettassero altro, quasi avessero deciso di prendere l’iniziativa.
“Mi dispiace recarvi offesa, ma voi pretendete di discutere con me della mia stessa vita, mi guardate con aria di sufficienza quasi non aspettiate altro che crolli in ginocchio in cerca di una consolazione. Voi siete una nobile ed io un borghese, i nostri mondi sono differenti”
“Allora le devo le mie scuse per la mia indiscrezione ma voi certamente  non avete avuto un atteggiamento diplomatico e mi avete recato offesa”
“Ne sono consapevole, ma era mio dovere chiarire la mia posizione. Sono pronto a lasciare questo famiglia in questo medesimo momento se la mia vista vi fosse diventata riprovevole.”
“Non ritengo necessario tale provvedimento, ma forse è opportuno che si allontani dalla corte per circa una settimana. Le augurò un buon riposo, a quanto pare non sono l’unica che ha accumulato molto stress.”
Si girò di spalle e attese che mi allontanassi.
Corsi a prendere i miei bagagli e in poco tempo varcai i cancelli.
Non avevo nemmeno pensato a dove potessi andare, decisi che l’unica soluzione era farmi ospitare da mio cugino.
Mi dovetti fermare in un emporio perché era impensabile che mi presentassi da lui a mani vuote. Quando arrivai dinnanzi a casa sua era già calato il sole e le strade di Parigi si erano sfollate in poco tempo; forse per via di quel particolare pettegolezzo che rendeva i vicoli l’habitat preferito di folletti maligni che rubano il cuore delle donne di animo puro …
Bussai al portone e attesi, la porta si aprì appena e una fievole voce mi chiese  chi mai fossi.
“Sono io Etienne, Marie vi ricordate!”
“Cosa ci fate voi qui a quest’ora?” disse aprendo la porta e facendomi cenno di entrare,
“ Corrono brutti tempi a Parigi.”
La guardai incredulo “non dirmi che credi ai folletti…”
“Non credo ai folletti, ma ai briganti affamati!”
“Siamo già a questo punto?”
“Mi chiedo come non ne siate ancora cosciente.”
Mi sedetti allora e chiesi “ e tuo marito, come può mio cugino lasciare da sola una così bella fanciulla?”
“ Sono questi i momenti che mi ricordano quanto voi mi manchiate!”     
“A quanto pare basta poco per rendere felice una donna!”
“ Lui è uscito, ma dovrebbe rientrare a momenti. Non mi hai ancora detto come mai siete qui a quest’ora”
“ Volevo usufruire della vostra ospitalità per circa una settimana, vi ho portato un regalo.”
Marie prese il fagotto e iniziò a scartarlo, quando ebbe finito poté notare che era una tabacchiera in legni finemente ornata con i lati di ferro che presentavano inciso i loro nomi e la mia benevolenza, più una graziosa spilla argentata ornata con candide pietre di luna, in realtà l’unico valore di quella spilla era il simbolo che rappresentava, ma per me era dotato lo stesso di una bellezza che scaldava il cuore.
“Etienne non so cosa dire, non era necessario che spendesse tanto per solo una settimana”
“ Non preoccuparti Marie” dissi un po’ in imbarazzo “ non sono oggetti così preziosi e poi ho risparmiato una vita, posso almeno permettermi di fare un regalo ai parenti più vicini ad essere la mia famiglia!”
“se la metti così non sarò certo io a insistere”
“ vuoi per caso conoscere la leggenda dietro quel ciondolo”
Le donne sono a volte delle creature veramente buffe, sono predisposte per la curiosità e il pettegolezzo, tanto che quando una storia o un pettegolezzo sta per essere svelato gli occhi si accendono di una luce vispa e giocosa quella stessa luce che si accende negli occhi di un neonato quando vede la sua mamma; naturalmente non c’era il bisogno di attendere una risposta e raccontai:
“  la pietra di luna, secondo una leggenda indiana, viene creata dal mare che con le onde ne modella la forma e  la stessa acqua cattura i raggi di luna e li racchiude nella pietra conferendole il potere di attrarre a se ogni bene. Questa pietra viene forgiata dal mare ogni cinque anni e poi rilasciata nella riva cullata dall’umida sabbia. Questa è di per se una rara pietra e se una fanciulla la ottenesse otterrà ogni felicità e sarà una regina.”
“ che storia romantica , sarò ben lieta di mostrare un tale ornamento grazie Etienne, visto che starai per una settimana fai come se fossi a casa tua mio marito arriverà a momenti, ti lascio un poco da solo ma devo ritirare il bucato prima che l’aria malsana di Parigi mi costringa a rilavarli”
Mentre Marie si allontanava io mi sedetti in una sedia e mi guardai attorno, le mie dita tamburellavano in una tavolo di medie dimensioni di modesto materiale capace però di sostenere una decina di persone, in realtà non capisco come mai una famiglia di soli due componenti dovrebbe avere un tavolo tanto grande, le sedie erano una decina e vi erano persino dei lembi stoffa imbottiti con della segatura che probabilmente mio cugino si era procurato dal falegname vicino alla piazza, all’angolo della stanza c’era il focolaio e il braciere e nel muro era evidente la traccia nera che risaliva il soffitto lasciata in ricordo dal fumo, e in alto c’era un foro ora tappato, che quando veniva acceso il fuoco veniva aperto per evitare che i rifiuti del fuoco ubriacassero coloro che si scaldavano ( gli effetti del monossido di carbonio erano visti come l’ubriachezza).
Prima di potervi descrivere il resto della stanza, mio cugino irrompe nella casa e vedendomi accenna un lieve sorriso e mi chiede il perché della mia visita ad  un’ora tanto tarda mentre appoggia la mantella sulla prima sedia che gli capita sotto mano.
Io spiego a mio cugino di avere recato un offesa alla mia damigella e che sono stato allontanato per una settimana.
Mio cugino non è mai stato d’accordo sul mio stile di vita, ma alla fine un dottore per vivere non può fare altro che stare alle dipendenze di coloro che lo possono pagare, sono anch’io un esponente del terzo stato ma mi vengono negati persino quei infimi e inutili diritti perché i miei simili mi considerano il cane dei nobili, e una situazione di impotenza ma dopo un po’ ci si abitua.
Mio cugino Gastone mi guarda fisso come se stesse scrutando l’anima al di là della mia mente, poi mi si siede dinnanzi e dice:
“Etienne ti sto affidando la mia vita con queste parole, a Parigi si sta mobilitando un gruppo di persone e tra meno di una settimana ci sarà una protesta, la regina M. Antonietta e il re non conoscono la nostra miseria e noi non possiamo sopportarlo, te lo devo dire hai scelto proprio il momento sbagliato per andartene perché dopo c’è la possibilità che non ti riammettano più a palazzo.”
“ volete forse ammazzarvi, sapete che tutte le precedenti forme di protesta sono state sedate a colpi di fucile, come potete sperare nella sua riuscita!”
“ questa volta dalla nostra si schiererà l’esercito composto dai nostri valenti uomini, ora ti chiedo, vuoi stare ancora in questa casa? perché in questo caso sarai inevitabilmente coinvolto”
Ora capii il perché di quel tavolo e di quelle sedie tutto era partito da mio cugino, quella stanza era la sede dove avvenne e avverrà la messa appunto dei complotti. Restai un bel po’ in silenzio riflettendo sulla situazione, ormai chiamarmi fuori dalla vicenda era impossibile perché io ero uno di loro, potevo vivere meglio del popolo che si ammazzava nelle miniere o nelle fabbriche per venire poi espropriati dei loro beni per far vivere nel lusso i nobili ma alla fine io ero uno di loro, non ho mai avuto scelta poiché indirettamente beneficiavo dei diritti dei nobili in quanto non pagavo tasse e non faticavo per adempiere il mio lavoro e per questo mi sono sempre sentito  il più sudicio animale, non posso ora tirarmi indietro, non ora che posso finalmente fare anche io la mia parte.
“dai Gastone dimmi in che modo posso rendermi utile!”    


                                  XXX
  
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