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Autore: Giulia K Monroe    09/06/2009    6 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Salve a tutti!

Eccovi il quindicesimo capitolo!
Spero che vi piaccia!^^
Finalmente le cose iniziano, a mio avviso, a farsi più interessanti – o meglio, più piccanti x”D- e mi auguro che appreziate ^___^
Questo capitolo ho dovuto tagliarlo in due, perché altrimenti veniva troppo lungo!
Quindi il sedicesimo capitolo è già in fase di scrittura, per cui non tarderò molto a postarlo!
Vorrei sapere, come sempre, che ne pensate di questo capitolo, perché è grazie a voi, alle vostre recensioni e al vostro sostegno che questa storia va avanti!
Per cui, forza e coraggio!
Infondo non ci vuole molto a scrivere una recensioncina, no?

Dedicate due minutini del vostro tempo per fare contenta una piccola scrittrice alle prima armi *___*

Buona lettura.


Ada Wong








~Un Particolare In Più~





























[This could be the start
Of something new
It feel
s so right
To be here with you
And now looking in your eyes
I feel in my heart
The start of something new
]

Non era riuscita a dormire quella notte.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, riviveva ogni scena di quella serata.
Il vederlo, nel preparare la pozione, con la sua innata eleganza; la litigata; la sua espressione fredda e terribilmente seria; le sue mani che le bloccavano il polso con fermezza, costringendola ad avvicinarglisi e a piantare gli occhi nei suoi; le sue parole di minaccia, dolci più del miele; le sue mani che le sfioravano il viso e le sue labbra che la baciavano con gentilezza, prima di cedere il posto ad una violenza possessiva.
Se si sfiorava i contorni della bocca, poteva ancora sentire il suo gelido respiro riempirle la gola, scendendo al cuore che, a quei pensieri, cominciava a dimenarsi, emozionato.
Finchè, quel battito frenetico non la costringeva a spalancare gli occhi e respirare piano, per riprendere il controllo.
Quando poi si calmava, richiudeva gli occhi, cercando di riposare.

Ma era tutto inutile.
Le immagini le scorrevano davanti, come un filmino di una pellicola vecchia, in bianco e nero, e l’intero processo si ripeteva.
Non c’era nulla che riuscisse a farle distogliere quei pensieri dalla testa.
Aveva provato a tenere gli occhi aperti, e a fissare la magica luce lunare che si intravedeva dalla finestrella del sotterraneo. Ma dopo poco, si rendeva conto di fissare il vuoto, mentre la mente le proiettava altre immagini.

Uno sguardo profondo.
Aveva provato allora a voltarsi e a stringere il cuscino, nascondendoci il viso dentro, mentre si liberava dal groviglio di coperte che le stavano soffocando le cosce.
Parole cariche di malizia sussurrate al suo orecchio.
Aveva provato a chiudere gli occhi e ad immaginarsi un campo di Puffole Pigmee che rotolavano, e aveva preso a contarle.
Arrivata però alla centoventunesima, una visione le aveva straziato la mente.

Un dolce bacio, in quel morbidissimo campo.
Era stata costretta a spalancare gli occhi e a lanciarsi il cuscino sulla faccia, disperata.
Maledetto Malfoy!
Il peggio, però, era stato quando, finalmente vinta dalla stanchezza, era riuscita ad addormentarsi.

E aveva sognato.
E per la prima volta, aveva rimpianto il solito sogno nell’oscurità, con la porta brillante e la voce sibilante che la chiamava.
Si era ritrovata sdraiata in un letto che, evidentemente, non era il suo.
Era grande, morbido, comodo, fresco. L’odore di pioggia che profumava le lenzuola le aveva invaso le narici, facendole battere il cuore.
Aveva socchiuso gli occhi e aveva scoperto, con orrore, di trovarsi nella stanza di Malfoy – riconosceva l’armadio bianco, con il grande specchio.
Diede un’occhiata alla sua immagine riflessa e scoprì di indossare solo la biancheria intima. Spalancò gli occhi, imbarazzata, e cercò di coprirsi, tentando di afferrare la coperta con le mani, e di portarsela fin sopra la testa.
Ma quando cercò di abbassare le braccia, non ci riuscì.
Delle cinghie la tenevano legata per i polsi e le impedivano ogni movimento.
Cominciò ad agitarsi, quando, nello specchio, intravide un’altra immagine riflessa, oltre la sua.
Lo riconobbe, anche se il buio della stanza non avrebbe dovuto permetterglielo.

Il baluginare della luce di una piccola fiammella sui suoi capelli platinati, fine e dorate corde di violino armonioso.
Lo scintillare sinistro di uno sguardo intenso e accesso, freddo metallo fuso.
Il malizioso guizzo di un sorriso, ghigno maledettamente sensuale.

Lo osservò avvicinarsi lentamente alla sponda del letto, e sedersi, lasciando piegare morbidamente il materasso.
Il suo sguardo argenteo scese ad osservare il suo corpo semi nudo, che bruciava sotto quell’occhiata così penetrante. Poi si spostò ad esaminarla in viso: si soffermò sulle labbra, guardandole con bramosia, prima di arrivare ai suoi occhi e fissarla intensamente.
Alexis arrossì fino alla punta dei capelli.
Lui sorrise, beandosi di quella visione, e le si avvicinò, sovrastandola e sistemandosi sopra di lei. Poggiò le mani sul cuscino, ai lati della sua testa, e le gambe gli si stinsero intorno a quella vita morbida, ma sottile.
Ora, non respirava proprio più, e non le importava granchè dei polmoni che chiedeva urgentemente aria.
Draco prese ad accarezzarle una guancia, con gesti lenti e premurosi. Poi si piegò, avvicinando il suo viso a quello di lei, e lasciò che le loro guance si sfiorassero.
- Ti avevo avvertita di andare via…Non mi hai voluto ascoltare, e ora ne pagherai le conseguenze, mia piccola Black…-
Le soffiò in un orecchio, con voce suadente e lasciva, che le fece rizzare i peli sulle braccia.
Lui sorrise ancora, mentre scendeva ad accarezzarle un braccio e poi le mordicchiava gentilmente una spalla, lasciandola gemere appena, per protesta.
Protesta che, fu subito soffocata da un bacio intenso e violento.

E s t r e m a m e n t e P o s s e s s i v o.
Quelle labbra fredde e dal sapore di pioggia, si impadronirono delle sue, e le costrinsero ad aprirsi, per lasciar entrare indisturbata la lingua, che prese ad accarezzare la sua compagna, in un gioco di intrecci e rincorse, dal sapore di albicocche bagnate di rugiada.
Era un bacio così violento, da non lasciarla neanche respirare.
Sentiva i polmoni bruciarle, mentre emozioni indefinite le esplodevano nella bocca, ma soprattutto nel petto.
Però, le mancava l’aria.
Sentiva che sarebbe svenuta se non l’avesse lasciata respirare.

Eppure, non voleva che quel bacio finisse…
Si ritrovò, suo malgrado, a spalancare gli occhi e a tirarsi a sedere di scatto, mentre portava una mano al petto e respirava affannosamente, di nuovo nel suo letto, nella sua stanza.
Di nuovo nella realtà.
Una goccia di sudore freddo le accarezzò la schiena, passando leggera tra le scapole, come un brivido.
Maledetto Malfoy!
Si ributtò nel letto, prendendosi la testa tra le mani e cominciando a scuoterla con violenza.
Non era possibile!
Che diavolo di sogni faceva ora?!?

Rimase sdraiata, con lo sguardo fisso sul soffitto, il cuore a mille e il sonno che, ormai, era andato a farsi Avada Kedavrizzare.
Restò ad osservare il vuoto, respirando lentamente, come se stesse cercando di scongiurare un’imminente crisi isterica.
Una cosa fu certa: non chiuse più occhio, quella notte.
Si limitò ad incrociare le mani sul ventre, mentre puntava lo sguardo sulla piccola finestrella, dietro la quale, pallidi fasci lunari, stavano lasciando il posto a caldi raggi dorati, che la colpirono lentamente, diffondendogli un piacevole riverbero per il viso.
Lanciò un’occhiata al letto di Diamond, e la vide appallottola sotto le coperte, solo un caotico ciuffo di biondi capelli che sfuggiva da sotto le lenzuola.
Poi, il suo sguardo si spostò sul comodino accanto al letto, e lesse l’ora sulla sveglia magica.
Le sei e mezza.
Sospirò, tirandosi su a sedere e stiracchiandosi pigramente.
Non aveva dormito per niente, ma stranamente, non era affatto stanca.
Decise di farsi una doccia e di uscire a farsi un giro, tanto rimanendo a letto non concludeva nulla, se non continuare a rimuginare su quelle immagini e quei pensieri che le tornavano a tormentarle la mente, con dolce insistenza.

Inoltre, se non voleva subirsi le ire della sua cara compagna di stanza, era meglio se non la incrociava, quella mattina.
Quando uscì dalla camera, erano appena le otto.
Il castello era avvolto in un silenzio così irreale, da far paura. Le fredde mura in pietra, sembravano cigolare sinistre, mentre spifferi di gelido vento sfilavano abili tra fessure antiche.
Morfeo aveva ancora il controllo di tutti i dormitori, e vegliava protettivo su ogni corpo appallottolato, sbracato o supino che riposava in morbidi e caldi letti, che non avrebbero abbandonato molto presto.

Era sabato.
Le otto di un freddo sabato mattina invernale.
E lei, reduce da una notte insonne, si accingeva a varcare le soglie del suo dormitorio, per entrare nella Sala Comune di Serpeverde.
Ovviamente vuota.

O almeno, così avrebbe dovuto essere.
Quando si chiuse la porta del dormitorio alle spalle, una dolce folata di gelido vento le sfiorò le gambe, alzandole lievemente la gonna plissettata della divisa, che danzò intorno alle sue cosce, prima di tornare a posarlesi sulle ginocchia.
E portato da quella folata di vento, un leggero fruscio le accarezzò l’udito, costringendola ad alzare lo sguardo.
C’era qualcuno, chino su un tavolino, intento a scrivere una lettera.
Quelle dita pallide, da pianista, stringevano delicatamente una bella piuma nera, tracciando gesti precisi su un’immacolata pergamena bianca.
Lettere affusolate ed eleganti si accostavano una dopo l’altra.
Non una sbavatura, non un errore.

Perfetta.
Il viso chino era concentrato e serio, scalfito in una maschera di ghiaccio, e gli occhi, meraviglioso argento liquido, scorrevano veloci sulla lettera, delicatamente nascosti da ciuffi platinati che, morbidi, gli scendevano sulla fronte, sfuggendo alla mano di gel e riversandosi a lambire quei lineamenti affilati ed estremamente eleganti.
Rimase ad osservarlo, in silenzio, col fiato sospeso e il cuore che prendeva a batterle furioso nel petto, convinta del fatto che non l’avesse sentita arrivare.
Dovette ricredersi, quando lo vide ghignare soddisfatto, un secondo prima di alzare lo sguardo verso di lei e incatenarlo al suo.
Si sentì avvampare in viso, mentre arrossiva evidentemente in zona guance.
Aprì le labbra, per dire qualcosa, ma si limitò a trarre un sospiro tremante, riprendendo aria.
Lui sogghignò, soddisfatto di quella reazione e si leccò le labbra, con un gesto del tutto casuale.
- Buongiorno. –
Le disse poi, lasciando scivolare lo sguardo sulla sua bocca, ancora semi aperta nella disperata ricerca d’aria. Poi tornò a concentrarsi sulla lettera, annotando un’ultima cosa, prima di deporre la piuma nel calamaio e rileggerne il contenuto.
Alexis deglutì a fatica, cercando di portare ordine nel caos che aveva al posto del cervello, mentre tentava di far uscire qualcosa di lontanamente sensato dalle sue labbra, incredibilmente aride.
- Buongiorno…-
Riuscì a rispondere poi, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.

Merlino, quanti si sentiva stupida!
Riportò lo sguardo su di lui e lo vide farle cenno di avvicinarsi, schioccando le dita.
Un ordine silenzioso, al quale non poteva che obbedire.
Respirò lentamente, cercando di non avere una crisi di nervi e si avvicinò con studiata cautela, mentre lui piegava la lettera e la inseriva in una busta, sopra la quale spiccavano, nere ed eleganti, le parole “Narcissa Black Malfoy”.
- E’ arrivata una lettera per te. –
Le comunicò con tono distaccato, leccando i bordi della sua busta da lettere, con un gesto lento e non programmato, ma che a lei suscitò un brivido lungo la colonna vertebrale.

Non poteva guardarlo senza ricordarsi del sogno fatto nell’unico momento in cui il sonno aveva preso il sopravvento.
Dolci carezze sulle braccia.
Un piccolo morso sulla spalla.
Parole di dolce minaccia.
Un bacio intenso e violento.

Abbassò lo sguardo sulla busta da lettere, che portava il suo nome e la fissò con intensità, cercando di scacciare quei pensieri peccaminosi che le erano baluginati in mente.
La prese tra le mani e la aprì lentamente, mentre lui la ignorava, mettendo a posto, con un gesto fluido della bacchetta, il calamaio e la piuma.
La lesse con attenzione e un’espressione ansiosa le si dipinse sul viso, mentre le mani si stringevano in due pugni, ai lati della lettera che veniva malamente stropicciata.
Draco alzò lo sguardo su di lei e la scrutò in viso.
- Cattive notizie? –
Domandò con tono indifferente, mentre si alzava dal tavolino e l’affiancava.
Lei scosse lentamente la testa e ripiegò la lettera.
- E’ di Piton…Dice che vuole vedermi. –
Spiegò con voce incolore, con una calma che non le apparteneva mentre l’agitazione infuriava in quegli smeraldi sinceri.

Incapaci di mentire.
- Vuoi che ti accompagni? –
Le chiese, piegando il viso su di un lato, per poterla osservare meglio.
Alexis era così ansiosa, da non meravigliarsi neanche di quella gentilezza improvvisa. Si limitò ad asserire, abbassando lo sguardo e dirigendosi verso l’uscita del dormitorio.
Lui la seguì, spingendola gentilmente, una mano che le sfiorava la schiena con delicatezza.

Arrivarono all’aula di pozioni neanche cinque minuti dopo, e Alexis maledisse ancora una volta di trovarsi nel sotterraneo, ad un centimetro da quella porta.
Guardò i battenti in legno indecisa, mordendosi il labbro inferiore, fino a strapparsi quasi la pelle delicata.
Draco la osservò di sottecchi, prima di lasciar scivolare la mano giù dalla sua schiena e andarla a poggiare sulla porta, aprendola lentamente. Si girò poi a guardarla, facendole cenno di entrare.
La vide socchiudere gli occhi e trarre un respiro profondo, prima di avanzare incerta, a piccoli passi. Si richiuse la porta alle spalle e le fu subito accanto.
Non la prese per mano, per rassicurarla, come avrebbe fatto chiunque.
Lui si limitò a sfiorarle il dorso con la punta delle dita, e questo le infuse più coraggio di una salda stretta. Si voltò a guardarlo e gli sorrise. Per tutta risposta, lui le fece un cenno col capo e la spinse gentilmente in avanti, davanti alla scrivania.
Alexis incespicò goffamente, rischiando di rovinare in terra, ma riuscì a tenersi in equilibrio, evitandosi un’ulteriore figuraccia. Non potè però fermare il rossore familiare che le dipinse le guance, quando lo sentì sbuffare, alla ricerca di una maschera per una risata che non avrebbe voluto rivelarle.
Si avvicinò alla cattedra e cominciò a torturarsi le mani in grembo, mentre osservava la sedia di Piton, che le dava le spalle.
Si schiarì educatamente la voce, per richiamare l’attenzione del professore, ma quello non sembrò neanche sentirla.
- Professor Piton…-
Provò ancora, con voce flebile, timida.
Ma ancora una volta, fu ignorata.
Piegò allora il viso su di un lato, sbirciando al di là della sedia. Corrugò la fronte e fece il giro della scrivania, portandosi davanti alla sedia.

Vuota.
Si lasciò andare ad un profondo sospiro di sollievo, mentre socchiudeva gli occhi e si portava una mano al petto, cercando di controllare i battiti del cuore.
- Non c’è…-
Comunicò a Draco e quello alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi alla scrivania.
- Qui c’è qualcosa per te. –
Le disse, prendendo la bacchetta poggiata sul ripiano del tavolo e cominciando a rigirarsela tra le dita. Alexis lo raggiunse e lo guardò torvo, prima di impossessarsi di un nuovo biglietto sul tavolo. Lo dispiegò e ne lesse il contenuto.
Di nuovo, sul suo viso si dipinse un’espressione.
Draco la studiò, cercando di decifrare quello stupore che, lentamente, stava lasciando spazio ad un sorriso luminoso.
- Ce l’ho fatta…-
Mormorò, tremando quasi per l’emozione.
- Ce l’ho fatta! –
Ripetè di nuovo, questa volta quasi urlando. Si voltò verso Draco, che la scrutava con espressione insondabile, e gli sventolò il biglietto davanti al viso.
- Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! –
Continuava a ripetere, saltellando sul posto. Lui fece scattare un braccio in avanti e le prese il polso, bloccandola con gentilezza. E mentre lei continuava a saltellare, lui prese il biglietto con l’altra mano e ne lesse il contenuto. Recitava solo tre semplici parole:
Oltre Ogni Previsione.”
Doveva essere il voto che aveva preso, ma Piton non si sarebbe mai abbassato a dirglielo di persona.
Sogghignò, soddisfatto, mentre lei prendeva a danzare allegramente. La sua mano le lasciò il polso, accarezzandone il palmo e stringendosi poi alla mano di lei. La guidò in un’elegante piroetta e poi, con uno strattone, se la portò addosso.
Il colpo fu così deciso, che Alexis si ritrovò schiacciata tra il suo petto, ampio e marmoreo, e il braccio che ora le premeva delicato sulla schiena, prima che potesse rendersene conto. I loro visi erano di nuovo così vicini, che i loro respiri si confondevano, si mischiavano, si rincorrevano.
Il sorriso le scivolò via lentamente dalle labbra, lasciando spazio ad un’espressione stupita, mentre il cuore cominciava a batterle furioso nel petto, come succedeva ormai ogni volta che si trovavano troppo vicini e che lui la osservava con quegli occhi intensi, desiderosi.
Non seppe dire quanto tempo rimasero così, semplicemente a fissarsi, uniti in quell’abbraccio che valeva più di mille parole.

La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva.

Occhi intensi in occhi dolci.
Desiderio contro imbarazzo.
Decisione e timidezza.
Argento fuso insieme allo smeraldo.
Una carezza.
Un sospiro.
Un’altra carezza.
Piccole ali nere di farfalla che intrappolano il brillante smeraldo.
Un sorriso di vittoria.

Le lasciò un’altra carezza sulla guancia, sfiorandola appena con la punta delle dita, prima di chinare il viso e di avvicinarlo a quello di lei.
Alexis poteva sentire il suo freddo respiro dal sapore di pioggia, sfiorarle maligno le labbra umide, costringendola a rabbrividire.

Piccoli tremiti di un’emozione troppo forte per un corpo così piccino e fragile.
Si abbassò ancora, tanto che i loro nasi si sfiorarono gentilmente. Mosse il viso e continuò ad accarezzarle il naso con la punta del proprio, gli occhi socchiusi che non accennavano a lasciare quel viso rosso e tenero.
Avvicinò la sua bocca a quella di lei, che attendeva, intrepida.
Sfiorò appena quelle labbra di dolce albicocca, mentre con la mano risaliva lungo la schiena e giungeva alla nuca, che afferrò con dolcezza, costringendola a piegarsi indietro.
Si chinò di più e poggiò le labbra su quelle di lei, ma rimase fermo.
Aprì gli occhi, e osservò le sue palpebre tremare e le sue ciglia gettare piccole ombre sugli zigomi deliziosamente arrossati.
Le poggiò la mano libera sulla guancia e prese ad accarezzarla con le nocche, sfiorandola appena e procurandole piccoli brividi lungo tutto il corpo. Alla fine si posò sulla mandibola e percorse tutta la linea del viso, fino a scendere lungo il collo e riappropiarsi della schiena. La spinse di più contro di se, facendo aderire meglio le loro labbra, ancora ferme, immobili, in quel bacio casto.
La sentì schiudere la bocca e sospirare.
Ghignò e accarezzandole i capelli le sussurrò.
- Congratulazioni…-
Poi si riavvicinò e le stampò un bacetto a fiori di labbra, veloce e puro, prima di allontanarsi lentamente, senza sciogliere l’abbraccio.
Alexis rimase ad occhi chiusi per qualche altro secondo, prima di riapirli e mostrare la confusione imbarazzata di quegli smeraldi sinceri.
Lo vide sorriderle soddisfatto, prima di lasciarle un’altra carezza a fior di dita sulla guancia e di sciogliere l’abbraccio.

La piccola Alexandra Black era finalmente sua. E di nessun altro.
Poi, silenziosamente, le porse la sua bacchetta.
Lei abbassò lo sguardo sul piccolo bastoncino di legno e poi, con una mano ancora tremante per l’emozione, lo prese e lo mise nel cinturino della gonna.
Il silenzio che era sceso, era ben diverso dal silenzio spaventoso a cui era abituata.

Era un silenzio piacevole, caldo, pieno di emozioni.
Un silenzio che lei non avrebbe saputo interrompere.

Infatti, fu lui a farlo.
- Andiamo a mangiare. –
Si limitò a dire, con voce incolore, dandole velocemente le spalle e precedendola.
Alexis si lasciò andare ad un sospiro tremante e sorrise imbarazzata, guardando l’ampia schiena del ragazzo rilassarsi sotto il suo sguardo.
Infine, ripresi i contatti con la realtà, lo seguì con una piccola corsa.

Prima di andare in Sala Grande, Draco le comunicò che doveva spedire una lettera. Alexis decise di accompagnarlo, tanto a quell’ora non ci sarebbe stato ancora nessuno a fare colazione.
Arrivarono alla Guferia circa mezz’ora dopo – a volte avere per scuola un castello enorme come Hogwarts non era proprio un vantaggio. Senza contare che, oltretutto, le scale decidevano un po’ da se dove portare.
Draco si avvicinò ad un maestoso gufo, dalle piume stranamente nere. L’animale lo guardò con due occhioni profondi, e tubò infastidito di essere svegliato e di essere mandato a fare un lungo viaggio, specialmente nel freddo di quell’inverno che era ormai alle porte. Il ragazzo gli sorrise rassicurante e gli sfiorò il capo con la nocca dell’indice, in un gesto di affettuose scuse.
- E’ importante…-
Gli mormorò, mentre gli legava la lettera alla zampetta. Il gufo sembrò capirlo, perché alzò un’ala, facilitandogli il lavoro. Poi gli beccò delicatamente l’indice, in segno d’affetto.
Alexis guardò la scena con un moto intenerito.
Draco Malfoy era un ragazzo freddo, calcolatore, burbero.
Un ragazzo che, a detta sua, non amava la compagnia.
Un ragazzo che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di ottenere ciò che voleva.

Per poi riuscirci brillantemente.
Si, Draco Malfoy era decisamente un cattivo ragazzo.
Ma, guardando quella scena – il gufo che tubava allegro, mordicchiandogli un indice pallido; il sorriso che gli dipingeva quelle labbra così perfette da sembrare disegnate; l’espressione serena dei suoi occhi gelidi – Alexis non potè fare a meno di pensare che Draco Lucius Malfoy era veramente un cattivo ragazzo.
Ma era una splendida persona.
Anche se, il più delle volte, tendeva a dimenticarlo anche lui.
Quando il biondino si mosse, prendendo tra le braccia il fiero gufetto nero, Alexis si riscosse, tornando alla realtà. Si affrettò ad abbassare lo sguardo, conscia del fatto che era stato ad osservarlo con sguardo trasognato, e arrossì violentemente.
Si diresse veloce ad una delle grandi finestre senza vetro della guferia e finse di essere assorta nello splendido panorama che le si presentava davanti.
Era davvero bello, in effetti.
Si affacciava sul Lago Nero, che tanto meraviglioso quanto inquietante, brillava sotto i raggi del freddo sole invernale, la cui luce, così debole e pallida, neanche riusciva a scaldarle il viso, minacciato dal gelido vento che le sferzava le guance. All’orizzonte si disperdevano antiche catene di monti, dietro le quali avanzavano, nere e minacciose, grandi nubi cariche di pioggia.
- Verrà a piovere…-
Mormorò, assorta tra i suoi pensieri.
Non le piaceva la pioggia. La rattristava parecchio.
Le ricordava le giornate passate a Grimmould Place, da sola, con Sirius che non si sa dove spariva.
Draco l’affiancò per guardare a sua volta le nere nuvole rabbiose, e lei sobbalzò sentendolo improvvisamente vicino.
Lui la ignorò e si limitò ad asserire.
- Già… Andiamo a mangiare, ho fame. E’ da ieri a pranzo che non tocco cibo. –
Sentenziò, stiracchiando pigramente le braccia, prima di voltarsi ed incamminarsi verso le scale.
Alexis lo guardò allontanarsi e sorrise tra se e se, seguendolo.
Ma prima che potesse varcare la soglia dell’entrata, qualcuno che le tirava delicatamente un lembo della maglia, la costrinse a voltarsi.
Davanti a se, svolazzava un piccolo gufo grigio, dalle penne tutte arruffate. Alexis corrugò le fronte, guardandolo confusa e questo le mostrò la zampetta, alla quale era legata una pergamena. Si gettò un’occhiata alle spalle, per controllare che Draco fosse già sceso, quindi sfilò delicatamente il laccetto e prese la lettera tra le mani. Le bastò un’occhiata veloce per capire chi fosse il mittente: Sirius.
Un sorriso luminoso le si dipinse sulle labbra, mentre stringeva la lettera al petto, in un abbraccio silenzioso. Il gufo però la destò, frullando le ali impanziente.
- Oh, si scusa…-
Mormorò Alexis frugando velocemente nella borsa e tirando fuori tre biscottini che Diamond le aveva lasciato sul comodino la sera prima. Glieli porse e quello li beccò uno per uno, prima di scuotere le ali e adagiarsi in uno scompartimento.
Alexis si ripulì la mano dalle briciole, osservando curiosa la lettera.
Sentì un tuffo al cuore, quasi uno strano presentimento.
Non sapeva perché, ma aveva paura di aprire quella lettera.
La osservò deglutendo.
Stava per aprirla, quando…
- Black! Che stai combinando?-
La voce di Draco alle sue spalle la fece sobbalzare. Doveva essersi accorto che non l’aveva seguito ed era tornato su.
Alexis si voltò velocemente, nascondendo la lettera dietro la schiena e cercò di sorridere.
- Si arrivo, scusa! –
Il biondino alzò gli occhi al cielo.
- Muoviti. –
Ordinò con tono seccato, invitandola con un gesto del braccio a precederlo.
Lei armeggiò in tutta fretta con le mani, dietro la schiena, e infilò la pergamena tra le calze e le mutandine, prima di sorridergli imbarazzata e precederlo.

Alexandra Black e Draco Malfoy, non erano le uniche persone che quella notte non avevano dormito per niente.
Harry James Potter aveva avuto lo stesso spiacevole inconveniente, che il russare forte di Ron non aveva aiutato a lenire.
Così, alle sette e mezza si era alzato per disperazione e dopo una doccia veloce, era sceso in Sala Comune. Quella era presso che vuota, fatta eccezione per una persona che, rannicchiata su una poltrona vicina al fuoco, leggeva attentamente un libro, che reggeva con una mano, mentre con l’altra prendeva appunti, stilando una frase dopo l’altra sulla pergamena bianca che teneva distesa sulle cosce.
- Buongiorno…-
Sbadigliò Harry, stravaccandosi sul divanetto accanto alla poltrona.
- Harry! –
Esclamò sorpresa la ragazza, alzando gli occhi dorati dalla pergamena, per gettarli sulla figura trasandata del migliore amico.
- Che ci fai già in piedi? Sono solo le otto di Sabato mattina! –
Aggiunse, aggrottando le fine sopracciglia.
Hermione Jane Granger conosceva bene il suo migliore amico, e sapeva che c’era qualcosa non andava se Harry James Potter, il pigrone di turno – dopo, ovviamente Ronal Bilius Weasley – si svegliava così presto di sabato.
- Non ho dormito bene…-
Grugnì il ragazzo, con una smorfia, mentre lasciava andare la testa all’indietro, sul bracciolo del divano e si toglieva gli occhiali, per stroppicciarsi gli occhi.
Hermione annotò un’ultima cosa sulla pergamena, prima di arrotolarla e chiudere il libro di scatto. Si sistemò meglio sulla poltroncina, avvicinando il viso al bracciolo dal quale pendeva la testa di Harry.
- Qualche problema, Harry? La cicatrice ti fa di nuovo male? –
Domandò preoccupata. Il Bambino Sopravvissuto aprì gli occhi, per ritrovarsi il viso della sua migliore amica che lo fissava al contrario, una ruga ansiosa che le solcava lo spazio tra le sopracciglia fine. Scosse la testa, con un sorriso rassicurante.
- No, Herm…La cicatrice è a posto. Sono solo un po’…preoccupato…-
Ammise con un certo imbarazzato, tirandosi finalmente su a sedere. Incrociò le gambe sul divano e guardò la ragazza di sottecchi.
- Preoccupato? –
Ripetè Hermione senza capire, piegando il viso su di un lato.
- Cos’è, non hai capito ancora la pozione che ha spiegato Piton ieri? Perché se vuoi posso spiegartela ancora… -
Propose la Grifoncina, ma Harry sorrise e scosse la testa.
- No, non è per scuola che sono preoccupato…-
Rispose, abbassando lo sguardo.
Harry James Potter era un tipo veramente coraggioso, come suo padre. Ma quando si trattava di problemi di cuore, era più timido di sua madre.
Hermione gli lanciò un’occhiata indagatoria, cercando di cogliere qualcosa da quell’espressione lievemente imbarazzata. Poi sospirò e scavalcò lo spazio che c’era tra la poltroncina e il divano, per sedersi accanto ad Harry ed accarezzargli un braccio, con fare rassicurante.
- Che c’è che ti preoccupa Harry? Sai che a me puoi dirlo…-
Sorrise la brunetta e lui ricambiò, stringendole affettuosamente una mano.
- Lo so, Herm…E’ solo che…-
Mormorò, abbassando di nuovo gli occhi e lei gli strinse di più la mano.
- Che?-
Lo incitò la ragazza, piegando il viso su di un lato per poterlo guardare meglio in viso.
- Che non gradiresti, ecco! –
Borbottò alla fine Potter, lanciando un’occhiata al fuoco che, pigro e lento, danzava nel camino.
- Ah. –
Si limitò a rispondere Hermione, che doveva aver capito per cosa – o meglio per chi – il suo migliore amico era così preoccupato. Si irrigidì impercettibilmente, mentre spostava lo sguardo sulla finestra e la osservava, senza vederla veramente.
- Ancora la Black, Harry? –
Chiese con tono incolore e il moro si voltò per guardarle, l’espressione del viso evidentemente indurita.
- Si…-
Si limitò ad asserire il ragazzo, mordendosi il labbro inferiore.

Si, era preoccupato proprio per la Black.
Tutto il giorno prima non si era vista ne a pranzo ne a cena, e le espressioni preoccupate di Blaise Zabini e Diamond Cherin non l’avevano di certo aiutato a tranquillizzarsi.
Inoltre, anche Draco Malfoy aveva saltato la cena.

Oh, se scopriva che le aveva fatto qualcosa di male, quella serpe…
Si ridestò dai suoi pensieri, quando Hermione riprese a parlare, la voce altisonante più alta di qualche ottava.
- Oh per l’amore del cielo Harry! Stiamo parlando di Alexandra Black! Una Serpeverde! E’ amica di Malfoy e Zabini, le persone che più si divertono a renderci la vita impossibile, hai presente? –
Sbottò Hermione, tornando finalmente a fissarlo.
- Lo so…-
Bofonchiò Harry, ritirando le mani ormai rimaste senza compagne, dal momento che Hermione le aveva tolte e le aveva posate sui fianchi, con quell’aria materna e severa.
Quella frase gli aveva provocato una fitta al petto e il dolore gli si era propagato fino alla gola, che era diventata improvvisamente arida.

Lo sapeva benissimo anche da se che Alexandra Black era quanto di peggio potesse esistere per lui – escludendo quelle oche di Pansy Parkinson e delle sue amiche.
Ma nei pomeriggi trascorsi insieme, lei non era affatto una Serpe.
Lei era semplicemente una ragazza.
Bella, gentile, simpatica, solare.
Capace di fargli tornare il sorriso sulle labbra.
Capace di scaldargli il petto con una sola occhiata del suo sguardo.
Quello smeraldo che gli ricordava tanto qualcuno, ma che non era ancora riuscito a ricordare chi.

Hermione sembrò rendersi conto di aver usato parole troppo dure, così avvicinò di nuovo le mani a quelle del ragazzo e le strinse con delicatezza, prendendo ad accarezzargli i dorsi con il pollici.
- Scusami Harry…-
Il Bambino Sopravvissuto alzò lo sguardo sull’amica e sorrise, scuotendo la testa.
- E’ okay Hermione, non preoccuparti…Hai ragione, lei è una Serpe, e io sono uno stupido..-
Mormorò, prima di alzarsi e arruffarsi i capelli.
- Tu non sei uno stupido Harry…-
Ribattè Hermione, ma lui non sembrò sentirla
Cancellata l’espressione truce dal viso, si voltò verso di lei e le sorrise, radioso come sempre.
- Andiamo a svegliare Ron! Comincio a sentire un certo languorino…!-
Hermione prese i libri sul tavolo e se li mise sottobraccio.
- Vado a posare questi, vi raggiungo subito.-
E sparì dietro la porta del dormitorio femminile, con la sensazione di aver esagerato un po’ troppo, quella volta.

Camminavano distanti l’uno dall’altra. Sembrava quasi che nemmeno si conoscessero, ma lei sapeva che non era così. Che c’era molto di più di quello che rivelavano le false apparenza.
E questo le bastava.
Draco aveva una camminata lenta e strascicata, quasi anche quel piccolo e facile gesto l’annoiasse troppo. Osservava quell’ampia schiena irrigidirsi, per poi rilassarsi di nuovo, e i muscoli scattanti – da perfetto giocare di Quidditch – guizzare appena sotto la stoffa immacolata della camicia.
Stava varcando le soglie della Sala Grande, quando qualcuno la afferrò con forza per un braccio e la portò via, così velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di urlare.
Quando si fu resa conto della situazione, si trovava già con il sedere sul freddo pavimento di un corridoio deserto. Ma come ci era arrivata, non avrebbe saputo dirlo.
Aprì gli occhi, per trovarsi davanti ad un muro minaccioso di cinque ragazze, che la guardavano dall’alto con aria di superiorità sprezzante, le mani sui fianchi, gli occhi di fuoco che, se avessero potuto l’avrebbero incenerita.
A capo di quel gruppetto, c’era lei: Pansy Parkinson.

Bella e letale come sempre.
Sogghignò, prima di farsi da parte e far avanzare una ragazza che si trovava dietro di lei.
Era più grande – sembrava una studentessa del quarto anno. Una lunga fiammata di boccoli le ricadeva su di una spalla, mentre taglienti occhi di ghiaccio la fissavano con odio dall’alto.

Che volevano da lei quelle tipe?
- Tu sei Alexandra Black, giusto? –
Le domandò, con disprezzo. Alexis corrugò lievemente la fronte, prima di annuire.
- Si, sono io. –
Rispose, tentando di assumere un comportamento altezzoso, mentre cercava di rialzarsi. Ma subito, quella la spinse di nuovo in terra, premendogli un piede su di una spalla.
- Ehi! –
Protestò Alexis, lanciandole un’occhiataccia, ma quella la gelò sul posto.
- Noi non abbiamo paura di te, Black! Non è il tuo cognome che fa di te una persona da temere, e nemmeno il fatto che tu sia la sorella minore di un pluriomicida! –
Soffiò la rossa, incrociando le braccia al petto.

“Sirius non è un assassino!” Avrebbe voluto urlare, ma ebbe la prontezza di mordersi la lingua e di tacere.
Loro non potevano sapere.
- Devi smetterla di ronzare vicino al Principe, non meriti le sue attenzioni! –
Aggiunse, mentre Pansy, accanto a lei, le scoccava un’occhiata penetrante e carica di rabbia, che la fece rabrividire.
- Inoltre, Draco è già fidanzato con Pansy! –
La Parkinson ghignò mentre annuiva lentamente e la squadrava da capo a piedi. Le si mise di nuovo davanti, per poterla guardare meglio negli occhi e riversarle tutta la potenza del suo odio.

Si, se gli sguardi avessero potuto uccidere, Alexis sarebbe morta ancora una volta.
- E’ così, mia cara. –
Le disse, con tono falsamente dispiaciuto, mentre si inginocchiava per poter essere alla sua altezza.
- Draco è come un bambino capriccioso: quando vede qualcosa che non puo’ avere, si intestardisce e la vuole ad ogni costo. Poi, quando l’ha ottenuta, l’abbandona, per tornare tra le mie braccia. E’ successo già così tante volte, mia piccola e ingenua Alexandra, tu non sei certo la prima…-
Le soffiò con cattiveria, mentre il suo sguardo si accendeva in un’espressione quasi spiritata.
Alexis la guardava impassibile, cercando di non far trasparire nessuna delle molteplici emozioni che sentiva esploderle nel petto.

Rabbia.
Tristezza.
Solitudine.

Deglutì, stringendo una mano in un pugno, così forte, che le unghie le si conficcarono nel palmo. Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto andare via lontano da lì.
In un posto dove nessuno poteva ferirla ancora.
Si morse il labbro inferiore, mentre cercava di non lasciar uscire quelle lacrime che le lucidavano lo sguardo.
Pansy ghignò soddisfatta, mentre allungava una mano e le prendeva una ciocca di capelli tra le dita.
Avrebbe voluto schiaffeggiarla, e allontanarla da se, ma era come se tutte le forze, in quel momento, l’avessero abbandonata.
Se la portò sotto il naso, e poi mormorò.
- Sei solo un giocattolino, Black. Presto finirai nel dimenticatoio anche tu: Draco è troppo grande per giocare ancora a lungo…-
Le ripose la ciocca dietro l’orecchio, mentre le si avvicinava e le sussurrava.

- Ma infondo, di cosa mi preoccupo? Voi siete solo cugini, o sbaglio? –
E la guardò con aria eloquente, prima di rialzarsi, con innata eleganza, e soprassarla, lasciandola in terra.
Si morse così forte il labbro inferiore che sentì la delicata pelle strapparsi e il sangue riempirle lentamente la bocca, con il suo amaro sapore di sale e ruggine.
Pansy aveva ragione e lei lo aveva sempre saputo.
Lei, per Draco, era solo la nuova avventura.
Lo sapeva benissimo fin dall’inizio, ma allora perché si sentiva così male?
Perché non riusciva più a muoversi?
A pensare?
A respirare?
Sentì una lacrima sfuggire al suo controllo e scivolarle lungo la guancia, ma la lasciò scorrere.
Con lo sguardo vacuo, non vedeva più nulla di fronte a se.
Si riscosse solo quando sentì una voce altezzosa rompere il silenzio.
- Hai capito quindi, ragazzina? Devi stare lontana dal Principe! –
Alexis alzò lo sguardo sfocato sulla figura della rossa dagli occhi di ghiaccio, che la osservava dall’alto con aria minacciosa. Si limitò a fissarla, senza vederla veramente.
Indispettita dal suo silenzio, quella si piegò e la prese per il colletto della camicia, strattonandola.
- Hai capito?!? –
Le ripete ad un soffio dal viso.
Alexis sbattè più volte gli occhi, prima di tornare alla realtà.
La guardò dritta in quegli occhi di ghiaccio, che si assottigliarono pericolosamente.
Si squadrarono, prima che lei la alzasse di botto, tenendola sempre per il colletto della camicia.
- Hai capito?!? –
Ripetè con rabbia e Alexis, deglutendo, si limitò ad annuire.
- Lasciami! Mi fai male! –
Si lamentò poi, mentre cercava di togliersi le mani dal colletto.
Con uno strattone, la rossa la risbattè per terra, con rabbia.
E mentre picchiava il sedere sul terreno freddo, una piccola pergamena ripiegata sfuggì dalla sua gonna, e si riversò sul pavimento, poco lontano da lei.
Lo sguardo di tutte le ragazze andò a posarsi su di essa e mentre Alexis si girava, per vedere cosa avesse catturato la loro attenzione, sentì la rossa dire:
- E questa cos’è? –
Estrasse la bacchetta e la puntò contro la lettera. Alexis spalancò gli occhi, mentre il panico si impadroniva di lei.

La lettera di Sirius!
La rossa pronunciò il “Wingardium Leviosa” per poter prendere la pergamena, ma Alexis, con uno scatto di cui non si credeva capace, si fiondò sulla lettera e la strinse forte in una mano, impedendole di levitare.
La reazione esagerata sembrò accendere ancora di più la curiosità della rossa, che ghignando si avvicinò lentamente ad Alexis e la scrutò con intensità.
- Cosa nascondi, piccola Alexandra? –
Le domandò con tono mellifluo, mentre le schiacciava la mano sotto una scarpa e la stritolava con rabbia.
Alexis gemette, ma non lasciò la presa sulla lettera.
Non poteva farlo, o sarebbe successo qualcosa di irreparabile
Non poteva arrendersi e farsi scoprire, non dopo che era riuscita a nascondere la verità anche davanti allo sguardo intenso di suo fratello.

Aiuto…Qualcuno mi aiuti!

-Draco?-
Il biondino si voltò a guardare Blaise con aria assorta, mentre sceglieva un pasticcino dal vassoio che aveva davanti, senza troppo interesse.
- Sì, Blaise?-
Domandò distratto cominciando a mangiucchiare un biscotto alla zucca.
- Dov’è Alexandra? –
Gli chiese, con tono falsamente non curante. Malfoy gli lanciò un’occhiata in tralice.
- Mi stai prendendo in giro, Blaise? –
Rispose, levando in alto un fine sopracciglio elegante.
- No, Draco. Sono serio. –
Il moro levò a sua volta un sopracciglio. Draco assottigliò lo sguardo, con espressione leggermente irritata.
- Va bene che ti ho detto che non devi guardarla, ma non dovevi prendermi così alla lettera! –
Sogghignò, prendendosi un altro biscotto alla zucca. Blaise lo fissò con insistenza.
- Draco: io Alexandra non la vedo. –
Ribadì il moro, incrociando le braccia sul tavolo e guardando l’amico con aria interessata.
Draco sbuffò, lanciandogli un’occhiata raggelante.
- Blaise, mi stai innervosendo! Smettila di dire cazzate! Alexandra è esattamente qui, accanto a me! –
Sbottò, indicando un posto accanto al suo.
Blaise levò in alto un sopracciglio, con aria leggermente preoccupata.
- Draco, caro…Voltati, per favore…-
Gli sussurrò con delicatezza, meritandosi un’altra occhiataccia.
- Fottiti Blaise! –
Gli rispose, voltandosi con aria infastidita.

Ma il posto accanto al suo, era vuoto.
Sbarrò gli occhi, voltandosi lentamente verso Blaise.
- Dove diavolo è finita? –
Domandò, con voce controllata. L’altro corrugò la fronte e subito lo sguardo di Draco andò al tavolo dei Grifondotro, per risplendere con odio sulla figura del Bambino Sopravvissuto.
Eppure, accanto a lui, c’erano solo quei beoti dei suoi due migliori amici, che se la ridevano e se la scherzavano.
Percorse allora tutto il tavolo di Serpeverde, ma anche lì, di lei, non vi era traccia.
Blaise posò delicatamente una mano sulla spalla dell’amico, davvero preoccupato.
- Draco, ti senti bene? Guarda che sei entrato in Sala Grande da solo…Alexandra non era con te…-
Gli comunicò, e quello lo osservò come se fosse un alieno. Poi sbarrò gli occhi e scattò in piedi, correndo verso il corridoio principale, sotto lo sguardo di un basito Blaise Zabini.

Chi capiva quel ragazzo, era bravo!
Corse per il grande ingresso, guardandosi intorno con foga e investendo, senza preocuparsene, i piccoli primini ancora assonnati.
Si ritrovò, alla fine, in un corridoio secondario, vuoto e sentì delle voci femminili cariche di rabbia.

E poi, la sua.
Spaventata.
Irritata.
Un grido di protesta.
Un gemito.
Corse più veloce che poteva verso quelle voci, fino a ritrovarsi in un corridoio buio e stretto.
Un muro di tre ragazze si stringevano intorno ad altre due: una era raggomitolata per terra e l’altra, le stava schiacciando una mano con insistenza.
Per qualche strana ragione, rimase bloccato, in un primo momento, senza avere la capacità di reagire o di pensare.
Sentiva solo il sangue ribollirgli nelle vene e andargli velocemente al cervello, con una forza d’odio indescrivibile.
- Avanti Claire, lasciala stare: non ne vale la pena! –
Squittì una delle ragazze, biondina e piuttosto magra, che tentò di prendere per un braccio la rossa che stava torturando la povera Alexis.
- No, Ashley! Non finchè non mi darà quella lettera! –
Rispose Claire, continuando a girare il tacco della scarpa sulla mano chiusa in un pugno.
- Mai! –
Ringhiò Alexis, stringendo i denti per non urlare da dolore.
- Piccola impertinente! Vorrà dire che passerò alle maniere forti! –
Ghignò la rossa, estraendo la bacchetta e puntandola sulla Serpeverde.
Alexandra sbarrò gli occhi, prima di chiuderli, pronta al dolore.
- Petrificus Tot…-
Cominciò a pronunciare, ma una voce rabbiosa la interruppe appena in tempo.
- Expelliarmus! –
Ringhiò Draco con potenza, colpendo la mano di Claire che slittò indietro, lasciando cadere la bacchetta molto più lontano.
Le altre tre ragazze gridarono spaventate e ebbero la giudiziosa reazione di scappare via a gambe levate.

Le avrebbe lasciate andare, per il momento.
Sapeva perfettamente chi erano.

Alexis aprì gli occhi e, con espressione spaventata, percore la figura del suo salvatore, prima di incontrare quegli occhi di ghiaccio, seri e rabbiosi come non li aveva mai visti.
Erano quasi ciechi, per quanto odio vi era dentro.
L’espressione del viso, calma e apatica, metteva ancora più paura.
-Draco!-
Esclamò sorpresa, ma lui non sembrò sentirla, mentre fissava intensamente la rossa davanti a lei.
- Spostati! –
Ordinò con voce secca a Claire, puntandola con la bacchetta. Ma quella, pietrificata, non si mosse di un passo.
- Spostati, ti ho detto! –
Ripetè Draco, con voce alterata, avanzando di un passo.
Ma Claire non si mosse.
- STUPEFICIUM!-
Ringhiò allora il biondino e Claire venne colpita in pieno petto e scaraventata lontano, addosso ad un muro.
Alexis osservò la scena spaventata e gridò quando l’incantesimo colpì la rossa e la lanciò contro un muro. Deglutì, prima di tornare a guardare Draco, che ora osservava lei, con quello sguardo poco stabile.
Alla fine ripose la bacchetta e gli tese una mano.
- Vieni qui…-
Le disse con voce morbida, carica di dolcezza.
La moretta lo guardò per qualche secondo, poi si alzò in fretta e lo raggiunse, buttandoglisi tra le braccia.
Lui la strinse forte a se, passandole un braccio intorno alla vita e stringendole la testa contro il suo petto. L’abbracciò così forte da strapparle un gemito di protesta, ma non gli importava.
- E’ tutto ok, ora…Non ti faranno più del male, te lo prometto. –
Le sussurrò all’orecchio e lei annuì debolmente, mentre calde lacrime cominciavano a rigarle il viso, sfogando un misto di emozioni che aveva accumulato nel giro di neanche cinque minuti.

No, Pansy aveva torto.
Lei non era solo un giocattolino…
Lei non era solo un passatempo…
Lei non sarebbe stata abbandonata…

Dopo qualche minuto, Draco sciolse l’abbraccio, senza però lasciarla veramente. Si distanziò quel tanto che bastava per poterla vedere in viso e asciugarle lentamente tutte quelle lacrime che le bagnavano le guance arrossate.
Alla fine avvicinò il suo viso a quello di lei e le posò la fronte sulla sua.
- Ripetilo…-
Le sussurrò all’improvviso, con voce roca.
Alexis sbattè le palpebre, senza capire, mentre lui continuava ad accarezzarle le guance e a raccogliere le lacrime tra quelle dita pallide e affusolate.
- Ridillo, per favore…-
La supplicò quasi, socchiudendo gli occhi.
- Ripeti il mio nome…-
Alexis lo guardò sorpresa, mentre si mordeva il labbro inferiore e il cuore cominciava, ancora una volta, a scatenarsi.
Si strinse a lui e nascose il viso sulla sua spalla.
- Draco…-
Mormorò, con voce tremante. Lui le prese il viso tra le mani e la costrinse ad avvicinarglisi di più.
- Ancora…-
La supplicò di nuovo, ad un centimetro dalle sue labbra, tanto che quel fiato di fredda pioggia le entrò in bocca e la fece fremere.
- Draco…-
- Ripetilo all’infinito…-
Le ordinò con dolcezza, chiudendo gli occhi e avvicinandosi ancora di più alle sue labbra, tanto che ora era costretta a mormorarglielo lì il suo nome.
- Draco…Draco…Draco…-
Riprese, con voce delicata, ma fu interrotta da un violento bacio possessivo che le stroncò le parole in bocca.

Un bacio dolce e intenso.
Un bacio violento e gentile.
Un bacio possessivo e urgente.
Un bacio dal sapore di pioggia e albiccocca.
Un bacio dal sapore di calde lacrime e amaro sangue.

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x elita: Ehilà! E’ sempre un piacere per gli occhi e per il cuore vedere che continui a seguirmi e recensirmi! Se non ci fossi tu, forse avrei gettato la spugna…Ma sapere che ho almeno una fan tanto accanita mi fa tornare la voglia di scrivere, perché so, da lettrice, cosa significa aspettare con impazienza un nuovo capitolo ed essere felicissima, quando questo viene postato. Per cui, la mia è una storia senza pretese, se non quella di strappare un sorrisino alla giornata di chi legge, e sapere che con te questa cosa funziona, mi fa davvero piacere! Grazie per continuare a seguirmi!*_____*
Passando alle domande:
1. A quella dell’età ti sei già risposta da sola XD Infatti mi ero resa conto anch’io che erano troppo piccoli, per cui ho preferito cambiare le età che stravolgere il racconto. Alexis quindi ne ha quindici – e questo spiega il suo imbarazzo anche per un bacio più spinto – mentre Draco –giovane, ma già esperto *muahauhua* - ne ha sedici, così come Harry e compagni.
2. Per quanto riguarda ciò che sa Harry, ora ti spiego subito: Harry sa di avere una sorella minore, ma nessuno gli ha mai raccontato la verità. Ovvero, sa che è scomparsa insieme ad un certo Sirius Black, un pluriomicida, ma nessuno gli ha mai detto che lui è il suo padrino ne che è accusato di aver ucciso i suoi genitori. Infatti, lui lo scopre al terzo anno.
Spero di essere stata chiara, se hai ancora qualche dubbio, chiedi pure!^___^
Mi raccomando, continua a seguirmi e a farmi sapere che ne pensi!
Un bacione, Ada =*

x Djinn: Ehilà! Benvenuta nella mia storia, è sempre un piacere leggere di nuove persone che si appassionano alla storia! Grazie mille per i tuoi complimenti *////*
Eccoti il nuovo capitolo, spero sinceramente che ti piaccia, fammi sapere, mi raccomando!
Un bacione, Ada =*

   
 
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